HIM

Love Metal

2003 - BMG

A CURA DI
ANDREA CERASI
23/08/2018
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Tre lunghi anni di tour e di registrazioni in studio, di crisi esistenziali e di fatiche accumulate, tre anni che riducono gli HIM in una band confusa ed esausta, dalle energie ridotte a un lumicino pallido che perde vigore con una velocità incredibile. All'alba del 2002 sono gli stessi musicisti finlandesi a chiudere con i concerti e a isolarsi, concedendosi una vacanza di due mesi per riordinare le idee e per ritrovare la forza di andare avanti. Due mesi di silenzio e di relax per ripescare quegli spiriti e quegli istinti perduti in lunghi periodi di musica e di esibizioni sui palchi di tutto il mondo, esperienze che in pochi anni hanno logorato mente e corpo. Sul finire dell'inverno è proprio il tenebroso vocalist Ville Valo a radunare i compagni nei Finnvox Studios di Helsinki per decidere come proseguire una carriera giovane ma già schiacciata dal peso della notorietà. Le liti furiose con l'etichetta BMG riguardanti la produzione dell'album "Deep Shadows And Brilliant Highlights" ancora riecheggiano nell'aria e i ragazzi, consapevoli del proprio destino, decidono che nessuno, al di fuori del gruppo, può mettere mano sul loro operato, e così danno il ben servito ai produttori scelti dalla casa e richiamano a corte Hiili Hiilesmaa, col quale avevano collaborato per l'indimenticabile debutto. La BMG non è molto soddisfatta della scelta ma non può far altro che accontentare i musicisti, conscia del fatto che il contratto è in scadenza e che gli HIM non intendono rinnovarlo. Ritrovate le energie, la formazione scandinava inizia a scrivere nuovo materiale: l'idea è quella di ritornare alle origini, prediligendo un suono oscuro e metallico, senza però dimenticare l'orecchiabilità dei dischi più recenti. Il songwriting di Valo si tinge del nero più cupo, si fa più introspettivo e maturo, e con esso anche la struttura dei singoli componimenti, sicuramente più audace e adulta, non solo più pressante ma anche più eterogenea, capace di donare maggiore dinamicità all'intero album. "Una dichiarazione di intenti, musicalmente, visualmente e ideologicamente" dischiara il cantante in un'intervista e allora ecco che in anteprima viene svelta la copertina di "Love Metal" dove, su uno sfondo nero ricco di incisioni in rilievo e visibili in controluce, campeggia solenne un Heartagram dorato, simbolo stesso della band, il popolare logo che vede la contrapposizione di morte e amore, di bene e male, disegnato dallo stesso Valo nel giorno del suo ventesimo compleanno, mai apparso fino ad ora su una copertina della band. Da qui parte un nuovo cammino artistico, più ricercato e adulto, e "Love Metal" si pone non solo come album di riscatto artistico nei confronti dell'etichetta, ma come atto autocelebrativo nel quale mettere se stessi in tutto e per tutto. "Volevamo essere una band unita e avere pieno controllo del nostro materiale", ed ecco che il fisico longilineo di Ville Valo lascia spazio a un cuore incastonato in un pentacolo, evidenziando un'identità ritrovata, una nuova forma per una nuova dimensione artistica e filosofica. "Love Metal" dichiara al mondo la vera natura degli HIM, il loro gothic metal romantico e spietato che riesce sempre e comunque ad essere orecchiabile e trascinante, senza mai rinunciare alla qualità della musica e delle liriche. Qui i toni si incupiscono a dismisura, recuperando gli elementi focali del favoloso debutto: le linee doom, gelide e pesanti, si uniscono a parentesi dinamiche e a scariche metalliche che stordiscono, inoltre si accumulano i cambi di tempo, donando più carattere ai singoli brani, rendendoli più corposi e audaci. "Greatest Love Songs Vol. 666" incontra "Razorblade Romance", trovando una sintesi perfetta che simboleggia gli HIM e il loro suono, unico al mondo, imitato da tanti e mai eguagliato. Le vendite decollano, i tre singoli estratti entrano nei primi posti delle classifiche e la band si impone come vero e proprio colosso musicale, raggiungendo per la prima volta lo status di icona rock, presenziando a tantissimi festival in qualità di headliner, facendo numerose apparizioni nelle tv di tutto il mondo e conquistando un sold-out dopo l'altro in ogni palazzetto in cui si esibisce. I fans aumentano notevolmente e, di conseguenza, anche gli introiti. Finalmente gli HIM ritrovano la loro dimensione e, cosa molto importante, godono del pieno controllo sul proprio materiale. "Love Metal" esce nella primavera del 2003 e mette d'accordo tutti, sia pubblico che critica, grazie a una qualità impressionante e a una carica del tutto inedita. Romantico, decadente, oscuro, morboso, raffinato, poetico, potente, la ricetta del cosiddetto love metal è servita, racchiusa in questo grandissimo album di culto, forse il migliore della band, accanto al debutto e a quella gemma oscura a nome "Venus Doom".

Buried Alive By Love

Chitarre in prima linea, batteria furiosa e basso intrepido, Buried Alive By Love (Sepolto Vivo Dall'Amore) è una delle tracce più potenti mai sfornate dagli HIM, un macigno nero proveniente dallo spazio che si scaglia sulla terra a velocità inaudita, incendiandosi non appena entra a contatto con l'atmosfera terrestre. L'attacco è fulmineo, poi gli strumenti, così come le particelle di roccia, si sbriciolano sotto un tappeto di incaute tastiere, ed è qui che parte il primo verso, incastonato tra tastiere e riffing soffusi: "Ancora una volta il fardello della perdita poggia sulle mie spalle, il suo peso sembra insostenibile, la tua tomba è dove è il tuo cuore. Avrei dovuto dirle che dentro di me si cela un segreto così terribile". Ancora una volta, Ville Valo descrive un rapporto di amore e di morte, un sentimento gotico e pungente, laddove l'uomo è schiavo e vittima della donna fatale, che lo imprigiona tra le sue spire e lo condanna all'oblio. Gli strumenti ripartono, incominciando dal basso crepuscolare di Migé, e allora si dipana un ritornello lungo e calibrato che si erige sopra i colpi sanguinolenti inferti da Gas alla sua batteria. "Piangere è sapere di essere vivo, ma il mio fiume di lacrime è prosciugato. Non ho mai voluto ingannarti, ma il mio cuore gelido è un cuore morto, e mi sento come sepolto vivo dall'amore", recita il pre-ritornello, per poi essere gridato a squarciagola e adagiato su una lieve accelerazione in fase ritmica: "Se dovessi morire prima di svegliarmi, prega che nessuno prenda la mia anima. E se dovessi svegliarmi prima di morire, salvami col tuo sorriso". La donna, l'amata, non solo è carnefice ma anche salvatrice, lei è padrona e dea capace di decidere il destino del suo amante, come fosse un burattinaio che tira le fila del fato. Basterebbe un suo sorriso o suo bacio per sollevare dalla tomba il cuore dell'uomo, rinchiuso vivo in questa oscurità. A detta del vocalist, il riff portante del brano è ispirato alla celebre e stupenda "Search And Destroy" degli Stooges, e in effetti il richiamo potrebbe essere intuibile, anche se quella degli HIM è una canzone basata su coordinate prettamente metal, perciò ben più pressante e moderna. È proprio la potenza ad attrarre l'attenzione, la band pesta che è una bellezza, Linde sciorina riff a profusione, per poi interrompere la corsa nella seconda strofa: "Il bacio della vanità mi ha donato una morte spirituale, ha nutrito gli insaziabili dei della guerra. La tua casa è dove è l'oscurità, adesso abbraccia il fuoco indistruttibile". Gli dei della guerra e della notte sono sempre presenti nella poetica della band finlandese, così come di tutte la band a tradizione gotica. Nel buio della notte, sinonimo di morte spirituale, però è sempre presente un bagliore, seppur pallido, simbolo di speranza e di amore. Il fuoco indistruttibile, in questo caso, è l'amore che arde in eterno facendo luce sulla morte. Il cambio di tempo è repentino, Gas picchia duramente le pelli, Linde lo segue intavolando una serie di accordi abrasivi, dunque Burton giunge a dare solennità alla coda finale con le sue atmosferiche tastiere, che ci conducono a una fase alquanto confusa, dominata dal chiasso degli strumenti e da stordenti e cupe voci in sottofondo che si mischiano tra loro. La prima perla del disco è stata rivelata, e la sua luce è nera e funesta.

The Funeral Of Hearts

La meraviglia melodica si tramuta in hit colossale, sin dall'attacco di The Funeral Of Hearts (Il Funerale Dei Cuori) si capisce subito che la potenza melodica della band scandinava è superiore alla media. La ballata è servita in tutto il suo oscuro splendore, a incominciare da un refrain irresistibile, costruito su un testo fenomenale e tragico. "L'amore è il funerale dei cuori, un'ode alla crudeltà, dove gli angeli piangono sangue sui fiori del male che sbocciano. Il funerale dei cuori e una richiesta di pietà, quando l'amore è una pistola che separa me da te", canta Valo con voce poetica, adagiando le corde vocali sul delicato arpeggio acustico di Linde che presto si trasforma in riff muscoloso, dando il via a tutta la sezione ritmica. Il sapore doom emerge tra le strofe, ma la melodia raffinata e sognante tipica delle ballate non si lascia intaccare, e allora si riprende con strofe romantiche e morbide, nonostante una certa oscurità di fondo. "Lei era il sole che splendeva sulla tomba delle tue speranze e dei tuoi sogni così fragili. Lui era la luna che ti dipingeva con il suo chiarore vulnerabile e pallido", Valo descrive il carattere dei due amanti, lei irradiata di luce solare, lui adombrato dai timidi raggi lunari. Sole e luna, giorno e notte, luci ed ombre, per due persone che si completano solo a vicenda. Burton accarezza le sue tastiere e centellina gli accordi, producendo un suono che assomiglia a rintocchi di gocce d'acqua, mentre è ancora la chitarra acustica a prevalere sugli altri strumenti. Il ritornello questa volta è vigoroso, gonfiato dalla batteria e dal basso, che ci cullano in questa romantica dimensione. "Lei era il vento che porta con sé tutti i problemi e le paure che per anni hai tentato di dimenticare. Lui era il fuoco, inquieto e selvaggio, e tu eri come una falena attratta da quella fiamma". Il fuoco ardente che attrae i due corpi simboleggia la passione selvaggia e irrequieta di due anime travolte dalle turbolenze emotive, e non è un caso se il bellissimo videoclip è girato in mezzo alla neve, nel gelo assoluto della natura scandinava, dove a illuminare la scena sono solo i fuochi accesi nella vallata, rappresentando visivamente questa contrapposizione tra freddo e calore, tra luce e notte, ma anche tra passione e rigidità. Le tastiere inaugurano una grandissima e poetica sezione centrale, un break immaginifico spezzato da un bridge ipnotico e profondo, che si rivolge direttamente all'ascoltatore: "L'eretico sigillo oltre il divino, una preghiera a un dio sordo e cieco. Ultimi riti per anime in fiamme, tra le piccole parole e una domanda: perché?". Il brano si chiude così come è iniziato, ripetendo lo splendido ritornello in acustico. Un'ode all'amore oltre la morte, un'ode alla neve e all'inverno. Una meraviglia funerea, quasi impossibile credere che ha rischiato di non essere inclusa nell'album perché ritenuta inizialmente insoddisfacente da Valo, salvo poi essere ripescata dal bassista Migé, che ha insistito affinché fosse presente nell'opera e scelta come singolo grazia al piglio melodico.

Beyond Redemption

Tastiere atmosferiche che si confondono col suono seducente della chitarra, poi il basso che fa da cornice facendoci sprofondare in un mondo tetro ma affascinante. Beyond Redemption (Oltre La Redenzione) è una gemma sofisticata, dalle morbide linee melodiche e dagli spiragli di luce che si insinuano tra le crepe oscure creare dagli strumenti. Il sensuale giro di chitarra anni 60, lo stesso che troviamo in "Wicked Game" o in "Lose You Tonight", lo afferriamo anche in questo pezzo, ovviamente filtrato da una base metal, ma il sapore è quello di una lontana estate di parecchi decenni fa, in un clima che trasuda caldo, afa e passionalità. L'andamento doom ci mette lo zampino, ogni tanto, infatti, la sezione ritmica decelera e si incastra su note cadenzate che incutono timore e nervosismo, per poi schiudersi di nuovo quando soggiunge il favoloso ritornello, dalla grazia inaudita. "Vedo le tue cicatrici, so da dove provengono, così sensualmente profonde e sanguinanti, finché non sarai morta. Ho già visto tutto questo, bellezza e splendore strappati. È quando il paradiso diventa nero e l'inferno bianco. Quel che è giusto è sbagliato, quel che è sbagliato è giusto, adesso", declama Valo in una doppia voce stratificata e grave, proveniente direttamente dagli inferi, adagiata su una base doom per narrare di un amore tormentato, dove tutto gira al contrario. Ma, come accennato, la soporifera catatonia si dipana come nebbia quando la band si lancia nel glorioso chorus: "Senti mutare il tuo cuore in pietra, lo senti trafiggere la tua anima coraggiosa. Oltre la redenzione, ora, nessuno ti raccoglierà quando cadrai". Il testo è ispirato alla relazione di un amico del gruppo, una relazione vista come punto di non ritorno, che va oltre la redenzione e che Ville descrive come "uno stato nel quale una persona si innamora e poi non sa come tornare indietro, oltrepassando ogni limite". "Ti vedo strisciare, puoi camminare a fatica, e a braccia aperte continui a chiedere di più. Sono stati qui molto tempo prima, bussando alla stessa porta. È quando l'odio diventa amore e l'amore odio, la fede dubbio e il dubbio fede, adesso". Qui si delinea il patimento costretto a subire colui che si innamora perdutamente, i dubbi e la confusione che si accavallano nella sua testa, i dolori e le fatiche che schiacciano il corpo e la mente. L'elettronica interviene per condurre la seconda metà della traccia, nella quale troviamo una bella accelerazione, assoli e un bel dialogo tra gli strumenti.

Sweet Pandemonium

Linde esegue una marcia funebre, Migé lo segue e lo sfida a duello, intanto Gas impartisce un ritmo claustrofobico e dannato. "Oggi, il domani sembra così lontano e l'attesa così vana. Al sicuro nella luce accecante di un amore senza catene, nella tomba di ieri" intona un Ville Valo pacato e morboso, dalla voce soffice che si stanzia su uno strato di elettronica, dunque la batteria riemerge dalla foschia, i suoi colpi assomigliano ai battiti di un cuore distrutto dal tormento. Sweet Pandemonium (Dolce Pandemonio) è un oscuro inno all'oblio, un pezzo intimo e spietato, che si pone a metà strada tra ballata e macabra nenia, che non rinuncia né alla melodia né alla potenza delle chitarre. "La verità che può liberare le anime è sepolta in un dolce pandemonio, nascosto dall'incredulità l'enigma resta velato nel dolce pandemonio". La penna di Valo si fa potentissima, dipinge immagini cupe e imponenti, dalle sfumature astratte ed esoteriche, che si tingono di surrealismo, ribadito nella strofa seguente: "Ho paura che ogni cosa rimanga invariata, in questo fragile sogno. Mi vergogno dei resti distrutti delle promesse fatte". Siamo all'interno di un sogno, tra suoni onirici e sentieri pericolosi, dai quali emerge solo una dolce e romantica melodia che cresce di intensità per arrivare a un ritornello che scioglie il cuore e non si dimentica più. Questa astrattezza liquida si concentra soprattutto nel bridge, un tripudio di sentimento e disperazione che fanno luce su una relazione disperata: "Prosciugato dall'ira e dal dolore, sconcertato dall'invidia e dall'avidità, il segreto chiede di essere liberato, la chiarezza è ben nascosta nel dolce pandemonio". Le chitarre dirigono il funerale di due cuori innamorati, trasportati su una lettiga di tastiere e avvolti da coperte di seta rappresentati dal grande lavoro di Burton, vero dominatore della scena, specie nelle ultime battute, dove Linde e Migé fanno fatica a stargli dietro. "Sweet Pandemonium" tratta di un'elaborazione intimista, quando una persona realizza di avere un problema e di non essere in grado di superarlo da solo, ma ha bisogno di un aiuto. È un tormento cerebrale, intonato alla perfezione da una sezione ritmica attenta e ben congegnata.

Soul On Fire

I ritmi furiosi riprendono con la dinamitarda Soul On Fire (Anima In Fiamme), altra vampata goth metal che toglie il respiro.  L'introduzione è al cardiopalma, poi i toni si infrangono sul muro creato dal drumming di Gas, che dà spazio alle eteree tastiere di Burton, sprofondando l'ascoltatore in un mondo dominato da un clima smorto, incolore. "C'è una fiamma che porta alla deriva le nostre anime, nessuno è al sicuro dal suo tenero tocco di dolore. Ogni giorno cerca nuovi schiavi per celebrare la bellezza della tomba". La fiamma è quella della passione, qui immaginata come una sorta di Caronte, guardiano degli inferni che traghetta le anime dei mortali oltre le rive del fiume Stige. La fiamma ha un tocco tenero ma, nonostante ciò, comporta dolore, e ad essa l'incauto amante non potrà mai sottrarsi. Valo decanta le virtù del fuoco, i suoi misteri e i suoi poteri, con voce raffinata, pregna di sentimento, fino a quando non decolla nel gelido ritornello, a voce piena, gridata al vento: "Siamo come morti viventi, sacrifichiamo tutto ciò che abbiamo, per un cuore ghiacciato e un'anima in fiamme. Siamo morti viventi, desideriamo la salvezza, con un cuore gelido e un'anima in fiamme". A sostenere le linee del refrain è la vigorosa chitarra elettrica, che infuria con foga nella mischia, potenziando il cambio di tempo. Quando la battaglia termina, restano ancora le tastiere e la batteria a condurre il gioco, mentre il basso di Migé lentamente si fa largo tra la folla generando un gusto momento di estasi. "E di nuovo stiamo cadendo in disgrazia, e l'odio ci riparerà dalla pioggia. Siamo schiavi del sacro cuore della vergogna, e dolcemente violentati dalla luce del giorno". La luce del giorno, questa volta, non è grazia divina né guarigione dalle ferite, ma è un graffio profondo sulla pelle, disgrazia e odio, perciò alle povere anime destinate all'oblio non resta che trovare riparo nella notte, negli anfratti più bui e remoti della terra. La morte è un'anima che brucia, un cosmo che si espande oltre ogni confine e che si dissolve come cenere al vento. Il break è solenne, cerimoniale, impossibile fuggire dal peccato verso il quale siamo portati: "Schiavi della nostra divina disperazione, sosteniamo il veleno della croce, la colpa ci seguirà fino alla morte" grida Valo dalla voce effettata, lasciando poi funestare l'aria da una sezione ritmica indemoniata, dove la chitarra famelica di Linde si libra in vorticosi assoli e la batteria di Gas scalcia impudentemente.

The Sacrament

Le note del piano si tingono di un sapore ancora più dolce e antico per toccare le corde del cuore, al fine di mettere in scena un amore tragico, probabilmente risalente ai tempi del mito, ma ancora oggi puro ed eterno. Adagiata sui giri romantici delle chitarre acustiche The Sacrament (Il Sacramento) è il coronamento di un sogno d'amore che affonda le radici nel lontano passato, dove la delicatezza non viene mai a mancare anzi, si delinea profondamente lungo il corso. "Sento il tuo respiro così lontano da me, sento il tuo tocco così vicino e reale. So che la mia chiesa non è d'argento e oro, la sua gloria non si basa sul giudizio delle anime. I suoi comandamenti sono di consolazione e calore". Questo non è un canto d'amore religioso, ma decisamente profano, nel quale l'inno non è intonato per compiacere Dio o per risuonare all'interno di chiese o luoghi sacri, ma nelle profondità dell'animo, per una sensazione intima, personale, che coinvolge solo gli interessati. La melodia è un vero trionfo di sensazioni, gli HIM sfoggiano tutta la loro eleganza e ricamano un ritornello con un tessuto caldo e delicato: "Sai che il nostro sogno sacro non fallirà, quel santuario così morbido e fragile, il sacramento dell'amore, il sacramento della passione è reale, il sacramento sei tu". L'unico comandamento a contare è l'amore nei confronti di una donna, che non costringe a seguire forzatamente regole o imposizioni, ma si lascia assorbire giorno dopo giorno, per i secoli a venire. "Ti sento piangere lontana da me, assaporo le tue lacrime come se fossi qui accanto. So che le mie deboli preghiere non sono abbastanza forti da guarirti, tutte le vecchie ferite così profonde e care, la rivelazione è di odio e di paura". La morte si sta palesando, uccidendo un amore puro e innocente, strappando la vita alla donna amata, e di fronte al fato nessuno può nulla, né le preghiere possono risanare la situazione. La disperazione è costante, elargita dalle semplici note del piano di Burton che aprono a un'atmosfera mistica che avvolge questo amore contrastato e che si staglia in particolare nella fase centrale, durante un break elettronico che cattura sogni e speranze. L'arpeggio classico di Linde è implacabile e riesce comunque ad emergere, trascinandoci nella folle corsa finale, concludendo una perla nera di grande impatto emotivo.

This Fortress Of Tears

This Fortress Of Tears (Questa Fortezza Di Lacrime) ha un attacco blues, col basso in prima linea che rivela impronte inedite per gli HIM, per poi trasformarsi quasi subito in una ballata doom dai suoni cupi e possenti e dalle liriche maledette che ovviamente si adeguano maggiormente alla musica della band. Valo giunge al microfono e con voce sospirata, contornata dalle tastiere, invoca una preghiera struggente che rispecchia il suo triste e trasognante umore: "Nessuno può ferirti ora, in questo porto sicuro. Nessuno può salvarti adesso dalla grazia nella quale sei annegata. Trattieni il respiro durante la discesa". Negli abissi di disperazione c'è sempre una speranza di salvezza, nonostante le lacrime si siano accumulate trasformandosi in un lago che tutto inghiotte, vi è sempre il modo di risalire in superficie, basta trattenere il fiato e pregare per l'intervento di qualcuno, qualcuno che si ama, pronto a sacrificarsi. Il ritornello è bello da togliere il fiato, drammatico come nella più bella e antica tradizione romantica, dove l'eroe giunge in aiuto della bella, declamando il suo coraggio: "Questa fortezza di lacrime l'ho costruita con le mie paure per te. Questa fortezza non cadrà, l'ho costruita solida solo per te", canta Valo, seguito da un riffing gonfio e pressante. "Nessuno può liberarti adesso dalle catene attorno al tuo cuore. Non aver paura ora, nuota in questo vuoto, trattenendo il respiro durante la discesa". La discesa è lunga e oscura e a sottolineare la pericolosità dell'avventura ci pensa la chitarra di Linde, in un assolo pungente e ardito, che si protrae per breve tempo, fino a quando il vocalist non torna in scena ripetendo la prima strofa e il ritornello. Una ballad davvero coinvolgente e dalla struttura compatta, come un gelido macigno che si pianta nel cuore del pubblico, rivelando un nucleo soffice e uno strato mieloso che si appiccica addosso, profumando intensamente. Bella, bellissima traccia, seppur canonica per il genere.

Circle Of Fear


"L'angoscia sta bussando alla sua porta, le ombre danzano fuori dalla finestra, le lacrime continuano a cadere al suolo, mentre il mondo attorno a lei crolla", è il primo verso di uno dei brani cardine del disco, un capolavoro di malessere e decorato costantemente dallo spettro della depressione. La voce di Valo, profonda e misteriosa, ci conduce nel mondo di una ragazza affetta da un atroce malessere e che sta pensando di farla finita. Secondo la band, il brano rappresenta l'incapacità di aiutare una persona cara, senza prima aiutare se stessi, facendo posto a una sorta di slancio egoistico. Dopotutto se non si capisce se stessi è impossibile capire gli altri. I dubbi che si rincorrono nelle mente della sfortunata riecheggiano tra le casse dello stereo attraverso i colpi tonanti di Gas, mentre i sogni e le speranze di una vita misera sono raccontati attraverso i gelidi riff di basso e chitarra, asce che si incrociano ripetutamente in un mid-tempo fosco e nevrotico di grandissimo fascino. Circle Of Fear (Il Cerchio Della Paura) è un mefistofelico gioiello che procede a rilento nelle strofe, tra voci stratificate e strumenti controllati, per poi lasciarsi andare in un grido di liberazione nel clamoroso ritornello: "Se vuoi salvarla devi prima salvare te stesso, se vuoi guarirla dalle ferite non farlo col tuo dolore, se vuoi vederla ancora sorridere non farle vedere che hai paura, perché il vostro cerchio della paura è lo stesso". Le chitarre acustiche prendo una forma decisa, il basso pulsa maggiormente e la voce dell'aedo Ville Valo alza il tiro, raccontando questa delicata situazione, nella quale le paure dei due amanti si fondono e insieme si fanno forza per trovare una soluzione. "L'amore può essere freddo come una tomba, un biglietto di sola andata per l'eterna tristezza, un impero di dolce odio, un oggi senza domani". La delizia del ritornello, tutto adagiato su toni acustici, si scontra con la gravità dei versi, alquanto gelidi e velenosi, ma capaci di far trapelare un raggio di luce in queste tenebre. "È il cerchio del rimpianto, il cerchio dell'odio, il cerchio della morte, il cerchio della paura è lo stesso", ripete il vocalist, mentre il tempo vola e scandisce gli ultimi rintocchi, che ci risucchiano come un vortice fatto di disperazione e rimpianto, tormentando le nostre anime, strappandoci le viscere, stordendo le nostre menti inebriate dall'amore funesto.

Endless Dark

Endless Dark (Buio Infinito) è diretta e trascinante, in grado di rivelare morbidezza e una melodia sorprendente che punta dritta al cuore. I suoni cupi e la struttura semplice di un disco come "Deep Shadows And Brilliant Highlights" ritornano in superficie, accompagnati dalle chitarre acustiche e dalle leggiadre punte di elettronica che Burton delinea in sottofondo. La strofa è carica di emozione e molto elegante, illuminata da una luce cupa che affascina non poco, una luce che è specchio di un amore irrequieto proveniente dall'inferno, pronto a travalicare le porte del mondo, attraversando tempo e spazio: "La pallida luce brilla attraverso i cancelli della grazia, su me e te, ingannando i nostri cuori irrequieti. Una fiamma tremolante ma serena divora la notte per farci vedere la paura alla quale ci aggrappiamo forte". Ecco che torna il simbolo del fuoco, la fiamma eterna della passione che tutto illumina, persino un cammino travagliato e fitto di pericoli. La luce dell'aurora è in fondo alla notte, bisogna attraversare il buio per raggiungerla. "Ma io so da dove vengo, lontano dai tuoi dei che guariscono tutte le ferite e illuminano questa oscurità senza fine", recita un sottilissimo chorus, costruito su solide fondamenta cementate dal drumming di Gas e dal basso di Migé. Gli dei sono al fianco dei giovani amanti, per proteggerli dalle insidie della terra, indicando loro la strada da seguire per raggiungere la luce eterna della vita. "Solitaria la luce brilla su di te, attraverso i cancelli del fuoco sepolto che si nutre di amore. Debole è la fiamma che mi tiene sveglio dall'abbraccio di crudeltà e tenerezza, non salvando più la mia anima". La sezione ritmica esplode soltanto per suddividere le strofe a metà, spezzandone la linearità, tanto che la band preferisce restare su toni morbidi, in acustico, almeno fino a quando Linde non torna con un assolo dai riffoni belli potenti, riff che presto vengono spazzati via dai rintocchi di piano, che assomigliano a una ninna-nanna che induce al sogno e alla parentesi più morbida della canzone, dove Valo canta con il solo accompagnamento dell'arpeggio chitarristico: "I tuoi dei vegliano su di te e domano il tuo cuore, seppelliscono la mia verità tra le tue braccia, venerano la tomba del nostro amore dimenticato, guarendo tutte le ferite in un'oscurità eterna". È il trionfo della luce, salvifica e guaritrice. I due amanti sono sopravvissuti alla notte e hanno abbracciato l'alba, con tutto il suo potere magico e divino.

The Path

The Path (Il Sentiero) è la meraviglia che chiude il cerchio, un sinuoso e malinconico canto mitologico che riporta in vita la triste leggenda di Orfeo e Euridice, amanti separati dal destino e sbeffeggiati dagli dei dell'Olimpo. Un capolavoro intimo e sofferente che si evolve in tutti i suoi sette minuti, alternando fasi concitate ad altre talmente soffici da sciogliere cuori e strappare via anime. Valo è liturgico nella narrazione, dalla voce disperata e in preda alle lacrime, ricrea la giusta ambientazione per la vicenda. "Non c'è ritorno da questo sentiero senza fine, sinuoso e nero si estende davanti ai miei occhi. All'inferno e ritorno mi guiderà ancora una volta, e tutto ciò che ho mentre inciampo dentro e fuori la grazia", declama il vocalist nelle vesti del cantore Orfeo, poeta divino di un mondo antico. Il refrain è dietro l'angolo, di una dolcezza sconfinata, adagiato su un tappeto tastieristico e da un riff funerario che getta nello sconforto: "Cammino tra i giardini della luce morente, e attraverso fiumi profondi e oscuri come la notte, cercando una ragione al tempo che fugge via", soffriamo con Orfeo, che è sprofondato negli inferi alla ricerca della sua amata Euridice, sfidando gli dei per riportarla in vita. Ma il percorso è pericoloso e nefasto ed egli, ad ogni passo, sente il respiro della morte dietro al collo e il fallimento della sua gloriosa missione: "Ad ogni passo conosco meno me stesso, e infrango ogni voto sul mio cammino verso il tuo cuore. Innumerevoli volte ho chiesto perdono ma gli dei mi hanno sempre riso in faccia, e questo sentiero continua a condurmi tra le braccia della solitudine". Orfeo non si arrende, affronta gli dei, affronta il suo triste destino, sapendo che andrà incontro a una sconfitta certa, ma va avanti, da eroe quale è. Valo sospira, facendoci assaporare tale patimento, i toni si smorzano, le chitarre si quietano, lasciando solo la scia di una cantilena protratta grazie alle tastiere di Burton. Dunque gli strumenti riprendono vita, seguendo il nostro eroe sul sentiero della morte: "Vedo attraverso l'oscurità la via di ritorno per casa, il viaggio sembra infinito ma andrò avanti lo stesso, le ombre sorgeranno e cadranno e la nostra notte annegherà nell'alba". La coda finale è dominata dalla voce di Valo, dalla sua sofferenza che intona parole ciniche e struggenti: "Tra le tue lacrime c'è un sorriso che gli angeli accoglieranno con un inno d'invidia. Uno sguardo negli occhi di uno sconosciuto e so da dove provengo", allora interviene Linde nel suo miglior assolo, mentre Gas esegue un ritmo doom che conduce alla follia, rimbomba nella casse dello stereo e incendia i timpani dell'ascoltatore. Gli HIM si lanciano in una specie di jam, creando un'alchimia incredibile. "The Path" è magia ed emozione, un viaggio oscuro nei meandri della psiche, uno di più grandi componimenti sfornati dalla band finnica.

Conclusioni

"Love Metal" mette in evidenza una band unita e in piena forma, consolidata artisticamente e che, a differenza del periodo precedente, nevrotico e sfuggente, gode di tranquillità e di tempo necessari a mettere in musica passioni ed emozioni senza farsi sfuggire nemmeno una minima sfumatura o dettaglio. Un suono maggiormente pressante, fatto di pesantissimi riff di chitarra, ma anche di spiragli celestiali che aprono a linee melodiche dolci e romantiche, il tutto unito sotto l'affilata e decandente penna di un Ville Valo al massimo della sua ispirazione che garantisce qualità eccellente sotto ogni punto di vista. La pesantezza e l'ossessione del sound presenti nell'album di debutto qui ritrovano spazio, seppur inserite in forme ridefinite, modernizzate e maggiormente curate, recuperando vitalità ed energia di un passato mai dimenticato, ma allo stesso tempo costruendo un ponte col futuro. La musica degli HIM è racchiusa tra le note di questo lavoro, in ogni singola parola incisa e cantata. Le atmosfere apocalittiche, fatte di tinte smorte e di suoni nebulosi, riecheggiano per tutta la scaletta, a volte scatenando il pandemonio, altre scaturendo in melodie agrodolci e sognanti. "The Funeral Of Hearts" è il primo singolo estratto, e probabilmente si tratta del miglior singolo mai lanciato in carriera, un vero capolavoro di poesia funebre, un inno nero concentrato su una ballata che strappa l'anima dalle viscere. Seguono la dirompente "Buried Alive By Love", traccia apripista dell'album, la più potente mai composta dal combo finlandese, che si snoda come una serpe velenosa seguendo una sezione ritmica devastante che non concede respiro, e la regale e sontuosa "The Sacrament", semiballata adagiata sulle chitarre acustiche e sulle malinconiche linee di piano che creano un vortice di disperazione che risucchia all'istante. Tre singoli, tre pezzi fenomenali che dimostrano quanto gli HIM siano superiori alla concorrenza, almeno per quanto riguarda questo sottogenere di arte gotica. Tre gioielli, dicevamo, ai quali si aggiunge una sequela di canzoni da pelle d'oca: l'oscura "Beyond Redemption", la catastrofica "Sweet Pandemonium", la spietata "Soul On Fire", l'elegante "This Fortress Of Tears", le funeree "Circle Of Fear" e "Endless Dark", e la suprema e drammatica "The Path", ispirata alla leggenda di Orfeo e Euridice. E, se vogliamo, si può aggiungere tranquillamente la bonus-track "Love's Requiem", una meraviglia doom metal ingiustamente relegata soltanto alla versione digipack dell'album. "Love Metal" è un concentrato di ispirazione e di disperazione, un pericoloso sentiero che si perde in una vegetazione fitta e misteriosa fatta di suoni cupi e metallici, dove i rami degli alberi assomigliano alle scheletriche dita di demoni irrequieti pronti ad assalire l'avventato viaggiatore, dove i torrenti dalle placide acque nere che scorrono in queste tetre vallate nascondono abissi di follia e di dolore, pronti a inghiottire chiunque tenti di attraversarli. In questa misteriosa dimensione, dalla natura appassita e dall'aria gelida, si intravede il corteo funebre delle creature che in queste terre dimenticate vivono, come spiriti e ombre che danzano al ritmo di macabre cantilene che intonano amori stroncati e inni alla morte. "Love Metal" è un percorso intimo attraverso le lande innevate del cuore, un gelido macigno sul quale vi sono incisi profondi sentimenti nonché, a caratteri giganteschi, l'intera prosa degli HIM, la loro storia e la loro ideologia, che proprio con questo quarto sigillo discografico celebrano i primi dieci anni di vita. Le vendite e le critiche positive danno ragione alla band, la BMG viene beffata dai suoi stessi artisti ed è costretta a scindere un contratto redditizio, non senza rilasciare l'immancabile Greatest Hits tappabuchi, tanto per siglare la fine di un rapporto duraturo ma contrastante. "And Love Said No" è la prima raccolta a firma HIM, rilasciata nel 2004 e contenente tutti i singoli fin qui estratti, più due inediti, la traccia che dà il titolo all'opera, e una cover di Neil Diamond, la celebre "Solitary Man", canzone presente sul disco di esordio del cantautore newyorkese, pubblicato addirittura nel lontano 1966. Insieme alla compilation, la band decide di inserire anche un gustoso DVD di un concerto tenuto ad Helsinki, che mostra il talento e la grande passione dei musicisti coinvolti sul palco, tanto per ribadire che gli HIM non sono solo una band da hit da classifica, ma anche e soprattutto uomini di spettacolo, che suonano e che danno il massimo per comunicare con il proprio pubblico.

1) Buried Alive By Love
2) The Funeral Of Hearts
3) Beyond Redemption
4) Sweet Pandemonium
5) Soul On Fire
6) The Sacrament
7) This Fortress Of Tears
8) Circle Of Fear
9) Endless Dark
10) The Path
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