HEX - Hex

HEX ? Hex

2013 - Logic(il)logic Records/Andromeda Dischi

A CURA DI
ELEONORA VAIANA
02/11/2013
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Recensione

Lo scorso 28 maggio 2013 è uscito per Logic(il)logic Records/Andromeda Dischi il debut album degli svedesi HEX, intitolato semplicemente “Hex”. La band, formatasi nel 2011, è composta da Jonas Hygren alla voce, Jerker Johansson alla chitarra, Jörgen Svärd alla chitarra principale, Claes Sundström alla batteria e Timo Hagström al basso. Il genere musicale proposto dagli svedesi HEX è un misto di metal, rock e industrial, tenuti insieme da una componente horror piuttosto vintage e da arrangiamenti abbastanza classici. È Succubus ad avviare Hex, un pezzo caratterizzato fin da subito dalla cadenza seducente e demoniaca, propria dell'essere malvagio che dà il titolo alla canzone: un riff un po' industrial ancheggia e intriga, tessendo la tela di uno splendido pezzo ipnotizzante e misterioso. Che dire, il succubo vive in noi, come dice il testo, ma può continuare a farlo se ciò che se ne può ricavare è così tanta energia, intrigo e sensualità tradotti musicalmente. L'adrenalina dovuta al cibarsi della paura del dormiente evapora dalle evoluzioni musicali del pezzo, portando i suoi fumi dritti al cervello di chi ascolta, che finisce, così, per trovarsi inebriato dal profumo della malvagità sensuale del demone. Con una citazione tratta dal film “The Vampire Bat” (“Il vampiro”), diretto da Frank R. Strayer,  “Little Devil Ride” può risorgere direttamente dall'Inferno, e lo fa avvalendosi di un sound corposo e tastiere squillanti. Un bel riff movimentato accoglie la strofa, dove una voce roca canta di una ragazza demoniaca e seducente, quasi fosse una continuazione del succubo del primo pezzo: la situazione si incendia nel ritornello, giocato sulle parole Hell Bitch ed Hell Witch, una rima perfetta per un significato eloquente e ammiccante. Sul finire il pezzo si fa ancor più intrigante, ricordando vagamente i Diablo Swing Orchestra, grazie agli archi convulsivi e ai riff energici e intriganti. Da queste premesse non può che trarre origine un pezzo intitolato “Ave Satani”, che ha inizio con un bel riff di chitarra e synth veramente coinvolgente. Con un tiro degno di nota si apre la strofa, sovrastata da una voce rugosa e piuttosto maligna: il ritornello è un'esplosione di demoni, fiamme e scintille nere, coinvolti in una danza sabbatica attorno al fuoco dell'horror. Non avrete scampo e verrete travolti anche voi dall'orda di potenza nera e danzante, al grido di “Ave Satani”: nel testo del brano si profila una descrizione piuttosto interessante del Re degli Inferi e il suo nome viene ripetuto una quantità di volte innumerevoli. Il pezzo è ben strutturato, si alternano fasi più tranquille a fasi più ritmate ma lente, e il tocco di tastiera dà un senso di solenne oscurità sorridente e malvagia: Satana ne sarà sicuramente orgoglioso! Finiamo in Louisiana grazie a “Voodoo Girl”, dove una ragazza con un gatto senza occhi sente la sua pelle bruciare, mentre le ombre demoniache che l'accompagnano ravvivano la sua casa juju: chiunque oltrepassi la soglia di quella casa sarà maledetto a sua volta, perché la ragazza voodoo mangerà l'anima del malcapitato sorseggiando del whisky, e lo manderà diritto all'inferno. Il brano risulta molto ritmato fin da subito, pur mantenendo un comportamento piuttosto possente e maestoso: il richiamo sonoro alla cultura voodoo si fa sentire con sonagli di sottofondo, mentre il ritornello lascia immaginare i fianchi della ragazza della Lousiana impegnati a sedurre con una lenta danza, colui che spedirà all'inferno dopo avergli mangiato l'anima. Con ottime premesse prende in pungo la scena “Hellbound”, brano caratterizzato da un riff molto catchy, di stampo piuttosto classico, con una presenza di tastiera efficace e coinvolgente. Anche in questo testo è protagonista una figura femminile demoniaca legata all'inferno, sensuale e seducente: la strofa coinvolge in modo impeccabile, così come il ritornello, troneggiato dal sound acuto di tastiera. Il pezzo forte si cela probabilmente nel bridge, capitanato da fruscii e dal suono di una campana funebre imponente, al quale va ad attaccarsi nuovamente il ritornello, prima della fine.“Intermission” è un breve intermezzo a base di organo da chiesa, grida e rumori terrificanti: urla strazianti, demoni che sbavano, e un interminabile lungo brivido sulla schiena. Questo scorcio infernale lascia spazio a “7even”, che si avvia con un riff bello corposo, cupo e reso horror grazie al tocco di tastiera che riprende le note di chitarra: ci troviamo di fronte a tempi e dinamiche nuove rispetto agli altri brani, la strofa è più ritmata, ma gli strumenti sono più assenti, mentre la voce canta più pacatamente, andandosi a increspare nel ritornello. Il pezzo, tuttavia, non è niente di speciale: il riff inizialmente entusiasma, andando però a spegnere la curiosità una volta ripetutosi a profusione per troppo tempo. Il testo parla dei sette peccati capitali, violati dal protagonista del brano che parla in prima persona: è interessante notare come nel ritornello i peccati siano ripetuti in serie, riuscendo comunque a suonare molto bene e linearmente. L'energia travolgente di “Dead Inside” colpisce subito, grazie alla presenza del synth incastonato su di un bel riff di chitarra: la voce effettata si tinge di una leggera vena melodica grazie al chorous, e canta ancora una volta di demoni, streghe sensuali ed elementi infernali, stavolta ambientati in New Orleans. Molto intrigante il ritornello e strepitoso il bridge, avviato da un assolo di chitarra ricco di groove e molto animato, ma per niente eccessivo. L'avvio di “Grub Girl” è molto enigmatico e pacato, una porta che si apre lentamente sulla bocca dell'inferno, del marciume e del putridume. Qui la voce è molto più tirata su tonalità più alte, restando sempre ben increspata e roca: il ritornello è veramente molto catchy, movimentato e coinvolgente, semplice da ricordare, ma difficile da scordare. Come si può evincere dal titolo, il testo parla di una ragazza-larva che si nutre di corpi marci, affamata di carne umana e insaziabile. Bellissimo l'assolo di synth a metà canzone, soprattutto grazie agli accordi ben scelti che scivolano mantenendo alta la tensione e facendo venire quasi la pelle d'oca. L'introduzione di “Sin Eater” fa balzare alla mente in qualche modo “Humanomalies”, dei Death SS, vuoi per la dinamica di batteria, vuoi per il sound elettronico e industriale. Il pezzo prende poi piede aprendosi su una strofa piuttosto elettronica, caratterizzata da un riff alquanto strano e intrigante, mentre la voce canta ancora di malvagità, peccati, morte, sangue e oscurità. Il ritornello, scandito dalla parola “Boom”, fa trasalire, inebriando l'ascolto con un'energia curiosa e molto rude: l'attacco iniziale costituisce anche il bridge stesso del brano, sul quale va a piazzarsi l'assolo sfacciato di chitarra dal sound fluido, anche in questo caso ben studiato per non annoiare. Sulle note del ritornello si chiude la canzone, lasciando spazio a “Lady Death”, caratterizzata da un testo che suona quasi come una macabra poesia. Descrive una figura femminile in grado di uccidere con un bacio, una figura battezzata nel segno del sangue con ali nere e lingua biforcuta, e le parole si incastonano su una strofa misteriosa e molto inquietante: il tocco di Hammond dà una marcia in più al pezzo, infondendogli un gusto passato, velato di nebbia e macchiato di sangue. Lo stacco tra strofa e ritornello non è molto netto, né dal punto di vista vocale, né dal punto di vista strumentale: un soffio di vita e movimento è sicuramente dato dallo splendido assolo di chitarra, coinvolgente e caloroso, che anticipa un attesissimo cambio di situazione musicale. La situazione si fa di nuovo intrigante nel bridge, i timidi tocchi di archi incuriosiscono fino alla morte, finché il ritornello non torna in scena, andando a concludere il pezzo. Il tiro di “Spider Baby” è veramente eccellente, così come il riff duro e crudo che si dirada lasciando spazio alla strofa: si parla di ragni e se ne parla bene. Il pezzo è veramente carico, il ritornello è qualcosa di non ascoltato sin ora, perché più carico di melodia: il synth presente nel brano dà la sensazione di uno zampettio furtivo, mentre il ritornello induce la mente a immaginare un ragno aggressivo, che azzanna l'aria, si muove veloce e sinuoso puntando alla preda. Finiamo con “Hunted Hill”, introdotta dai rumori di una collina immersa nel cielo notturno, illuminato da una luna piena. Un ritmo molto incalzante e dimezzato rispetto alle precedenti tracce, accoglie una strofa piuttosto intrigante, cantata in sordina e impreziosita da tocchi di tastiera ben studiati. Anche in questo caso, però, il ritornello non è un'evoluzione della strofa, piuttosto né è una reinterpretazione, che lo fa suonare come un qualcosa di già sentito, non troppo entusiasmante. Il testo tratta di una sorta di re della collina, un uomo che vive da solo su una collina infestata, felice del proprio alone demoniaco e maledetto.  Sul finale il pezzo prende una strada inaspettata, tingendosi di una vena stilistica rituale, con gran cassa, voce e suoni misteriosi a far da padroni: il brano si chiude con un rumore non ben definibile, ma sicuramente molto inquietante, e viene posta così la parola fine all'album di debutto degli HEX. Il lavoro è buono da molti punti di vista, come ad esempio i testi, da apprezzare vista la genialità dei risvolti impiegati per portare a termine descrizioni non troppo semplici di situazioni e personaggi. I tocchi di tastiera e synth poi sono molto interessanti, così come i riff principali di ogni brano, belli, corposi e densi di un sound rude, sudato, sporco, grezzo. Il problema principale è che forse il lavoro manca un po' di personalità: Rob Zombie, Motorhead, Lordi, Nine Inch Nails si ritrovano spesso e volentieri nelle scelte stilistiche degli HEX. Avere come ispirazione l'influenza di band di questo calibro è apprezzabile, ma in questo caso forse l'ispirazione si è trasformata pericolosamente in spersonalizzazione: alcuni brani sono più entusiasmanti di altri, l'opener Succubus, ad esempio, è veramente un'ottima composizione, ma via via che il disco si rivela, gli elementi innovativi finiscono per essere troppo pochi, quando il talento si sente, è presente. Probabilmente poi in ambito horror musicale, siamo abituati a maestri quali Mercyful Fate, King Diamond e Death SS, dai quali gli HEX si staccano completamente: non ci sono componenti gotiche evidenti, la situazione è molto più simile a un rock'n'roll che sfuma nel metal, anche piuttosto estremo per certi aspetti. Sicuramente questo è un debut album e ci sono tutte le premesse per aspettarsi un lavoro più personalizzato e stilisticamente concentrato in scelte più originali, quindi un grande in bocca al lupo agli svedesi HEX e che l'horror sia con voi!


1) Succubus
2) Little Devil Ride
3) Ave Satani
4) Voodoo Girl
5) Hellbound
6) Intermission
7) 7even
8) Dead Inside
9) Grub Girl
10) Sin Eater
11) Lady Death
12) Spider Baby
13) Haunted Hill