HERITAGE

Ominous Ritus

2017 - Kill Again Records

A CURA DI
FABRIZIO IORIO
16/08/2017
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Se parlassimo di metal proveniente dal Brasile, la band che subito verrebbe nominata non potrebbe che essere quella più importante di sempre, all'interno del circuito carioca: ovviamente, parliamo dei seminali Sepultura; autori, nel bene e nel male, di una pagina imprescindibile della storia del Metal estremo. Ma questa meravigliosa terra non è solamente rappresentata dalla band degli ex fratelli Cavalera: effettivamente, i nomi da tirarsi in ballo sarebbero discretamente molti, un'autentica valanga di realtà le quali, nel passato come nell'immediato presente, hanno rappresentato e rappresentano i colori verde oro in tutto il mondo. Parlando più propriamente dei giorni nostri, mancano nuove ed interessanti formazioni, le quali cercano in tutti i modi di uscire dal circuito underground per permettere anche al resto del pianeta di fruire la propria musica. In questa sede vi avevamo per esempio parlato degli ottimi Machinage, band proveniente da San Paolo che ci propone un bel thrash metal piuttosto old school, con qualche spruzzata di modernità. Ed è nuovamente di thrash metal che andiamo a parlare, anche in questo caso; così come anche questa volta, ci troviamo di fronte ad una band proveniente dalla stessa città. E' il turno degli Heritage, i quali partoriscono per la "Kill Again Records" l'album "Ominous Ritus". Iniziamo col dire che ci troviamo di fronte ad una realtà certo recentissima ma che al contempo non ha voluto attendere troppo, decidendo di farsi conoscere nell'immediato, pubblicando il proprio - primo - full length (registrato il presso i Soudhouse Studios di Vancouver) nel Giugno 2017, quasi un anno dopo l'effettiva formazione della band. Nella loro discografia non troviamo quindi demo od ep di sorta, l'entrata in scena definitiva consiste proprio nel rilascio questo platter. Il gruppo presenta una formazione a quattro e comprende Henrique "Ricky" Perestrelo (Chitarra e voce), Rodrigo "Rhodz" Costa (chitarra), Duglas "Drugz" Gatuso (basso) ed infine Hugo "Hugor" Golon (batteria); ognuno di loro ha avuto varie esperienze nella scena brasiliana, cumulando tutta una serie di esperienze e potendo vantare per questo motivo una gavetta di tutto rispetto. Quello che accomuna ogni singolo membro degli Heritage sta nel fatto di aver suonato nel gruppo death/thrash Cimiterio (sempre seguiti dalla "Kill Again Records"), il quale (in sostanza) è praticamente una one man band composta solamente da Hugo Golon, mentre gli altri membri vengono chiamati solamente per le esibizioni live. Non parleremmo certo di una formazione dunque assai "affiatata", eppure l'aver condiviso il palco assieme ha certamente aiutato i Nostri, i quali hanno dunque deciso di mettersi in gioco per conto proprio, fondando la loro realtà. In questo senso, le intenzioni della band sono a dir poco chiare: riportare il buon vecchio thrash metal ai fasti di un tempo, ripercorrendo certe sonorità che hanno reso celebre questo genere. Non a caso le influenze citate dai Nostri spaziano dagli Exodus ai Kreator, dagli Angel Dust ai Pestilence senza dimenticare i Demolition Hammer. E come non citare i Sepultura? Ovviamente, anche loro sono presenti in questa carrellata di grandi nomi. Se l'intento, come dicevamo, è quello di richiamare il genere che agli inizi degli anni ottanta diede uno scossone ad un intero movimento, possiamo riscontrare una prima avvisaglia di ciò anche solamente guardando la cover di questo disco. Copertina disegnata da Marcio "Aranha" Del Nino, già all'opera con la bellissima cover dei thrasher Toxic Revolution o gli altrettanto interessanti Infector Cell. L'infausto rituale viene celebrato in una foresta, dove quattro non morti (presumibilmente i quattro membri della band) invocano una splendida chitarra nel tentativo di sradicarla dal cuore di un maestoso albero tristemente tagliato; un po' come nella "spada nella roccia" i Nostri cercano di catturarne la distorta essenza prima di impossessarsene definitivamente. Il tutto contornato da santoni e profeti vari disegnati nell'atto di ostacolare la cerimonia, cercando invano di mettere i cosiddetti bastoni fra le ruote al gruppo di thrashers carioca. In definitiva, se siete curiosi e soprattutto nostalgici, desiderosi di ascoltare del metallo vecchia scuola, suonato con genuinità e senza troppi fronzoli, gli Heritage potrebbero rivelarsi una piacevole sorpresa. Non vi resta quindi che seguire la nostra consueta analisi track by track, per rendervi conto d'esser capitati di fronte ad un ottimo lavoro old school, suonato però ai giorni nostri.  

Obey or Die

"Obey or Die (Obbedire o morire)" si presenta con un arpeggio molto carico di effetto, capace di suscitare sensazioni di pura inquietitudine. Sembra di osservare una fitta nebbia che inesorabilmente scende su di noi, non certo avara di amare sorprese. Dopo questa funesta ma affascinante introduzione, gli Heritage si presentano come meglio sanno fare; ovvero entrando a gamba tesa sull'ascoltatore con sonorità e velocità old school che tanto hanno fatto la fortuna del thrash metal. Le prime influenze slayeriane si fanno subito sentire con una sezione ritmica dirompente ed un lavoro delle due chitarre che "affettano" ogni cosa gli si paia davanti. La voce è ruvidissima, carica di rabbia e tremendamente dannata. Pensiamo a Dio, per come lo intendiamo; salvatore, misericordioso e benevolo. Successivamente, pensiamo alle cose reali accadute e commesse a suo nome. Troveremo in sostanza l'instaurarsi di una dittatura non diretta, che però ha fatto sì che le proprie regole venissero rispettate in ogni modo. Pensiamoci solo per un momento: ciò che viene diffusa è solamente paura, "profeti" e dei predicatori non fanno altro che espandere a macchia d'olio questo terrore, in nome di Dio. "Ucciso il primogenito dei re, per bocca del suo profeta" è un chiaro riferimento ad Erode, il quale venuto a conoscenza della nascita del cosiddetto Salvatore, ordinò un vero e proprio massacro di infanti con lo scopo ultimo di uccidere proprio Gesù. La religione non fa dunque altro che spargere il seme dell'odio, sin dai suoi albori. I soldati del Signore non portano pace ed amore, portano guerre, uccidono, distruggono e seminano terrore. Il termine "Obbedire o morire", va a significare proprio la volontà di seguire questo dio, desiderosi di non incappare in morte certa. Ma chi è lui, per decidere per noi? Chi è per tracciare la nostra via? E' forse colui che ci ha creati? E chi può dirlo, con certezza? Se fosse solo soggezione collettiva? Pensate a cosa potrebbe scatenare, una semplice presa di coscienza come questa. La band macina Km come se non ci fosse un domani, e via via che il testo si fa più crudo, l'aggressività sprigionata dal singer diviene un qualcosa di crescente e martellante. Il ritornello viene ripetuto varie volte con lo scopo di permettere al sound di rallentare quel tanto che basta per introdurre un assolo velocissimo e strutturalmente molto ben eseguito, con tanto di batteria a cannone. Le ritmiche si fanno sempre veloci ma si donano ad un più di ampio respiro, dove Rhods Ricky si permettono quasi di giocare con la loro sei corde, intrecciando distorsioni che ai fini della riuscita del brano risultano essere molto piacevoli e ben articolate. Con una certa sfacciataggine ci viene detto per vie traverse che costui è il nostro signore e che dobbiamo per forza seguire le sue regole, per poter sopravvivere. Se qualcuno oserà infrangerle verrà punito, donne o bambini, nessuno escluso. Dopo queste tremende rivelazioni, giungiamo all'amara conclusione di essere di fronte al Dio del terrore, e non a quello che per millenni ci è stato dipinto come Salvatore. Regole; si parla di regole da rispettare, di seguire una strada che non permetta, insomma, variazioni di percorso. Se pensiamo bene, però, alcune restrizioni erano già presenti ancora prima della creazione definitiva dell'uomo. Nella diciamo "favola" di Adamo ed Eva era già presente una regola, ed era quella di non cogliere il frutto del peccato rappresentato da una mela. Una prova? Può darsi, ma sempre di regolamento si trattava. Il brano volge al termine sfumando lentamente, e nella sua breve durata la band mette immediatamente le cose in chiaro: pochi fronzoli, nessun compromesso; puro thrash.

The Watcher

"The Watcher (L'Osservatore)" non si fa troppi scrupoli nell'attaccare immediatamente le nostre orecchie, con una sezione ritmica distruttiva che corre alla disperata ben supportata dalle due asce. Si prosegue verso territori ostili, a ritmo della rabbia primordiale. L'attacco del singer è mostruoso, la sua voce è graffiante come non mai e se vogliamo dirla tutta, si ha un po' la sensazione che il volume del suo microfono sia forse leggermente troppo elevato rispetto a quello dei compagni. Poco importa, in sostanza, perché l'effetto generato è altamente corrosivo e dunque ben accetto. Questo cosiddetto "osservatore" vede ed osserva in silenzio tutto quello che l'uomo compie. Vede e percepisce tutto il male che l'essere umano è in grado di generare, e questa cosa alla fine gli piace. Il suo scopo infatti è proprio quello di diffondere il caos, e la nostra razza sembra indirizzata inconsapevolmente ad alimentare questa sua sete di distruzione. In questo caso i richiami a band quali Kreator ed Exodus vengono a galla in maniera preponderante, ma devo dire che si può trovare anche un pizzico di personalità (che di certo non guasta) nel proporre queste chitarre "motosega"; le quali sicuramente andranno a far felice qualsiasi purista del genere. L' osservatore si muove in incognito, non si fa vedere ma scruta ogni nostra singola mossa. Nessuno può svelare il suo travestimento, come nessuno può fermare la sua volontà. Un assaggio di assolo lo troviamo a metà brano, il quale parte un po' in sordina come se volesse simboleggiare proprio questo travestimento, per poi sfociare in violenza pura rivelandosi con estrema perizia tecnica e velocità, per portare l'assalto definitivo e dare il via al caos. La batteria di Hugor non accenna a rallentare nemmeno per un secondo; è veloce e spietata, una vera mazzata sui denti che non accenna a risparmiarsi. E pensare che colui che vede ed osserva ogni azione è all'opera fin dai tempi antichi, e con molta pazienza ha studiato ogni singola nostra mossa per poter trarre ogni beneficio possibile per il suo scopo. In fondo il suo è un gioco, ed il giocare con l'umanità utilizzando proprio l'uomo come un giocattolo inutile è il suo passatempo preferito. Dopo tutti questi anni di attesa e di pazienza, il potere definitivo è finalmente giunto, ed ora, ogni suo desiderio sarà soddisfatto. Il brano di per sé non raggiunge nemmeno i tre minuti di durata, ma è talmente aggressivo che a volte sembra proprio che manchi il fiato, nell'ascoltarlo. Un bene, a parer mio, perché credo che l'intento della band fosse proprio questo: concentrare più rabbia possibile in un lasso di tempo che non permetta all'ascoltatore di rendersi conto di ciò che accade. Se credete che verso il finale questa "The Watcher" tiri un po' i remi in barca... beh, vi sbagliate di grosso. Anzi, se vogliamo dirla tutta sembra che questo mezzo non sia dotato di freni e sia destinato a fermarsi solamente mediante uno schianto. Vocalmente è impressionante come Ricky dia sfogo e voce a questo manifesto che porterà inevitabilmente al caos; uno tsunami dirompente che non può lasciare indifferenti. Sì, forse l'insieme è un po' troppo lineare, fatta eccezione per un assolo davvero ben costruito, ma è giusto che sia così: perché il pezzo è stato concepito in questa maniera! Fronzoli zero, impatto frontale cento.

Eradication Immaculate Existence

Proseguiamo con "Eradication Immaculate Existence (Eradicazione Immacolata Esistenziale)", la quale non perde tempo a proporsi come spietata ma allo stesso tempo interessate. Spietata perché parte subito a cannone con il solito duo Hugor/Drugz a dettare immediatamente legge, erigendo un muro sonoro impressionante; interessante perché le due chitarre si cimentano in riffs decisamente accattivanti e molto belli da ascoltare, nella loro follia esecutiva. Per quaranta secondi assistiamo a delle "evoluzioni" tanto semplici ma decisamente d'effetto, che vedono un lavoro di squadra assolutamente vincente. Arriva ovviamente il momento del cantato, che si rivela ancora una volta decisivo con una grinta sempre molto ben espressa. Grinta che evoca ancora una volta uno scenario deprimente, dove il sole che dovrebbe illuminare le nostre vite facendole splendere in maniera continua, improvvisamente si annerisce come avvolto da una forza oscura, ed improvvisamente cade nella vastità del cielo. Il motivo di questo declino è da ricercarsi in alcuni spiriti neri che cammino in mezzo noi; sono sulla Terra da molto tempo ed hanno atteso solamente il momento migliore per poter colpire. Posseggono un sigillo che viene prontamente aperto, liberando ogni tipo di entità le quali vanno a diffondere immediatamente caos e malattie di ogni genere. Il lavoro della band assume connotati molto più pesanti, e se pur rimanendo con ritmiche altissime, il sound si fa molto più cattivo e pesante. La batteria è un martello che non conosce soste, mentre le due asce continuano nel loro lavoro di ricerca continua per completarsi l'una con l'altra, riuscendoci perfettamente. L'assolo che ne segue è molto ben eseguito, su scale che non si rivelano troppo alte ma che denotano una grande tecnica da parte di Rhodz. Il testo viene gettato in pasto all'ascoltatore senza un minimo di pausa, continuando a raccontare di demoni che in sostanza sono venuti a noi per soddisfare il desiderio del nostro creatore. Ma allora questo nostro Dio è un perverso e sadico esecutore di morte che delega ai propri fedeli demoni il compito di spargere dolore e morte? A quanto pare, è proprio così che stanno le cose; una visione misantropica della vita che i nostri Heritage cercano di far venire a galla in maniera molto cruda e diretta, ma che potrebbe essere anche una mezza od intera verità. Se pensiamo a tutto ciò che accade ogni giorno sulla nostra terra, potremmo anche avere una visione completamente diversa di Dio, colui che dovrebbe essere un salvatore, un paciere universale. Non prendiamo ogni singolo o tragico evento come episodio a sé stante, ma guardiamo nel complesso quanta malvagità aleggia nel nostro pianeta. E' chiaro dunque che qualche dubbio, anzi, molti dubbi possano legittimamente sorgere. Anche questo brano non raggiunge i tre minuti di durata, e se l'assolo pocanzi descritto copre gran parte della parte finale della song, troviamo un finale in linea con l'inizio della song stessa, la quale si ferma improvvisamente lasciando un punto interrogativo molto inquietante. Il Signore si è completamente dimenticato di noi oppure si sta divertendo a giocare con le nostre vite? Risposte certe non ce ne sono, ovviamente. Sta ad ognuno di noi interpretare quello che da moltissimi anni a questa parte sta accadendo alla nostra razza. Dicevamo che la durata è piuttosto esigua, ma devo anche dirvi che questo è l'episodio che mi ha convinto di più, con la sua ricercatezza nel trovare una identità propria; riuscendoci pienamente.

Lepers in Hysteria

"Lepers in Hysteria (Isterismo Lebbroso)" inizia subito, come di consueto, fortissimo. Mentre la sezione ritmica non si risparmia per niente nell'inanellare un suono decisamente serrato, con una doppia cassa molto insistente ed un basso che dire martellante è poco, le chitarre svolgono un lavoro decisamente interessante. Se la prima si assesta su tonalità piuttosto basse ma con una velocità di esecuzione decisamente elevata, la seconda cerca in qualche modo di assecondare tutta questa foga con un' impostazione più ragionata ma decisamente più oscura e minacciosa. Ad un certo punto la song cambia pelle innestando la quarta marcia e spingendo tantissimo per permettere a Ricky di esplodere vocalmente con tutta la propria furia. Il cantato è ruvidissimo ed a tratti possiamo trovare anche qualche piccola forzatura dovuta proprio alla foga messa in campo dal singer. Il destino è un qualcosa che, per chi ci crede, non si può controllare. Ognuno è segnato da un proprio percorso e per un motivo o per l'altro, questa strada non la si può cambiare. Molte volte questo destino è crudele ed avverso, tanto da diventare in certi casi praticamente inutile. In questo caso si parla di bambini e della loro innocenza che viene brutalmente rubata, rapita, con sciocche ed inutili menzogne. "Rapito e portato in cielo", il rapimento viene inteso proprio come quell'atto di rubare questa innocenza, portando queste creature nel credere di poter trovare il paradiso. "L'eternità è aperta", ma quello che c'è dall'altra parte non è proprio come lo si può immaginare. Infatti, questi bambini vengono prima venduti, e poi buttati in mezzo ad una strada a prostituirsi. Il tutto per arricchire persone senza scrupoli che, di fatto, non hanno un briciolo di rimorso circa terribili conseguenze che tutto questo porterà, con il passare degli anni. La loro anima così pura ed elegante viene inevitabilmente corrotta, facendola perire in una oscurità di odio e disperazione. Ecco, in questo caso non possiamo parlare di destino, perché non è un percorso di vita scelto ma imposto. Imposto con la forza, imposto con cattiveria e minaccia, in modo da rubare una vita ancora prima che quest'ultima nasca effettivamente. La rabbia che esce dal microfono del singer è un qualcosa di spaventoso, un qualcosa che viene riversato tutto d'un fiato in modo da prendere a pugni l'ascoltatore ferendolo a livello fisico, ma annientandolo a livello mentale. Ovviamente non può mancare un assolo che si fa decisamente apprezzare, mentre la sezione ritmica spinge come non mai. Ultimo vagito devastante con tanto di urlo liberatorio finale, e si conclude un brano sicuramente interessante che trova la sua parte migliore con una introduzione strumentale veramente ben eseguita, per poi diventare forse un po' troppo lineare nel suo proseguire ma riuscendo comunque a portare ad un buon risultato finale.

Bewitchment

"Bewitchment (Sortilegio)" parte con un riff decisamente accattivante accompagnato da quattro colpi di crash prontamente stoppati da parte del batterista Hugor. Sembra essere un preludio per un primo brano che possa far tirare un po' il fiato, ed invece la band parte a raffica con la solita irruenza che ne ha caratterizzato fin qui il percorso. Segnaliamo immediatamente l'ottimo lavoro chitarristico svolto dalle due asce, le quali si rincorrono in un percorso pieno di insidie, convincendo alla grande. Arriviamo così ad una prima strofa, nella quale si parla di un rituale in cui verrà sacrificato un neonato, con lo scopo di dare il via ad una maledizione. Tutto ciò verrà fatto in nome di Satana ed il nostro destino sarà quello di affrontare una vita in miseria, intrappolati in questa maledizione. Il cantato è meno irruente che in precedenza, ed anche se la rabbia rimane immutata, la prova dietro al microfono non risulta coprire alcuni strumenti come accaduto in brani precedenti. La song prosegue con un ottimo virtuosismo di chitarra da parte del bravo Rhodz, il quale si dimostra ferratissimo nel padroneggiare soluzioni anche particolari, che riescono a dare nel complesso una buona varietà al tutto. Bisogna dare inizio a questa violenza, e bisogna anche fare in fretta. Satana ha già iniziato ad uccidere, mentre la damigella degli inferi ha già lanciato il suo incantesimo. Un sortilegio che sigillerà il nostro destino in maniera da non poterlo più modificare. Gli Heritage spingono nuovamente forte, e lo fanno con una decisione quasi disarmante e pericolosa. Il pentagramma viene disegnato sul pavimento con minuziosa precisione, e nulla deve essere lasciato al caso. In questo frangente troviamo l'ottimo assolo offertoci dalla band per poi andare a concludere questo malefico rituale con una preghiera che verrà recitata nella maniera più malvagia possibile. Questo compito di rilevante importanza viene affidato ad una strega, la quale una volta terminata questa preghiera, viene letteralmente circondata da fiamme blu conferendogli quel potere a lungo ricercato per poter lanciare finalmente questo incantesimo. L'uomo è destinato a soffrire in eterno, e quando questa cerimonia verrà conclusa scoprirà quanto dolore dovrà provare per il resto dei propri giorni. Terminato l'ultimo atto, e quindi sacrificata l'anima pura per eccellenza, il brano si spinge nuovamente con le ultime forze verso una conclusione che permette a quest'ultimo di risultare tra i migliori dell'intero lavoro. Ottima la prova generale, ma una menzione speciale va sicuramente al lavoro delle due chitarre che hanno saputo ricamare sì sonorità tipicamente old school, ma si sono rivelate al contempo in grado di infondere quel pizzico di personalità che tanto fa bene all'ottima riuscita di questo "Bewitchment"

Raise Hell

"Raise Hell (Scatena l'Inferno)" è un brano che si presenta immediatamente con tutto l'esercito al completo, per distruggere ogni cosa. Batteria a martello, chitarre fumanti ed un cantato che arriva come un fulmine a ciel sereno. Una prima parte assolutamente devastante dove troviamo un racconto che ci rivelerà come distruggere il mondo. Un racconto che ci viene narrato da un anziano, il quale dice che per conquistare il mondo si può e si deve superare nientemeno che la morte. Siamo in un villaggio e ad un certo punto vediamo arrivare un uomo strano, una figura non ben identificabile che farà pagare a caro prezzo la sua presenza. E' pronto a scatenare l'inferno, porta i morti dietro di lui come fossero dei trofei, ed a mezzanotte in punto inizierà a scorrere anche il sangue di una famiglia, designata dal losco figuro come sacrificio della nottata. C'è poco spazio per l'immaginazione, e la band vuole subito chiarire le proprie intenzioni sfoderando, dopo appena quaranta secondi, un primo e brevissimo assolo a dir poco terremotante per poi riprendere con estrema grinta a ricordarci che questa famiglia ha compiuto dei peccati che non gli si possono perdonare. Costui ha bisogno del loro sangue per poter continuare a vivere e per continuare ad esistere, e quindi ecco scatenarsi l'esercito dei morti. Un improvviso break ci sorprende permettendo alla ritmica di rallentare vistosamente, inserendo un secondo assolo sempre di ottima fattura. A questo punto sembra di trovarsi di fronte ad un leggero rallentamento... ma ci sbagliamo di grosso. I Nostri brasiliani iniziano una corsa velocissima, fino alla fine, dove questo esercito non ha alcuna pietà nel portare a termine il compito a loro affidato. "Nessuna speranza, nessuna pietà" è la frase perfetta per riassumere la potenza del male; un male che non conosce ostacoli e che quando individua un obbiettivo continuerà a perseguirlo fino alla morte. La supremazia dell'oscurità è totalw, le anime ormai condannate rimarranno dannate per l'eternità. Diciamo subito che questo "Raise Hell" è un ottimo brano, ma dobbiamo anche dire che è forse troppo corto. Mi spiego meglio: la struttura generale è veramente interessante, ma con una durata complessiva che non arriva nemmeno ai due minuti sembra che le buone soluzioni adottate in questo caso siano state compresse per far rientrare il tutto in questa esiguità. Vero che siamo di fronte a canzoni dalla durata piuttosto limitata, ma mai come in questo frangente si potevano sviluppare meglio alcune idee. Ovviamente, la voglia di essere diretti sembra essere la parola d'ordine, ma qui avrei forse preferito uno sviluppo migliore, sacrificando magari in parte proprio quell'impatto primitivo che la band vuole dare.

Dr. Chaos

"Dr. Chaos" ha un sapore old shool fin dalle prime battute, dove riff di matrice pura attendono solamente un'entrata a piedi uniti da parte di una batteria dirompente. Come avrete capito, anche in questo caso siamo di fronte ad un inizio terremotante da parte dei Nostri brasiliani, i quali non si fanno troppi scrupoli a violentare i nostri timpani. Ottimo come sempre il lavoro dei due chitarristi, sempre alla ricerca di soluzioni estremamente interessanti ma sempre con un occhio ancorato al passato. Questa volta parliamo di scienza, un tipo di scienza molto pericolosa finanziata da uomini in giacca e cravatta che non stanno troppo a guardare alle conseguenze e si preoccupano solamente del profitto; il loro. "La scienza ha portato a nuove forme di vita" è la prima frase che ci viene sparata in volto, e di qui capiamo immediatamente che l'uomo a volte, e se ne ha la possibilità, vuol giocare a fare Dio. In una stanza atta a lobotomizzare una cavia umana, facciamo la conoscenza di uno scienziato, il quale ha preparato il suo personalissimo horror show. Evidenziato il tutto con una furia sonora veramente impressionante ed un cantato che questa volta più che rabbioso sembra manifestarsi in toni disperati, il nostro Dr. Chaos inizia a manipolare molecole e neuroni come fossero giocattoli, modificando il genoma umano per completare e dare vita a questa nuova creatura. Ecco che prende vita un genetico mostro di Frankenstein, e con estrema soddisfazione il medico annuncia che costui è finalmente in mezzo a noi. Le chitarre si prendono una piccola pausa, inanellando delle distorsioni decisamente più rilassate, mentre la sezione ritmica non conosce un attimo di sosta. Si ritorna a picchiare nuovamente duro ed osserviamo un'impostazione leggermente più melodica da parte dei Nostri per poi ritornare come di consueto a macinare riff assassini. Ecco, la creatura perfetta è finalmente pronta, l'esperimento è riuscito al 100%, e per festeggiare la band ci spara un bell'assolo che come al solito, è veramente ben strutturato e vincente. La felicità è alle stelle, si è intrapresa una strada meravigliosa, una strada che permetterà una nuova vita, e che condurrà ad una nuova esistenza. Il brano si conclude con un compattamento generale di suoni che si spengono come fossero un fuoco improvvisamente inondato d'acqua. Leggendo questo testo si potrebbe pensare ad un qualcosa di positivo; finalmente qualcuno è riuscito a creare una nuova vita e magari a risolvere dei problemi legati a malattie mortali ancora irrisolvibili. Se però compiamo un'attenta analisi, constatiamo come di positivo non ci sia poi granché. Lo abbiamo detto in apertura, a volte giocare a fare Dio può essere estremamente pericoloso. Modificare la natura, e nello specifico il genere umano, è un atto che forse non spetta a noi compiere. Ben vengano le sperimentazioni sempre più sofisticate, che possano avere una reale utilità; ma manipolare o addirittura creare la vita è un passo ancora troppo grande. Non a caso la band mette subito in chiaro le cose con la frase "Finanziato dal grasso in cravatta", sottolineando la volontà di arricchirsi il più velocemente possibile senza curarsi minimamente delle conseguenze che certe azioni (in particolare queste) possano causare all'intero genere umano. Non stiamo parlando di zombie od esseri stupidi, ma stiamo trattando proprio la creazione di nuove forme di vita per mano dell'uomo stesso. Pensare prima di agire non fa mai male, ma noi siamo fatti così, purtroppo... e prima o poi quello che ora potrebbe sembrare fantascienza, diventerà sicuramente realtà. 

Midnight Kill

"Midnight Kill (Uccidere a mezzanotte)" si presenta immediatamente con una ritmica forsennata e devastante. Successivamente viene proposto un breve break dal sapore quasi death metal, per poi rifiondarsi nuovamente su canoni tipicamente thrash. Una cosa che notiamo immediatamente sono le tonalità di chitarra che, in questa prima parte, sono decisamente più basse rispetto al solito. Proprio per questo, il tutto assume per un sapore decisamente più pesante e soffocante. Non a caso andiamo a ritrovare un pentagramma disegnato a terra circondato da nere candele, atto a rievocare un torturatore. Esso risorge dalla propria tomba pronto, allo scoccare della mezzanotte, a massacrare chiunque senza prima averlo torturato e seviziato a dovere. Lui adora l'odore dei cadaveri in putrefazione, adora sentire la carne che lentamente marcisce. La decomposizione gli provoca piacere, un macabro orgasmo che ne accresce la propria forza. Le vocals assumono connotati putridi, rabbiosi e taglienti come la lama del nostro torturatore, che taglia gole ed assapora il sangue fuoriuscire dai corpi martoriati. Inutile dire che gli Heritage non concedono molto spazio al respiro, anche se in un paio di occasioni riusciamo a trovare quella bolla di ossigeno che ci permette di non soffocare. Le sonorità sono sempre di ottimo livello e anche quando la band rallenta quel tanto che basta per farci rifiatare, l'atmosfera generata è forse ancora di più inquietante. La carne viene strappata via quando ancora la vittima è agonizzante e le urla di dolore si trasformano in urla di piacere. Le chitarre sono una vera goduria da ascoltare, la distorsione è quella tipica degli anni '80, ciò che si assapora è proprio un ritorno al passato, obbiettivo dichiarato dalla stessa band. Quella che si sta per compiere non è solamente una carneficina senza motivo, è l'evocazione del male a scopo vendicativo. Satana è l'artefice di tutto ciò ed è proprio lui che ha mandato un suo esecutore per fare in modo che le nostre anime si inginocchino davanti a lui. Satana attende la nostra anima con trepidazione, e quando le candele che circondano il pentagramma smetteranno di fare luce, l'ira degli dei finalmente si riposerà, perché vorrà dire che la vendetta sarà compiuta. Diciamo che questa song non ha molte variazioni a livello sonoro, se non una centrale che vede un ottimo rallentamento il quale va a preparare un secondo assalto ottimamente riuscito. Curiosa la mancanza di un vero e proprio assolo, questa volta, ma se ascoltiamo bene questo brano possiamo tranquillamente dedurre il fatto che, in realtà, non c'era poi tutta questa necessità di inserirne uno a tutti i costi. Qui la band ha giocato di astuzia e di intelligenza, ed il risultato finale è ottimo sotto molti punti di vista. Le liriche non sono nulla di originale, anzi: magari avrei preferito un qualcosa che proseguisse il discorso iniziato con il brano precedente. Comunque, niente da dire sull'effettiva qualità generale, che si assesta sempre su buoni livelli.

Ominus Ritual

"Ominus Ritual (Rituale Infausto)" ha un inizio a dir poco terrificante, dove chitarre e sezione ritmica viaggiano a ritmi vertiginosi. Una brevissima pausa con solamente la sei corde ritmica a dettar legge, e si riparte a cannone in modo da non lasciare superstiti. La prima strofa è devastante, il cantato è talmente ferale da incutere veramente terrore. Come recita il titolo, siamo di fronte ad una cerimonia nella quale vengono evocati alcuni degli spiriti provenienti dall'inferno più diabolico. "Lasciate suonare la campana di Satana", cercate di non opporvi al suo volere, lasciate che le vostre orecchie ascoltino la sua chiamata in maniera tale da permettergli di entrare nella vostra anima. Negate il destino religioso che per anni vi è stato inculcato, sputate in faccia a questa società ed abbracciate il male nella sua forma più pura. In questo turbinio di sonorità velocissime ed altisonanti, il basso di Drugz svolge un lavoro eccellente nel seguire le due chitarre, che a loro volta sembrano a dir poco impazzite. Il lavoro dietro le pelli del solito Hugor è impressionante, una macchina da guerra che non conosce ostacoli di sorta ed è pronta a schiacciare ogni cosa. La religione così per come ci viene imposta non riesce a farci capire che in sostanza siamo già morti. Anzi, professa resurrezione e beatitudine controllando inesorabilmente le nostre menti. Non riusciamo a capire che ci viene negata la libertà di pensiero, ed è proprio per questo che la sofferenza indotta è la miglior cura a questa "malattia". Un fuoco viene acceso per purificarci, la carne brucia e l'odore di morte si alza verso l'alto. Si smuove la cenere, la cottura deve essere perfetta, ma lo scopo finale non è quello di bruciare solamente la nostra pelle o le nostre interiora; no, quello è solo l'inizio, è solamente la superficie. Quella che deve bruciare è la nostra anima e l' impressionante assolo posto a sottolinearne l'importanza di quest'atto è veramente infuocato. I richiami a band quali Megadeth Metallica della prima era sono palesi, ma sono necessari per conferire al brano una identità ben marcata per proseguire la propria cerimonia. In fondo il diavolo ci conosce bene e gioca con le nostre debolezze. Le sfrutta a tal punto da far vacillare ogni nostra credenza, vuole anche mettere in chiaro che chi svolge una vita fatta di buone maniere ed educazione, rispetto verso il prossimo ed ogni quant'altra buona azione, non per forza un giorno si ritroverà in questo fantomatico paradiso, ma potrà benissimo intraprendere la strada dell'inferno. Il perché è subito spiegato: se Satana vuole, ottiene. Non ci sono imprecazioni di sorta, non ci sono preghiere che possano salvare e non esistono escamotage per convincerlo del contrario. Nessuna forza celeste sarà in grado di fargli cambiare idea o di opporsi, se il sovrano degli inferi decide che una qualsiasi anima può essergli utile per avere la supremazia, lui la prenderà. Ultima sezione totalmente sonora e si va verso un finale decisamente concitato, dove la band tira a più non posso triturando ogni onda sonora, per poi spegnersi improvvisamente concludendo questo rituale infausto. Diciamo che la title track del disco è un brano decisamente più lineare, dove solamente gli assoli di Rhodz riescono a spezzare un po' questa linearità. Nel complesso è un buon pezzo, ma non eccelle come per esempio i due brani sopra di lui. Non è un male, alla fine è una situazione tollerabile. Il cantato è comunque aggressivo quanto basta e la strumentazione è tritaossa come dovrebbe essere. Ecco, diciamo pure che i due minuti e quarantacinque di durata questa volta bastano per apprezzare appieno l'attitudine in your face messa in bella mostra dai Nostri. Cosa curiosa è il fatto che il titolo del brano non sia esattamente identico a quello dell'album, anche se possiamo tranquillamente parlare di title track.

Razors Punishment

"Razors Punishment (Punizione Tagliente)" si muove inizialmente in maniera meno forsennata in questo suo inizio, ma dopo alcuni secondi la band si riprende immediatamente sparando una raffica impressionante di sonorità distorte. La velocità è altissima, sembra che una volta presa la mira, gli Heritage decidano di svuotare completamente il loro caricatore sulle proprie vittime. Le chitarre vengono chiamate in causa con plettrate leggere, mentre come di consueto, la sezione ritmica si ritrova in un'autostrada dove potersi spingere oltre il limite della velocità. Se precedentemente assistevamo a rituali che invocavano esecutori materiali di morte, questa volta andremmo ad impersonare uno di loro. Una volta estratta la pistola ha inizio di fatto la macellazione. L'odore di morte è tutto intorno a noi, penetra nel terreno, inzuppa i vestiti e si introduce fino a compromettere l'anima. La carne inizia a marcire, le ossa si sgretolano come il futuro che mai avremo, e tutto questo senza avere il benché minimo rimorso, semplicemente perché il male non ha proprio niente da perdere. Ci nascondiamo nell'oscurità in attesa della nostra vendetta, iniziamo un tremendo conto alla rovescia che ci rende in qualche modo felici e fa salire l'adrenalina a mille. Colui che verrà ucciso è ignaro di tutto ciò, e la soddisfazione di vederlo a terra attorniato da una pozza di sangue sarà il nostro premio più bello. Il cantato come sempre è urlatissimo ed aggressivo, ma forse una maggiore varietà o una leggera sfumatura per rendere il tutto meno uguale a se stesso avrebbe sicuramente giovato. La batteria è devastante nel suo incedere ed anche quando troviamo dei leggerissimi cambi di tempo, la sensazione di trovarsi davanti ad un vero e proprio carro armato non va proprio a scemarsi. Le chitarre alternano momenti in cui vengono usate solamente per riempire il sound ad altri in cui risultano delle vere e proprie protagoniste, con soluzioni sempre velocissime ma che trovano un giusto equilibrio tra "ragionamento" ed assalto vero e proprio. Siamo dunque pronti a compiere la nostra vendetta, e che sia chiaro: nessuno sopravvivrà alla nostra ira. L'odio che scorre attraverso le nostre vene nutre la bestia, la rafforza rendendola immortale. Ma perché dobbiamo vendicarci? Da dove scaturisce tutto questo odio? Il tutto viene spiegato attraverso un'unica frase: "Mia moglie e mio figlio sono morti, la vita non ha più senso". Eccoci arrivati al punto cardine, sul quale ruota tutto questo astio. Qualcuno ha ci ha fatto del male, una tipologia di dolore che nemmeno il tempo potrà mai cancellare... per questo siamo qui a far cadere in punizione colui che ci ha tolto la nostra ragione di vita. Diventiamo per un istante una sorta di giudice, per una volta ed una soltanto, emetteremo la nostra sentenza di morte. Ti vedo, vedo il terrore attraverso i tuoi occhi; preparati ad emanare il tuo ultimo respiro, perché è arrivata finalmente la tua ora. Terminato il testo, la band prosegue per gli ultimi cinquanta secondi con un'ottima parte strumentale dove possiamo addirittura ascoltare un blast beat mostruoso da parte del sempre ottimo Hugor, e che trova il suo apice con il solito interessante assolo sorretto da un basso veramente in grande spolvero. Proprio sul finale troviamo un ottimo rallentamento che chiude di fatto un brano dalle liriche interessanti e dalla solita furia a volte incontrollata di una band che non ha paura a superare i propri limiti. 

Assassin Legacy

"Assassin Legacy (Eredità Assassina)" è l'ultimo brano di questo "Ominous Ritus", ed è anche il pezzo più corto di questo intero lavoro. Partiamo dunque con un virtuosismo di chitarra molto piacevole che permette all'intera band di prendere la rincorsa, per effettuare una volata incredibile con una prepotenza assassina. Il suono è crudele e non lascia scampo, l'intento è quello di concentrare più violenza possibile in questo minuto e trentanove... e sin da subito, i Nostri sembrano proprio riuscirci. Ascoltando il cantato, le tonsille e le corde vocali sembrano sul punto di esplodere al nostro Ricky tanto è la spinta impressa nel suo essere così esasperato. Esasperato come la breve storia di questo bambino trasformatosi poi in un vero e proprio killer, provando solamente ad immaginare le numerose difficoltà a cui ha dovuto far fronte. Nasce in una famiglia poverissima e fin da subito ha dovuto imparare a combattere per poter sopravvivere. Nel corso degli anni, il tempo riesce a forgiare il suo spirito, ed il suo cuore nero improvvisamente diventa freddo come una lastra di ghiaccio. Un odio represso ed una voglia di rivincita che non riesce più a tenersi dentro ed esplode tutta insieme trasformandolo in un esecutore di morte. Adesso, lui uccide le persone: lo fa per denaro, sì, ma questo "lavoro" diventa anche un piacere. Un qualcosa di morboso, uno sfogo che sacrifica vite umane e che lo induce a sopravvivere. E' un lavoro sporco, è una pratica pericolosissima quella del killer. Non saprà mai se sopravvivrà fino al giorno seguente, ma è una vita intera che trascorre sul filo del rasoio. Con un urlo terrificante da parte del singer, Hugor si cimenta in un blast beat assurdo ed il sound assume connotati tipicamente death, sia come impostazione ritmica sia per quanto concerne il lavoro dei due chitarristi, i quali spremono le corde fino a farle incendiare. L'assolo ovviamente non manca, e Rhodz ci spara un tapping furioso proprio sul finire della sua prestazione, rimarcando ancor di più un odio che questo ragazzo si porta dietro da troppo tempo. Poc'anzi dicevamo che questo "mestiere" è tremendamente sporco, ma è anche pericolosissimo. Il protagonista deve essere bravo a non lasciare un benché minima traccia del suo operato ed ha capito che l'unica maniera di fare soldi e di poter vivere in maniera dignitosa, è quella di essere assoldato su commissione. Qualcuno ordina la morte di altri, poche domande, quasi nessuna ed il suo desiderio si trasforma in un ordine. Brano veramente corto, è vero, ma di una crudeltà assoluta sia per quanto riguarda il testo sia per quanto riguarda le sonorità. Non facciamo fatica a dire tranquillamente che si tratta del pezzo più violento dell'intero lavoro, ed il tutto concentrato in pochissimi minuti. Un finale disarmante che vuole essere il colpo di grazia di un album esplicitamente diretto e veloce.

Conclusioni

Giunti quindi alla conclusione di questo platter, possiamo dire di trovarci di fronte ad undici canzoni concentrate in meno di mezz'ora di durata. Undici mazzate in volto che si fanno ascoltare tutte d'un fiato, senza mai concederci un attimo di pausa. Soffocante, opprimente, tagliente, tellurico... il disco giusto per soccombere sotto i colpi del Thrash più estremo ed oltranzista. Perché per provocare del dolore, quello vero, bisogna ascoltare questo "Ominous Ritus" nella sua interezza. Il disco in sé è un ottimo debutto per questi brasiliani, e su questo non c'è ombra di dubbio. Ascoltandolo più volte, mi sono trovato a cogliere molti pregi, ma anche alcuni difetti che sono sicurissimo, verranno aggiustati con il tempo e l'esperienza. Per il genere proposto, ho trovato la produzione veramente ottima; una resa sonora che - per forza di cose - va volutamente a richiamare alla mente quei lavori tipici degli anni d'oro del thrash. Chitarre tritaossa, sezione ritmica imponente e voce al limite della pazzia, fanno in modo che il risultato finale sia tutto da assaporare con piglio crudele ed affamato di violenza. Parlando di basso e batteria, non possiamo fare altro che applaudire il duo Hugor/Drugz, i quali veramente assumono il comando di un'arma potentissima, il sound espresso dai Nostri. Il lavoro delle chitarre è anch'esso molto equilibrato e potente, ed in questo caso un plauso speciale bisogna tributarlo a Rhodz, bravissimo con i suoi soli che risultano essere sempre vincenti e coinvolgenti, mentre il doppio lavoro di Ricky in veste di singer e chitarrista si fa apprezzare incredibilmente. La sei corde ritmica è molto particolare e mai avara di situazioni interessanti, ed è bravissimo, il Nostro, a triturarla fino alla fine. Vocalmente la grinta è presente, a volte (soprattutto nei primi brani) l'ugola è forse troppo alta rispetto agli altri strumenti, ma ovviamente sono dettagli che non influiscono sul risultato finale. E' molto bravo, il Nostro, invece nel trovare quelle piccole sfumature tra un brano e l'altro che richiedono a volte più rabbia, a volte più sofferenza, ed a volte maggior controllo. Di certo non ha paura nello spingersi oltre il limite, e questo è di sicuro incoraggiante. Sulla durata dei brani vorrei fare giusto qualche appunto: Sono presenti solamente tre song che tagliano il traguardo dei tre minuti, due che non arrivano nemmeno ai centoventi secondi e tutte le altre che si assestano sui due minuti e mezzo. In alcuni casi è un bene, data la propria natura; sicuramente le canzoni sono state costruite per essere il più dirette possibile. Prendiamo per esempio l'ultima, autentico manifesto distruttivo che trova la forza proprio nel concentrare una furia disumana in così poco tempo. Oppure "Eradication Immaculate Existence" "Dr. Chaos", brani veramente ben fatti che non necessitano di ulteriori secondi per essere tra i più riusciti. Prendendo invece un brano come "Raise Hell" si ha la sensazione che uno sviluppo migliore avrebbe sicuramente innalzato qualitativamente il brano, poiché alla fine del minutaggio si ha un po' la sensazione che manchi qualcosa. Ascoltandolo lo si apprezza sicuramente, ma sembra quasi che termini improvvisamente lasciando per strada alcuni "pezzi". L'affiatamento tra i vari membri del gruppo si sente eccome, ognuno si muove in relazione all'altro completando uno schema intricato ed uscendone fuori alla grande... ma parlando più specificatamente di songwriting. anche qui ci sono degli alti e bassi. Ho apprezzato moltissimo le liriche presenti in "Dr.Chaos" come quelle dell'ultima "Assassin Legacy" per esempio, dove viene raccontata una storia che ti prende dall'inizio alla fine. Alcune fasi di questo rituale non catturano però all'istante e dunque ci mettono un po' a coinvolgere. Testi a volte interessanti a volte banali, e forse eccessiva linearità in alcuni sprazzi sonori. Quello che in definitiva voglio dire è che gli Heritage hanno un potenziale secondo me enorme e questo lo si sente in molti brani presenti. A volte sfruttati benissimo altre volte meno, ma se il loro intento era quello di far rivivere i fasti del genere thrash devo dire che ci sono riusciti in pieno. Tutto richiama il passato, dalla bellissima cover al logo del moniker, fino a passare per la cosa più importante, ovvero il contenuto. Se con il passare del tempo e con i giusti accorgimenti i Nostri riusciranno anche a trovare quel pizzico di personalità in più (che in questo disco non manca, sia chiaro), posso dire già da ora che miglioreranno ad ogni loro nuova uscita. Non è certo facile farsi notare in un genere che non permette troppe variazioni, ma la volontà e soprattutto la genuina attitudine ci sono tutte, e questo lo si sente benissimo. Un ascolto credo sia d'obbligo, anche perché una volta partecipato a questo rituale, difficilmente si potrà tornare sui propri passi. 

1) Obey or Die
2) The Watcher
3) Eradication Immaculate Existence
4) Lepers in Hysteria
5) Bewitchment
6) Raise Hell
7) Dr. Chaos
8) Midnight Kill
9) Ominus Ritual
10) Razors Punishment
11) Assassin Legacy