HELLOWEEN

Helloween

2021 - Nuclear Blast

A CURA DI
ANDREA CERASI
23/06/2021
TEMPO DI LETTURA:
7

Introduzione Recensione

E alla fine è successo, i sogni di metà dei metallari del mondo si sono avverati. Le Zucche di Amburgo si sono ritrovate per una mega reunion che ha fatto battere il cuore a migliaia di ascoltatori, e sold-out dopo sold-out si sono esibite sui palchi del mondo intero, dimostrando di essere ancora in forma smagliante, con una formazione allargata, stile famiglia, che ha riaccolto a braccia aperte Kai Hansen, fondatore stesso della band, e Michael Kiske, dopo quasi trenta anni dalla loro uscita. Nel frattempo, di cose ne sono accadute, nel 1994 il vocalist Andi Deris ha ripreso in mano una formazione confusa e con il chitarrista Michael Weikath e il bassista Markus Grosskopf ha riportato in vita il marchio Helloween, riprendendosi lo scettro di Re del power metal a suon di capolavori, più arrabbiati rispetto agli esordi, più sofisticati negli arrangiamenti e con un songwriting decisamente migliore. Il fattore "happy" delle Zucche tedesche, tratto così distintivo negli anni 80, era stato trasformato, facendo capolino solo sporadicamente nella seconda incarnazione della band. Una macchina da guerra, tecnicamente ineccepibile e ispirata che ha fatto ricredere, nel tempo, persino i più accaniti detrattori, o più semplicemente quelli maggiormente legati ai due Keeper Of The Seven Keys, dischi rivoluzionari, capaci di stabilire le coordinate stilistiche dello stesso power metal europeo e di imporsi tra i lavori più popolari e importanti della storia del metal. Nonostante una qualità elevatissima, sia della musica prodotta che dei singoli musicisti coinvolti, e nonostante le miracolose acrobazie di un fuoriclasse come Deris, interprete mostruoso e ottimo scrittore, nel 2017 la nostalgia ci ha messo lo zampino. E la nostalgia, specialmente in un ambiente così tradizionalista come il metal, è un elemento da non sottovalutare, in grado di cambiare il destino di una formazione.

Francamente non se ne sentiva il bisogno, se non appunto per qualche nostalgico desideroso di rivivere ricordi importanti e sbiaditi della sua adolescenza, perché gli Helloween della seconda incarnazione erano perfetti, anche quelli più recenti, gli eccellenti Gambling With The Devil (un vero capolavoro) e 7 Sinners, l'ottimo Straight Out Of Hell, e persino il più che discreto My God Given Right lo avevano testimoniato, nonostante qualche inevitabile déjà vu, ma questa rimpatriata era già nell'aria da alcuni anni e, a detta di molti, andava fatta a tutti i costi, forse più per motivi strettamente commerciali che sentimentali. Nessuno, però, si sarebbe aspettato un nuovo album con la formazione a sette elementi, ben tre chitarre e tre vocalist, e allora il nastro del tempo, in questo strano 2021, viene riavvolto per ripartire proprio lì dove tutto è cominciato, ormai quaranta anni fa.

Helloween, album auto-intitolato, proprio come il primissimo EP, pubblicato nel lontano 1985, è pura celebrazione di una carriera che ha pochi eguali nella storia dell'hard&heavy, e infatti il disco ripercorre tutte le tappe stilistiche adottate dal gruppo: un po' Keeper Of The Seven Keys, un po' The Time Of The Oath e un po' The Dark Ride, senza replicarne la qualità, complice qualche calo e qualche pezzo anonimo che tira troppo la corda, allungando il minutaggio. Attese deluse? Sinceramente chi si aspettava un capolavoro eterno covava aspettative impossibili da soddisfare, diciamo, piuttosto, che la band si affida soprattutto al mestiere, festeggiando ciò che rappresenta per l'ambiente hard rock. D'altronde era lecito aspettarsi un risultato del genere, specie se il disco ha, nella sua essenza, il sapore di un party celebrativo. Invece, ciò che di Helloween colpisce, oltre alla bellissima copertina dipinta da Eliran Kantor, illustratore che ha collaborato con altri giganti del metal come Testament, My Dying bride o Soulfly e che cita il Guardiano delle Sette Chiavi, è la paternità delle liriche e della musica, quasi tutte opera di Andi Deris e di Michael Weikath, indiscutibilmente i leader assoluti, non è una novità, che compongono la quasi totalità del disco, mentre grande spazio è riserbato a Michael Kiske, costante protagonista dietro il microfono, al quale sono affidate tutte le parti in tonalità altissime, mentre Deris si accontenta, il più delle volte, di intervenire nei cori e di intonare qualche strofa. Kai Hansen, invece, partecipa soltanto a sprazzi, preferendo dedicarsi soprattutto alla chitarra, scrivendo solo la traccia conclusiva, la suite Skyfall, forse il pezzo più rappresentativo dell'album, che con i suoi dodici minuti sintetizza il passato e il presente degli Helloween.

Out For The Glory

L'apertura è affidata alla tradizionalissima Out For The Glory, che sembra uscire dai primi album. Una intro lenta che si prende tutto il primo minuto e poi ecco che la band attacca col suo power metal sonante. È Kiske a prendere le redini e a intonare le prime strofe: "Si è preso un meritato riposo e si è messo a proprio agio, dopo una faticosa giornata. Ha preso una birra, si è avvolto in una coperta, ha abbracciato il cuscino, poi si è appisolato su territori sconosciuti. Il paradiso, un luogo dove tutti possono vivere e prosperare. Abbi fede". Un canto dal sapore biblico, che racconta di un risveglio, forse a citare apertamente il ritorno stesso del gruppo, tutti uniti per la vittoria. Il ritornello arriva senza perdere tempo, ipermelodico e dal vago sentore happy, che rimanda a dischi quali Keeper Of The Seven Keys e Pink Bubbles Go Ape, e fa breccia soprattutto nei cuori dei vecchi fans, quelli legati alla prima fase della band. Un buon refrain, dopotutto, che sa di vittoria. "Fuori dalla gloria, un pugno alzato per andare a governare i cieli eterni. Vincitori per sempre, è giunto il momento che tutti vedano i tuoi servi mantenere la pace, mentre i vili cadranno". La voce di Hansen fa capolino prima della seconda parte del brano, le cui urla acide anticipano il ritorno di Michael Kiske: "Affronta il mondo adesso, è maturo abbastanza da essere afferrato, tu sei erede legittimo della Grazia perpetua. Attento a coloro che ti odiano, affrontali ed eliminali. Svela a tutti chi sei, fatti ubbidire e condanna all'inferno". La band è in forma, agguerrita più che mai, la sezione ritmica è una macchina schiacciasassi che non rallenta mai. Andi Deris arriva indemoniato per il bridge, le sue grida luciferine donano cattiveria e ci conducono alla parte finale della canzone. Assolo di chitarra, doppia-cassa sparata e si giunge alla terza fase. "Non mi sveglierò, lasciatemi dormire, questo sogno è troppo bello per finire così. Tengo gli occhi chiusi e non mi muovo. Preferisco restare qui. La testa è confusa, appena svegli, a causa di sogni inebrianti, ma è il giorno della corsa delle bighe dell'imperatore. Mi attendono impazienti al Colosseo. Getta il boccale di birra e seguimi". Gli Helloween se la prendono comoda, presentando i musicisti e i tre vocalist, costruendo un brano di apertura lungo più di sette minuti, un po' ripetitivo, ma azzeccato per fare da apripista.

Fear Of The Fallen

Scritta da Deris, Fear Of The Fallen è il brano migliore dell'album, dallo stile più recente rispetto al primo brano ascoltato, lanciato anche come singolo. Un arpeggio leggiadro accompagna la voce sospirata di Andi, poi la base ritmica si indurisce per fare da monito: "Deciditi, mantieni la tua posizione, amico mio. Rifiutati e cadrai sconfitto. Falsi santi e credenti, nemici e ingannatori, ora hai scelto da che parte stare? Deciditi. È tempo di trattare, siamo pronti, i codardi possono pure fuggire, ma non potranno nascondersi". Ancora un brano di unione, e ce ne saranno molti all'interno del disco, come a ribadire l'importanza della famiglia, la forza di un nucleo, unito contro le avversità della vita. Il tempo stringe e bisogna decidere da che parte stare. È tempo di lottare. "Ecco che arriva la paura dei caduti, ci alziamo quando chiamerai, una luce nella notte, siamo la fiamma del fuoco, la voce nel coro, siamo sempre nei dintorni". Il chorus è eccezionale, ispiratissimo, dalla melodia che entra in testa e non va più via, con le due voci, quelle di Deris e di Kiske, che si passano il testimone, alternandosi in un trionfo melodico stupendo. Dani Loble si ritaglia il proprio spazio, il drumming terremotante, mentre Hansen e Weikath si esibiscono in una serie di assoli scintillanti. "È questa la strada che stai prendendo? È questa la vita che stai inseguendo? Questo è il tuo cuore che batte? Mi stai sentendo? Deciditi". Il cammino da seguire è stato scelto, la decisione è stata presa. Deris e Kiske fanno di tutto per trascinare con sé il destinatario del messaggio, che potrebbe essere l'ascoltatore stesso. Un singolo fantastico, melodicamente vincente, strumentalmente pure, l'ennesimo guizzo da parte degli Helloween.

Best Time

Il riff portante di Best Time è una vera delizia, mentre il testo trasmette positività, oltre che energia. Kiske e Deris si alternano sapientemente, amalgamando le proprie voci, così diverse eppure così compatibili l'una con l'altra. "Devo alzarmi, dammi un colpo per attivare la mia mente. Ho fatto un brutto viaggio, devo rimettermi in gioco. Lo so che starò bene, mi sento meglio sotto la luce al neon". Ancora una volta troviamo il tema del ritorno a casa dopo un lungo viaggio. Stanco e amareggiato, scoraggiato dalla vita, il protagonista si riposa. Il mattino seguente è già pronto per ricominciare una nuova fase della propria esistenza, è ottimista e spera che tutto vada per il meglio. Il ritornello è ancora affidato all'ugola cristallina di Kiske, che raggiunge vette altissime, mentre Deris e Hansen fanno da contro-coro: "Arriverà il tempo migliore della mia vita. Ieri è già storia, domani un mistero. Domani è il giorno perfetto, un'altra possibilità, altri giochi da fare". Un brano molto semplice e di breve durata, che ricorda gli Helloween anni 90, citando quindi la fase centrale della carriera della band tedesca. "Sono stato uno sciocco, mi sento giù se guardo indietro, perché ho sprecato il mio tempo. Non ho paura ora che ho nuove montagne da scalare, e starò bene, in questa notte al neon". Gli errori del passato devono essere superati, bisogna pensare al futuro. È ciò che conta davvero, e lo si deve affrontare positivamente. Nella coda finale Kiske si diletta in una serie di acuti, per poi giungere all'ultima frase, la più emblematica, che poi rispecchia tutta la filosofia della formazione, ora unita più che mai: "Non è rimasto alcun posto dove possiamo rifugiarci, siamo spinti da obiettivi più alti, so che devo smettere di farmi problemi e di andare avanti". Diretto, dotato di una buona melodia, Best Time è sicuramente un buon pezzo.

Mass Pollution

Mass Pollution è la classica cavalcata degli Helloween più recenti, e infatti Deris torna a dirigere l'orchestra, facendo da protagonista e mettendo in mostra le sue doti da interprete, evidenziando tutte le sfumature del suo timbro. "Gioca duramente e urla per farmi meravigliare, se la mia voce si arrenderà al dolore. Amo il suono del tuono possente. Nessun inquinamento di massa, un tributo per l'evoluzione". Le liriche non sono molto chiare, ma probabilmente la band si sta riferendo al proprio pubblico, in attesa di tornare presto a calcare i palchi di tutto il mondo. L'inquinamento di massa è la folla accalcata nelle arene, che si scatena a suon di heavy metal. Le strofe, più heavy che power, non sono eccezionali, anzi, un pochino anonime, ma il ritornello colpisce a dovere. Il break centrale è la cosa più interessante, col suo riff letale e il solo di Sasha che punge alla perfezione. Un canto di liberazione, un inno alla libertà di fare rumore e di divertirsi, tutti insieme. "Lo adoriamo ad alta voce, gridiamo il suo nome, non siamo armi di inquinamento di massa. Alziamo le mani ora, il divertimento non è inquinamento di massa". Gli Helloween incitano il pubblico, tutti i fans, ricordando loro che torneranno presto a scuotere ogni città del mondo. Ben presto torneremo uniti, ci abbracceremo e alzeremo le braccia al cielo, intonando canti, incendiando la notti: "Notti, giorni, siamo diventati psicopatici sonori, siamo follia, alleati e orgogliosi, siamo un'intera nazione. Alzate le mani ora e gridate, fate rumore".

Angels

Un leggero strato di elettronica, con le tastiere che entrano in scena prepotentemente, fa da introduzione ad Angels, brano piuttosto moderno che se da un lato tira fuori strofe molto interessanti, dal clima cupo e cadenzato, dall'altro propone un ritornello onirico ma forse un po' troppo piatto. È Kiske a intonare la prima parte, interpretando quello che potrebbe sembrare un inno sacro ma che invece si rivela essere un canto di disperazione per una storia d'amore troncata. "Ho sognato il perdono, ma ho sentito il canto di un angelo. Le emozioni erano giuste, una mente magica e meravigliata, un cuore prezioso può essere spezzato in una sola notte. Poi ho realizzato che lei è un diavolo travestito. Come può tornare indietro il tempo?". L'ambientazione tetra è legata ovviamente al senso del testo, nel quale un uomo viene lasciato dalla sua amata nel cuore della notte. La donna ora assume sembianze luciferine, sembra una creatura sbucata dall'inferno, e il ritornello ribadisce il concetto: "Quando gli angeli ti causano incubi tu non li puoi combattere. Il loro incantesimo ti tiene sotto controllo. Quando gli angeli ti causano incubi e cadono dal cielo, distruggendo la tua vita e la tua anima". Le tastiere dell'ospite Matthias Ulmer danno al brano un atteggiamento orrorifico, poi finalmente si sente il basso di Markus Grosskopf, latitante nell'album per via di una pessima produzione. "In un momento di debolezza ci sentiamo traditi, aspettandoci troppo dalla vita, pretendendo di essere qualcuno, non un mostro urlante nella notte. Ricorderò i momenti magici e le lacrime quando lei fingeva. Angelo svanito". È il momento dell'entrata in scena di Deris, che intona il bridge, molto surreale: "Angeli e bugiardi, fatemi nascondere, io ci ho provato. Speranza e desiderio, cosa eleva di più? Fuoco divoratore". La coda finale si ripete senza aggiungere più nulla, sprecando un grosso potenziale.

Rise Without Chains

Si ritorna a premere sull'acceleratore con Rise Without Chains, bordata power che fa il verso alla celebre Power, dall'album The Time Of The Oath, ma senza rievocarne la scintilla melodica, e nemmeno l'energia, risultando semplicemente una traccia anonima. "Solo illusione, un brutto confuso sogno, loro sanno che è solo una falsa negazione. Qui accanto si trova qualcosa di antico, un mondo dove un'anima può volare. Oltre la terra, verso l'oceano e la spiaggia". Ci troviamo ancora in territori onirici, almeno dal punto di vista testuale, dove il sogno è protagonista della narrazione. Nella filosofia della band il sogno rappresenta la dimensione nella quale un uomo può sperare di migliorare, augurandosi una rinascita spirituale. "Alzati senza catene, non svenire, resisti, vola ma non troppo alto. Di colore argento e sottile come fibra, la catena potrebbe non spezzarsi mai. Tienila stretta quando sei fuori, lotta. La tentazione è quella di non svegliarsi". Alzarsi in volo, coltivare sogni e pretese, ma sempre con la testa sulle spalle, senza fare il passo più lungo della gamba. Volare ma non troppo in alto, essere prudenti, questo è il consiglio della band. La sezione ritmica spinge a più non posso, ma è abbastanza statica. Nella fase finale entra in scena la voce di Kiske, a dare supporto al compagno, declamando la frase più simbolica del brano: "Librarsi e alzarsi come un dio del cielo, alzarsi senza catene".

Indestructable

La We Are Metal del 2021 è questa Indestructable, tributo a se stessi, brano senza grosse pretese che vuole solo fomentare l'ascoltatore, ma se la canzone contenuta nel possente 7 Sinners è strapotente, tamarra ed efficace, il nuovo brano della band non colpisce. Indestructable lascia una gradevole sensazione, ma nulla di più, allineandosi ai numerosi brani anonimi contenuti in questo disco. "Raggiungiamo le stelle e tocchiamo il cielo, i colori dell'arcobaleno scintillano, proviamo ad afferrarli e a portarli con noi. Così tante miglia lontani da casa, che importa, non siamo soli, il mondo è nostro, stasera saremo i vincitori". Ancora il tema del ritorno a casa e delle stelle, del vagabondaggio per il cosmo, dell'avventura e ovviamente della gloria personale. Questa volta le strofe sono equamente suddivise tra i due vocalist, mentre Hansen interviene soltanto nel coro del ritornello. "Stiamo combattendo per un mondo senza espressione, per un mondo dove possiamo viverci senza paura. Siamo indistruttibili perché noi siamo una cosa sola, guidiamo attraverso la tempesta e regniamo sul mondo. Combattiamo dal tramonto all'alba". Testo elementare, molto anni 80, così come la costruzione del pezzo, dalla struttura diretta e senza fronzoli. "Giochiamo per vincere, paghiamo il prezzo, rischiamo, lanciamo il dado, scommettendo col diavolo perché siamo peccatori. Il mondo che stiamo stringendo è nelle nostre mani, infrangiamole regole, viviamo intensamente. Gloria, speranza e orgoglio sono in noi". La cosa più interessante è il bridge corale, dotato di una buona linea melodica, ma è poca cosa rispetto all'intero minutaggio. "È una lotta contro una persecuzione costante, combattiamo per un mondo nel quale possiamo stare liberi e divertirci. Forti e liberi, spericolati e selvaggi. Vivere come se non ci fosse niente da perdere, vivere indipendenti, senza qualcuno che ci dica cosa fare".

Robot King

Testo futuristico e anche originale, almeno per quanto riguarda la poetica Helloween, quello esaminato in Robot King, canzone di lunga durata e che presenta diversi spunti interessanti ma che forse non si incastrano a dovere. "C'è qualcosa di errato che ha pensato, quando si è svegliato, lo scorso giorno. È venuto in ospedale, non sapeva dove si trovasse, ha guardato se stesso e allora ha saputo che il corpo non era il suo". Il brano tratta della trasformazione di un umano in un organismo cibernetico, mentre il sound sembra molto vicino a una qualsiasi traccia composta da Tobias Sammet per i suoi Avantasia, dove ritmo e linea melodica sono in continua mutazione. "La voce ha detto: sei avvertito di quello che sei ora, Cerebrus One, questo è il tuo nuovo cervello cibernetico, ora sei una nuova razza costruita per dominare il mondo, tu sei il capo della tua famiglia". Inizia così la guerra tra umani e robot, nella quale le macchine si ribellano ai propri creatori. Qualche cosa di piacevole si può trovare nel pre-chorus, fortemente melodico, e soprattutto negli assoli dei tre chitarristi, che si prendono tutta la scena centrale. "Egli ha trovato il parco della città, come un faro guida il cammino, una folla si è radunata, compiacente e ammirata, ha alzato le armi e lo ha salutato. Egli si è sentito nel giusto, orgoglioso di essere capo". La struttura della canzone è molto dinamica, nonostante il consistente minutaggio lo scenario strumentale cambia di continuo, non annoiando, anche se manca l'ispirazione. "Ora imposta la sua mente e accede virtualmente al network, condivide contenuti, amministra sistemi, guida violazioni e abbraccia l'intero mondo. Rafforza il suo regime, conquista il mondo, dominando". Tripudio corale nella fase finale, con tutti che intonano le ultime battute. "Sconfiggi le masse, sii re di tutti loro, rendili una forza ubbidiente. Completa l'estinzione e sbarazzati dell'umanità. Robot King, macchina perfetta, sei il signore della razza, abbatti il vecchio e innalza il nuovo". Canto incentrato sulla distruzione, potente e melodico, ma senza picchi.

Cyanide

Cyanide attacca alla grande, in maniera epica, cambiando l'atmosfera fin qui ascoltata, riportando il clima misterioso di un disco come The Dark Ride. I riff sono pesantissimi e l'andamento domato. "Dona il potere al popolo, giusto abbastanza, senza prenderlo in giro. Fammi conoscere ciò che desidero, ho giocato la mia partita, mi tieni zoppo e mansueto. Questa è la mia vita, a mani basse, mi arrendo". Deris, compositore dell'intero pezzo, intona un canto di disperazione, ma che conserva una certa consapevolezza: bisogna lottare per la sopravvivenza, combattere ogni giorno contro tutto e tutti. "Il mio cuore è in vendita, la mia mente tu riempi di bugie, tu provi a imboccarmi col tuo esplosivo cianuro. Hai sempre detto loro cosa fosse importante e cosa temere, il mio panico ti saluta, seguo ciecamente i miei incubi, in una paranoia". Deris si rivolge direttamente a un'entità superiore, forse a Dio, forse al mondo intero, prendendosela con tutti per la situazione generale dell'uomo, schiacciato dai problemi, azzoppato dalla vita. Il panico sale, così le paure, la vita è un veleno che potrebbe condurre alla morte. Se le strofe fanno la loro figura, venendo costruite su solidi riff e su un drumming potentissimo, il chorus è mediocre e non riesce a fare breccia. Tre minuti e mezzo ma il pezzo non decolla.

Down In The Dumps

L'attacco di Down In The Dumps è favoloso e fa presagire una gran canzone, ma le aspettative sono disattese non appena Kiske intona la prima strofa, rivelando la debolezza melodica. "Mi sveglio da un sogno, caduto dal letto, il posacenere è a pezzi, l'accappatoio blocca la porta, una tazza calda in mano e il caffè rovesciato sulle gambe. Mi fa male la testa, non riesco a elaborare ciò che è successo, sono confuso". Un uomo ha un brusco risveglio, testa confusa, posacenere rovesciato a terra, caffè buttato sulle coperte, e subito si capisce che il tempo portante è quello della depressione. Il concetto viene ribadito del debole refrain, dove fa capolino anche la voce di Hansen: "Sono giù di morale, non ne posso più, sono nei casini, un pesce fuor d'acqua. Esco, scendo le scale ma lascio le chiavi dentro casa". Il tema esaminato è molto interessante, ma il testo è sempliciotto, buttato giù per giustificare un brano power metal diretto che ha poco da aggiungere e che si disperde in più punti. "Potrei essere maledetto, ho provato a lungo a reagire alla situazione, ma ci vuole un'eternità. Il triste destino si accanisce". Ottima comunque l'interpretazione di Kiske e di Deris, e l'esecuzione dei singoli musicisti, in particolare i chitarristi e il solito Dani Loble, un treno.

Orbit/Skyfall

Hansen decide che è arrivato il suo momento e si prende tutta la parte conclusiva dell'album, prima eseguendo un pezzo strumentale nominato Orbit, costituito da vari effetti sonori che rimandano allo spazio e onirici riff di chitarra, e poi radunando idee risalenti nel corso degli ultimi venti anni e accorpandole nell'imponente suite Skyfall, il pezzo più importante dell'opera, che in dodici minuti ripercorre tutte le tappe degli Helloween. Non a caso, Skyfall sembra un collage di parti provenienti da album diversi, ma il tutto funziona alla grande, e ciò che risulta è un capolavoro degno della storia delle Zucche. "Sono caduto dal cielo, non chiedermi perché mi senta così giù. Guardando le stelle che cadono dal cielo, nella notte, esplodendo in aria, bruciando intensamente. Le stelle discendono dall'atmosfera, esplodono di luce. Oh, che meraviglia". Il tema trattato è quello della cattura di due alieni di razza grigia, a seguito di uno schianto, trattenuti nell'area 51. Tema affascinante, indubbiamente, che i tre vocalist interpretano con classe. "Dove siamo andati, come potrei saperlo. Sfida le mie ragioni. Io sono caduto dal cielo, sono stato attaccato e abbattuto, e non c'è speranza di un ritorno a casa". Kiske si occupa soprattutto del ritornello, bello, trionfale e dalla melodia irresistibile, Deris delle singole strofe, Hansen invece è libero di intervenire quando desidera. "Un segnale mandato per l'angoscia, mentre stavo aspettando la chiamata, poi loro sono apparsi e mi hanno attaccato. La mia navicella ha cominciato a precipitare ed ora sono disteso su questo tavolo, mi osservano, spero solo di uscire presto da qui, in vita". I cambi di tempo sono numerosi e repentini, c'è tutta la parte centrale dominata dagli strumenti, ed è fantastica, Loble mostra la sua tecnica dietro i piatti, Grosskopf finalmente si fa sentire con un bel giro di basso, e lo stesso fanno i chitarristi, ognuno dei quali esegue un ottimo assolo. "Piccolo alieno, sono un grigio, dov'è la mia gente. Avete trovato un luogo del genere? Dove l'eternità si muove sempre, lasciatemi ripartire, aiutatemi a trovare ciò che voi stessi cercate, indagando sulla mia fuga". Una montagna russa, il ritmo cala di intensità e poi riaccelera continuamente, mentre l'ascoltatore viene coinvolto in questa storia fantascientifica, facendo il tifo per gli alieni rinchiusi nell'Hangar 18, dove sono esaminati dagli scienziati. Si fa il tifo per loro, auspicando un ritorno a casa. Ma casa dov'è? Gli stessi protagonisti sono confusi, perduti nell'universo. "Siamo studiati, giriamo e corriamo, bruciamo in questo labirinto di follia, e non c'è tempo per la tristezza, e nessuno può mostrarci il modo di uscire dall'Hangar 18. La tensione cresce, siamo ravvicinati dentro questa navicella, parte l'energia e si aprono le porte dell'Hangar 18". Spettacolare la parte cadenzata, nella quale Hansen, a mò di profeta, chiede perdono per il destino dei piccoli alieni, seguito poi da Michael Kiske, più solenne. "Piccolo alieno, cosa ti hanno fatto, in questo pianeta chiamato casa, vedo che qualcosa ti ha ferito. Tutto è distrutto e andato a fuoco, tutto ridotto in cenere, ma ci sono sopravvissuti qui, oppure sono tutti scomparsi?". Il relativo videoclip, pieno zeppo di effetti grafici, è ben congegnato, ed è bello vedere tutta la formazione al completo che interagisce. "Le tenebre, la paura del buio, e il dolore che punge da dentro, ritorno a casa da un luogo ancora sconosciuto, e la speranza è quella di un sogno immortale". Una lunghissima suite che soddisfa pienamente i fans e che dimostra quanto gli Helloween siano ancora capaci di stupire e di creare opere eccezionali. "Quando il cielo cade e il mondo che conosci cade a pezzi, ogni cosa cambia. I cambiamenti avvengono in cielo, benvenuto dall'altra parte. Siamo due alieni perduti nello spazio, senza casa. Viaggiamo, vediamo la luce, un'altra stella, un'altra lotta, attraversiamo l'universo per trovare casa e spezzare la maledizione".

Conclusioni

Termina l'ascolto di Helloween, album celebrativo di un percorso musicale unico, e resta l'amaro in bocca per diversi motivi. Il primo, quello che risalta nell'immediato, non appena inserito il CD nello stereo, è una produzione, affidata alla Nuclear Blast, abbastanza confusa, con le voci registrate distanti e gli strumenti che si confondono tra loro. Non è la solita questione del sound freddo e plasticoso tipico di questa prestigiosa etichetta, ma è un problema di mix fatto dagli stessi musicisti nel loro storico studio di registrazione: i riff delle chitarre spesso si perdono, lo stesso la batteria, troppo astratta e poco incisiva, mentre il basso del mitico Markus Grosskopf è praticamente impercettibile nella maggior parte delle canzoni, facendo capolino giusto in un paio di occasioni. Il secondo, quello più importante, è la mancanza dei brani. Non dobbiamo farci ingannare dalla gioia legata alla reunion, dalla nostalgia per i nostri anni migliori e dall'amore viscerale che proviamo nei confronti di questa gloriosa band e dei suoi componenti, ma se ci facciamo due conti, in scaletta troviamo solo due pezzi eccellenti, Fear Of The Fallen, con la sua melodia irresistibile, e l'imponente Skyfall, colonna portante di tutto l'album, che ripercorre le tappe dell'intera carriera degli Helloween, in un collage riuscito e trionfale. Le restanti tracce, a parte le ottime Out For The Glory, piuttosto classica e solare, Best Time, gradevolissima e dal chorus orecchiabile, e qualche passaggio della regale Angels, sono decisamente anonime, o al massimo più che sufficienti, senza contare i testi, non il massimo della narrativa. A livello qualitativo siamo dalle parti del precedente My God Given Right, dunque un buon lavoro, anche se il disco del 2015 non era carico di così alte aspettative, e soprattutto conteneva più brani vincenti.

Helloween è sicuramente un buon album, che al di là dell'entusiasmo per la rimpatriata presenta molteplici difetti che sono impossibili da ignorare. Forse con una produzione più riuscita anche i pezzi meno ficcanti sarebbero più affascinanti, ma la verità è che Indestructable, Robot King (la quale presenta ottimi spunti), Mass Pollution, Down In The Dumps o Cynaide si avvalgono di ritornelli spenti, e l'impatto melodico è fondamentale per un genere come il power metal. Le note positive invece sono, oltre ai singoli strumentisti, vere macchine da guerra, le voci di Deris e di Kiske che, come avevamo già avuto modo di osservare nel Pumpkins United Tour, si amalgamano benissimo, bilanciandosi a vicenda. Se Michael Kiske viene chiamato a raggiungere vette inaudite con la sua ugola squillante e cristallina, Andi Deris ha il compito di interpretare maggiormente le vicende narrate, grazie al suo timbro sporco e ricco di sfumature. Per non farsi mancare nulla, in un'epoca delicata come questa, che ha visto la distruzione del mercato musicale, è divertente notare la cura del formato fisico, specialmente quello dell'edizione limitata, con un doppio CD nel quale sono presenti due bonus tracks, Golden Times e Save My Hide, anch'esse niente di particolarmente eclatante, e un booklet rigido, con tanto di custodia nera, contenente un gustoso gioco di indovinelli che una volta risolto rilascia un codice col quale potersi iscrivere direttamente al sito internet delle Zucche e avere la possibilità di vincere dei biglietti per le prossime date live. Una forma di attenzione al formato fisico che di questi tempi, dominati dall'inconsistenza dello streaming, fa sempre piacere possedere.

In conclusione, gli Helloween ritornano in scena con un lavoro curato ma che aggiunge poco alla loro epica carriera. Nessuno si aspettava un nuovo Keeper Of The Seven Keys, e nemmeno un nuovo The Time Of The Oath, tantomeno uno stile rinnovato, diverso dalla tradizione. Le Zucche tedesche sono questo, essendo gli inventori del power classico europeo, eppure un po' di rammarico resta, perché oltre agli inevitabili déjà vu che spuntano in tutto il percorso, a mancare è la vera ispirazione. Non è una questione di vecchiaia, del tipo "una band in scena da quasi quaranta anni non può più sfornare grande musica", perché, come già detto nell'introduzione, di grandi dischi gli Helloween ne hanno rilasciati anche di recenti. È che forse latita la sana passione, leggermente soffocata in nome di una reunion messa in piedi per accontentare un po' tutti. Ho la sensazione che Helloween sia un album che, nel bene e nel male, andava a tutti i costi pubblicato. Per quanto riguarda il futuro della band, invece, non si sa ancora nulla: continuerà con questa formazione allargata, ospitando perennemente Hansen e Kiske, cercando di sfruttare fino in fondo il clima di entusiasmo dei fans, oppure tornerà alla fase pre-reunion? Chi può dirlo, io intanto ho le mie convinzioni, e questo album non fa altro che confermarle.

1) Out For The Glory
2) Fear Of The Fallen
3) Best Time
4) Mass Pollution
5) Angels
6) Rise Without Chains
7) Indestructable
8) Robot King
9) Cyanide
10) Down In The Dumps
11) Orbit/Skyfall
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