HELL'S ISLAND
Black Painted Circle
2012 - Autoprodotto
VALENTINA FIETTA
14/09/2013
Recensione
Gli Hell’s Island si sono formati nel 2002 nel bresciano e già nel 2005 escono col loro primo omonimo Ep, che mostra fin dall'inizio l'eterogeneità di influenze del quartetto, spaziando da sonorità grintose dei compianti seventies fino ad attingere a un miscellaneous di punk e metal. Solo nel 2012 arriva invece il nuovo Ep, Black Painted Circle, che segna una svolta più matura nel percorso della band. Dieci anni di carriera si sentono nella maggior compattezza di suono di questo EP così come pesano sulla scelta del genere, un rock alternative che si muove lungo le coordinate del post grunge, debitore soprattutto di gruppi come Alice in Chains ( per la timbrica ipnotica alla Layne), Soundgarden (per le accordature aperte, le atmosfere altalenanti) e infine Tool (per quel prog metal poliritmico in cui tempi dispari, improvvise esplosioni, composizioni lunghe sono il must). La band mostra un ottimo affiatamento, convincente il frontman Roberto Negrini sia nelle parti più introspettive ed opache che in quelle più grintose, come risulta azzeccata la sinergia della sua chitarra con quella di Michele Grizzi. Merita infine apprezzamento anche la scelta di linee di basso calde e decise, con una Tania Vetere in splendida forma accompagnata dal drumming impetuoso ma sempre ben collocato di Michele Tonoli. Da una punto di vista del songwriting invece si percepisce quanto gli Hell's Island abbiano a cuore il lirismo buio e riflessivo dei grunge di vecchio stampo: Black Painted Circle è un viaggio nei più profondi dedali dell'uomo, nello spleen baudelariano che divide le coscienze (Opaque Solo, Black Painted Circle) fino ai martellanti interrogativi sull'esistenza di un'entità superiore ( G.O.D). Vediamolo da vicino.
L'opener è proprio "G.O.D (Guilty of dying)" che si fa notare subito per un groove ipnotico e incombente in cui cè spazio per virgole barocche, in cui tutto è studiato nei dettagli per ricreare un senso Di-o-ppressione (scusate il gioco di parole) che si avvita su stessa per esplodere poi nel refrain. I repentini cambi di tempo e di motivo ad opera del duo chitarra basso sono ispirati e coinvolgenti e risulteranno graditi sia ai neofiti che agli amanti del grunge old school. Il cantante mostra inoltre un buon uso della sua timbrica, anche nei momenti più incisivi mantiene sempre quel tono caldo che ci fa toccare con mano lo stato emotivo di chi ricerca qualcosa che non cè “Need to unleash what we can't say/Fear of Sins that We create/Alone in every Pray” (Bisognosi di liberare ciò che non possiamo dire / La paura dei peccati che Noi creiamo, Da soli in ogni preghiera). Arriva in chiusura la dura riflessione che lascia all'ascoltatore decretare il verdetto: “Alone in silence/ breathing to Leave behind/ the Promise and Chains/ To Feel Alive” ( Da solo in silenzio, respirando per lasciare indietro, La promessa e le catene, per sentirci vivi). Si continua con il main theme, Black Painted Circle, che inizia con un giro di chitarre morbido e un'accordatura bassa che ricrea proprio un senso di introspezione ed intimismo, mentre la voce è accogliente, con quel retrogusto di inconfessato che si sente nell'alternanza tra sussurrato e urlato. L'atmosfera è nel complesso suggestiva e densa e non potrà che richiamare alla mente dischi corposi come Aenima e Lateralus anche se nel caso degli Hell's Island la ricettività del pezzo è più ampia e fruibile. Non mi stupisce che con questo etere sonoro ci sia proprio un testo ch e interroga il suo interlocutore e la sua coscienza: “ Here and now feel emptiness. Do youfeel this Sore? Do you Pray for some?Paint your circle on your own?” (Qui e ora senti il vuoto. Senti questo dolore? Preghi per qualcuno? Hai disegnato da solo il tuo cerchio?”. E qui apro una piccola digressione che mi pare interessante per capire l'intero pezzo, e anche il disco. Il cerchio per la sua simmetria è considerato la forma geometrica perfetta, e da un punto di vista religioso (non solo cristiano) rappresenta l'eternità, l'armonia, l'occhio di Dio. L'interrogativo posto nella lirica quindi è una provocazione, come a dire, pensi di poter determinare tutto nella tua vita? Di essere capace di perfezione ? Black Painted Circle, l cerchio, NB , è nero, come i pensieri oscuri ed angoscianti di chi ci riflette, o di chi si è fermato nella ricerca. Il finale con quel Have you ever lived before? Ha il sapore agrodolce di chi ha una coscienza oculata ed accorta. Il pezzo che preferisco del lotto. La terza track è “Opaque Solo” che inizia con dei distorti conturbanti di chitarra prima di affidare alla batteria e al basso il compito di guidare la lettura del pezzo, mentre da contraltare spicca una voce più limpida del frontman. Il lirismo è ancora oscuro , ancora una volta un tuffo dentro i vuoti esistenziali che possono portare alle distorsioni del reale e al suicidio dell'anima “Burning into an opaque mirror/ A knife a trembling hand / Veins are so naked... Soul is rare thing/ Some are hidden some are killed...Stay alone to slight or make the creed commits a suicide” ( Brucio dentro a uno specchio opaco/ un coltello e una mano tremolante/ Le vene sono cosi nude... L'anima è cosa rara, alcune sono nascoste, altre sono uccise...Resta da solo a disprezzare oppure fa in modo che sia il tuo credo a commettere un suicidio”. Eccolo il monito, affrontare la lunga lotta intestina tra pragmatismo e spiritualità. A livello compositivo ho apprezzato i vocalismi avvicinandosi alla chiusura cosi come i sali scendi armonici. Un buon pezzo melodico,con qualche spruzza prog a cui però a mio avviso manca forte quel vibe che ce lo farebbe restare in testa. Cambio direzione di nuovo con “Down Again” che piazza il colpo risolutivo se ancora non foste convinti dello spessore del gruppo bresciano. L'intro di basso accompagnato dalla strascicata voce di Roberto fa riecheggiare nella mente la sofferente timbrica del compianto Layne, il suo tormento interiore, i suoi picchi emotivi. Da un punto di vista compositivo invece direi che è il pezzo che sperimenta di più, virando verso lidi più prog. In certi tratti (magari esagero) mi pare di sentire il genio di Steven Wilson unito però alle ammalianti ritmiche del visionario Keenan. Insomma un pezzo d'effetto che però forse può essere attaccato sotto il profilo della velleità artistica: l'amalgama del gruppo cè, ma ancora non si dimostra pronta al 100% per esordire in un genere tutt'altro che semplice, definito di nicchia da alcuni intellettuali e retaggio degli ninities dai più.
Concludendo, gli Hell's Island sono una band che mostra di saper crescere nel tempo e di non avere paura di cambiamenti ed evoluzioni, tanto da esser difficile da catalogare in un genere preciso. Per i neofiti incontrare gli Hell's Island significa ritrovarsi nel mezzo di un genere ibrido; per chi già li conosce significa invece sintonizzarsi con una musica che unisce in un cerchio nero correnti artistiche anche molto diverse tra loro, appunto il conturbante movimento di Seattle unito al labor limae del rock progressive. Decisamente una sfida ambiziosa e sotto un certo profilo pericolosa nella sua stasi borderline. Meritevole di nota infine la ricerca del songwriting che risulta mai banale o abusato, e anzi capace di trasportare ogni testa nei suoi avvitamenti introspettivi.Infine per una valutazione più oculata attendiamo il primo full lenght , per ora non si può che dire che siamo davanti a un gruppo magnetico e promettente, che senza fatica vi attrarrà nel suo cerchio nero.
1) G.O.D. (Guilty of Dying)
2) Black Painted Circle
3) Opaque Solo
4) Down Again