HAMMERFALL

Legacy of Kings

1998 - Nuclear Blast

A CURA DI
DONATELLO ALFANO
08/11/2014
TEMPO DI LETTURA:
8

Recensione

Aprile 1998; a meno di un anno di distanza dalla pubblicazione dello straordinario Glory to the Brave, gli HammerFall varcano nuovamente la porta dello Studio Fredman di Göteborg per dare il via alle registrazioni di Legacy of Kings, secondo full-length di un combo capace di scalare rapidamente le vette più alte della scena heavy/power europea. Il successo del debut album ed un paio di tour in compagnia di nomi storici come Raven, Tank, Gamma Ray e Jag Panzer, riaffermano nella seconda metà del 1997 lo straordinario stato di forma del gruppo ed incrementano una popolarità in costante ascesa. Glory to the Brave oltrepassa i confini del Vecchio Continente raggiungendo i mercati statunitensi e giapponesi, contemporaneamente per l'ensemble arriva un altro e prestigioso riconoscimento: la nomination nella categoria miglior band hard rock ai Grammy Awards svedesi. I leader Oscar Dronjak (chitarra) e Joacim Cans (voce) avendo trovato l'agognata stabilità nella line-up con l'ingresso di Stefan Elmgren (chitarra) Patrik Räfling (batteria) e dell'ultimo arrivato Magnus Rosén (basso, proveniente dai Keegan) sono consapevoli del fatto che non possono assolutamente fallire la seconda prova, per questo motivo richiamano l'ex batterista (nonché fondatore degli In Flames) Jesper Strömblad per coinvolgerlo nel songwriting del nuovo album. A differenza del primo lavoro (registrato in due settimane) gli HammerFall sempre sotto la guida dell'esperto Fredrik Nordström, impiegano quaranta giorni per incidere il disco, ulteriore conferma dello status raggiunto dal quintetto e dell'importanza acquisita all'interno del roster della Nuclear Blast. Gli svedesi ad agosto pubblicano un'anteprima dell'album con l'EP "Heeding the Call"; un mini composto dall'inedita title track, una cover di Eternal Dark degli olandesi Picture e tre brani dal vivo registrati a gennaio al Musikens Hus di Göteborg. Il ventotto settembre Legacy of Kings irrompe nelle vetrine dei negozi mostrando un'altra copertina disegnata dal tedesco Andreas Marschall; il guerriero Hector in compagnia del suo inseparabile martello è salito sul trono del castello raffigurato nell'immagine del debutto, nome e logo della band e titolo dell'album vengono evidenziati da un giallo dorato in grado di ribadire la notorietà conquistata da Oscar e soci.



L'apertura del platter è afffidata all'anthemica "Heeding the Call" (Rispondendo alla Chiamata); i vorticosi pattern ritmici di Patrik ed un rifframa semplice ma capace di incarnare la vera essenza del metal introducono una cavalcata in puro stile power veloce e coinvolgente. Joacim sfruttando la base creata dai musicisti attacca al ventiduesimo secondo con una frase estremamente rappresentativa ("a flash in the night, a journey through time/the templars are back on the streets") la voce del cantante rispetto al debut risulta più aggressiva e matura, peculiarità evidenziata nella rapida scalata che contraddistingue l'accoppiata strofe/pre-chorus, quest'ultimo conduce ad un ritornello trascinante e destinato a scolpirsi nella mente fin dal primo ascolto. Oscar e Stefan nella sezione centrale rivelano una grande intesa alternando senza un attimo di sosta armonizzazioni ed assoli, le progressioni ritmico/soliste dei due vengono intervallate da un coro epico e roboante. Un altro chorus seguito dalla voce del frontman riprendono nel finale il ritornello in una chiave più oscura e tesa per poi farlo esplodere ancora una volta nella sua forma originaria. Il testo nel rendere omaggio all'audacia ed alla forza dei cavalieri templari può essere letto come un secondo capitolo della saga inaugurata con "The Dragon Lies Bleeding" (opening track dell'album precedente) una luce guida ed il rumore del tuono spronano questi soldati a rispondere alla chiamata ed a combattere l'ultima crociata per conquistare l'ennesima vittoria, un obiettivo che potrà essere raggiunto attraverso un incrollabile spirito di fratellanza ("heeding the call, one and for all, never surrender, with glory we’ll fall/brothers unite, let’s stand up and fight, fulfilling our fate, we are heeding the call"). "Legacy of Kings" (L'eredità dei Re) prosegue sulle stesse coordinate delineate dall'opener; un guitar work affilato e lineare costituisce la base portante per un episodio nel quale velocità ed armonia si fondono in maniera perfetta. La sezione ritmica senza eccedere in tecnicismi fini a se stessi erige un muro sonoro in cui Cans può dare ampio sfoggio della sua versatilità vocale; il singer coadiuvato da un'efficace sequenza di controcanti offre una prova sempre in bilico tra impeto ed epicità, arrivando a rasentare livelli di magnificenza in un refrain avvincente e combattivo. Elmgren nel break si ritaglia uno spazio da vero protagonista con un assolo che mette in risalto in una manciata di secondi una lodevole abilità strumentale sia sotto il profilo tecnico che sotto quello melodico. Dronjak potendo contare anche su un impeccabile lavoro in fase di produzione, accompagna le evoluzioni del compagno in fase ritmica rendendo il suono delle sei corde incisivo e curato anche nel più piccolo dettaglio. Le parole narrano il lungo viaggio e l'irruzione sul campo di battaglia di un gruppo di guerrieri chiamati "cavalieri del tuono"; l'acciaio delle spade trafigge ogni nemico in uno scontro cruento e colmo di vittime, la loro missione non è ancora terminata ma il coraggio ereditato dai sovrani per affrontare ogni combattimento senza nessun tipo di paura li condurrà alla sospirata libertà ("legacy of kings, forever to survive/riding on the winds, unchained and free, alive forevermore"). La successiva "Let the Hammer Fall" (Lascia Cadere il Martello) recupera con un pizzico di cattiveria in più la struttura di "Stone Cold"; il quintetto prendendo spunto dai trademark presenti nella settima traccia di Glory to the Brave si lancia in un mid-tempo aperto da un imponente riff e dagli assordanti colpi sul tom della batteria. La sovrapposizione delle chitarre e le tonalità alte di Joacim elaborano una serie di melodie immediate ed accattivanti che riaffermano la propensione del gruppo nel comporre brani apparentemente semplici ma caratterizzati da un potenziale alquanto elevato, la fusione tra il bridge ed il rapido chorus pur non brillando per originalità lascia il segno per la grinta e l'adrenalina sprigionate. Nella parte centrale gli interventi degli axemen confluiscono in un coro altisonante che sembra creato appositamente per coinvolgere all'unisono il pubblico durante i concerti (idea già sperimentata con successo nell'intermezzo della sopracitata Stone Cold). Il testo riversa lo stato d'animo e la tensione provati da un manipolo di combattenti mentre attendono nel cuore della notte il momento per attaccare il nemico in uno scontro senza esclusione di colpi ("you fear the dead of night, there ain’t no place to hide, This is your point of no return/now we are ready to strike again, it’s getting far to late, my friend"). Gli stilemi del power metal degli Eighties riemergono nell'entusiasmante "Dreamland" (Terra dei Sogni); gli HammerFall in cinque minuti e quaranta secondi rileggono la lezione impartita dai precursori del genere in una scheggia diretta e governata da una doppia cassa che senza l'utilizzo del famigerato trigger ricopre un ruolo basilare all'interno della track. Cans è sempre sugli scudi grazie ad un'interpretazione che con la solita maestria passa dalle suggestioni epiche delle strofe alla leggiadria di un ritornello dotato di un'espressività e di una ricerca melodica non cosi lontane da quelle degli Helloween dei leggendari Keeper of the Seven Keys. L'incedere nel break diventa più cadenzato, questa variazione ritmica è inserita con l'intento di porre in evidenza una serie di solos ed armonizzazioni di pura matrice maideniana. Nell'epilogo il combo rispettando una formula consolidata mette nuovamente in primo piano il binomio velocità/melodia, a costo di sembrare banali occorre ripetere che anche questa volta gli svedesi non inventano nulla di nuovo ma la classe e l'attitudine racchiuse nel brano rappresentano un'ulteriore conferma del loro valore. Il protagonista della storia è un guerriero che viene condotto da un'entità soprannaturale in un mondo immaginario in cui può scoprire quella forza interiore necessaria per combattere in nome della libertà e fronteggiare qualsiasi situazione senza timori ("come with me, I’ll take you there to the land of make belive/let us fly beyond our dreams, fall into reverie/on the wings of destiny, I will claim our liberty"). Uno scenario notturno e solitario prende forma nella ballad "Remember Yesterday" (Ricorda Ieri); un lieve arpeggio accompagna una performance di Joacim divisa tra passione e malinconia, l'ingresso della sezione ritmica e le sonorità heavy oriented delle chitarre accentuano al sessantacinquesimo secondo un refrain che mantenendosi sui registri iniziali punta dritto al cuore, dopo la seconda strofa questa scalata emotiva si sviluppa in una parte corale ispirata dagli intermezzi presenti in alcuni dei lenti più famosi di Yngwie Malmsteen. L'assolo di Stefan seguendo le regole non scritte delle power ballads è orientato più sull'armonia che sulla velocità di esecuzione, determinando così un valore aggiunto ad un episodio che attesta l'assoluta leadership del gruppo in questo campo. Le lriche esternano le riflessioni di un uomo completamente sopraffatto dal dolore; in una disperata richiesta d'aiuto si rivolge a chiunque possa aiutarlo a cancellare una sofferenza che sembra interminabile, in modo da poter vivere il presente con lo stesso temperamento del passato ("remember yesterday, and think about tomorrow/but you have to live today/oh, lonely yesterday, don’t leave me with the sorrow/cause I have to live today"). Basso e batteria dettano l'intro della granitica "At the End of the Rainbow" (Alla Fine Dell'Arcobaleno); gli accordi ed il ritmo utilizzati ricordano in maniera fin troppo evidente le battute iniziali di Stranger in a Strange Land degli Iron Maiden. Nonostante un incipit privo di personalità la traccia in pochi istanti si trasforma in un trascinante mid-tempo dominato dal contrasto tra il riffing iper-aggressivo delle chitarre e le linee canore ricche di enfasi e magnetismo concepite da Cans, la scelta di aggiungere degli imponenti cori al termine di ogni strofa è la più adatta per evidenziare un'aura mistica pronta ad elevarsi nella sua totalità in un ritornello che si distingue per efficacia ed intensità. La presenza di William J Tsamis nell'assolo costituisce un ulteriore punto di forza nell'ossatura del brano, lo stile dinamico e ricercato del leader/fondatore dei Warlord e dei Lordian Guard si fonde con naturalezza nel songwriting degli HammerFall, rimarcando quanto sia stata determinante l'arte del guitar player californiano nella loro formazione artistica. Il testo decanta la forza e l'eroismo di un esercito che marcia attraverso un viaggio pieno di insidie, la pioggia cade incessantemente ma loro proseguono imperterriti in questo percorso, la fine dell'arcobleno è sempre più vicina e la conquista di un tesoro cercato per lungo tempo finalmente è diventata realtà ("here we stand, bound forevermore, we’re out of this world, until the end/here we are, mighty, glorious, at the end of the rainbow with gold in our hands"). Il five piece riscopre le radici della scena nordeuropea ottantiana con la cover di "Back to Back" (Schiena contro Schiena) dei danesi Pretty Maids; dopo Stormwitch, Picture e gli stessi Warlord gli svedesi celebrano per la quarta volta un decennio irripetibile reinterprentando senza stravolgerla una track pubblicata originariamente nel 1984 capace di mostrare in meno di quattro minuti gran parte degli elementi che contraddistinguono la forma più classica dell'heavy metal. I tempi rapidi della sezione ritmica compongono le fondamenta per una girandola di riffs e fraseggi che esprimono una rilevante dose di tecnica, la voce di Cans ovviamente è più armoniosa rispetto a quella rude ed impulsiva di Ronnie Atkins ma l'impostazione del cantante non attenua affatto l'impatto riversato dal pezzo, i solos e le brevi scorribande vocali del break amplificano questa caratteristica ed avvalorano l'eccezionale impronta melodica degli autori di Red, Hot and Heavy. L'influenza esercitata dalla band di Horsens è predominante anche sul fronte lirico; i protagonisti della storia sono i "cavalieri del sole", uno stuolo di guerrieri giunti sul territorio nemico per intraprendere una battaglia feroce e marchiata da un elevato numero di vittime, le spade di questi soldati uccidono senza pietà tutti gli avversari incontrati e nonostante la natura violenta che li anima combattono esclusivamente per far trionfare la giustizia ("they're fighting hard their way of victory, dead bodies lying on the ground/they are the soldiers of eternity, and their swords spinnin' around"). "Stronger Than All" (Più Forte di Tutti) ricalca gli schemi compositivi che caratterizzano le tracce più veloci dell'ensemble; la melodia principale disegnata dalle chitarre rappresenta l'input ideale per supportare la timbrica travolgente ed evocativa del frontman, Magnus mette in mostra le sue indiscutibili doti tecniche, le corde del bassista si incastrano con decisione in un riffing quadrato, tagliente ed orientato più sulla sostanza che sulla forma. In una struttura che per quattro minuti e ventisette secondi non presenta nessun cambio ritmico l'ombra dei Gamma Ray è talmente marcata da far sembrare il ritornello una specie di outtake riemerso dalle registrazioni di Land of the Free o Somewhere Out in Space ma non si tratta di un plagio, piuttosto di una profonda devozione nei confronti del maestro e nume tutelare Kai Hansen. Il testo partendo dal racconto di una crociata che onora la forza, l'ardore e le virtù dei cavalieri templari rispolvera diversi clichés legati all'epic metal, in particolar modo quelli dei pionieri Manowar ("come una freccia colpiamo, più forte di tutti/le truppe dell’heavy metal si alzano come la freccia del potere/cammineremo attraverso il fuoco, siamo sinceri con noi stessi e con le nostre vite"). Nella frenetica "Warriors of Faith" (Guerrieri della Fede) gli HammerFall premono ulteriormente il piede sull'acceleatore sfiorando i confini dello speed metal; Dronjak e Elmgren govenano il pezzo attraverso un tempestoso riff seguito da una sezione ritmica precisa e rimbombante, il singer destreggiandosi sulla corsa avviata dai suoi compagni ha la possibilità di esibire una grande varietà di soluzioni vocali rimarcando un eclettismo decisamente superiore alla media, questo vortice stilistico come da copione sfocia in un chorus diretto e trascinante, anche se personalmente avrei optato per un utilizzo più corposo delle backing vocals (come quelle usate ad esempio per "HammerFal" o "Heeding The Call") in modo da poter trasformare il brano in uno di quei tanti anthem che hanno decretato la popolarità del gruppo. L'andamento subisce una piccola variazione soltanto nella parte centrale; in una trentina di secondi i cinque riprendono a marciare su quei territori cadenzati e nervosi elaborati per aumentare la tensione prima di riprendere il consueto attacco frontale concludendo così come era iniziato l'ennesimo tributo ad una schiera di intrepidi soldati. In un deserto sovrastato dal sole cocente sono determinati a combattere per riconquistare una terra in cui sono morti i loro commilitoni, i nemici non hanno scampo, possono soltanto rinunciare o morire ("onwards victory, let us hear your battle cry/the enemies will renounce or die, hail the warriors of faith"). Il quintetto firma i titoli di coda con la seconda ballad inclusa nella tracklist, la toccante "The Fallen One" (Il Caduto); nei primi minuti gli unici interpreti sono la voce ipnotica di Joacim ed un pianoforte che lo accompagna con delle melodie tanto drammatiche quanto suggestive. Per cogliere in pieno la solennità creata da questa unione basta chiudere gli occhi e lasciarsi guidare da una sinfonia che oltre ad avvicinarsi al concetto di metal opera trasporta la mente in quegli incantevoli ed incontaminati paesaggi della natura svedese. L'intervento degli strumenti elettrici per sessanta secondi enfatizza l'atmosfera struggente che avvolge il pezzo terminando in un assolo breve e caratterizzato da un'intensità fuori dall'ordinario. Il frontman ed il piano tornano alla ribalta nell'epilogo per esporre un'ultima volta il dolore provato dal protagonista della trama; la scomparsa della persona che ha sempre amato lo tormenta ininterrottamente, i ricordi resteranno scolpiti per sempre nel cuore ma non riescono ad alleviare la sua sofferenza, l'unica certezza è quella che il loro amore non potrà mai morire ("our love could never die, all I can do is cry/save a little prayer for the fallen one").



Gli HammerFall hanno scelto la strada più facile per non deludere le aspettative di critica e pubblico dopo il successo planetario di Glory to the Brave; Legacy of Kings è un lavoro che rispetta fedelmente tutti i tratti distintivi presenti nel suo predecessore tentando in qualche caso di ampliare le coordinate sonore senza modificare le prerogative che hanno reso indimenticabili i brani dell'esordio (At the End of the Rainbow è un valido e significativo segnale di questo processo). La sensazione del "già sentito" affiora sporadicamente e non intacca il giudizio finale sull'album, considerando le forti pressioni ricevute dalla Nuclear Blast ed il breve tempo avuto a disposizione per scrivere i nuovi brani i risultati ottenuti dagli svedesi possono ritenersi più che soddisfacenti. Il primo full-length resta un gradino sopra ma le dieci tracce che compongono l'album riconfermano le potenzialità della band nel competere ad armi pari con gli esponenti più celebri del panorama heavy/power mondiale in un anno tra l'altro segnato dai capolavori realizzati da Helloween, Blind Guardian, Rhapsody e Iced Earth. Legacy of Kings in definitiva è un platter da promuovere senza indugi, non il migliore nella carriera degli HammerFall ma indubbiamente un tassello fondamentale di un percorso artistico all'insegna della caparbietà e della determinazione.


1) Heeding the Call     
2) Legacy of Kings     
3) Let the Hammer Fall     
4) Dreamland     
5) Remember Yesterday     
6) At the End of the Rainbow     
7) Back to Back
8) Stronger Than All     
9) Warriors of Faith     
10) The Fallen One

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