GODFLESH/LOOP
Loopflesh/Fleshloop
1991 - Clawfist
DAVIDE PAPPALARDO
12/12/2019
Introduzione Recensione
Riprendiamo il nostro viaggio nella discografia dei Godflesh, colosso britannico dell'industrial metal propriamente detto. Ci spostiamo ancora una volta nel passato remoto, raggiungendo i primi anni della carriera dei Nostri per trattare una release particolare che coinvolge un'altra formazione della terra d'Albione, ovvero i Loop. Quest'ultimi sono una band esistita tra il 1985 e il 1990, foriera di uno space rock psichedelico e a tratti meccanico non molto distante dalla filosofia artistica di Justin K. Broadrick e G.C. Green; non sorprende quindi che i due progetti si siano incontrati nello split/singolo "Loopflesh/Fleshloop" qui recensito, che consiste in due cover dove i Nostri si reinterpretano a vicenda. Ecco quindi che "Like Rats" dei Godflesh diventa un episodio forse ancora più estraniante e dalle atmosfere più rarefatte ed aliene, abbassando i toni con un gusto dub dove tutto si fa distante ed acido, mentre "Straight to Your Heart" dei Loop assume connotati distorti e graffianti in mano dei Godflesh, trasformandosi in un panzer sonoro dove però viene mantenuta una natura lisergica che unisce i due gruppi. Un esperimento curioso che dimostra la voglia di mischiare le carte in tavola da parte del duo di Birmingham, all'epoca già protagonista della scena alternative grazie alla pubblicazione del debutto/capolavoro "Streetcleaner" e degli influenti singoli "Cold World" e "Slavestate". Siamo infatti nel 1991, anno abbastanza importante per la band e che vede molte uscite che incominciano a spostare leggermente l'ago della bilancia nel suono del duo, mostrando anche interferenze elettroniche e tratti più umani e malinconici che con il tempo prenderanno sempre più piede nella loro musica. Oltre infatti ai singoli citati, e dopo l'uscita dello split qui analizzato, verrà dato alla luce l'EP/raccolta "Slavestate" (da non confondere con l'omonimo singolo) che risulta essere controverso per il pubblico dell'epoca in quanto caratterizzato da alcuni elementi techno che non vengono graditi dai puristi. Insomma, incomincia ad essere chiaro che il percorso dei Nostri non sarà quello di una fotocopia continua, e anzi la band cambierà le carte in tavola ad ogni uscita, pur mantenendo quel quid che farà si che il loro suono si possa sempre e comunque riconoscere. Uno spirito che può sembrare contraddittorio, e che creerà attriti anche in seno alla band stessa, e addirittura nella psiche di un Broadrick sempre diviso tra ideale di coerenza e voglia di sperimentare, ma che in realtà trova la sua origine nel dna stesso dei Godflesh e nelle passate esperienze dei suoi componenti. Ricapitoliamo: nel 1982 Green fonda insieme a Paul Neville i Fall Of Because, band post punk dalle caratteristiche noise e sperimentali, ed in contemporanea Broadrick, stava portando avanti il suo progetto suoni dark ambient Final. Nel 1983 incontrerà gli altri due grazie all' amico comune Diarmuid Dalton, aggiungendosi alla band come batterista e seconda voce. Il progetto andrà avanti negli anni pubblicando alcuni pezzi, mentre nel frattempo Broadrick diventerà membro dei Napalm Death suonando come chitarrista sul primo lato di "Scum", pubblicato nel 1987, cantando nel pezzo "Polluted Minds" e scrivendo parte dei testi. Sarà il passaggio proprio di Broadrick come batterista nella band post punk/industrial Head Of David (autrice del brano "Dog Day Sunrise", in futuro ripreso dai Fear Factory) a segnare la fine dei Fall Of Because, ma non della sua collaborazione con Green; solo sei mesi dopo infatti i due uniranno le proprie forze, ed ecco che i Godflesh prenderanno forma, con Broadrick come chitarrista e cantante, Green come bassista, mentre la ritmica verrà affidata alla drum machine. Una natura quindi da sempre mutante e multi direzionale che ha anticipato di molto quella che è la concezione musicale odierna collegata alla generazione post-moderna capace di entrare a contatto con diverse realtà musicali contemporaneamente grazie ad internet; in particolare Broadrick si dimostrerò sempre di più un individuo legato tanto al mondo dell'alternative quanto a quello dell'elettronica sperimentale, dando vita a progetti noti quali JK Flesh e Curse Of The Golden Vampire. Se inseriamo quindi in questa prospettiva il singolo, può sembrare un'opera nemmeno troppo strana o avventurosa, ma se ascoltata con il giusto orecchio ed inserita nel suo contesto, svela un importante aspetto della band: la voglia e capacità di reinterpretare e far reinterpretare la propria materia sonora in nome di una comunione artistica a 360 gradi.
Like Rats
"Like Rats - Come Ratti" si apre con suoni oscuri e sommessi, tra voci pesantemente manipolate ed effetti dark ambient. Ecco che all'improvviso un motivo dai toni estremamente grevi e ribassati, dal sapore dub ed alienante, introduce vocals modificate che potenziano l'aria imponente della traccia. Nel testo si esprime tutto il disgusto verso la società e le persone, viste come ratti che si diffondono senza controllo in un'esistenza vuota. Un cantato arioso e lontano, come una voce persa nel vento, da piena anima a ciò: i ratti si riproducono, stilizzati, deformi, senza guardarsi indietro, provocando nel narratore un disgusto non di certo celato, reso suono grazia alla musica ossessiva e ai suoi movimenti in loop pregni di passaggi magistrali. Fraseggi distorti sottolineano la ripetizione del titolo da parte di una voce disumana, in uno scenario cupo e lisergico dalla grana grossa. Se l'originale prevede un percorso serrato, dalla ritmica incalzante e meccanica, qui il tutto si fa più arioso e disteso, ma non certo più rassicurante; la sostanza è sempre quella, e il senso di alienazione non ci abbandona. I passi pachidermici si arricchiscono di marce secche, protagoniste di nuove vocals piene di riverberi, mutilate da improvvisi suoni squillanti. I ratti continui a riprodursi, mentre vanno verso l'oblio, in un mondo fatto di menzogne e deformità, esseri morti sin dalla loro nascita. Paesaggi sonori desertici si aprono ora a bordate dalle chitarre ritmate e dai colpi di batteria secca, tornando poi al loro corso dissonante. Viene mantenuta una visione ostile e caustica della società e dell'esistenza, un giudizio senza filtri e senza speranza verso il prossimo, in un mondo che viene visto come una discarica morale e reale, infestata da ratti-persone che vivono una vita senza consapevolezza ed identità, destinate a perpetuare all'infinito la loro genia, in un'esistenza vuota e priva di un vero significato. Qui la musica meno robotica e disumana sembra convogliare un distacco meno rabbioso, ma pur sempre totale da un mondo che non si accetta. Con piena ossessione vengono ripetuti i giri di chitarra dagli accordi bassi, così come i suoni severi e distorti, in un'abrasione lenta e costante che non ha intenzione di lasciare la sua presa verso l'ascoltatore. Andamenti ipnotici ci riconducono quindi a bordate continue, sulle quali si stagliano assoli graffianti e stridenti, araldi di cacofonie elaborate e dal gusto psichedelico. Una coda sempre più acida ci porta quindi nella conclusione del nostro viaggio, lasciata a feedback e versi ansimanti. Se i Godflesh esprimono la disumanizzazione moderna tramite drum machine meccaniche ed arie industriali, qui i Loop optano per elementi quasi sludge che non tradiscono l'essenza della traccia e del suo messaggio, ma che permettono una rivisitazione personale a livello musicale.
Straight to Your Heart
"Straight to Your Heart - Dritto Al Tuo Cuore" è un pezzo dei Loop che viene qui rivisitato dai Godflesh, chiudendo il cerchio della collaborazione in atto nel singolo. Se l'originale è un tipico esempio di suono psichedelico inglese anni '90, tra effetti diradati e lisergici, con voci che suonano come un trip senza tempo in compagnia di sostanze "didattiche, il duo di Birmingham parte da questi presupposti per presentare la propria versione dove le cose si fanno decisamente più ostiche e sferraglianti. Ecco infatti che la cover s'introduce con un riffing roccioso e stridente, presto accompagnato da un basso greve ed arrugginito, instaurando un'atmosfera da fabbrica abbandonata familiare a qualunque ascoltatore dei Nostri. Broadrick parte con il suo cantato sommesso, quasi perso tra i suoni altisonanti, convogliando quel suo tipico stile capace di consegnare allo stesso tempo testimonianze di disprezzo, elezione, e catarsi esistenziale. Il testo sembra trattare di un tema amoroso accennato, una relazione complicata, forse metafora per trame ben più minacciose; qui i Godflesh riescono comunque a regalare al tutto quei sottintesi di alienazione urbana che influenza anche le relazioni umane rendendole dissociate e impersonali. La voce si muove quindi tra gli strumenti sferraglianti, chiedendo di essere spenta ed ignorata, quasi in un sarcastico atto di sfida, e definendo stupenda la propria interlocutrice. Il narratore attenderà per sempre, e si richiede quindi di non svoltare pagina o guardare dall'altra parte, e di non essere spaventati perché non si può fare altrimenti. Intanto il comparto sonoro si muove tra passaggi caotici ed aperture dal sapore notturno, fatte di fraseggi squillanti ed assoli dalle scale elaborate, generando una sessione destinata a lanciarsi verso passaggi più serrati. Il Nostro crede ci sia una via migliore, diretta al cuore, concetto che viene ripetuto in un ritornello pieno di veemenza ed ossessione, seguito dal ritorno degli assoli dal gusto psichedelico, capaci di richiamare la struttura originale in uno scenario più caustico, mentre il cantato si da a versi ululati e saturi di riverbero. Andiamo quindi a scontrarci contro una cesura sospesa, fatta di chitarre dai feedback dissonanti e distorsioni taglienti che squartano l'etere in un gioco di cacofonie noise-rock. La lunga suite ci consegna un'orchestrazione che si consuma in veri e propri momenti avantgarde, salvo poi riprendere in una serie di riff sorretti da una ritmica cadenzata. Il narratore ha bisogno di vedere la sua bella sorridere, è passato tanto tempo per lui, ed ha molte cose da dire, e per questo lei non deve essere triste, saranno presto insieme. Ha bisogno di una ragione per andare avanti, e stranamente vorrebbe quasi che lei le dicesse che se ne va, per avere modo di ripetere che lui è qui per rimanere. La musica sferragliante crea un'atmosfera carica di elettricità, dalle scariche granitiche ripetute in bordate che vanno poi consumandoci nella conclusione relegata a dissolvenze e distorsioni.
Conclusioni
Un singolo che offre l'occasione per una collaborazione artistica interessante e che rimarrà un momento unico, nella carriera dei Godflesh. I Loop si dimostrano i partner ideali per l'offerta musicale della band, permettendo di non spostarsi troppo dalle coordinate tematiche e sonore del duo inglese, ma allo stesso tempo di offrire tratti più vicini ai lati più psichedelici e "space" della musica inglese. Da un lato anche un'anticipazione di alcune cose a venire nella carriera dei Nostri, destinata ad assumere tratti alternative e shoegaze nel futuro, pur senza perdere l'inconfondibile stile meccanico che li caratterizza. Tutto questo è figlio di quell'estro creativo che caratterizzava i primi anni della carriera dei Godflesh, eroi quasi sempre non abbastanza celebrati del mondo del metal alternativo, capaci di unire scene e pubblici spesso considerati distanti, grazie ad una visione allo stesso tempo aperta, ma anche priva di compromessi verso i propri personali ideali e l'estetica che tale ideale trasmette. Siamo all' inizio degli anni '90, e come già evidenziato il debutto "Streetcleaner" ha galvanizzato molti mentre i singoli successivi hanno messo in chiaro come non sia intenzione della band l'adagiarsi sugli allori copiando all'infinito quell'opera mastodontica. Per molti il duo rimarrà di difficile comprensione, non riuscendo ad inquadrarli e rimanendo delusi da scelte non confacenti alla loro visione; come detto in varie recensioni, addirittura i due autori non riusciranno sempre a tenere sotto controllo la loro creatura, soprattutto a causa di un Broadrick sempre scisso tra l'ideale che ha della band, e la sua natura mutante che non riesce a non sperimentare e spostarsi tra vari suoni. Natura questa che non riesce a contenesi semplicemente a contenersi nella sua miriade di progetti, ma che inevitabilmente influenzerà anche la sua band principale. Questo caos apparente è essenziale per comprendere i Godflesh e quanto da loro creato, così come gli albori e gli sviluppi della loro carriera, unica nel mondo musicale. Quanto qui recensito ne è una dimostrazione: mentre qui abbiamo elementi di una certa natura, sempre nello stesso periodo esce l'allora controverso "Slavestate" con i suoi suoni elettronici più marcati, così come il più gelido singolo "Cold World" caratterizzato da una malinconia meccanica che tempra la furia del debutto. Un brodo primordiale in cui la disumanizzazione, musicale e tematica, del industrial incontrerà le chitarre pachidermiche e dissonanti del metal estremo i un primo momento, e anche le sperimentazioni di Broadrick tra l'hip-hop, la drum 'n' bass, lo shoegaze, la techno, in un secondo. Se molti altri raccoglieranno dei singoli aspetti di questo suono portandolo a soluzioni anche lontane dagli intenti dei Nostri, nessuno riuscirà mai a copiare in toto la loro essenza, qualcosa che semplicemente non può essere replicato in un laboratorio. Le fortune del movimento industrial metal toccheranno ben poco i Nostri, per ironia della sorte essendone per molti aspetti i padrini, ma nemmeno il suo collasso, così come ogni latra moda o periodo contingente. Solo i creatori del progetto riusciranno per diverso tempo a metterlo a tacere, salvo poi resuscitarlo in tempi recenti, riprendendo una delle carriere più avvincenti, ma allo stesso tempo lontana dai riflettori, della musica metal e non solo. La fratellanza ed appartenenza con un certo underground si palesa anche in opere come questo singolo, e rimarrà una costante ancora oggi presente nella loro storia; qui ha portato ad uno split che funziona sia come spaccato del fermento di una scena inglese non ancora invasa dai cloni brit-pop e lanciata in ricerche psichedeliche ed elettroniche da una parte, come ne possono essere un esempio i Primal Scream, e suoni aspri legati ad una rinascita di certi ideali punk in uno scenario metal dall'altra, con nomi come i Carcass e i Napalm Death. I Godflesh muovono i loro primi passi proprio in questo scenario, e già dai primi colpi mettono in chiaro la loro natura unica e conformità solo verso un proprio codice interno che non può essere replicato. Gli ascoltatori possono solo prenderne atto e decidere se partecipare o meno ad un'alchimia sempre familiare, ma mai uguale a quanto già fatto. Ed è forse per questo che quanto fatto in questo singoli non si ripeterà più, rimanendo ad oggi l'unica collaborazione con un'altra band in un disco dei Nostri.
2) Straight to Your Heart