GODFLESH
Cold World
1991 - Earache Records
DAVIDE PAPPALARDO
17/06/2019
Introduzione Recensione
Riprende il nostro viaggio nel mondo dei Godflesh, i padrini inglesi dell'industrial metal più pachidermico e sperimentale, ed ispiratori di un nuovo modo d'intendere la musica metal, il quale ispirerà anche l'alternative e il post-rock/metal. Siamo nel 1991, ovvero nei primi anni della carriera dei Nostri, reduci dal loro debutto "Streetcleaner" che aveva sconvolto come un terremoto il mondo della musica estrema con la sua formula allora rivoluzionaria, fatta di un suono dove le chitarre diventano un qualcosa di meccanico e ossessivo, supportato da un basso più che greve e da una drum machine fredda e disumana. Un nuovo modo di concepire il metal, lontano da assoli, ritornelli, facili melodie, così come da temi fantasy o macho, in favore invece di una realtà post-industriale grigia e sconfortante, dove regnano l'alienazione, la solitudine, la mancanza di fiducia e di veri rapporti umani. Inizia così un percorso che porterà ad una delle carriere più particolari della storia della musica, caratterizzata dal dualismo tra fedeltà a se stessi e al proprio suono, e spinta evolutiva che si manifesterà sotto diversi aspetti. Spesso i periodi "di transizione" tra una fase e l'altra dei Godflesh sono stati anticipati da vari singoli ed EP, collocati a metà strada tra quanto fatto in precedenza, e quanto deve venire; un esempio lampante viene dato nella compilation "Slavestate" e nel singolo qui recensito "Cold World", entrambi usciti nello stesso anno. Il primo lavoro citato è un'opera che presenta forti influenze techno, forse l'opera dei Nostri più vicina a quanto fatto da altri gruppi sotto il termine industrial metal, e anche quella d'inizio carriera meno digerita dai fan della prima ora, mentre il singolo offre un ponte verso il futuro "Pure", caratterizzato da due brani inediti più eterei e controllati rispetto al primo full length, con un'elettronica più presente e robotica, ma allo stesso tempo sempre freddi e distaccati, e da due remix che giocano con climi industriali ed elettronici vicini a quanto era avvenuto a fine anni ottanta in campo EBM/electro-industrial. Forse a causa del suono ancora più oscuro e minaccioso, molti fan apprezzano il singolo, al contrario di quanto avvenuto con "Slavestate" , considerando la prima traccia come uno dei pezzi migliori della loro carriera. Ma da dove nasce tutta questa voglia di sperimentare con suoni così lontani dal metal, di certo non comune per l'epoca? Occorre fare un attimo il punto della situazione, spiegando le origini del duo, i loro trascorsi ed influenze. Nel 1982 il bassista C. G Green fonda insieme al chitarrista Paul Neville (in futuro collaboratore dei Nostri sia in studio, sia e soprattutto in sede live) i Fall Of Because, band influenzata dal post punk, ma con derive decisamente più noise e sperimentali, supportata da una drum machine. In contemporanea Justin K. Broadrick, già dall'età di tredici anni, stava portando avanti suoni dark ambient sotto il nome di Final, ed ecco che nel 1983 egli incontrò gli altri due tramite il loro amico Diarmuid Dalton (più avanti negli anni collaboratore di Broadrick nel progetto post rock Jesu), aggiungendosi alla band come batterista e seconda voce. Il progetto andrà avanti negli anni pubblicando alcuni pezzi, mentre nel frattempo Broadrick diventerà membro dei Napalm Death suonando come chitarrista sul primo lato di "Scum", pubblicato nel 1987, cantando nel pezzo "Polluted Minds" e scrivendo parte dei testi. Tuttavia, il passaggio proprio di Broadrick come batterista nella band post punk/industrial Head Of David (autrice del brano "Dog Day Sunrise", in futuro ripreso dai Fear Factory in "Demanufacture") segnò la fine dei Fall Of Because, ma non della sua collaborazione con Green; solo sei mesi dopo infatti i due uniranno le proprie forze, ed ecco che i Godflesh prenderanno forma, con Broadrick come chitarrista e cantante, Green come bassista, mentre la ritmica verrà affidata alla drum machine. Alla base di tutto, una visione non comune per l'epoca, dove la lezione dei Throbbing Gristle si univa all'amore per il post-punk, i Killing Joke, i Black Sabbath, l'elettronica, e anche la musica più urbana di matrice hip-hop, un rimescolamento delle carte onnivoro, ma votato ad una monolitica rappresentazione della miseria umana, senza speranza.
Cold World
"Cold World - Freddo Mondo" è l'introduzione al disco, un brano appassionante dai tratti epici e meccanici, che unisce emozioni potenti ed andamenti meccanici in una rappresentazione struggente di un'anima che si è isolata da tutto per difendersi, creando un mondo freddo privo di emozioni che non possiamo permetterci di provare. Ecco che suoni orchestrali dai tratti altisonanti e magistrali introducono una trama pregna di sentimento malinconico, presentando elementi inediti per il suono di allora dei nostri, emotivi ed umani; ad essa si sovrappone un riffing contornato da battiti ciclici, base per le vocals ariose e rarefatte di un Broadrick etereo, che convoglia in modo efficace tutto il distacco del narratore, quasi situato in un'altra dimensione che sta oltre ogni umana questione . Una protezione in realtà, un rifugio, un continuo lottare che nessuno può cambiare, ecco cos'è il nostro freddo mondo. La musica prosegue con i suoi loop di chitarra sottolineati da fredde anti-melodie perfette per la traccia, che rappresentano una consapevolezza che ha tutta la calma che si acquisisce oltre il punto di rottura, quando si è spezzati dentro. Si arriva così ad una cesura rocciosa dai tempi rallentati, fatta di una drum machine cadenzata e di rocciose accordature basse e grevi. Essa prosegue a lungo, arricchendosi poi di ariose strutture sulle quali riprende posto la voce del cantante, sempre spettrale e distante nei suoi riverberi; abbiamo usato la nostra scusa, e ci sentiamo freddi ora, abbiamo permesso che i nostri nemici potessero sentire la nostra debolezza, nel nostro freddo mondo. Il tema dell'isolamento che unica protezione, della fragilità estrema che porta al barricarsi, è presente, coadiuvato dalla musica che si arricchisce sia di soluzioni che evocano tristi sentimenti, sia una meccanica freddezza, un'apparente contraddizione che diventerà sempre più presente nella musica dei Nostri, un connubio non solo sonoro, ma anche spirituale tra uomo e macchina. Si prosegue quindi con la marcia strisciate, fata di ripetizioni continue che ci trascinano con loro, le quali incontrano nuovamente una cesura dai tratti sospesi e dai fraseggi graffianti, che si alternano in un gioco di botta e risposta con rullanti grevi di batteria. Tornano di seguito i suoni orchestrali, dagli archi solenni, in una sottolineatura perfettamente giostrata e dal forte impatto. Essa rimane in sottofondo, mentre riprende la solita marcia, sulla quale Broadrick ripete i primi versi in una riproposizione dei temi di gelo ed isolamento, fino a raggiungere la terza reiterazione della cesura cadenzata, sempre dominata da giochi ritmici e giri graffianti di chitarra greve. Essa prosegue a lungo, raggiungendo così una digressione che mette fine con un feedback rumoroso alla traccia. Un episodio che mette in luce un'evoluzione in atto, che prenderà forma nel futuro "Pure", un suono più emotivo, ma anche più distaccato e freddo, dove la disumanizzazione delle emozioni va anche oltre alla rabbia.
Nihil
"Nihil - Nulla" è la seconda traccia del disco, dalle coordinate simili a quelle della precedente "Cold World", ma più nervose e dai tratti aspri, sempre giocata su tempi controllati e dilatati, ma con più dissonanze e tratti elettronici più marcati. Ecco una bass-line pulsante sulla quale si distribuiscono i battiti dilatati di batteria e i suoni dissonanti e grevi di chitarra. I loro tratti stridenti si ripetono, fino a collimare in un suono notturno unito a rullanti rigorosi; le vocals modificate, quasi robotiche, di Broadrick delineano la loro terribile lezione, parlandoci in modo criptico e molto metaforico della condizione umana nella società moderna, dove ci sentiamo più come automi che si fingono umani, piuttosto che persone, costretti ad ubbidire in un'esistenza fatta di inutilità, di nulla appunto. Le declamazioni costruiscono fantasmi che si muovono tra i fraseggi allarmanti e il basso greve, delineate dal battito ineludibile della drum machine. E' la carne che indossiamo a farci sentire così, come se fingessimo la sottrar umanità, e possiamo credere solamente a ciò che vediamo usando i nostri occhi. Un distacco marcato dalla nostra stessa natura, dal nostro corpo, una mancanza totale di fiducia e sicurezza nel mondo in cui esistiamo. Ecco una cesura fata di tratti squillanti ed alternanze con parti non lineari dal gusto alternative metal dove è ancora una volta il basso a tradurre l'ossatura del songwriting. Si prosegue dunque con i tratti precedenti, tra suoni pieni di enfasi, dilatati, e ritmiche controllate. La voce da cyborg ritorna con nuove potenti immagini dal forte impatto simbolico: nuotiamo in un oceano fatto di difficoltà sempre presenti, ubbidendo sempre e vivendo un'esistenza fatta di nulla, credendo ciecamente per non impazzire. Parole che mostrano la vita moderna, dove viene premiata l'ignoranza e il seguire fedelmente il sistema, ignorando la vacuità della nostra vita, priva di qualcosa che vada oltre al nostro valore come oggetti da sfruttare. Il suono rimane drammatico e concitato, diviso tra marce continue e parentesi fatte di bordate squillanti ed impennate battagliere dai colpi pestati e dai fraseggi totalmente dissonanti, un mantra cacofonico; riecco ora le pulsazioni elettroniche, riproponendo i versi e le trame iniziali del brano, e i momenti già vissuti, tra i quali le cesure fatte di sobbalzi ed impennate potenti e squillanti. Queste ultime si ripetono in un galoppo concitato, giungendo ad una ripresa del motivo elettronico, questa volta base per architetture grevi e stridenti, destinate a collimare in feedback cacofonici che chiudono la traccia tra suoni baritonale. Come detto, il songwriting riprende la struttura minimale della traccia precedente, ma con suoni più duri e serrati, più vicini al primissimo stile presente nell'album "Streetcleaner".
Nihili (Total Belief Mix)
"Nihili (Total Belief Mix)" è il primo remix dedicato alla seconda traccia del disco, una reinterpretazione in chiave greve e dai tratti dub, con largo uso di filtri e distorsioni su cui vengono applicati riverberi che rendono il tutto distante e fumoso. Una serie di colpi serrati si stagliano su suoni elettronici e riff in loop, mentre la voce di Broadrick diventa uno spettro relegato al sottofono; ora sono i giochi ritmici e le ripetizioni di elementi isolati e tramutati in altro i protagonisti della traccia, un esercizio meccanico in un suono elettronico-industriale da fabbrica che presta la spalla all'identità più sperimentale e meno tradizionalmente metal del gruppo. La marcia ipnotica striscia inesorabile, incontrando alcuni passaggi sottolineati da digressioni ruggenti, accostate a rullanti di batteria isolati e a parole ripetute questa volta con filtri più ariosi, ma quasi accennate, come versi che si sentono di sfuggita da lontano. Il gioco sonoro prevede tutta una serie di rocciose distorsioni che con perizia diventano qualcosa di ammaliante. Il concetto di anti-musica, allora non così diffuso come oggi, e lontano dal metal più canonico, diventa l'oggetto d'indagine del remix. L'esperienza dei Throbbing Gristle, ma anche dell'elettronica contemporanea di scuola dub, techno, breakbeat, confluisce in qualcosa di inedito per molti, che ha reso i Godflesh tra i baluardi delle band più atipiche del panorama metal. Un episodio quasi da dancefloor, o meglio qualcosa di molto vicino a certo industrial americano dal gusto quasi funk nella sua struttura, ma non certo allegro o spensierato. Le bordate proseguono, mentre raggiungiamo una coda più strisciante, sotto la quale tornano gli effetti elettronici iniziali, intervallati con drone di riff e giochi di volume sulla voce. Eccoci quindi al finale della revisione, la quale si configura come uno dei primissimi remix della band, molto minimale e semplice, ma comunque dal sicuro effetto per gli ascoltatori avvezzi a certe sonorità.
Nihil (No Belief Mix)
"Nihil (No Belief Mix)" è il secondo remix presente nel disco, una versione ancora più graffiante e tagliente, dalle angolazioni oscure marcate e dal movimento imponente. Una marcia pachidermica che potenzia quanto poco prima proposto, in una chiave ancora più fredda ed ossessiva. Una serie di battiti da fabbrica automatizzata introducono il brano, coadiuvati da riff trasformati in macchinari in funzione, e tastiere siderali che si stagliano in sottofondo. I rullanti di batteria creano una marcia militare, nella quale s'inseriscono ad intermittenza le distorsioni, mentre i suoni elettronici proseguono nel loro loop. Una nuova sessione ipnotica, dove l'uso di pochi elementi ripetuti segue la regola del sample usato come mezzo ritmico; all'improvviso le vocals fanno la loro comparsa, anche questa volta pesantemente filtrate e rese un ennesimo elemento musicale da usare. Raffiche come di mitra generano un botta e risposta costante, in un'introduzione di climi quasi urbani, ma sempre rivisti sotto la personale ottica del duo. Passaggi più distesi ci donano oasi sonore che arricchiscono per contrasto i tratti più feroci e cacofonici, in una mantra ben congegnato. Riecco quindi l'introduzione di suoni da ferraglia, in una riproposizione di ulteriori stilemi dell'industrial di metà anni '80 nella sua variante più elettronica; nel concreto, impossibile non pensare a certe parti strumentali dal pionieristico disco del 1986 "Twitch" dei Ministry, basato su tratti funk e sull'uso più ritmato e da pista dei suoni industriali derivanti dalla scuola inglese e tedesca. Una "musica delle macchine" che rispecchia perfettamente il proposito del duo di rappresentare la disumanizzazione in atto presso la società post-industriale, ma che non rinuncia ad una parvenza d'identità musicale. L'ultima parte del remix vede il ritorno delle asperità iniziali, in un gioco ritmico che concede un climax severo, sottolineato da un ultimo effetto distorto.
Conclusioni
Un singolo che anticipa molti degli elementi del futuro disco "Pure", un'opera quest'ultima che si configurerà come tra le più importanti e significative della discografia dei Nostri, capace di aprire porte prima inesplorate, e di avvicinare due mondi che all'epoca potevano sembrare totalmente separati e lontani, ma che invece hanno molte cose in comune, soprattutto nella loro forma più estrema. La disumanizzazione, musicale e tematica, del industrial incontrerà qui le chitarre pachidermiche e dissonanti del metal estremo, configurando paesaggi sonori che tra ritmiche cadenzate ed attacchi graffianti delineano l'alienazione moderna in un modo unico e personale. I semi di tutto questo possono essere qui percepiti, anche se siamo a metà strada tra la precedente esperienza, le sperimentazioni elettroniche degli EP e singoli contemporanei, e la visioni del prima citato album. Si aggiunge adesso una certa malinconia fredda e, a tratti, elettronica, senza però snaturare la natura meccanica del gruppo, e mantenendo quell'atmosfera pesante ed aliena tipica della band; il primo brano è quello più umano e pregno di emozioni, supportato da elementi orchestrali inediti e suoni d'orientamento più rock, nonché da un uso etereo delle vocals. Per chi apprezza oggi i Nostri, tutto questo non risulta particolarmente strano o alieno, e anzi rispetto a futuri brani presenti in lavori come "Selfless" o "Us And Them" la traccia può risultare più conservativa nei suoi groove meccanici e songwriting minimale, sempre rallentato ed ossessivo. Ma agli occhi di chi aveva scoperto i Godflesh con il cyborg feroce "Streetcleaner", queste novità dovevano allora sembrare enormi, richiamando anche qualche elemento di scontento. Ma già la successiva "Nihil", pur mantenendo un suono più dilatato ed elementi più distesi, si dimostra una canzone dove tutti gli elementi più ostici e severi della band non si sono persi, dimostrando un percorso ancora ben chiaro nella mente del duo. I due successivi remix si ricollegano invece ai tratti meno techno e più aspri del già citato EP "Slavestate", richiamando meccanici paesaggi industriali e l'uso dei riverberi di scuola dub e dei loop, in una reinterpretazione di vari elementi, tra cui ritmica, voce, chitarra, che paga pegno verso l'influenza di certo electro-industrial d'oltreoceano e la nascente elettronica anni '90, sempre più slegata dal tradizionale formato canzone. Diverse anime che da li a poco porteranno ad esiti differenti, tra le sperimentazioni di Broadrick a nome JK Flesh, Techno Animal, e molti altri moniker, e le future divagazioni del progetto principale, che toccherà anche l'hip-hop, la drum 'n' bass, lo shoegaze e l'alternative. Semi insomma che sbocceranno negli anni, ma che già sono insiti nella visione musicale ed onnicomprensiva ed istintiva del duo, capace di consegnarci una sintesi di suoni e temi che ha ben pochi rivali nel panorama musicale odierno. "Cold World" è appunto la manifestazione di un freddo mondo dove pur di fuggire al dolore e alla sofferenza si rinuncia alle emozioni, mentre un sistema disumanizzante ci riduce già di suo in numeri da usare, e dove bisogna pure credere ciecamente in esso. Da li a poco prenderà piede il movimento industrial rock/metal dei primi anni '90, il quale riprenderà non pochi suoni e temi qui presenti, spesso però "banalizzandoli" anche quando il risultato sarà egregio, e in alcuni casi raggiungendo parodie commerciali che poco hanno da spartire con quanto contenuto in questi solchi. L'influenza dei Nostri si dimostra per l'ennesima volta, e anche in futuro saranno gli ispiratori di diverse correnti che isoleranno e svilupperanno particolari contenuti nel loro suono, come il post-rock, lo shoegaze, il crossover, il nu-metal.
2) Nihil
3) Nihili (Total Belief Mix)
4) Nihil (No Belief Mix)