FINNTROLL
Visor om Slutet
2003 - Spinefarm Records

ALISSA PRODI
11/10/2017











Introduzione Recensione
Anno domini 2003: dopo i successi mietuti dai primi due album (nella fattispecie l'oscuro "Midnattens widunder" ed il maturo "Jaktens Tid"), giungiamo a vele spiegate verso il terzo lavoro di casa Finntroll, un EP intitolato "Visor om Slutet". Iniziamo col sottolineare la sostanziale particolarità del disco in questione, considerato dalla band come un "esperimento acustico" e non propriamente come un album effettivo; completamente diverso dai due precedenti, per impostazione ed esecuzione, poiché pur avendo un numero interessante di tracce (11, per essere precisi), la maggior parte di esse risultano interamente strumentali, escluse cinque. Per di più, eseguite mediante l'uso di una nutrita schiera di strumenti tipici e folkloristici, quali il rombo, lo scacciapensieri, vari tipi di bonghi, piccole maracas a forma d'uovo, il celeberrimo bodhràn (tamburello irlandese)... per non parlare (addirittura!) del "riciclo" in salsa musicale di comuni oggetti per la falegnameria o la cucina: presenti, in questo senso, diversi tipi di seghe ed anche pentole, assieme a svariate cassette di legno usate per il trasporto di bevande. Un disco, quindi, che si prospetta sicuramente come interessante ed anche avvolto da un'aura di divertimento e spensieratezza... eppure, non propriamente ammantato (o almeno, non totalmente) di quella folle ilarità tipica dei Finntroll. Abbiamo specificato, in apertura di articolo, l'anno di uscita. Siamo nel 2003, lo ricordiamo... un anno particolarmente drammatico per la storia dei Finntroll: Somnium muore infatti suicida, gettandosi giù da un ponte od impiccandosi (le fonti purtroppo non hanno mai fatto chiarezza); nel frattempo, a Katla viene diagnosticato un tumore inoperabile alle corde vocali. Di conseguenza, dopo l'uscita di "Visor om Slutet" (licenziato per la "Spinefarm Records") il cantante lascerà la band in qualità di membro attivo, rimanendo solamente come paroliere. Così, ad un tratto, i Finntroll si trovano senza membri fondatori e decidono quindi di sopperire a queste mancanza facendo entrare in formazione Wilksa (voce, già polistrumentista nei Wizzard, bassista per i Lyijykomppania) e Skrymer (chitarra, già noto per aver curato gli artworks di ogni lavoro targato Finntroll fino ad allora). Insomma, una brutta tegola per un gruppo che proprio in quel preciso periodo stava iniziando a conoscere il vero successo; ed in attesa di rilasciare un degno successore di "Jaktens Tid" aveva deciso di fermarsi a "giocare", potendosi permettere di donare la vita ad un lavoro sui generis, decisamente singolare, da gettare in pasto ad una critica sino a quel momento in visibilio per l'operato dei Nostri. Tutto sfumava all'improvviso, da un giorno all'altro: la convivialità alcolica, la voglia di fare festa a suon di humppa, di mangiare in compagnia attorno al fuoco, di celebrare la storia che fu... elementi caratteristici del "concept Finntroll" purtroppo messi prepotentemente dinnanzi alla depressione ed alla malattia. Un compagno morto suicida, un altro vittima di un male incurabile; voglia di scherzare e di prender tutto alla leggera, potete capirlo, ce n'era ben poca. Eppure... the show must go on. Ed ecco qui un "falso" EP, registrato nonostante le avversità, in memoria di un amico scomparso ed ultimo regalo per un fratello costretto ad abbandonare la scena contro la sua volontà. Il prodotto in questione è sostanzialmente un album commemorativo in onore appunto della prematura dipartita di Somnium, il quale muore durante il periodo delle registrazioni. "Visor Om Slutet" non è probabilmente il miglior lavoro dei Nostri né ambiva a divenirlo, sin dai tempi della sua uscita... ma presumibilmente è il più intimo, il più sentito, anche per via del suo modo di essere a prescindere dalle avversità che hanno segnato la sua genesi e successivamente la sua distribuzione. La spiritualità tanto cara ai Finntroll, il puro approcciarsi con i legami alla tradizione popolare vengono qui liberati, emancipati quasi in toto. Non che nei due precedenti lavori ciò non venisse fatto, anzi; ma in questo preciso contesto, i Nostri vengono profondamente e personalmente toccati da una serie di eventi i quali porteranno modifiche importanti all'interno del loro organico, quasi volenterosi ancor più che in passato di rafforzare il loro rapporto con le tradizioni originali ed incontaminate della loro terra natia. Chiariamoci, i pochi testi presenti non differiscono poi molto da quanto abbiamo già letto ed incontrato in "Midnattens..." o "Jaktens...", sempre piuttosto monotematici ed in qualche modo "prevedibili". Il vero elemento spiazzante va infatti ricercato nei brevissimi inserti musicali, brani strumentali dalla durata assai esigua ma in un certo senso carichi di magia, d'ancestralità. Tribali a dir poco, sciamanici; i Finntroll decidono di riportarci indietro nel tempo, di farci sedere attorno ad un falò e di conseguenza cominciare a decantare le gesta degli antichi guerrieri troll, con un pensiero rivolto a chi purtroppo non c'era più. Elemento da non sottovalutare, il quale ha quasi certamente influenzato la composizione di "Visor om Slutet". Se vi aspettate il classico lavoro manesco alla Finntroll, questo non è sicuramente l'album che state cercando; se invece avete voglia di compiere un viaggio introspettivo, intimo e doloroso in compagnia dei Nostri... allora siete sulla strada giusta.

Suohengen Sija
La traccia che sancisce questo viaggio che definirò sin da subito come "spirituale" è "Suohengen Sija (La casa dello spirito della palude)"; fin dai primi secondi il gracidare di rane ed un andamento leggermente baldanzoso ci accompagnano all'interno di questa introspezione emotiva, un background musicale richiamante luoghi tetri e misteriosi come appunto le paludi. Sin dall'alba dei tempi, queste zone così anguste e sperdute hanno suscitato la curiosità dell'uomo, impaurito ma anche affascinato dalla complessità della fauna / flora ivi presente. Animali "strani", rettili d'ogni tipo, insetti, piante altrove introvabili... chiaro e scontato che la palude, di per sé, sia da sempre stata in grado di generare miti e leggende, alcuni dei quali la vedono tutt'oggi come un organismo capace di intendere e di volere, di esercitare una propria vita e volontà attraverso l'adopero dei suoi abitanti. La canzone, della durata nemmeno di tre minuti, è un susseguirsi di rumori tipici dei luoghi pocanzi descritti, accompagnati da un incidere a tratti sciamanico, ed assai evocativo, misterioso. Due minuti abbondanti immersi nel mistero e sostanzialmente nel vuoto; la chiusura del brano è secca, tagliente, come se fosse stata interrotta senza motivo alcuno. Il nostro viaggio non è che agli inizi, ed abbiamo già a che fare con una prima importante battuta d'arresto, la quale non fa altro che introdurci alla tappa successiva.

Asfagelns Död
Dopo un taglio netto e deciso ci addentriamo quindi in "Asfagelns Död (La morte dell'avvoltoio)", seconda traccia del lotto. La cadenza sciamanica si fa via via più forte, senza però risultare eccessiva, ed a partire dal secondo 0.50 circa, una voce fa capolino, nell'atto di rendere il brano ancor più carico e denso d'atmosfera celebrativa. "Asfågelns Död" ci racconta in musica la dipartita di questo volatile, presumibilmente paragonato al credo cristiano; ed ecco che i Nostri non si smentiscono mai, decidendo ancora una volta di attaccare un culto da loro definito come usurpatore, come carnefice di una storia religiosa e sociale costretta alla sepoltura con la violenza e la forza della prevaricazione fisica / mentale. Questo è il cristianesimo, per i Finntroll: un avvoltoio e nulla più, un animale mai sazio di carogne, il quale attende la morte per potersene poi cibare avidamente. La guerra dei finlandesi contro i cristiani non avrà mai tregua, anche se in questa occasione possiamo comunque gioire assieme ai troll di una vittoria importante, sottolineata da un brano decisamente interessante, volto ad innalzare la figura del guerriero pagano, quasi i Nostri stessero narrando le gesta di Rivfader ad un gruppo di giovanissimi; questi ultimi, presumibilmente incantati da cotante eroiche gesta. Durante il corso di questo racconto, viene mantenuto pressoché costante questa andatura eroico-sciamanica, la quale verso circa la metà del pezzo si fa per qualche istante più soave; in sottofondo possiamo tranquillamente udire voci e lo strumento schiaccia pensieri, adoperato per rafforzare la componente folkloristica a supporto della musica. Dopo un breve intermezzo la traccia riprende la stessa dinamica adottata in precedenza; insomma nulla di innovativo, anzi, il tutto risulta abbastanza monotono. Ma la monotonia, in questo caso, risulta vincente poiché i Nostri riescono a trasmetterci la loro spiritualità, esattamente ricalcando lo stampo di quei canti indigeni ripetuti praticamente ad libitum.

Försvinn Du Som Lyser
Il terzo brano, fin dai primi secondi, assume un'andatura goliardica mantenendo sempre i classici pattern tanto cari alla melodia folkloristica dei Nostri. "Försvinn Du Som Lyser (Begone, tu che risplendi)", a differenza della canzone precedente, narra della felicità dei Troll i quali si cibano dell'avvoltoio precedentemente ucciso: ecco così spiegata l'allegria, la voglia di far festa e soprattutto di celebrare a dovere una grande vittoria, ingurgitando a sazietà le carni straziate del nemico e bevendo avidamente fiumi d'acquavite. I Finntroll non si smentiscono mai, l'odio per la figura cristiana e tutto ciò che le ruota attorno è il filo conduttore d'ogni racconto tipico della band. Un odio, come sottolineato dalle recensioni precedenti, giustificato dall'atto di prevaricazione attuato dal cristianesimo nei confronti delle tradizioni pagane, relegate a storielle mitologiche e combattute con forza dalla spada cattolica. Come già ripetuto, i Nostri amalgamano sapientemente le loro tradizioni pagane con la musica creando quindi un qualcosa di unico e personale, un racconto che in questo caso sembra rivivere attraverso la musica, catapultandoci nei meandri di un festoso banchetto. Sembra quasi di osservare gli invitati ridere a crepapelle e mangiare, d'annusare la carne cuocere sui girarrosti, di percepire il calore dello scoppiettante fuoco appena acceso. Chi meglio dei Finntroll può narrare questo folklore tipico? La traccia, anch'essa, si mantiene costante, con la stessa andatura per circa tre minuti; nulla di eccezionalmente innovativo, ma rimane sempre una canzone interessante sotto diversi punti di vista: il testo e la musica, le quali trovano una simbiosi perfetta. L'allegria presente in questa traccia unita alla sfrontatezza tanto cara dei Nostri vanno a creare un connubio unico. Un tutt'uno quasi ossimorico, per certi versi: come può una cosa orribile come la morte rendere felice qualcun altro? Beh, in questo caso a morire è un simbolo (secondo di Finntroll) cristiano (l'avvoltoio)... siamo in guerra, dopo tutto; ed i Troll possono sono solo essere felici per il fatto che uno dei loro antagonisti abbia incontrato la definitiva sorte.

Veripuu
Dalla festa all'angoscia: "Veripuu (Albero di sangue)", nella sua importante brevità, riesce pericolosamente a cambiare le carte in tavola, in maniera assai repentina e sicuramente più di quanto ci saremmo mai aspettati. Questa canzone, come già accennato molto breve (dura circa poco più di un minuto), rappresenta dunque il ponte da attraversare, un incredibile capovolgimento di prospettiva. Anche in questo caso veniamo sommersi da quel sound trovato nella prima traccia: rumori di dubbia provenienza, "silvestri", eppure la magia presente in "Suohengen..." risulta dispersa, sostituita da urla strazianti ed un'atmosfera sinistramente cupa. Queste sono le tre fondamenta di questo brano, il quale si poggia quindi su di un oscuro piedistallo, non lasciandoci presagire nulla di buono. Un minuto, una storia, un'atmosfera, una domanda: cosa verrà dopo?

Under Varje Rot Och Sten
La canzone precedente, sostanzialmente non ha fatto altro che prepararci a questo brano, "Under Varje Rot Och Sten (Sotto ogni radice e pietra)". Un incidere epico si spalma fiero lungo i primi secondi della canzone, rendendo il tutto assai eroico ed imponente, sicuramente in grado di rinvigorire in noi lo spirito battagliero sopito dall'oscurità precedentemente instauratasi. E' proprio la caratteristica fondamentale dell'Epos in tutto il suo fulgido splendore, in questi momenti, a regnare sovrana: possiamo udire un sound vagamente alla Falkenbach, soave e delicato, quasi inaspettato. Sembra di immergersi in un classico gioco di ruolo alla "Age Of Empires". Dicevo inaspettato? Beh... chiaramente, a partire dalla metà del brano i Nostri si scaldano aggiungendo quel dinamismo "orchesco" che sinceramente ci mancava: urla di gioia ci accompagnano fin verso alla fine della canzone. Sensazioni differenti in grado di coesistere divinamentem, all'interno di un brano che mai ci saremmo aspettati, dopo averne udito "l'introduzione". Per intenderci, sembra di essere immersi in pub assieme agli Alestorm, bevendo birra e whisky; subito dopo, eccoci a narrare orgogliosi gesta di guerra, con lo sguardo fiero, rivolto verso il cielo, scrutando la notte per fissar nelle stelle i volti dei nostri eroici compagni caduti. Un mix d'emozioni e sensazioni differenti e complementari, che mai ci saremmo aspettati... e che, invece, ci colpiscono in maniera sorprendente.

Närr Allt Blir Is
Dalla gioia alla seriosa mestizia il tragitto è breve, di fatti in questa sesta traccia ("Närr Allt Blir Is - Quando tutto si congela") l'inizio risulta molto più oscuro ed assai meno festoso di quanto accadeva nel brano pocanzi ascoltato, appena conclusosi. Il verso di quella che dovrebbe essere una cornacchia si fa sempre più presente; la canzone, durante la sua breve durata, risulta quindi un miscuglio di suoni non molto definiti: il richiamo del volatile, tonfi cadenzati simili a passi ed un'atmosfera a tratti epica a tratti mistica, sciamanica. Non è molto chiaro il percorso definito dai Finntroll in questo senso, in due minuti possiamo udire solamente una sorta di contenutezza musicale mista a rumori indefiniti, come se la bevuta nella taverna fosse terminata e fossimo lasciati soli in preda a pensieri martellanti. Cerchiamo dunque rifugio nella foresta; la quale, petrarchescamente parlando, funge da secretaria, da custode dei nostri pensieri e preoccupazioni più intimi. Veniamo adagiati sul suo grembo ed invitati a sfogarci, a tirar fuori tutto ciò che abbiamo dentro. Questo, forse, il significato di cotanta oscurità. Possiamo in qualche modo festeggiare e cercare di spegnere il nostro cervello... ma il ricordo di chi non c'è più, in questo caso di un suicidio, continuerà purtroppo a far capolino anche nelle giornate più felici e spensierate. Non possiamo far altro che esorcizzare il tutto in questo modo, lasciando che l'oscura foresta ci accolga, cullandoci e donandoci quella momentanea pace della quale abbiamo un disperato bisogno.

Den Sista Runans Dans
Settima traccia, settima storia torniamo quindi dopo tre canzoni strumentali né abbiamo una cantata; o meglio, narrata. Il canto come l'abbiamo sentito durante i primi due lavori, in questo album viene quasi completamente limitato. Ci troviamo immersi, anche in questo caso, in una sorta di rituale a tratti sciamanico: per intenderci (e mi si conceda il gioco di parole!) lo stile è simile agli Shaman, ora conosciuti come Korpiklaani. Il sound, parlando invece del lato più prettamente musicale, è sempre lo stesso, senza nulla togliere od aggiungere: i Nostri pur avendo come compagna la monotonia, riescono a spezzarla con escamotage musicali molto interessanti. Schiaccia pensieri e cori epici inseriti in questa cadenza melanconica riescono a farci toccare con mano l'emozione, la sensazione tipica del sentirsi immersi - col senno di poi - in un'ambientazione storicamente fantasy, a metà fra i veri luoghi finnici e la loro connotazione più fiabesca e mitologica. Questa "Den Sista Runans Dans (La danza delle ultime rune)" ci racconta una cavalcata solitaria della luna oltre i confini del cielo nordico. Un cielo che ha visto, era dopo era, la sua popolazione decimarsi a causa di guerre e di battaglie. Una malinconia per certi versi simile a quella espressa da Quorthon nell'indimenticabile "One Rode To Asa Bay", brano leggendario contenuto nel capolavoro "Hammerheart"; e proprio come lo svedese rimembrava la gloria passata, la vita semplice ed onesta delle genti "pagane", così i Finntroll alzano gli occhi al cielo osservando mesti una luna compiere il suo naturale corso. Il cielo conserva la sua innata beltà, mentre "sulla terra" tutto cambia. Usi, usanze, costumi, Dei: la vita dei boschi, il culto delle antiche divinità viene ormai soppiantato, anno dopo anno, da ingerenze straniere che nulla hanno a che vedere col folklore "trollistico-finnico". L'astro diafano sembra piangere lacrime di tristezza, continuando stoicamente ad accendere le notti di chi, come i Nostri, anela ad un futuro migliore. Un futuro il quale vorrebbe vedere le genti delle foreste tornare a dominare su ciò che spetterebbe loro di diritto. I guerrieri troll sono a conoscenza di quanto accade nella loro terra, e proprio per questo decidono lungo il cammino di fermarsi e di riflettere, tristemente, sulle loro condizioni. Torneranno mai giorni felici? Riusciranno mai a liberarsi dal gioco cattolico? Dovranno combattere, ancora ed ancora... finché tutti i sacrifici compiuti, tutto il sangue versato, ripagheranno il popolo d'ogni sofferenza patita.

Rov
Dopo le tristi riflessioni, ecco l'esercito tornare a ruggire. Due minuti, quelli di "Rov (Preghiera)" anch'essi composti prevalentemente da rumori poco definiti i quali ci riportano alla mente i momenti di mattanza compiuti in precedenza dai Troll rispettivamente nella sauna (le vicende di Aamund e Kettil, narrate nella traccia "Bastuvisan" presente nel primo album) ed in chiesa ("Kyrkovisan", quest'ultima invece contenuta nel secondo album. Due minuti durante i quali sentiamo ringhiare Troll. Nulla di più, nulla di meno, una sorta di traccia che oserei definire "particolare", dato sì che non avrei in mente aggettivi atti a descrivere poco meno di centoventi secondi nei quali ruggiti infernali ma a tratti anche "cartooneschi" fanno la loro imperiale comparsa.

Madon Laulu
Abbiamo quindi "Madon Laulu (La canzone del Verme)", nona traccia di questo platter assai sui generis. Un brano che non aggiunge nulla più di quanto abbiamo già potuto udire, lungo questo (seppur contenuto) minutaggio. Una traccia anch'essa caratterizzata da un incidere sciamanico e tribale, addirittura ricordante per sommi capi il modo di cerimoniare tipico delle popolazioni indigene del continente americano; i famosi "indiani d'America", qualora non fosse stato chiaro. La voce risulta infatti un soffuso esprimersi di gola, soppiantato dalle percussioni ipnotiche e dall'uso azzeccato di sintetizzatori, in grado di rendere il tutto assai inquietante. Non troviamo variazioni di sorta lungo il percorso, il quale si snoda in maniera decisamente lineare, conoscendo di quando in quando dei piccoli guizzi corali composti da "note di petto" particolarmente accentate. C'è dell'eroismo nelle voci a supporto dello "sciamano", come si converrebbe del resto ad una sorta di rituale volto a far passare le pene dell'inferno ad eventuali nemici. Di fatti il testo, intraducibile salvo qualche parola, narra esattamente di un "malocchio troll esco", una maledizione da lanciare contro gli avversari, per decimare le loro armate e mettere ad ampio rischio la loro salute.

Svart Djup
Decima traccia, decimo racconto, ed a differenza della precedente canzone il ritmo si fa più leggerlo pur essendo la voce più cupa e tetra. Il ritmo comunque si mantiene sui classici cliché folkloristici che seppur semplici restano comunque molto evocativi. "Svart Djup (Profondità oscure)" narra di un altro viaggio verso la morte, forse è questa la traccia che più si avvicina ad una dedica a Somnium; non ne sono certa, anche se tutti gli indizi sembrerebbero portare verso questa conclusione. Una cosa è sicura, il fatto che la drammaticità presente in questo contesto rende la canzone molto emozionale, poiché essa viene eseguita interamente in acustico, tralasciando momentaneamente la componente più "elettrica". Dimentichiamoci in toto del classico folk/black marcio tanto caro ai Nostri, in questo caso troviamo un canto volto a ricordare presumibilmente un caro scomparso; ed immergendoci nella storia, nel concept tipico dei Finntroll, è probabile che il tutto possa venir inquadrato come una sorta di canto da pronunciare in onore di tutti i guerrieri troll scomparsi, caduti nella tanto dura battaglia contro le truppe nemiche. Un viaggio nell'oscurità, verso quelle profondità dalle quali nessuno riesce a far ritorno. Una volta arrivato il nostro momento, non potremo certo calarci nell'abisso per poi sperare di raccontare ad anima viva cosa abbiamo effettivamente visto. Il biglietto per quel burrone è di sola andata: non potremo sapere con certezza quando, come e perché partiremo... sta di fatto che la nostra meta sarà quella, un giorno (tutti lo speriamo) quanto più lontano possibile. Somnium aveva purtroppo battuto quel sentiero ancor prima che questo EP vedesse la luce, lasciando un enorme vuoto dietro di sé. E' come se gli amici, lungo questo particolare brano, decidessero di accompagnare la sua discesa in musica. Fornirgli una colonna sonora, un sottofondo in grado di rendere il suo viaggio il meno impegnativo possibile. Come stessero dicendogli che loro, i suoi amici, sono ancora lì a ricordarlo, ad onorarlo, a conservare nel cuore ogni bel momento passato insieme. Questo, in sostanza ed a mio avviso, il significato della track più intima e delicata dell'intero lotto. Con le lacrime agli occhi, i Finntroll salutano il loro amico, accompagnando la sua lenta discesa verso il regno delle ombre, verso il luogo che nessun mortale potrà mai nemmeno scorgere, se non quando cesserà di esistere fisicamente; innalzando la propria anima verso un piano trascendentale, lasciandosi dietro l'immanenza dei vivi.

Avgrunden Öppnas
Ultima traccia di "Visor Om Stutet", "Avgrunden Öppnas (L'Abisso si spalanca)" nella sua esiguità si rivela una canzone strumentale capace di riassume in toto il sound proposto nei precedenti trenta minuti. Un incidere sì epico, sì sciamanico, un connubio la cui essenza traspare in questo abisso che ormai è stato aperto, se non totalmente spalancato. Sarà l'abisso, uno dei tanti "simboli" che i Nostri hanno attribuito a Somnium? Non sta a me a dirlo, certo può essere un collegamento. Il gracidare di rane che ci ha accolto all'inizio, sancisce la fine di questo lavoro: il cerchio si chiude, la foresta ci ha accolti e proprio in questo momento sta lasciando che le nostre mani scivolino lentamente dalle proprie. E' tempo di ritornare a casa, alla realtà. Come un sogno, gli alberi svaniscono, così come i Troll e tutti gli animali, le piante, i fiori, gli insetti... il nostro presente, ciò che realmente ci appartiene, torna a farci prepotente visita. Rivedremo mai, questi splendidi luoghi?

Conclusioni
Un viaggio impegnativo, non certo da prendere sotto gamba. Questa è la definizione che più sento di voler accostare a questo EP, piccola rarità all'interno di una discografia dai tratti musicali ben differenti (solo per certi versi!) da ciò che abbiamo ascoltato lungo questi trenta minuti. Ammetto candidamente che il minutaggio di ogni singola track potrebbe indurci a credere "Visor..." come un lavoro di poco conto, un divertissement buttato lì unicamente come un filler strambo da gettare in pasto a qualche fan adorante. Potrebbe essere così, se visto da un occhio disattento. Chi invece ama davvero il concetto di folklore, le antiche storie, la capacità della musica di trasportarci in mondi ogni volta differenti... mi creda, chi corrisponde a questa descrizione: non resterà, chi di dovere, deluso da questo lotto di "mini brani". Procediamo con calma ed ordine; da come avrete capito si tratta di un album che appunto non ha nulla a che vedere con i suoi predecessori. Il folk/black tanto caro ai Finntroll viene messo da parte per far trasparire una parte più intima e profonda altresì legata alla musicalità precedentemente proposta, anche se in modo molto più lieve. Compiamo un piccolo amarcord e ricordiamoci dei due episodi analizzati in precedenza. "Midnattens..." mostrava senza ritegno alcuno la componente più estrema del sound troll finnico: brani maneschi, certo contaminati da innesti folk, dalla humppa e quant'altro, ma decisamente diretti e grezzi, rozzi e maleducati. Come un manipolo di guerrieri troll tutti ammantati nelle loro sudice vesti, coperti grossolanamente da corazze opache ed arrugginite, armati di mazze chiodate, bastoni e spadoni spuntati. Diverso il discorso per quel che riguardava "Jaktens...", l'album della maturazione, il disco in cui più di tutti riusciamo a cogliere l'anima "saggia" dei guerrieri ormai divenuti esperti strateghi, armati d'armature ed utensili bellici assai migliori di quelli usati solo qualche tempo prima. Una crescita che lasciò tutti sbalorditi e ci consegnò un gruppo decisamente, intimamente cresciuto. Più sensibile ed accorto nell'illustrazione di certe tematiche, più attento nello sfruttare determinate melodie e trovate per certi versi "spiazzanti", nel senso buono del termine. Nella sua diversità, ed arriviamo / torniamo dunque al 2003, l'EP oggi analizzato ci mostra un'altra faccia del dado Finntroll, il quale - ad ogni lancio - svela durante questo primo periodo di carriera volti differenti ma tutti facenti parti dello stesso poliedro, quasi a formare un mosaico fatto di tessere certo colorate differentemente l'une dalle altre, ma tutte pressoché essenziali alla buona riuscita della figura. "Visor Om Stutet" è un EP che evidenzia, nonostante tutto (il minutaggio esiguo d'ogni brano in favore dell'eccessiva quantità di tracce, le quali avrebbero anche potuto essere ridotte a 7-8, forse), le grandi capacità artistiche dei Nostri i quali pur avendo abbandonato momentaneamente il loro "marchio riconoscitivo" riescono comunque ad identificarsi attraverso una proposta nuova ed inaspettata: inaspettata come la prematura dipartita di Somnium e l'abbandono successivo di Katla. E' proprio questo l'aspetto che mi preme sottolineare, quello che in sostanza riesce ad offuscare quasi totalmente i piccoli difetti da me elencati giusto qualche riga più in su. Non è di nei, che dobbiamo parlare; preferibile, invece, risulta il sottolineare quanto delle importanti qualità ci siano. Qualità che, lo spero, ho voluto elencarvi nel modo migliore possibile. Troppe tracce, troppo corte... questione di lana caprina. "Visor..." rimane comunque un album interessante sotto diversi punti di vista: dal concept all'epicità qui resa più incisiva e possente grazie alla presenza costante della tastiera. È un album delicato, triste e comunque intimo... e nonostante tutte le avversità i Finntroll sono riusciti a portare a termine il lavoro, dedicandolo appunto a Somnium. Uniamoci al cordoglio e brindiamo assieme ai Troll, rendendo lieve il cammino di un fratello scomparso, ormai da troppo tempo in viaggio verso l'abisso.

2) Asfagelns Död
3) Försvinn Du Som Lyser
4) Veripuu
5) Under Varje Rot Och Sten
6) Närr Allt Blir Is
7) Den Sista Runans Dans
8) Rov
9) Madon Laulu
10) Svart Djup
11) Avgrunden Öppnas


