FINNTROLL
Blodsvept
2013 - Century Media Records

ALISSA PRODI
22/08/2018











Introduzione Recensione
Ben tre anni dopo il convincente "Nifelvind", i Finntroll tornavano a far parlare di sé. Avevamo avuto modo di assaggiare, di gustarci in anteprima due tracce inedite, di avere un piccolo anticipo di quel che sarebbe stato "Blodsvept" grazie ad un EP omonimo rilasciato qualche mese prima l'uscita del disco effettivo. Questione di giorni, dopo tutto: l'EP vide la luce il 28 di Febbraio del 2013, mentre il disco vero e proprio fece la propria comparsa il 22 Marzo dello stesso anno. Un lasso di tempo assai breve, suddito della volontà finlandese di proporre al proprio pubblico del nuovo materiale quanto prima; giusto per rimpinguare leggermente un repertorio (sia studio sia live) che di certo non aveva bisogno di ulteriori "rincari". Eppure, si sa: "meglio abbondare che rimanere a secco", una frase che da sola portrebbe di certo descrivere (non proprio totalmente... ma siamo lì) l'intera epopea dei nostri danzatori d'humppa. Un gruppo che solo da fuori potrebbe apparire "prevedibile" o comunque privo di spessore; in troppi commettono il madornale errore di etichettare i Finntroll come un gruppo eccessivamente dedito ad un "godereccismo" fine a se stesso, considerandoli al pari di una band comedy. Esattamente il contrario, dopo tutto non avrei mai intrapreso un viaggio così lungo se non avessi voluto fornirvi prove sufficienti a dimostrare ciò che dico e sostengo, il fatto che i Nostri non siano assolutamente ciò che un orecchio svogliato crede che siano. Abbiamo analizzato, passo dopo passo, ogni loro brano ed ogni loro sfaccettatura, abbiam o toccato con mano ogni fessura, ogni più recondito anfratto della loro carriera, della loro arte... il risultato è sotto i vostri occhi. Album dopo album, ep dopo ep, pezzo dopo pezzo. I Finntroll sono musicisti, e stop. Preparati e competenti, in grado di donare alla propria musica vibrazioni e colori diversi, a seconda della propria ispirazione. Dal Black Folk grezzo e direttto dell'esordio, passando per la maggiore epicità di "Jaktens Tid"; l'esperimento acustico di "Visor or Slutet", l'allora nuovo corso iniziato con "Nattfodd". I fortissimi richiami Black di "Ur Jordens Djup" ed i suoi testi più profondi ed impegnati, la magniloquenza di "Nifelvind". Non proprio dischi tutti uguali, non proprio lavori degni di una band messa su "per ridere". Dischi degni di un gruppo che ha saputo unire, con intelligenza e sagacia, il suono tipico della propria terra a suggestioni di Metal estremo, ben amalgamando il tutto, fornendo a molti l'archetipo definitivo di quel che sarebbe stato il Folk Metal come oggi lo conosciamo; esattamente, bisognerebbe considerare soprattutto questo aspetto: quello dei Finntroll intesi come pionieri, come portavoce, insieme a molti altri colleghi, di un sound che avrebbe fatto ampi proseliti, dal rilascio di "Midnattens..." sino al presente. Proselitismo il cui merito, lo ripeto, spetta sicuramente anche a Trollhorn e compagnia. Una compagine particolarmente sui generis e capace di divertire, certo, ma allo stesso tempo di esaltare e conquistare un pubblico reso anno dopo anno mai sazio. Del resto, il pubblico dei Finntroll (come accade per decine di altre band), può tranquillamente dividersi in due settori. Da una parte, gli affezionatissimi: coloro i quali accoglierebbero con gioia, gaudio e giubilo persino una collaborazione fra i Nostri e Miley Cirus. Dall'altra parte della barricata, troviamo il #teamschizzinosi... ovvero, chi di certo ama e segue la band, ma è comunque pronto a non far passare nemmeno il più piccolo errore, nemmeno una virgola, nemmeno una mezza nota fuori posto. Poi c'è chi, come la sottoscritta, cerca di posizionarsi nel mezzo e di voler fare dell'obbiettività il proprio credo: accogliere con gioia, ma non troppo, una nuova uscita di uno dei suoi gruppi preferiti. Potete tranquillamente rileggere ogni lavoro da me scritto: non ho lesinato lodi e nemmeno critiche, qualsiasi fosse il disco preso in esame... e non inizierò certo ora, a peccare nell'uno o nell'altro senso. Proprio perché "Blodsvept" sembra esattamente sospeso in un limbo, un disco difficile da inquadrare, sotto molti punti di vista. Un nuovo viaggio, l'ultimo (per ora!!) in ambito full-length. Di certo, non avrebbe potuto capitarmi un qualcosa di maggiormente semplice; sarebbe stato troppo bello ed io avrei avuto un compito senza dubbio meno gravoso. Invece eccomi qui, a discutere di un disco che in fin dei conti ha spaccato fan e critica in due. Capolavoro? Anonimo? Lo scopriremo solo vivendo(lo). Per il momento, un album che vince la prova del colpo d'occhio: illustrazioni e disegni davvero notevoli, merito di Skrymer, scopertosi disegnatore quanto musicista, proprio per l'occasione.

Blodsvept
Il nostro viaggio comincia dunque con la titletrack, "Blodsvept" (Ricoperto di sangue). Rumori inquietanti e minacciosi fanno di tutto per non farci sentire a nostro agio. Passi pesantissimi e mugugni sinistri, versi gutturali... poi un ruggito proveniente dal ventre dell'inferno!! La bestia si è svegliata, giusto in tempo per farci correre via a ritmo di humppa. Le venature più folk vengono magistralmente alternate da un comparto sonoro aggressivo e manesco: i Finntroll picchiano in maniera precisa e marziale, non volendo strafare in termini di velocità ma dotando i propri riff di cadenze assassine, facendo in modo che suonino quanto più aggressivi possibile. Solo con il proseguo le tastiere arricchiscono l'humppa a melodie più ariose ed evocative, stando sempre attente a non inficiare troppo quel che deve essere il messaggio di fondo. Aggressività, aggressività ed ancora... aggressività. Possiamo immaginare questa belva intenta a passeggiare nei boschi, questo ferocissimo ed enorme troll farsi largo fra alberi e macigni. Denti aguzzi, grugno crudele, pitture di guerra, pelliccia, armatura ed armi a seguito. Pronto per un bagno di sangue, pronto per dar battaglia ai suoi nemici. Eccolo che ruggendo si scaglia contro l'esercito avversario, facendo valere una sola ed unica regola: quella dell'orgoglio, quella della rivendicazione del proprio territorio. Agitando il suo mazzapicchio il Troll fa piazza pulita di qualsiasi ostacolo, battendosi come un leone. Non è tuttavia una descrizione ai limiti del comedy o comunque del simpatico; tutt'altro, è lo spirito guerriero della creatura ad essere messo in risalto, e di conseguenza esaltato. Egli ricorda il fuoco e la devastazione delle centinaia di battaglie intraprese, ricorda ogni compagno perso, ogni guerra combattuta. Ogni cicatrice è per lui un monito, al contempo rappresentando la volontà di battersi sempre per la propria gente, per i propri dei, per la propria casa. Un testo che sembra essere un "compromesso" fra i vecchi e nuovi Finntroll: da un lato il volto più guerresco e "semplice", dall'altro quello più intimo e profondo. Il brano prosegue dunque sugli stessi stilemi, conoscendo una variazione verso il minuto 2:30. Il clima cambia totalmente, un tappeto di soavi tastiere lascia spazio ad una delicatissima chitarra acustica. Le melodie folk fanno la loro comparsa, rafforzate da cori di gola... il tutto prima che il singer torni carico ed aggressivo assieme alle asce elettriche. Si continua comunque adagiandosi su di un andamento lento, abbiamo un'accelerazione solamente verso la fine, quando il pezzo termina recuperando il riff portante, sormontato dai ruggiti del frontman. Descrizione musicale perfetta di quel che il protagonista pensa ed è: un guerriero "brutto e cattivo" ma al contempo un patriota, una creatura che ha visto e provocato centinaia di morti, dotata di sentimenti e di ragione.

Ett Folk Forbannat
Si prosegue di gran carriera con "Ett Folk Forbannat" (La stirpe maledetta). Le cadenze marziali rimangono ben visibili, i tamburi battono quasi stessero accompagnando un esercito in marcia; solo dopo pochi secondi l'humppa prende il sopravvento facendoci ballare a ritmo di guerra, a ritmo di battaglie cruente e lame sferraglianti; il brano è aggressivo, ben sospeso fra chitarre distorte e taglienti, al contempo arricchito da melodie non troppo evocative ed anzi, estremamente messe al servizio di una componente folkloristica in grandissimo spolvero. Si danza e ci si scatena, quasi fossimo posseduti dal ritmo incalzante di quest'humppa sporca di sangue e fango; un rituale sciamanico, un baccanale che descrive le mille sofferenze, le mille avversità fronteggiate da una razza dannata. Una razza costretta a vivere nel buio delle caverne, costretta dagli umani prevaricatori a rinunciare ad ogni tratto della propria dignità, del proprio essere. Trattati come reietti, come spazzatura, i Troll hanno dovuto sottostare per secoli alla condizione di
"ospiti indesiderati", pur essendo a casa loro e vivendo in armonia con il creato. Quante cicatrici, quante umiliazioni... rialzarsi, cadere, rialzarsi di nuovo. Questo, il destino di una razza maledetta. Una razza che cerca disperatamente di scacciarsi da dosso questa condizione, di rivendicare con forza il proprio posto, la propria ragion d'esistere. Proprio quando ci sembra di notare quanto il lato più nostalgico stia per prendere il sopravvento sulla rabbia, sulla ferocia, ecco che il brano conosce una battuta d'arresto: le chitarre smettono di ruggire, è solo una melodia Folk a farla da padrona. Non c'è tempo, però, di riposare. Bisogna combattere ancora, bisogna rialzarsi, bisogna reagire. Ecco che i Finntroll tornano a ruggire, a roteare le proprie catene in aria; ecco che le spade tornano a sferragliare, ecco che i Nostri tornano a correre, esaltando l'Humppa a suon di ritmi maneschi e musica aggressiva. Crogiolarsi nel proprio dolore serve a ben poco... bisogna saper prendere di petto una situazione di per sé disperata, ma non irrisolvibile. L'orgoglio di un Troll è smisurato... proprio per questo, non gli serve sapere quante battaglie dovrà ancora compiere. Egli combatterà finché ce ne sarà bisogno, senza arrendersi mai. Questo, l'unico modo per scacciare la dannazione.

Mordminnen
Incappiamo quindi in "Mordminnen" (Assassino nella mente), aperta da tamburi ritmati presto doppiati da una sezione di fiati sintetizzati. Una compagine che, almeno nei primi secondi, di "nordico" ha ben poco: sembra quasi di udire un sottofondo molto più adatto a dei gangster anni '40 che a dei troll; uno swing impertinente che si divertirà a far capolino durante tutto il brano, stile sicuramente particolarissimo ben miscelato alla solita componente di Humppa. Humppa che viene fuori durante la seconda metà del brano, quando le tastiere decidono di farsi leggermente più melodiche, ed il battere preciso e violento della sezione ritmica conosce uno stop, complice una maggiore melodia tinta dalle tastiere. Immaginarsi i Finntroll con tanto di giacca e cappello con piuma, sinceramente, fa sorridere; ma è questa l'impressione che la musica in sottofondo riesce a trasmettere, complice un testo che in effetti sembra descrivere le gesta di un efferato omicida. Non certo un sicario al soldo di Al Capone, ma poco ci mancherebbe: uno spietato esecutore privo di scrupoli e pietà, alimentato dal fuoco dell'odio, assetato di sangue al pari di un vampiro. Un uomo (una donna? Una creatura? Un troll?) che sa colpire furtivamente e poi scomparire nell'ombra della notte. Il suo momento preferito? Lo scoppiare di una tempesta! Fra pioggia e vento, fra tuoni e saette egli sa rendersi ancor più impercettibile del normale, nascondendosi come un fantasma. Un modo di fare che ricorda molto Jack the Ripper; per gli amici Jack the Knife, o Jack lo squartatore, decidete pur voi. Certo un testo anomalo, non riguardante antiche saghe nordiche o folklore finlandese. Musica e parole sui generis, la guasconeria tipica di elementi swing ben uniti alla nostra amata Humppa. E se Vreth avesse adottato uno stile alla crooner? Sì, sarebbe stato decisamente una vittoria; per tutti!

Rosets Kung
Ci avviciniamo alla metà del disco con "Rosets Kung" (Re dei Tumuli), ben diversa dal brano suo predecessore. I Finntroll recuperano la "solita" aggressività, cucendo alla perfezione un brano decisamente coinvolgente, soprattutto grazie all'ampio uso di sezioni corali. Siamo tornati nella bettola in compagnia di Troll ubriachi di birra ed acquavite, l'Humppa torna a farsi sentire mentre la componente Metal decide di giocare su ritmi decisamente più cadenzati, al solito quadrati e precisi al millimetro. Il definitivo compimento dell'anima Folk di una band ormai giunta alla totale maturità. E proprio nell'ebbrezza della taverna colma di alcolici d'ogni tipo, un vecchio troll decide di narrare un'antica storia, dai contorni poco chiari (colpa del bere?) ma comunque assimilabile a qualche vecchia leggenda popolare di spettri e fantasmi, simile a molti dei racconti della nostra penisola. Si parla dunque di un ladro, ritrovatosi in una foresta dopo un lungo inseguimento: stanco e ferito, in procinto di morire, egli cerca disperatamente di raggiungere una montagna sacra, sperando in una fine dignitosa. Sa infatti di poter chiedere l'intercessione dei giganti, recandosi presso la loro abitazione. Ecco che il monte si staglia dinnanzi ai suoi occhi, enorme e minaccioso, avvolto dalle tenebre. Tutto procede come previsto: la grossa mano d'una creatura mistica ed imponente mette dunque fine alle sue sofferenze, rendendolo per sempre uno spettro dei tumuli. Riferimenti a Tolkien? Forse: per quanti abbiano letto "Il Signore degli Anelli", l'espressione "Spettro dei Tumuli" non sarà certo una novità. Sembra però che il ladro non abbia bisogno dell'aiuto di Tom Bombadil, per sfuggire a questa "maledizione". Ormai ridotto ad un fantasma egli corre via nella notte, essendosi assicurato la vita eterna. L'avvinazzato narratore si fa udire specialmente durante il secondo minuto della traccia, quando a farsi udire è una tromba sfiatata, degno sottofondo per una voce alcolica ed ilare. Si riesplode di lì a poco con tastiere eroiche, e si chiude con una piccola parentesi acustica. Brano interessante, simpatico e particolare.

Skovlarens Dod
Metà raggiunta con il manifestarsi di "Skovlarens Dod" (Morte agli spreconi), aperta in modo quasi inquietante. Il suono di un'esecuzione, brano che decide di proseguire lungo il medesimo stilema adottando una cadenza lenta ed implacabile. Battere preciso, quasi stesse scandendo i passi di un condannato a morte verso il patibolo; del Folk guascone e gioioso udito neanche qualche minuto fa è rimasto ben poco: marciando compatti e precisi, i Finntroll giurano odio eterno agli "spreconi", intesi anche come inquinatori. Quante volte, facendo una gita all'aria aperta, siamo incappati in certi personaggi? Ogni scusa sembrava buona per gettare tutto all'aria, rendendo una bella e verde campagna una discarica a cielo aperto. I Nostri decidono dunque di scagliarsi contro questa noncuranza, contro questa tendenza a rovinare l'ecosistema un cumulo di rifiuti; si narra che la foresta sia presieduta da uno spirito antichissimo, ancor più antico del tempo stesso. Una sorta di protettore, di nume tutelare del verde e della natura... un essere che non conoscerebbe pietà alcuna, qualora ci fosse da difendere la sua casa, i suoi alberi, la sua aria incontaminata ed il suo prato fiorito. Possiamo certamente recarci in un qualsiasi bosco convinti di poter spadroneggiare, di fare ciò che vogliamo. Non dovremo però sorprenderci, quando una mano invisibile ci toglierà la vita... rendendoci concime! Forza vitale per lo stesso terreno che abbiamo devastato, in uno strano scherzo del destino. Contrappasso perfetto: se in vita abbiamo rappresentato la distruzione, da morti rappresentiamo invece un alminento, una capacità di rinascita. Questa è la punizione dello spirito, alla quale dobbiamo sottostare. Proprio quando Vreth comincia a parlare di questo lato aggressivo e vendicativo del protettore della terra, ecco che il brano si fa più violento e concitato. Si abbandona l'oscuro strascicare della prima metà, la musica diviene più grezza ed estremamente più massiccia. C'è spazio anche per un assolo, prima della definitiva conclusione. Altro bel brano, altra bella escursione!

Skogsdotter
Viene il momento di "Skogsdotter" (Figlia della foresta). Apertura maestosa, imperiale, così come il proseguo del brano. Recuperando l'epicità caratterizzante di "Natte..." e "Sol...", ecco che i Finntroll tornano a far valere la propria voglia di guerra, dando vita ad un brano veloce e concitatissimo, ben arricchito da melodie "humppesche" e per questo reso molto più dinamico e coinvolgente. Stretti in coorte, i Nostri vogliono dunque mostrare il loro lato più battle metal, sfoderando le spade ed innalzando al cielo le mazze chiodate. Cori stupendi e ritmi serrati, soprattutto in fase di refrain è possibile respirare puro e semplice eroismo; capace di inebriarci e di farci imbracciare uno scudo, per catapultarci subitissimo in battaglia, al fianco dei nostri amici finlandesi. Non è di guerra, tuttavia, che parliamo,. Tutt'altro, la narrazione assume nuovamente i caratteri di una storia popolare e folkloristica: protagonista è un altro viaggiatore, questa volta persosi nei boschi durante un peregrinare alla scoperta di sentieri e prati ove sostare. Decidendo di cercare ristoro dopo una lunga giornata di escursioni, ecco che il nostro accende un fuoco e mangia avidamente la sua pagnotta, bevendo copiosamente e per questo cadendo addormentato. Non riuscendo però a scindere il sogno dalla veglia, complice l'alcool e l'esperienza mistica che di lì a poco lo ghermirà, eccolo vaneggiare e raccontare ad altri villici d'aver scorto la cosiddetta figlia della foresta. Uno spirito d'antica bellezza, lunghi capelli neri, pelle diafana, una corona cornuta posta sul suo capo. Avvicinandosi all'uomo, lo accarezza sussurrando al suo orecchio parole dolci e soavi. Ed ecco l'improvviso risveglio: il vagabondo non riesce a capire se il sonno sia stato indotto dall'alcool o dall'esperienza avuta, effettivamente troppo per un semplice umano. Nessuno gli ha mai creduto, nonostante egli abbia scelto di morire lì, in quel luogo, aspettando che la donna tornasse. L'epicità delle tastiere, la potenza delle melodie e la forza vibrante della componente più Metal dei Finntroll si uniscono dunque per narrare questa vicenda, triste eppure romantica al contempo, degna quasi di un antico poema.

Haxbrygd
Traccia numero otto, "Haxbrygd" (La pozione della strega) rompe la solennità del brano precedente, presentandoci un qualcosa di sicuramente più guascone e divertente, misto ad un tocco estremo di certo molto marcato. La voce di Vreth è puro Black Metal, il Folklore si lascia udire distintamente creando trame di melodie e potenza di certo interessanti, anche se lo stilema qui presente risulta rodato oltremodo. Interessanti alcuni inserti sonori abbastanza "creepy", buoni per un sottofondo da usarsi in una festa di Halloween. Soprattutto verso l'ultimo minuto, il lato "stregonesco" della band viene fuori con prepotenza, creando poi il giusto sottofondo alla storia qui narrata... la quale vede come protatgonista esattamente una strega. Un testo breve, in realtà: una "vecchia pazza" (citando testuali parole) comunque in possesso di poteri sovrannaturali, soprattutto capace di creare una pozione magica dagli effetti miracolosi. Una soluzione creata grazie ad un'antica fiamma mai sopita che ella custodisce nell'anfratto più buio del suo antro. Nonostante non si sappia con precisione ove comincino le menzogne ed ove finisca la verità sul suo conto, tanti incauti viaggiatori hanno deciso di avventurarsi nei pressi del suo antro, cercando fortuna- Superare mille prove ed ostacoli apparentemente insormontabili, scalare una montagna a mani nude sperando poi di trovare quel che si cerca. Raggiungere la tanto agognata pozione non è certo facile, bisognerà poi vedere se effettivamente la si meriterà. La strega non vede di buon occhio truffatori ed imbroglioni, solo chi risulterà davvero capace di meritare il premio potrà bere un sorso dalla preziosa coppa. Un brano che di per sé diverte ma non aggiunge nulla di nuovo a quanto già udito lungo tutto il disco e, più in generale, lungo tutta la discografia.

Tva Ormar
Ci avviciniamo alla conclusione con l'ultimo trittico di brani, inaugurato da "Tva Ormar" (Due Serpenti). Ritmato e scanzonato, aggressivo e coinvolgente, il pezzo scorre via in maniera lineare e possente, non mettendo mai da parte la propria baldanza; anzi mostrandosi in maniera prorompente, come un manipolo di troll ubriachi d'acquavite, intenti a cantare e bighellonare lungo il sentiero di una foresta. Urla e schiamazzi, spinte, pugni, bottiglie lanciate contro i tronchi: questo è lo scenario, questa è l'andatura musicale di un brano sicuramente interessante ma non troppo elaborato, anzi piuttosto elementare. A discapito dell'apparenza, parliamo di un pezzo a tratti mistico ed esoterico: un incauto viaggiatore incappa in un'altra visione, questa volta assai meno romantica d'una donna delle foreste. Due serpenti, la notte, la luna: non è ben chiaro se l'esperienza sovrannaturale sia dovuta all'eccesso di alcolici o chissà cosìaltro, sta di fatto che l'immagine dipinta in cielo ha decisamente un che di strano ed inquietante. Le belve, dello stesso colore dell'astro diafano, danzano all'unisono attorno alla sua orbita, pronunciando parole incomprensibili, eppure cariche di verità. Verità assolute, riguardanti la vita, non subito assimilabili. Ovviamente il viandante rimane attonito e confuso. Il terrore lo assale, eppure non può smettere di attingere da quella fonte di sapienza così arcana e misteriosa. "Mistero" che a metà brano subito diviene protagonista dell'atmosfera, con un sensibile diminuendo dei ritmi ed un imperare dell'affascinante melodia dipinta dalle tastiere. Il tutto si avvia successivamente verso un "compromesso", con la bestialità intrinseca dei Finntroll sottomessa appunto ad un gusto melodico maggiore, più notevoli tracce di humppa; quest'ultima, prima che nel finale, forse un po' trascurata.

Fanskapsfylld
Penultimo brano, "Fanskapsfylld" (Diabolico) ci riporta direttamente nel bel mezzo delle sonorità di "Midnattens...". Un vero e proprio assalto, oscuro e cafone, in cui il lato più estremo di casa Finntroll si mescola alla perfezione con tastiere folkloristiche ma mai eccessivamente melodiche. Tutt'altro, sembra non ci sia affatto spazio per momenti ariosi o comunque frangenti mediante i quali possiamo in qualche modo riprendere fiato. Siamo in balia di una folel corsa, di una carica violenta e schiacciasassi. I nostri finlandesi hanno scelto di recuperare stilemi datati per donarci dunque una vera e propria rissa fatta in musica: l'humppa rende il tutto più grottesco e divertente, anche se l'impianto generale risulta puramente estremo. Zero compromessi, si corre e si sgomita, spinte e pugni, calci e morsi. Una vera e propria legione di guerrieri troll intenti a conquistare ogni terra gli si paia dinnanzi. Senza una meta, senza una regola, senza avere la minima idea di quel che stiano facendo. Semplicemente, arrivare e conquistare, annichilire e distruggere. Portatori di violenza e morte, flagelli di intere città. Diavoli grandi e grossi, armati di clave e mazze chiodate: impossibile fermare la loro ira, impossibile arginare la loro sete di sangue. L'importante è colpire, l'importante è far male; un sottofondo musicale così sguaiato giova al comparto di un album che aveva bisogno del suo momento di sfogo. Sfogarsi... i Finntroll riescono piuttosto bene in questo, condensando in nemmeno tre minuti di pezzo una ferocia inimmaginabile. Regno dopo regno, villaggio dopo villaggio... cosa lasciano i troll dietro di loro? Devastazione, pura e semplice devastazione. Case bruciate, stalle depredate, fuochi e macerie.

Midvinterdraken
Arriviamo quindi al finale con "Midvinterdraken" (Drago dell'inverno), che cambia completamente le carte in tavola. L'assalto precedente viene quindi mitigato da un che di Epico, portato in auge riprendendo stili e modi di fare tipici di album come "Jaktens Tid" e "Nattfodd". Imperiali tastiere e fiati sintetizzati si donano a melodie trascinanti e grasse note d'ottoni, donando al brano sia un'aura magniloquente che baldanzosa; come un troll bardato di tutto punto, con indosso armatura, scudo e lancia... eppure irrimediabilmente goffo nel suo marciare. Lo temiamo, ma non possiamo comunque non trattenere una risata nel suo andare così buffo. Soprattutto nella sua metà, il pezzo conosce i suoi momenti più eroici: il lavoro ai tasti bianconeri è semplicemente meraviglioso nel dipingere scene d'eroismo e violenza di stampo fantasy: sembra davvero di poter annurare il librarsi in aria di un drago enorme, color luce riflessa su di un ghiacciaio perenne; elegante e perfetto nelle sue maligne spire, intento a purificare l'umanità a suon di fiamme tutt'altro che gelide. Asceso in cielo dopo un lungo sonno, l'essere si prepara dunque a far valere la sua forza mistica, i suoi poteri superiori, impossibili da placare od arginare. Una sola fiammata riesce a distruggere un castello, figurarsi un assalto totale. Niente può fermare il suo fuoco, niente potrà farlo desistere dai suoi propositi. Paradossale, come lo strumento della nsotra estinzione si faccia ammirare nella sua magnificenza. Un drago è pur sempre un drago, un essere per natura elegante e particolarissimo. Il suo modo di volare, i suoi colori, il suo padroneggiare il fuoco pieganfolo ad ogni suo volere: rimaniamo come impalati ad osservarlo, in attesa che il fuoco consumi le nostre carni e ci spazzi via da questo pianeta, una volta per tutte. Il brano non cambia registro, risultando perfetto nel suo modo di descrivere il drago. Eroicità, un tocco d'humppa e melodie eroiche. Così si conclude un disco che, nel suo commiato, riesce a strapparci più di una semplice approvazione.

Conclusioni
E dunque, come ho specificato qualche riga poco sopra, di sicuro ci troviamo dinnanzi ad un disco più che sufficiente. In effetti, dopo un signor album come "Nifelvind", un semplice "sei" sarebbe suonato più come una sconfitta che come una vera e propria prova superata. Semplicemente per il fatto che non puoi permetterti, dopo un quasi capolavoro, un passo falso abbastanza grottesco, tanto da far scivolare la tua media verso un abisso sicuramente evitabile ma sempre lì, mimetizzato ben bene, in attesa di ingoiarti in un sol boccone. Ed in questo contesto, i Finntroll possono senza dubbio affermare a gran voce di aver evitato il tracollo che, dopo cinque album e svariati problemi di line-up, avrebbe potuto ghermire chiunque; a mo' di predatore nascosto fra i cespugli, per intenderci.Di sicuro non siamo dinnanzi ad un capolavoro assoluto: il punto debole di "Blodsvept", se vogliamo, risiede proprio nella "stanchezza" che il gruppo mostra senza troppa vergogna, ritrovatosi ormai a corto di idee dopo una lunga ed avvincente cavalcata. In quest'ultimo lavoro, i troll finlandesi cercano infatti di far rivivere la loro epopea recuperando a piene mani da tutto il repertorio. Le situazioni più dure e spigolose presenti in "Midnattens...", la maturità di "Jaktens...", l'epicità di "Nattefodd" e seguenti. Ogni anima del gruppo rivive lungo i solchi di "Blodsvept", talvolta in maniera egregia e talvolta in maniera stanca, tendente troppe volte al blando. Ed un piccolo blocco creativo è assolutamente perdonabile, ci mancherebbe altro. Dopo tutto, in troppi si ricordano del fatto che il fan non dovrebbe mai pretendere troppo. Che certamente siamo noi il carburante, ma non il motore. Quello è rappresentato dalla band stessa, la quale deve sempre e comunque muoversi in tutta libertà, proponendoci quel che, in quel momento, riteneva giusto plasmare e presentare. Nei limiti, ovviamente: da die hard fan dei Finntroll non avrei mai accettato un disco volutamente sciatto e banale. Ecco, in quella specifica situazione potrei addirittura mettermi nei panni della classica professoressa che si ritrova a dover valutare il pessimo compito di un alunno eccezionale. Per quale motivo? Come mai uno sbaglio del genere? Lungi da me ritornare ai tempi della scuola, eppure la metafora sembra calzante. Pessimo no, accettabile sì. Eppure, dai Finntroll vorrei sempre qualcosa di più. Certo, "Blodsvept" riesce a strappare il suo discreto abbondante, ma nulla in più di questo. Sarebbe stato bello osare, anche capovolgere totalmente la prospettiva come accadde in occasione di "Ur Jordens Djup"; di certo chiacchierato e discusso, non fortissimo a livello di messaggi... ma comunque particolare, tanto da farsi notare e ricordare. Qualora i nostri decidessero di tornare, come spero che accada, "Blodsvept" potrebbe forse recitare la parte del disco di transizione: un episodio bello, certo, ma proprio non esaltante. Né paradiso né inferno: purgatorio. Nel mezzo, ecco. Una sorta di trionfo del "saperci fare". Ogni qualità sia compositiva che esecutiva è ben messa in mostra, tuttavia manca il guizzo, anche solo quel brano che riesca a farsi ricordare, a spiccare sugli altri trascinando con sé l'intero platter. Con "Nifelvind" accade, anche solo "Solsagan" varrebbe tutt'oggi l'acquisto del CD in questione; con "Blodsvept" invece abbiamo tanti buoni pezzi, ma proprio nulla in più di semoplice "qualità standard". Certo qualche piccola scintilla c'è, sparsa qui e là... forse eccessivamente soffocata da una tracklist troppo "normale", persa nei meandri di undici brani eccessivamente lineari e privi di un sussulto degno di nota. Così termina dunque lìavventura lungo la discografia in full-length di una band in fase di stallo. Tornando per un secondo ai giorni nostri, sono cinque anni che i Finntroll non si fanno più vedere in studio, né tanto meno abbiamo mai ricevuto notizie in merito. Un silenzio che martella e pesa, che di certo non fa ben sperare per il futuro, a voler essere malpensanti. Davvero, questa nutrita compagine d'inguaribili casinisti ha terminato di dire tutto ciò che doveva? Spero di no... perché nonostante la sua validità, "Blodsvept" non può rappresentare l'ultimo tassello di questa grande avventura. Abbiamo, tutti, bisogno di un qualcosa in più. Soprattutto i Finntroll, per risolvere a loro favore il dilemma che li accompagna da tutta la vita. Le possibilità per donarci un altro album degno di nota ci sono tutte; nel frattempo possiamo comunque sollazzarci con questo disco "di passaggio", in attesa che vengano tempi migliori.

2) Ett Folk Forbannat
3) Mordminnen
4) Rosets Kung
5) Skovlarens Dod
6) Skogsdotter
7) Haxbrygd
8) Tva Ormar
9) Fanskapsfylld
10) Midvinterdraken


