EXODUS

The Lunatic Parade (Single)

1990 - Capitol Records

A CURA DI
MARCO PALMACCI
02/08/2018
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Introduzione Recensione

Campare di rendita o non campare di rendita? Questo, molto probabilmente, il dubbio amletico che balenò più e più volte nella testa degli Exodus a ridosso della pubblicazione dell'ottimo, immortale "Fabulous Disaster". Un disco che sancì la definitiva ripresa del combo americano, già dopo il convincente "Pleasures of The Flesh", il quale aveva di certo mostrato segnali più che incoraggianti, dopo l'addio di Paul Baloff ed il conseguente cambio di rotta. Non più, quindi, un thrash bestiale e viscerale, diretto e violento: la proposta dei californiani era certo rimasta ben salda su binari "estremi", mitigati tuttavia da evidenti ingerenze di stampo heavy introdotte dal Bon Scott della Bay Area, Mr. Zetro Souza. Un cantante agli antipodi di Baloff, molto più "hard n heavy oriented" che dedito a ruggiti bruciagola. Linee melodiche inusuali per una band che si era già ritrovata catapultata nell'Olimpo degli intoccabili con "Bonded By Blood" e che si ritrovava a toccare la cima per la seconda volta, con il già citato "Fabulous...", La regola non scritta del terzo album. Se di solito il tre è il numero della definitiva consacrazione, la prova era stata brillantemente superata. Gary Holt e soci potevano dunque tirare un sospiro di sollievo, sapendo d'esse ormai iscritti all'albo dei grandi. Ma grandi sul serio: a parer di chi vi scrive, gli Exodus possono tranquillamente condividere la tavola con gente del calbiro di Megadeth e Metallica, senza timore di sfigurare o di risultare piccoli. Brani come "The Toxic Waltz" o "The Last Act of Defiance", dopo tutto, parlano da soli. Quale amante del thrash metal non considera / non venera i Nostri come pilastri fondamentali del proprio genere preferito? Nessuno. E chiunque lo faccia... non deve amare (o meglio, conoscere) poi molto ciò che millanta di seguire ed ascoltare. Questioni personali a parte, torniamo però al punto di partenza. Quei quattro scalcinati e rozzi thrashers sono lì, col teschio in mano e pronti a porsi nuovamente la famosa domanda: "campare di rendita o non campare di rendita"? Dato sì che dopo un disco come il disastro favoloso è oggettivamente difficile ripetersi. Dopo un capolavoro, può seguire subitamente un altro capolavoro? Difficilissimo se non impossibile. Dopo "To Mega Therion", i Celtic Frost diedero alle stampe il discutubile "Into The Pandemonium", cambiando totalmente rotta e lasciando la grande bestia sola sul suo trono di magnificenza. Giusto per citare un caso limite che fosse noto a tutti; qualora non si volesse ripetere in maniera scialba una prova sopraffina, l'ideale sarebbe cambiare registro. Arrivederci alla coerenza, arrivederci alla credibilità: cambiare e basta, in barba ad ogni giudizio o critica possibile. C'è stato (e sempre ci sarà) comunque chi ha deciso (e deciderà) di riprovarci, raschiando il fondo del barile e riscaldando un po' la minestra. Alcune volte resa brodaglia (leggasi: Possessed, "Beyond the Gates"), altre solo leggermente insipida. LA risposta alla domanda posta in apertura d'articolo vien dunque da se, il dubbio amletico è stato sciolto... gli Exodus decisero di proseguire sullo stesso sentiero, riproponendo esattamente (ma in maniera più "stanca") ciò che avevamo potuto apprezzare in "Fabulous Disaster". Era il 1990, l'anno dei grandi cambiamenti: i Metallica avrebbero di lì a poco sconvolto il pubblico con il catchy e ruffiano "Black Album", i Pantera avevano tradito la loro fede heavy-glam per reinventarsi in chiave groove ed aggressiva. Solo i Megadeth resistevano stoicamente, donando alle stampe il proprio definitivo capolavoro, "Rust in Peace", pietra miliare del Thrash. A differenza di "Impact is Imminent", nuovo lavoro di casa Exodus, decisamente più standard e "semplice" non solo di "Rust...", ma anche del resto della produzione degli stessi californiani. Anticipato dal singolo "Objection Overruled", il nuovo disco venne presentato sotto altra veste, mediante il singolo nonché oggetto della disamina di quest'oggi: "The Lunatic Parade"; forse il brano simbolo di "Impact...", lontano parente della splendida "The Toxic Waltz". Due facce, due brani: la titletrack più una cover dei Blackfoot, della quale parleremo a tempo debito. Let's Play!



The Lunatic Parade

Si comincia dunque con "The Lunatic Parade (La parata dei folli)", aperto da un riff potente, pura colata lavica d'acciaio fuso spalmata lungo il battere di un ritmo per nulla complesso, anzi quadrato seppur massiccio ed invadente. I dialoghi fra solista e ritmica si fanno decisamente interessanti sin da subito, mentre basso e batteria decidono di divenire gran protagonisti della festa, facendosi ben sentire ed urlando al pubblico la propria presenza. Zetro si adagia su questi stilemi narrandoci della vita da metalhead, in tono scanzonato e divertente. I Nostri decidono infatti di focalizzarsi sul vasto campionario di "fauna umanoide" presente ad un loro concerto. C'è veramente di tutto: da chi è giunto perché fedelissimo degli americani a chi è arrivato titubante, perché a digiuno di Thrash Metal. C'è spazio persino per i predicatori cattolici, per dei picchetti di ultra credenti arrivati sul posto intenti a lanciare i loro anatemi contro gli Exodus ed il Metal in generale. Non è di loro, però, che i Nostri decidono di parlare; molto meglio concentrarsi sul bello, sul positivo. Tanta gente, vecchi e nuovi amici... intenti a "ballare il valzer" (chiaro riferimento a "The Toxic Waltz"!), lanciandosi in un pogo devastante, provando l'ebbrezza dell'amichevole, sana, buona violenza metallara. Il brano non si smuove dalle sue velleità mid-tempo nemmeno durante gli assoli, i quali risultano incredibilmente ben eseguiti e soprattutto carichi di adrenalina; un brano che sicuramente esalta, riuscendo ceramente a ricordarci il buon passato da poco trascorso. Si prosegue a passo di Mammuth prima e dopo, non ci sono accelerazioni degne di nota se non nel tellurico finale: la volontà di ricreare un secondo "Valzer Tossico", come avevo già sostenuto in sede di introduzione,  è ormai chiara e lampante. Il brano riesce a ritagliarsi il suo posto al sole, ha groove, sicuramente fa la sua parte... ma non si rivela certo un anthem od un qualcosa per il quale strapparsi i capelli dalla felicità. Nonostante un testo simpatico e celebrativo, nel quale il concerto metal in senso lato viene visto come un'enorme festa dei folli, di Notredamiana memoria. Tutti si spintonano e corrono dovunque, una parata di pazzi, un freak show pieno di psicotici e clown dal cervello fuso. Questo, è il Metal: la sana voglia di spegnere ogni funzione intellettiva, facendo in modo che il corpo avanzi alimentato solamente dall'adrenalina, dall'eccitazione. Questa è la parata lunatica, questo è il party del secolo, e siamo tutti invitati. Basta solamente sciogliersi, lanciarsi contro la folla lasciandosi accogliere. C'è posto per tutti, possiamo ballare il valzer per quante volte vogliamo!


Good Morning (Blackfoot cover)

Arriviamo quindi al secondo ed ultimo brano del lotto, "Good Morning (Buongiorno!)", inno di una delle formazioni iconiche di un certo southern rock, nella sua accezione più calda e viscerale. Dopo l'omaggio allo scalcinato Ted Nugent abbiamo quello ai Blackfoot, chiamati in causa nella loro incarnazione ottantiana. Il pezzo qui omaggiato dagli Exodus fu infatti l'open track del fortunato "Marauder", classe 1981, disco che permise ai nativi di Jacksonville di rimanere in cima alle classifiche nonostante l'incombenza dell'allora nascente fenomeno Heavy Metal. Presentando il pezzo in una veste ancor movimentata dell'originale, Souza e compagni sembrano divertirsi come autentici pazzi: Holt ed Hunolt spogliano i riff di quella calda polvere sudista ricoprendo il tutto di dinamicità e potenza thrash, andando a pompare i suoni e correndo decisamente più veloci di quanto facessero i Blackfoot- Una cover splendidamente rivisitata, come se il pezzo avesse buttato giù d'un fiato merzzo litro di Latte+ e si ritrovasse or ora ad esercitare un po' di sana, pura ultraviolenza. La sezione ritmica fa sentire la sua presenza pompando ritmi massicci come pietre ruvide e spigolose, il più "fedele" di tutti rimane proprio Zetro, già di per sé portato per sonorità Hard n Heavy. Certo fa sorridere pensare agli Exodus calati in un contesto di estrema positività qual è quello della "Good Morning" che fu: un rockettaro capellone in pieno hangover, obbligato dalla moglie ad alzarsi dal letto per andare a lavorare. Tutti sembrano avercela con il povero musicista, nessuno pare disposto a capirlo. In piedi tutta la notte per suonare e magari concedersi qualche piccola avventura, giusto per divertirsi, per evadere da una mortale routine. In ufficio le cose sembrano andar peggio: il suo impettito direttore attende con ansia che tutte le pratiche siano sbrigate, che ogni documento sia in ordine. Cosa fare in questi casi? Di solito, il bivio prevede l'esaurimento nervoso... o la reazione tosta e subitanea. Il protagonista decide dunque di stamparsi in volto un bel sorriso, per affrontare ogni avversità gli si paia dinnanzi nel corso della giornata. Sorridere, sorridere ed ancora sorridere: l'uomo non vuol far altro che mostrarsi positivo e scattante. "Essere vivi non è poi così male!", una frase che di certo non potremmo mai trovare in un brano dei Type O Negative o dei Triptykon... qui meravigliosamente espressa da una compagine di thrashers impertinenti, intenti a far loro il messaggio di fondo. Di per sé il pezzo non cambia poi troppo dalla versione originale; abbiamo solamente un inasprimento dei toni, una potenza aumentata a dismisura. Davvero un bell'omaggio che non avrebbe di certo sfigurato nella tracklist finale.


Conclusioni

Arrivati dunque alla fine di questo piccolo percorso, prendendo in esame anche il singolo precedente, possiamo quindi provare a delineare un piccolo quadro in grado di mostrarci - almeno in maniera preliminare - cosa dovremmo aspettarci nel full successivo a "Fabulous Disaster". Ribadisco sicuramente ciò che ho detto in sede di introduzione: pochi pezzi non bastano a delineare totalmente l'essere di un disco... eppure, sia "Objection..." che "The Lunatic Parade" paiono essere sin troppo chiari, sin troppo capaci di indicare la via. Ciò che abbiamo ascoltato non riesce a convincere appieno, peccando in larga parte di stanchezza e superficialità, materia incapace di suscitare interesse nel vero senso della parola. Intendiamoci, non sto certo stroncando i pezzi, né tantomeno riuscirei mai a considerarli brutti. Volendo per un momento comportarci da "true metaller" e buttando il discorso sul piano della verità, della genuinità di un genere come il thrash, soprattutto "The Lunatic Parade" risulterebbe a mani basse il pezzo che tante band di quella scena avrebbero voluto avere nel proprio repertorio, poco da dire o da aggiungere. Il problema sta in ciò che è venuto prima, che con la sua incombenza pesa come un macigno, andando ad inficiare parzialmente il buon lavoro compiuto lungo questi due singoli. "Fabulous..." è un autentico capolavoro, uno dei pochi dischi "all killers no fillers" della storia del thrash. Un platter che da inizio a fine si fa ricordare ed apprezzare oltremodo, la testimonianza definitiva di un certo modo di intendere la musica pesante, testimone imperituro della gloria ottantiana. Chiaro come, dopo un'esplosione del genere, ripetersi risulti a dir poco difficile se non impossibile. Debbo aggiungere un qualcosa, però: nessuno aveva (io no di certo!) obbligato gli Exodus a pubblicare un nuovo "Fabulous...". Sarebbe bastato un qualcosa di decisamente più vibrante ed ispirato; quel che ci ritroviamo fra le mani consiste invece in due brani eccessivamente derivativi. Assoli e riff gustosi... ma nulla in più di questo. Sarebbe stato più giusto - paradossalmente! - un cambio di rotta improvviso, alla Megadeth / Metallica. Certo, un simil "Countdown to Extinction" si sarebbe fatto apprezzare. Viceversa, tremo al solo pensiero di un nuovo "Black Album", per di più griffato Exodus. Capirete amici lettori quanto sia delicata questa situazione, per il vostro affezionatissimo. Cosa fare e non fare? Bocciare o lodare i californiani per essere stati sin troppo coerenti? Verrebbe quasi, per mostrarsi magnanimi e trovare il giusto compromesso, di rimandarli a Settembre. Attendendoli dunque al varco, cercando di valutare la loro prova lungo un percorso sicuramente più impegnativo ed articolato di quello di un singolo. Possiamo attualmente giudicare solo ciò che vediamo... e ciò che (almeno) io vedo, sono dei buoni pezzi che vorrebbero essere capolavori, ma proprio non riescono. L'impatto è imminente... che questo full-length porti in sé la profezia del nomen omen? Perché fa certo esaltare ed agitare l'idea di una mazzata thrash in piena regola; dobbiamo però considerare anche un'altra eventualità: quella che vedrebbe i nostri schiantarsi rovinosamente su di un muro, mandando la propria musica in frantumi. In quel caso non ci sarebbero constatazioni amichevoli o assicurazioni pronte a risarcire eventuali danni. Ad esser presente, in quel caso, sarebbe solamente il rimorso perpetuo di aver gettato al vento un'occasione, la possibilità di creare un qualcosa di bello e soprattutto duraturo. Mi sento comunque di poter affidare a "The Lunatic Parade" un mezzo punto in più, di essere decisamente più generoso di quanto non lo fossi stato con "Objection...", per tutta una serie di motivi. Il primo e più lampante è la maggior fruibilità e schiettezza del brano originale. Creato ed arrangiato per far presa, per fornire ai metalheads di tutto il mondo un inno, una bandiera sotto la quale radunarsi. L'idea è buona, non siamo dinnanzi al valzer tossico ma possiamo comunque gioire, sorridendo seppur a mezza bocca. D'altro canto, l'omaggio reso ai Blackfoot è sicuramente degno di tal nome. Una cover ben più convincente di "Free For All", benché non siamo sicuramente ai livelli di una "Low Rider" (ma nemmeno di una "Overdose", proprio a voler essere pignoli. In ultima battuta... il rimando a Settembre rimane nell'aria, sperando che il giorno dell'esame di riparazione i Nostri possano presentarsi in maniera ancor più convincente, cercando di dar lustro al proprio nome e di tirar fuori quegli attributi di cui sono portatori sani. Del resto... se non li hanno gli Exodus, chi dovrebbe averli?

1) The Lunatic Parade
2) Good Morning (Blackfoot cover)
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