EXODUS
Riot Act
2008 - Nuclear Blast Records
DAVIDE CILLO
14/07/2018
Introduzione recensione
Sono lieto più che mai di tornare sugli Exodus, una band fra le più rappresentative in assoluto del suo genere. I cinque infatti provengono dalla cosiddetta "Bay Area" californiana, per essere più precisi dalla città di San Francisco, quella solcata da tutte le più grandi band appartenenti al genere: Metallica, Megadeth, Slayer, successivamente i Testament e tantissime altre rimaste nell'underground, ma non per questo meno valide. Molti che hanno fatto l'errore di non approfondire questo straordinario filone artistico conoscono gli Exodus come la band da cui proviene Kirk Hammett. Il chitarrista solista dei Metallica, infatti, prima di entrare nei "Four Horsemen" si è fatto le ossa proprio negli Exodus, pur lasciando la band prima del rilascio del leggendario album di debutto "Bonded By Blood". Uniti nel sangue, un nome che rappresentava tutto ciò che stava accadendo nella scena, il vero fulcro del movimento e dei suoi fan, i thrashers, che ad ogni concerto si scatenavano lanciandosi uno contro l'altro nel "moshpit", nel pogo. Sarebbe un errore, tuttavia, pensare che il Thrash Metal si sviluppò solo in California. Gli stessi Stati Uniti infatti videro il sorgere di tante altre grandissime band, come ad esempio Anthrax, Overkill, Nuclear Assault e ancora una volta innumerevoli altre dalla costa ovest. Il genere ben prestò arrivò in Europa, dove in particolar modo divenne celebre la scena tedesca, con band come Kreator, Sodom, Destruction, Tankard. Non fu da meno il Sud America, nella seconda metà degli '80, con band subito diventate celebri come i brasiliani Sepultura. Ad ogni modo, gli Exodus restano la band "Thrash Metal band" per eccellenza. Se vi racconto tutto ciò un buon motivo c'è, cari lettori. Perché dal loro debutto "Bonded By Blood" del 1985, con lo scatenato e iper-feroce Paul Baloff (R.I.P. 2005) dietro al microfono, gli Exodus definirono il vero standard del genere. Non per altro, ancora oggi c'è chi definisce quell'album il migliore all'interno di tutta la scena Thrash. Nessuno aveva mai suonato la musica in maniera pesante e devastante come gli Exodus fino a quel momento. E i successivi album della band non furono da meno: "Pleasures of the Flesh" del 1987 e "Fabulous Disaster" del 1989 rappresentarono la follia allo stato più puro, dell'ultimo il brano "The Toxic Waltz" divenne un autentico inno del genere. Paul Baloff, dopo il primo album, lasciò spazio ad un altro cantante rimasto inimitabile, il carismatico Steve Souza, colui che scandiva tempi e ritmi come nessuno prima di lui aveva mai fatto. Non arrivò tuttavia mai per gli Exodus il successo commerciale ottenuto da altre formidabili e più precoci band come Metallica, Slayer e Megadeth, che senza dubbio ognuno di voi conoscerà. Queste band, per quanto estreme, vedasi gli Slayer, avevano allo stesso tempo una propria musicalità, delle proprie linee melodiche. Aspetto più marginale nella musica degli Exodus, che suonavano quello che mi piace definire il "Thrash Metal allo stato puro". Gli Exodus, e questo è il vero fulcro del mio discorso, portano la bandiera di un genere. Un lusso, che dunque appartiene a pochissimi musicisti eletti nel mondo, e che chiunque vorrebbe avere. Negli anni '90, gli Exodus emblematicamente sparirono, proprio come avvenne a quasi tutto il movimento Thrash Metal. Dopo "Fabulous Disaster" seguì il bellissimo "Impact is Imminent" del 1990, album caratterizzato dagli splendenti e magnetici ritmi uniti all'inimitabile carisma dell'apporto vocale di Steve Souza. Ad "Impact is Imminent" seguì "Force of Habit" del 1992, generalmente meno apprezzato ma con tracce comunque validissime al suo interno. Più poi nulla. Il Thrash nei '90 venne sopraffatto dalla nuova ondata Grunge di band come Nirvana, Soundgarden e Pearl Jam, e dalla cosiddetta "radio-friendly music", musica di facile ascolto. Il rock più leggero inoltre fu una novità, ed ebbe un impatto commerciale enorme, catalizzando su di sé l'attenzione di tutte le etichette discografiche più importanti, incluse quelle che fino a quel momento non avevano operato nel rock. Ma i generi veri, si sa, quelli non muoiono mai. Così nel 2000, fortunatamente, si giunse ad una cosiddetta "New Wave del Thrash Metal", con tantissime nuove e valide band, ma anche con il ritorno delle leggendarie band ottantiane, Exodus inclusi. La band, caduta in problemi di tossicodipendenza negli anni '90, proprio quando il Thrash Metal soffriva, riuscì con i propri sforzi e l'aiuto di amici importanti a tornare nel miglior modo in assoluto, con l'album "Tempo of the Damned" del 2003. Una bomba ad orologeria, un full devastante, dove gli Exodus esplodevano nel loro meglio del meglio. Un album, secondo me, ancora forse mai raggiunto per quanto riguarda il Thrash del 21° secolo, pur con grandissimi concorrenti. Spero che avrete apprezzato questo più che sintetico racconto sulla storia del genere, perché era propedeutico a ciò di cui vi parlerò oggi: il singolo degli Exodus "Riot Act" del 2008, dove a cantare è il nuovo vocalist della band Rob Dukes entrato nel complesso nel 2005. Completano la formazione Lee Altus, Tom Hunting, Jack Gibson e ovviamente il leader assoluto della band, Gary Holt. Buon ascolto! Ci dedichiamo ora al track by track prima, alle considerazioni finali poi.
Riot Act
Ed eccoci dunque a "Riot Act", l'unico brano di questo omonimo singolo dei thrashers californiani Exodus. La traccia parte con un roccioso e convincente riff, mentre nel videoclip osserviamo la band suonare in un'atmosfera scura e spaziale, in un video che nello spazio ci mostra la Terra, la Luna ed un meteorite che minacciosamente si avvicina al nostro pianeta. Il riff portante è estremamente rapido e devastante, sebbene vi sia all'interno della variazione una non troppo convincente serie di power chord che ricorda quelle caratteristiche dell'album "The Atrocity Exhibition: Exhibit A". Mi riferisco a quelle ambigue, monotone e ossessive ripetizioni di un determinato power chord o slide che ho sempre trovato stilisticamente poco convincenti. In questo caso le ascoltiamo anche durante l'assolo di chitarra, nella parte conclusiva del brano, nei bridge, insomma un po' dappertutto. Sul comunque ottimo riff portante di chitarra la feroce voce di Rob Dukes, che ci narra nelle liriche di un "rovesciamento" politico e sociale all'interno del nostro pianeta: esploderà infatti una ferocissima rivolta anarchica, i monumenti saranno devastati, la religione cristiana sarà debellata, e il violento colpo di stato porterà in auge una sorta di movimento neo-pagano, dove gli uomini abbandoneranno la tecnologia per tornare come i primitivi, zanna e artigli, in una sorta di morale nichilista non certo propria del Thrash Metal movimento in quanto tale. Ad ogni modo, ritornando al brano in sé, posso confermare in tutto e per tutto le mie sensazioni confidatevi nella fase iniziale della recensione: le performance di Rob sono forse stereotipate, la sua voce confondibile con altre del metal estremo, ma la sua parte la fa bene. Questo suo stile, la produzione, Il punto è che questo non è un lavoro che può piacere a tutti i fan della band. E per un valido motivo, validissimo. A partire dalla produzione, che è più "potente", "grossa", piuttosto che "tagliente", "affilata", tipica del Thrash ottantiano, decennio in cui le chitarre grattugiavano proponendoci una delle vesti in assoluto più godibili della distorsione di chitarra. Insomma, si adegua al nuovo movimento metal moderno in tutto e per tutto, nell'approccio e nell'anima. Approfondiremo la questione nella fase conclusiva della recensione, dove parleremo anche della scelta commerciale in sé di rilasciare questo singolo, una scelta chiaramente targata Nuclear Blast Records. Infine, dal punto di vista esecutivo e tecnico, è impeccabile la prestazione oltre che di Gary di Lee Altus alla chitarra, mentre Jack Gibson al basso e il grande Tom Hunting alla batteria si confermano, ancora una volta, delle certezze.
Conclusioni
Venendo alle conclusioni, innanzitutto dovremmo cercare di comprendere per chi effettivamente possa essere adatto questo singolo. La mia personale opinione è che questo non si adatti ai gusti e alle aspettative dei metallari "vecchia scuola", dei fan storici della band che hanno amato gli Exodus per ciò che hanno fatto durante gli anni '80. Piuttosto, questo singolo si mostra ben più compatibile con ciò che ricercano gli ascoltatori Heavy Metal della nuova ondata, partendo dalla voce, più tipica del metal estremo, arrivando alla produzione, che come accennavo è "più grossa", piuttosto che tagliente. Ciò non significa che questi siano gli unici potenziali "apprezzatori" del lavoro, sia chiaro. Tuttavia, vedo per questa "Riot Act" un target principalmente giovane, magari più vicino alle sonorità del Death Metal moderno. Le mie sensazioni confidatevi nella fase iniziale, dopo l'ascolto, le ritengo più che confermate, sotto tutti gli aspetti. Gli Exodus, con questo cambio di vocalist, e su questo penso chiunque di noi sia d'accordo, sono cambiati: l'intera parte musicale è ora in linea nell'adattamento con questo nuovo approccio dietro al microfono, sia nelle basi che nell'arrangiamento complessivo. Lo stesso stile di Gary Holt si è adattato, fino al già accennato approccio in fase di produzione. In sostanza, gli Exodus stanno rilasciando un lavoro anche valido, un brano con aspetti positivi, ma non stanno più portando la bandiera del loro genere, quella del Thrash Metal vecchia scuola, aspetto che si riflette perfino nelle lyrics del lavoro. E questo, per una band con il nome Exodus, non è da poco. Come dicevo, se il Thrash Metal ha sempre trattato principalmente tematiche di critica sociale, e ben più raramente anti-religiose (lo stesso frontman degli Slayer Tom Araya, una delle band più conosciute per i propri testi estremi, ha rivelato di essere cristiano), anche le tematiche neo-pagane trattate da "Riot Act" non rispecchiano lo stile storico di questo genere. Questo è un aspetto che a me dispiace, lo dico sinceramente. A me sarebbe piaciuto che gli Exodus, almeno nell'approccio, avessero confermato l'eredità delle proprie origini. Magari l'avrete capito, io sono un nostalgico della vecchia scuola, almeno per quanto riguarda il Thrash Metal. Ciò non toglie che ho spessissimo apprezzato l'evoluzione naturale nel sound della band, anche all'infuori dal genere. E' questa evoluzione degli Exodus, interiore ed esteriore, a lasciarmi tuttavia qualche perplessità. Steve Souza è un vocalist unico, carismatico, che puoi riconoscere alla prima nota cantata. A chiunque basta ascoltare un istante per dire "questo è Souza", la sua voce ritmata e tagliente, il suo timbro unico, sono impossibili da confondere. Rob Dukes è un ottimo vocalist nel suo genere, ma i cantanti del metal estremo sono facilmente scambiabili fra loro, e per una band non estrema e che si è fatta conoscere per non essere estrema non è probabilmente l'ideale. Tornando al videoclip del brano, di cui ho accennato durante la descrizione della traccia, questo mostra l'imminente distruzione della Terra, con un meteorite prossimo alla collisione con noi, mentre la band inneggia all'evento e ad un nuovo inizio, in quello che viene definito un "Riot Act", un atto di rivolta. Per quanto riguarda la scelta commerciale di questo EP, la mia opinione è che questa release non ha assolutamente alcun senso. Un singolo brano di tre minuti, nessuna bonus track, nessun Side B, in una tiratura limitata di 500 copie per "collezionisti", che con tutto il rispetto ma a mia opinione non si andranno certo a prendere "Riot Act". Il prezzo, di ?12, lo ritengo troppo elevato rispetto a quanto offerto. Per quanto riguarda infine l'artwork di questo lavoro, questo è lo stesso presente nell'album "The Atrocity Exhibition: Exhibit A" del 2007, album in cui la traccia è ovviamente presente. L'artwork si mantiene in linea con le tematiche anti-religiose trattate durante le liriche, mostrando in primo piano un angelo bianco e corrotto, con gambe e corpo interamente sommersi da mortuari teschi, in secondo piano. Le mani, con un buco in esse, lasciano alla libera interpretazione la possibilità che questa corrotta e angelica figura mostri la persona di Gesù Cristo. Sotto il disegno il rosso e sanguigno logo della band, Exodus, in due dimensioni come da tradizione e con tratti neri. L'intero concept del disegno è di un monocromatico grigio, malinconico, a raffigurare la tristezza dell'immagine disegnata. Sono curiosissimo di sapere come voi abbiate trovato questa "Riot Act", se anche voi abbiate notato aspetti positivi ed altri negativi, come la ripetizione di quei famosi "power chord" di cui vi ho anche parlato durante la recensione di "The Atrocity Exhibition: Exhibit A". Secondo me, questo singolo, non come il precedente album ma quasi, può dividere facilmente gli ascoltatori. Siccome il brano in sé è positivo, come da subito ho accennato, il mio voto finale sarà pari ad un 6,5/10. Io vi mando un abbraccio e un "in alto le corna", ci vediamo alla prossima recensione.