EXODUS
Objection Overruled (Single)
1990 - Capitol Records
MARCO PALMACCI
31/05/2018
Introduzione Recensione
Tirar la fune... finché si spezzi. Questo, molto probabilmente, il motto di casa Exodus in quel 1990 così caotico e movimentato. Avevamo lasciato i Nostri alle prese con il secondo capolavoro della loro carriera, il primo dell'era Souza: quel "Fabulous Disaster" che tanto aveva vinto e soprattutto convinto, garantendo ad una band - per così dire - di nicchia di ottenere addirittura i riconoscimenti del colosso MTV, lasciando che il video realizzato per la splendida "The Toxic Waltz" girasse liberamente su tutti gli schermi televisivi dell'epoca. Grandi soddisfazioni, più che certo. Non parliamo naturalmente di nicchie vicine e nemmen simili a quelle abitate da compagini quali Possessed e Dark Angel, ma fu già (più di) qualcosa. Il Thrash stava venendo prepotentemente fuori dal suo guscio primigenio, anche grazie a bands quali Metallica e Megadeth, proprio nei '90 sguazzanti nel pieno dei cambiamenti epocali che di fatto sconvolsero il mondo Metal, presentando al grande pubblico un sound sicuramente aggressivo ma molto più "levigato" e vicino a un Hard n'Heavy a tinte più oscure. Gli Exodus no; coerenti sino al midollo e fedeli alla linea, la stessa intrapresa da "Pleasures...", quella che li traghettò nell'Olimpo dei grandi. Il successore del Disastro, "Impact Is Imminent", presentava appieno tutte le caratteristiche dell'Holt-pensiero, non scostandosi di una virgola da quanto fatto in precedenza. Quale difetto o difetti elencare, vi starete domandando, amici lettori? Il vostro affezionatissimo deve necessariamente ritornare indietro di qualche riga, riprendendo l'incipit. "Tirare la fune... finché si spezzi", autocit. Il più grosso difetto di "Impact..." fu proprio la sua coerenza di fondo. La voglia spropositata di rimanere fissi su quei determinati binari, senza sconvolgere, levigare od implementare nulla che fosse anche solo lievemente diverso dai sentieri già battuti. Chiaramente, un capolavoro non può essere bissato se a crearlo interviene la stessa formula che lo generò, adoperata anche per il successore. Prendiamo quindi "Fabulous Disaster", annacquiamolo che più non si può, salviamo due o tre pezzi effettivamente divertenti ma nulla in più di questo... otterremo dunque l'incidente preannunciato dal titolo del suddetto platter. Un disco sotto alcuni punti di vista noioso, ricalcante sin troppo gli elementi che resero grande ciò che venne prima. Squadra che vince non si cambia, nessuno lo mette in dubbio: il problema è nella panchina. E se - mi si conceda la metafora sportiva, amici cari - quella degli Exodus non era di certo così lunga... come porre rimedio? Semplicemente accantonando le buone intenzioni e ricorrendo ad un catenaccio certo efficace quanto tediante e bruttarello a vedersi. Pochi giocatori, poche possibilità di correre a perdifiato. Meglio rilassarsi, giocando al torello con un ascoltatore che rischia di perdersi già alla metà del cronometraggio. Mi duole dopo tutto esser così crudele nei riguardi di un qualsiasi lavoro riponga il timbro Exodus su di esso, ma davvero nulla sembra colpire in maniera "impattante" in "Impact is Imminent". Solo tanta voglia di tener stretto al seno del Duca di New York il discorso "sound", facendo in modo che nulla andasse perso o comunque sfuggisse a determinati accorgimenti. Stanchi passi strascicati compiuti sin dal singolo che anticipò la release, quel singolo-EP intitolato "Objection Overruled" già mostrante di per sé ogni difetto (ma anche pregio, suvvia) di quel che sarebbe seguito di lì a poco. Due pezzi inediti ed una cover coraggiosa, sinceramente in contrasto con i pensieri politici della band. Abbiamo apprezzato gli Exodus come folli rivoluzionari in linea con i pensieri già espressi da altre compagini come Nuclear Assault ed Agnostic Front: decisamente anti-sistema, anti-società... anti ogni cosa! Fa dunque sorridere il fatto che ad essere tributato sia proprio Ted Nugent, grandioso musicista (questo è certo, guai a pensare il contrario) ma personaggio dotato di idee tutt'oggi al limite del conservatorismo più intransigente. A favore della libertà di possedere armi e pistole, contro l'alcool ed ogni tipo di sostanza stupefacente, padre padrone severo ed integerrimo... insomma, uno stile di vita assai distante da quello dei Nostri, tanto più se pensiamo alle folli ed alcooliche acrobazie del fuoriuscito Paul Baloff. Staremo dunque a vedere come la musica effettivamente parli; lei, è sempre l'ultima dei giudici, estrema giuria, meravigliosa sentenza dalla quale è impossibile scappare. So... Let's Play!
Objection Overruled
Veniamo lestamente accolti dal primo brano di questo piccolo lotto, "Objection Overruled (Obiezione Respinta)". Ambientazione alla Perry Mason, ci ritroviamo catapultati in una strana aula di tribunale, dominata da giudici attempati ed azzeccagarbugli d'ogni sorta. Il protagonista del pezzo non sembra poi apprezzar molto ciò che lo circonda, meravigliandosi di cotanta stranezza, trascinato in quel luogo e trattato alla stregua di un criminale, nonostante il suo status di "semplice simpatica canaglia", non certo il profilo di un terrorista o di un serial killer. Già dalle prime note possiamo inquadrare tristemente il tutto: un pezzo prevedibile ed assai lineare, privo di guizzi od episodi degni di nota. Chiariamoci, non siamo certo dinnanzi ad un flop o magari ad una canzone brutta. Tutt'altro, l'Obiezione si fregia anche di un'andatura à la Suicidal Tendencies niente male, mostrando forse il lato più crossover degli Exodus; richiami a "You can't bring me Down" lasciati a galleggiare liberamente in superficie, un assolo lungo e decisamente coinvolgente... in qualche modo, voglia e volontà di mostrare sempre più la preparazione musicale del combo statunitense, il quale non si tira certo indietro ed anzi, sfoggia il fisico malmenando i propri strumenti. Elementi i quali, tuttavia, non bastano a stampare "Objection..." nella nostra mente, o comunque a suscitare la voglia di riascoltarla. Un brano colpevole di scivolare via in maniera fin troppo anonima. Questa, la mia sentenza. Una sentenza battuta a mo' di vecchio giudice, fasciato nella sua toga e con in testa una parrucca ottocentesca. E' proprio questo il mondo contro il quale i Nostri sembrano battersi, estendendo il discorso sino ai danni che la televisione poteva (e può, non dimentichiamolo) procurare ad ignari spettatori. La pietra dello scandalo, alla fine, sembra essere proprio quella: la giustizia televisiva, fai da te, sommaria, quella mostrata dal tubo catodico in programmi spazzatura o telefilm di vario genere. Non avendo la minima idea di come una realtà del genere funzioni davvero, le persone si lasciano dunque abbindolare da risse, urla, storie inverosimili, da tutto quel trash senza l'h al quale lo schermo ci abitua da sempre. Giudici anziani, troppo anziani per poter compiere ancora per bene il proprio lavoro, condannano e ed emettono sentenze come se stessero regalando caramelle, non avendo la minima idea di cosa stia realmente succedendo. Particolare il refrain, se troppo prevedibile musicalmente parlando, quanto meno reca con sé un'amara verità: si parla infatti di televisione e mondo dello spettacolo... di reati contestati a personaggi televisivi, et simila. Gli Exodus ci invitano a non credere a ciò che vediamo, proprio perché non esiste giustizia per chi non può permettersi di pagarla. Ed un personaggio di Hollywood può essere condannato solo ed esclusivamente in un film, non certo nella vita reale. "E' tutta colpa tua, Perry Mason!!". Con questa frase, il gruppo se la prende con l'avvocato per antonomasia, chiudendo dunque un brano troppo semplice ed assai annoiato.
Free For All
Arriviamo a metà del disco con il sopraggiungere della cover di Ted Nugent, "Free For All (Tutto gratis)", titletrack del secondo album di Theodocious Atrocious. Se il brano originale presentava un'andatura di certo movimentata ma per contro non troppo "travolgente", gli Exodus decidono di esagerare leggermente la massa dei riff proposti, rendendo il brano sicuramente più "grosso" della versione di Ted. Abbiamo quindi un brano allegro e scanzonato ma anche aggressivo, in cui Zetro canta di un abbaglio preso a causa di una gentil quanto avvenente donzella. Quasi "parlando" come farebbe un cantante country intento a narrarci un brano sul furto di bestiame, il buon Steve si fa trascinare dal resto del gruppo, parlandoci di quanto questa Lei sia particolarmente disponibile a divertirsi in compagnia. E' free for all, tutto gratis, sta a noi approfittarne finché l'offerta è ancora valida! Tattiche di seduzione? Semplicissimo: abbordare la pulzella con fare sicuro e diretto, senza perdersi in inutili smancerie o timidezze. Ha quel che vogliamo, lei vuole divertirsi tanto quanto noi; perché non avvicinarsi dicendole subito quali sono le nostre intenzioni? Solo un folle temporeggerebbe, rischiando di mandare tutto all'aria. Un brano che reitera gli stilemi country-rock n roll già presentati nell'originale, che nulla aggiunge o toglie ad una versione che in più ha sicuramente il fascino dei seventies. Unica modifica, il minutaggio assai ridotto, portato addirittura a meno di tre minuti effettivi. Un vero peccato, considerata la durata del brano originale e diversi guitar tricks sfoggiati da Nugent, i quali vengono qui "sostituiti" da due brevi assoli. Belli, per carità, ma non certo esaltanti. Un brano che ben delinea quindi la volontà di darci dentro senza troppi pensieri, non pensando al domani. Tosto e veloce, sicuramente... di contro, un piccolo tributo / filler da inserire giusto per rendere il singolo/EP leggermente più appetibile di quanto non lo sarebbe stato con solo due tracks inedite. Divertente, ma non esaltante, tutt'altro.
Changing of the Guard
Giungiamo alla fine con "Changing of the Guard (Cambio della guardia)", brano subito veloce e sparato ai mille all'ora. La turbinante chitarra di Holt è ben sostenuta da un Hunolt ruvidissimo, almeno fin quando i chitarristi non decidono di donarsi ad una stranissima melodia simil videogame Capcom, per poi riprendere a picchiare subito dopo. Parentesi singolare presto dimenticata sotto tonnellate di riff estremi, pesanti come macigni, granitici, ruvidi come muri di cemento armato. Zetro inizia a mordere, strappando lembi di lyrics dalla strumentale, per poi sputarceli addosso senza pietà. Foga, astio, rabbia finalmente sfogata, l'urlo di rappresaglia lanciato contro uno dei peggiori dittatori mai esistiti. Strano come una band americana abbia deciso, in questo senso, di prendersela proprio con Nicolae Ceausescu; che gli abitanti della terra a stelle e strisce (quelli degli anni '90 o dei giorni nostri, poco conta) abbiano alle spalle una nutrita tradizione anticomunista è cosa ben nota a tutto il mondo, non è certo una novità. Eppure, l'odio degli Exodus è in questo senso in larga parte imparziale, proprio perché chiunque riconoscerebbe tutt'oggi, in quella figura, una delle peggiori piaghe che abbiano mai afflitto l'umanità. Criminale, genocida e dedito al nepotismo più sfrenato e sfacciato, non esitò a trascinare il popolo rumeno in un abisso senza fine. Disastri dal punto di vista economico, scelte sconsiderate, folli, manie di grandezza che lo portarono a distruggere un'intera nazione, nonostante egli si considerasse un patriota. Il flagello del popolo giusto e lavoratore, sporco e meschino maiale in giacca e cravatta, il quale non esitò addirittura a coprire i numerosissimi stupri perpetrati da suo fratello ai danni di ragazze anche minorenni. Le genti rumene, come ben sappiamo, raggiunsero il culmine e si liberarono del dittatore fucilandolo assieme a sua moglie, mettendo per sempre fine alla sua tirannia. Uno sfogo lirico e musicale magnificamente giostrato su ritmiche veloci e taglienti, in cui Zetro sfodera una timbrica decisamente più acida ed astiosa del normale. Un vero e proprio piacere udire gli Exodus così arrabbiati e scalpitanti, un vero e proprio piacere vederli schierati contro un personaggio mai troppo preso di mira, quasi dimenticato ed in un certo senso addirittura "rivalutato" da molti. I Nostri tornano quindi a ricordarci degli orrori compiuti dal maledetto serpente, rilassandosi solamente in fase di assoli, per un piccolo spezzone. Si ritorna alle melodie già udite all'inizio ma subito si ritorna a picchiare, sfoderando un momento solista a metà fra lo Speed più acido e l'Heavy Metal più veloce. Si picchia, ci si sfoga, quasi potessimo impugnare noi stessi un bastone, suonandole al bastardo. E dunque i Nostri lo percuotono, lo pestano sino allo sfinimento, facendolo soccombere sotto i loro pugni. Un vero e proprio piacere, immaginare un dittatore finalmente spodestato. Il refrain, l'ottimo refrain, parla chiaro: il popolo vuole ciò che gli spetta, vuole un governo giusto e legittimo. Il cambio della guardia è avvenuto, il riot è finalmente scoppiato. Sono altri, velocissimi assoli a dipingere dinnanzi ai nostri occhi l'immagine di una folla intenta a caricare, ad invadere i palazzi del potere. Assoli incredibilmente tirati ma anche melodici, sfocianti addirittura in un piccolo momento di gusto neoclassical. Si continua per il resto a reiterare il riff portante, sino all'ultima improvvisata di Holt. Ceausescu è finalmente morto, possiamo festeggiare sul suo corpo e riprenderci la nostra libertà.
Conclusioni
Tre tracce, tre piccole anticipazioni di quel che sarebbe stato il sound presentato in maniera più corposa qualche tempo dopo. Ed a malincuore, amici lettori, non posso far altro che confermare quanto detto ad inizio articolo: ci troviamo dinnanzi ad un qualcosa assolutamente nella norma, nulla in più o di meno. Nulla di brutto o comunque sbagliato, tutt'altro. Due (o tre? Sarei ancora indeciso se tirare in ballo "Free..." oppure no) brani validi, sicuramente in grado di dire la loro e di farci divertire, seppur con moderata gioia. Eppure, l'ombra del precedente capolavoro continua a pesare; mi verrebbe quasi da ragionare per assurdo, pensando: se "Fabulous Disaster" non si fosse rivelato il capolavoro che effettivamente è stato, questi brani ed in generale tutto "Impact..." avrebbero potuto godere di un maggiore rispetto? Anche solo di una considerazione tutt'altro che appena accennata?. Fantascientificamente parlando, ovviamente. Il "ma" grande quanto l'Empire State Building è però tristemente in agguato... ed in cosa consisterebbe mai, direte voi? Consiste in un ragionamento sempre "sci-fi" che intendo fare, concedetemi una divagazione per assurdo. Mettiamo quindi il caso, per pura assurdità, che "Impact..." avesse potuto presentarsi sul mercato ben prima del suo predecessore; risultato? Gli Exodus non avrebbero scritto la storia, avrebbero semmai dovuto limitarsi all'angolino del culto underground. Rimanendo sempre rispettati e certamente osannati... ma mai incensati e sistemati comodamente su di un podio che gli spetta di diritto. Proprio perché i riff appena sentiti in questi brani risultano troppo stanchi, forse troppo scontati e prevedibili. Bei suoni, bei pezzi... ma nulla più di questo. Un esercizio ben eseguito, abbastanza da strappare un applauso. Ma solo quello, non aspettiamoci di certo miracoli. Un ricalcare in maniera sbiadita e forse troppo scontata quanto già fatto in precedenza, adagiandosi decisamente sugli allori. Brani come "Verbal Razors" o l'anthem "The Toxic Waltz", dopo tutto, avrebbero continuato ad infuocare le scalette di ogni setlist, ed il pubblico sarebbe tornato a casa grasso e soddisfatto. Che differenza farebbero "Objection..." e "Changing...", messi a paragone con quelle autentiche sassate? Risulta quanto meno desolante considerare il fatto che un qualsiasi prodotto a marchio Exodus possa essere più o meno "rifiutato", quando bisognerebbe accettarlo a priori. Una prova iniziale purtroppo andata non alla grandissima. Non male ma nemmeno bene. Un qualcosa di... sospeso, appunto. C'è? Non c'è? La differenza non sussiste e forse questo è il più grande difetto di un quid che avrebbe anche potuto dire qualcosa in più, se fosse stato ragionato e studiato meglio, magari reso più personale e meno "coerente". Non scordiamoci che in formazione potevamo annoverare un nuovo membro, il batterista John Tempesta. Un drumming nuovo che avrebbe potuto esprimersi su lidi interessanti, e che invece è stato limitato ad "imitare" Hunting; come se Zetro fosse stato, ai tempi, costretto a ricalcare pedissequamente quanto fatto da Paul prima di lui. Insomma, si poteva e si doveva fare di meglio. Il voto non è insufficiente, ma non c'è nemmeno da gioire. Un voto che avrebbe potuto essere più alto, che avrei voluto assegnare dopo aver ascoltato due tracce meno stanche e con molta più voglia di dire e fare. Una voglia mancata forse per stress, per ansia di un flop, per l'incapacità di ripetersi dopo anni a livelli altissimi. Fisiologicamente giusto, ci mancherebbe: eppure, si può sempre osare, la storia ce lo ricorda. Magistra vitae, una Storia - quella del Metal - piena zeppa di capovolgimenti improvvisi e cambi di prospettiva da lasciare interdetti e spiazzati. Il tempo è sempre l'ultimo giudice, tutti ne siamo consapevoli: eppure, nemmeno Lui è riuscito a salvare totalmente l'intero "Impact...", relegandolo per sempre nell'anti-inferno dei senza dio, ma dotati comunque di un cuore puro. Thrash senza troppi compromessi, brani diretti e "standard". Insomma, se volete divertirvi senza pensare troppo, accomodatevi pure. Aveste voluto - come me - un qualcosa in più, potete tranquillamente ascoltarlo una volta, tornandoci su solamente seguendo un'ispirazione momentanea. Perché (parlando a titolo strettamente personale) se le mie mani decidessero, domani, di voler afferrare un prodotto targato Exodus... beh, mi duole ammetterlo: salterebbero "Impact..." senza colpo ferire, adagiandosi invece su di "Bonded...", "Pleasures..." e naturalmente "Fabulous Disaster".
2) Free For All
3) Changing of the Guard