EXODUS
Hammer And Life
2010 - Nuclear Blast Records
DAVIDE CILLO
25/08/2018
Introduzione recensione
Dopo il ritorno in grande stile degli Exodus con l'album "Tempo of the Damned" del 2004, nel modo e nella forma con cui tutti quanti nel mondo li avevamo conosciuti, i californiani cominciarono lentamente, ma neanche troppo, a mutare il proprio approccio stilistico. Senza dubbio alcuno, determinante fu la rottura della band con lo storico vocalist Steve Souza, da sempre nella band eccezion fatta per il leggendario debutto "Bonded By Blood" (R.I.P. Paul Baloff). Uno dei migliori vocalist dell'intero panorama Thrash Metal, se non forse il migliore, Steve sempre mantenne gli Exodus su quei binari old school per cui la band da sempre si era fatta conoscere ed amare. Un approccio vocale secco, diretto, carismatico e ritmato, cantato e mai troppo moderno, perfettamente si adattavano alle ritmiche graffianti e ottantiane scritte e realizzate da Gary Holt e compagni. Dal punto di vista della linea strumentale e compositiva, viene spesso sottovalutato l'impatto che un cantante può avere. In realtà, un cantante è ciò che determina se quel preciso stile sia o meno adatto a lui, plasmando del tutto dunque con le sue caratteristiche il sound della band. E' per questo che gli Exodus, probabilmente prima di ogni altra ragione, cominciarono a cambiare il proprio approccio stilistico con l'ingresso nella band di Rob Dukes: un vocalist più moderno, più estremo, più "urlatore" piuttosto che cantante, che ben faceva il suo genere, che non era però quello da sempre appartenuto agli Exodus, e quello che la maggioranza degli ascoltatori, me incluso, si sarebbero aspettati da una band tanto leggendaria tanto fino a quel momento coerente nel corso della propria carriera. Ad ogni modo, a partire dall'album "Shovel Headed Kill Machine" del 2005, lavoro per certi aspetti ancora a metà strada fra i "vecchi" e i "nuovi" Exodus, i californiani cominciarono a modificare il proprio sound, così come la propria produzione, come spesso anche l'accordatura: i thrashers della Bay Area divennero una metal band estrema e moderna a tutti gli effetti. Gli esiti furono incerti. Certamente, gli Exodus da essere una band con un sound unico e originale nel mondo, si resero più simili alla nuova ondata estrema. Questo processo si intensificò ancor più con il seguente "The Atrocity Exhibition: Exhibit A" del 2007, un album con alti e bassi appena meritevole della sufficienza. Il fondo gli Exodus lo raggiunsero a giudizio di molti, e come dargli torto, con il fallimentare remake dell'intoccabile album di debutto "Bonded By Blood" del 1985. Questo remake fu dalla band intitolato "Let There Be Blood" e, uscito nel 2008, deturpò tutti i brani leggendari degli anni '80 ingerendoli e poi riemettendoli in una plasticosa salsa moderna-core, insomma ciò che nessuno avrebbe mai voluto dalla band, con tanto di responsi negativi che non si fecero, ovviamente, attendere. E' attraverso questo secondo me spiacevole percorso che, ahimé, giungiamo al lavoro protagonista della recensione odierna, "Hammer And Life" del 2010, il singolo di due brani che fa da antipasto all'album "Exhibit B: The Human Condition" appunto del 2010. Le due tracce presenti nel singolo, intitolate "Hammer And Life" e "Downfall", entrarono infatti entrambe a far parte del disco che sarebbe poi uscito a breve. Rinnovato il sodalizio fra Exodus e Nuclear Blast Records anche per questi lavori, la line-up della band fu confermata rispetto agli anni precedenti: Rob Dukes alla voce, il leader della band Gary Holt e l'eccezionale Lee Altus alle due chitarre, Jack Gibson al basso e lo straordinario Tom Hunting alla batteria. Sui nomi, come sempre, nulla da dire. Comunque, la prima traccia "Hammer And Life" possiede una durata nella media, cioè pari a tre minuti e trenta di ascolto, mentre la seconda "Downfall" di oltre sei minuti, per la verità è anche una delle più rappresentative all'interno del successivo album. Noi non possiamo che augurare a tutti voi buon ascolto e buona lettura, perché come di consueto è giunto il momento di dedicarci all'analisi track by track. Si parte!
Hammer And Life
"Hammer And Life" ci colpisce sin dal primo istante, quando dei prolungati power chord battezzano l'introduzione del brano, per la grande potenza presente nella produzione. Prorompente anche il basso di Jack Gibson, per quello che almeno nei primi secondi sembra promettere bene. In effetti, anche il riff di chitarra è contraddistinto da ritmiche coinvolgenti e quasi "ballabili" nel puro stile del Thrash classico ottantiano. La produzione riesce a mostrarsi sia "grossa", "potente", che "affilata", cosa davvero non da poco. Dopo un minuto e venti d'ascolto la band introduce lo squillante assolo di chitarra, rapido e dallo stile vivace e allegro, così come tutto il brano, che si mostra a dire il vero totalmente in contraddizione con lo stile estremo, cupo e nichilista dei lavori precedenti degli Exodus dell'era Dukes. La parte di chitarra solista si prolunga senza sosta, in qualche secondo anche con un pizzico di scontatezza, mentre l'epilogo di questa sezione di lead è in armonizzazione ricordano quasi il buon vecchio stile della NWOBHM di Iron Maiden e colleghi. Essendo questa traccia estremamente vecchia scuola, anche lo stile di Rob dietro al microfono è obbligato a plasmarsi e regolarsi di conseguenza, come del resto già accennavo durante l'introduzione. Il cantante infatti abbandona qui l'approccio in scream, utilizzando uno stile di canto graffiato ma classico, in linea con il Thrash anni '80, che a dire il vero non tira neanche fuori il meglio delle sue caratteristiche, tradizionalmente improntate sull'estremo. Brevi, semplici e dirette le liriche del brano: il protagonista della canzone rinasce sempre più scaltro e duro, vivendo per l'acciaio e morendo dalla spada, in uno dei motti del buon vecchio Heavy Metal. La band poi si chiede: che senso ha vivere nella paura, che senso ha la vita andando avanti in questo modo? Ed è con questo quesito che gli Exodus ci conducono al ritornello, che con orgoglio grida: il martello è il mio simbolo, lo stendardo che saluto, il motto del mio credo, ciò per cui vivo. Ed è proprio in questi termini che possiamo descrivere l'intero comparto lirico di questo brano: un grido alla forza, all'orgoglio, alla volontà e all'onore. Una traccia da me apprezzatissima, e che tira fuori il meglio degli Exodus come forse mai aveva fatto nel corso dell'era Dukes. Lineare, scorrevole, diretta ed efficace. Ma la qualità principale è un'altra, le cui origini risalgono sin dall'era Souza: si tratta del ritmo, che risucchia l'ascoltatore all'interno delle carismatiche scariche ritmiche, proprio come se gli anni '80 non fossero mai finiti.
Downfall
Ed eccoci, cari miei, alla seconda e ultima traccia di questo lavoro. Si tratta di "Downfall", come vi accennavo. Da sottolineare un dettaglio importante: quella che ci apprestiamo ad ascoltare è la versione completa, mentre nel videoclip presente su internet ritrovate la versione "accorciata" della canzone, più breve di un minuto. Partiamo, allora. La traccia si mostra sin da subito impegnativa e di quelle che vogliono imporsi come il "grande singolo" dell'album. Come nei grandi pezzi del Thrash Metal, la volontà della band è di riunire grandi riff ad una valorizzata linea melodica e musicale. Il riff principale è devastante, di quelli che non potranno impedirvi di sbattere la testa. Anche il breve proseguimento che introduce la strofa, in pochi secondi, è da grande pezzo. La strofa, al contrario del particolare e apprezzabilissimo capitolo iniziale, è estremamente classica, così come il ritornello che si mostra ancora una volta carismatico e coinvolgente a tutti gli effetti, su tutti i livelli. Qui lo stile di Rob torna a tratti in scream, proprio come aveva fatto Souza in passato in diversi brani fra cui "War Is My Shepherd". A metà brano la band decide di inserire uno dei cliché del metal, forse stavolta in maniera un po' pacchiana e scontata: ascoltiamo infatti il più prevedibile dei riff lenti e cadenzati, con tanto di accompagnamento di voci in coro che ripetono la parola "Fall!". Per la verità, la ritmica qui è anche valida, ma è forse proprio l'idea in sé ad essere un po' debole in un brano fino a quel momento così diretto ed efficace, dinamico e piacevolmente estroso. Vi dirò una cosa: questa sezione centrale è molto più apprezzabile ed efficace nella versione in cui è "tagliata" all'interno del videoclip! E' una delle prime volte che dico qualcosa del genere, solitamente ho sempre preferito le versioni complete ed estese dei brani. Stavolta no, i "grandi produttori" ci hanno visto giusto, ed il brano, già ottimo in questa versione, è ancora migliore nella versione presente nel videoclip. Ad ogni modo, la band si riprende alla grande utilizzando la melodia del cadenzato riff per introdurre l'assolo di chitarra, davvero magnetico e ricco d'opportunismo nel riprendere in maniera calzante la melodia che, inizialmente, aveva aperto il brano. Si torna poi alla strofa e al ritornello, come da regola nei classici schemi compositivi, mentre nell'ultimo riff la band sfodera un altro eccezionale riff, ancora una volta lento e cadenzato, che viene in maniera devastante e mai tediosa ripetuto fino al conclusivo fade-out, con il brano che dunque in dissolvenza si chiude. Il brano ci parla di una civiltà devastata e di un impero in rovina, dove il disordine regna e nulla è più come prima. Il ritornello ci racconta di come, tutto ciò, culmini in una tremenda e mortale battaglia, in un conflitto che è dimostrazione pura del fallimento della società stessa. Così come caddero Sodoma e Gomorra, così come tutti i grandi potenti della storia sono caduti, anche il nostro impero è caduto, sostiene il brano. E così, la Roma in fiamme diviene emblematica rappresentanza dell'essenza terrena e limitata della nostra esistenza umana in quanto tale, con tutto ciò che ovviamente ne consegue.
Conclusioni
Vi dirò la verità, ho ascoltato gli Exodus in lungo e in largo, durante la loro intera carriera e per centinaia di volte, ma è la prima volta che mi ritrovo davvero, e sottolineo davvero, ad apprezzare così tanto qualcosa dell'era Dukes. Il cantante è comunque forse un po' adattato all'interno di brani così vecchia scuola, ma queste "Hammer And Life" e "Downfall" sono due tracce una più devastante dell'altra, ed anche i fan del Thrash Old School dovranno convenire con me che, stavolta, Gary Holt e compagni hanno fatto centro. Vedere nella videoclip di "Downfall" decine di ragazzi che fanno headbanging potrà a primo impatto sembrare un po' autoreferenziale, ma vi assicuro che rende perfettamente l'idea della potenza e dell'impatto di questi due pezzi. Inoltre, ritengo che ben si completano fra loro, perché "Hammer And Life" è quella secca e tagliente, mentre "Downfall" è quella più studiata dove emerge la volontà della band di scrivere un capolavoro. Secondo me, il risultato premia l'intenzione, ed è per questo che il mio voto finale al singolo sarà pari a 9. Mi sorge solo un dubbio: preso coscienza della qualità di questi due brani, riuscirà la band a ripetersi in un album completo, ben più lungo ed impegnativo? Lo scopriremo, ovviamente, nel corso dell'opportuna recensione. Ad ogni modo, tirando su un bilancio per quanto riguarda questo lavoro, non trovo assolutamente nulla che non vada, nessun punto debole anche da uno sguardo panoramico ed assoluto: anche le liriche, di cui per niente avevo apprezzato le tematiche nichiliste e pagane lontane dei canoni tipici del Thrash classico, stavolta sono più apprezzabili ed in linea con la vecchia scuola, mai fuori luogo. Gary e Lee, Rob, Tom e Jack, qui svolgono ognuno alla perfezione il proprio compito, sebbene siano proprio la qualità della composizione e della produzione a far fare il salto di qualità a questo lavoro. Mi viene da pensare, forse gli Exodus avevano bisogno di "carburare" per realizzare uno stile così efficace nell'adattamento con Rob alla voce, magari c'era semplicemente da aspettare. Però, quando ascolto due brani così belli, non posso fare a meno di chiedermi: questo è lo stesso quintetto che ha realizzato "Let There Be Blood"? Da non credere, dalle stalle alle stelle. Del resto, meglio così che il contrario, no? Sono dunque davvero ansioso di scoprire dunque se, questa brusca e improvvisa crescita della band, avrà seguito nella versione completa del full-length "Exhibit B: The Human Condition" del 2010, album a cui appunto queste due tracce come accennavo appartengono. Voglio un'ultima volta rinnovare i complimenti al lavoro svolto in fase di produzione, perché sentire produzioni così "grosse" e "taglienti" al tempo stesso è qualcosa di davvero difficile. Infine, prima di chiudere questa recensione, vorrei parlarvi dell'artwork di questo singolo, probabilmente un po' grottesco: con una fotografia d'immagine un po' squallida vediamo infatti i 5 componenti della band decapitati, con il loro sangue che cola sulla già sanguigna scritta "Behead the Great Satan" (Decapita il grande Satana). Nella parte superiore, il rosso logo Exodus sullo sfondo bianco, mentre in quella inferiore il nome del singolo "Hammer And Life" in bianco, su font classico, su sfondo nero. Noi per oggi ci salutiamo, sono curioso di sapere il vostro pensiero su questi due brani, e se anche voi per la prima volta avete apprezzato così tanto qualcosa dell'era Dukes. Un saluto e? in alto le corna!
2) Downfall