EXODUS

Deranged (Single)

1987 - Combat Records

A CURA DI
MARCO PALMACCI
02/05/2018
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

Sull'innesto di Zetro Souza all'interno di una formazione fra le più estreme del panorama Thrash americano, chiunque avrebbe avuto più di qualche dubbio. Una voce, quella del nostro Steve, sicuramente agli antipodi dei microfoni all'epoca dominanti: il selvaggio Tom Araya, l'acido Dave Mustaine, il carismatico James Hetfield... per non parlare poi dell'illustre fuoriuscito, quel Paul Baloff ormai totalmente smarrito e perduto dietro abusi d'alcool e droghe; incapace di donare agli Exodus creatività e positività, continuità e solide basi sulle quali poter ergere un futuro radioso. Carisma inimmaginabile, potenza a palate, grande presenza scenica... ma nulla in più. Torniamo quindi all'inizio ed ai dubbi posti in apertura di articolo: come avrebbe potuto un singer molto più adatto agli AC/DC (od ai Krokus, che ne dite?) immettersi in maniera ottimale all'interno di un circuito totalmente estremo? Gli echi di quel che fu "Bonbed By Blood", nel 1987, erano ancora ben impressi nelle menti di ogni metalhead statunitense e non: pura rabbia omicida, follia musicale, impatti sonori devastanti a dire poco, la summa di tutto quel che l'estremo successivo sarebbe stato, i tratti fieramente distintivi di un modo ancor più feroce e diretto di intendere il Thrash. Per molti versi, similmente a ciò che accadeva nel vecchio continente. Si pensi ad esempio a gruppi quali Sodom o Celtic Frost, antesignani di quel che poi sarebbe stato il Black Metal, forgiato nella sua vera e propria natura dal primitivo "Deathcrush". Ovviamente, accostare "troppo" gli Exodus a determinate band potrebbe suonare come un azzardo; anzi, lo è decisamente. Proviamo però a calarci nei panni di un metallaro dell'epoca, battuto e vessato dai torrenti di decibel vomitati da un Baloff indemoniato, con a seguito una band rocciosa e tagliente come una tempesta di lame. Un sound sempre molto "U.S.A.", ma (come fu per i già citati Slayer) assimilabile comunque ad un Thrash più freddo e furioso di quanto in America si fosse ascoltato sino a quel momento. D'un tratto, il buio: l'estromissione di Paul, il rimpiazzo avvenuto con Zetro; il Bon Scott del Thrash Metal, come amo definirlo dacché ebbi modo di ascoltare le sue performance, anni orsono, quando capitò fra le mie mani una copia di "Pleasures of the Flesh". Il disco che più di tutti segnò la nuova era degli Exodus, anticipando quelli che furono gli stilemi del fortunatissimo "Fabulous Disaster" pur non rinnegando eccessivamente la brutale genuinità mostrata nel disco d'esordio. Un ponte d'oro collega(va) i due lavori, contemporaneamente scavando un solco fra di essi. Il vecchio ed il nuovo in due settori ben distinti, capaci comunque di comunicare. Perché si sa, sin dall'alba dei tempi: non si può cambiare rotta senza conoscere ciò che si è percorso, in ogni minimo dettaglio. A livello di esperienza, la compagine di Frisco non era certo l'ultima arrivata, tutt'altro. Non è da tutti, in fin dei conti, esordire a botta sicura con un capolavoro di enorme portata come "Bonded...". Un disco che da solo avrebbe potuto rendere Holt e compagnia dei veri e propri immortali, pur certo non sfondando nel mainstream o nelle classifiche. Il ragionamento applicato dalla band fu dunque più che condivisibile: perché continuare sulla falsa riga di un platter ormai irreplicabile, quando un singer come Zetro permetteva di fatto di esplorare nuovi territori, battere sentieri coraggiosi e comunque irti di puro cemento?  Il cambiamento era dietro l'angolo, si percepiva distintamente. Un cambiamento che non avvenne in maniera drastica ma anzi, fortificò non poco lo spirito dei Nostri, rendendoli ancora più sicuri dei propri mezzi e possibilità. "Pleasures of the Flesh" ebbe di fatto un solo "difetto", quello dell'esser rimasto incastrato fra due capolavori di enorme portata; mai considerato come avrebbe (ampiamente) meritato. Partorito negli studi "Alpha - Omega" di San Francisco, prodotto dalla sapiente mano di Marc Senasac (divenuto da questo momento la vera e propria guida della nostra compagine) e rilasciato ufficialmente nell'Ottobre del 1987, "Pleasures..." andò quindi a presentare i "nuovi" Exodus. I quali non persero certo in potenza od impatto, ma per forza di cose indirizzarono il proprio Thrash al servizio di un cantato differente. I piaceri della carne... un succulento vassoio capace di render cannibale anche il più arcigno dei vegetariani, annunciato dal singolo "Deranged", di seguito adottato come open track di tutto il platter. Andiamo alla scoperta di questo singolo episodio, or dunque, cercando di farci un'idea preliminare di ciò che ci aspetta. Let's Play

Deranged

"Deranged (Svitato)" viene quindi aperta da una voce "strana", simile ad una vecchia intervista registrata su nastro. Come se gli Exodus avessero raccolto le testimonianze di un serial killer, ecco che il folle biascicare di un barbone (un Charles Manson/Ed Gein leggermente più "andato") compie la sua avanzata verso i nostri sensi. L'ubriaco clochard altri non è che un certo Tom Skid, un senzatetto alcolista che di quando in quando bazzicava dinnanzi agli studios dove i Nostri erano soliti lavorare per la realizzazione di "Pleasures...". Gli venne offerto di prendere parte alle registrazioni, e l'uomo accettò in cambio di un gallone di vino; costo complessivo, quattro dollari. Ecco dunque che, con il suo modo di fare ai limiti dello psicopatico, l'ospite descrive appieno la sua vita distrutta dall'alcool. Risse, ricoveri d'urgenza, voglia di mangiare insalata (??)... chi più ne ha, più ne metta. Uno stratagemma ripreso dieci anni dopo da alcuni signori dell'Iowa, i quali decisero di riprendere i folli vagheggiamenti di un senzatetto facendone una canzone. "You can't see California without Marlon Brando's Eyes!!", qualcuno ha nominato gli Slipknot? Ad onor del vero, i ragazzacci mascherati adoperarono solamente una frase poi trasposta in musica da loro stessi, non come gli Exodus che decidono invece di far parlare l'uomo, lasciandolo vaneggiare a ruota libera. Il modo giusto per aprire un brano incentrato sulla pazzia, dopo tutto, di lì a poco pronto ad esplodere. Riffing  violento da parte della coppia Holt / Hunolt, si picchia duro e si corre veloci in maniera quasi asfissiante, quasi la compagine volesse toglierci il fiato a suon di violente plettrate. Possiamo finalmente udire la voce di Zetro, un vero e proprio Bon Scott prestato al Thrash Metal; ugola abrasiva ed acida, certo violenta ma anche estremamente più particolare e versatile rispetto a quella di Baloff. Il tutto messo al servizio di un brano concitatissimo, che alterna strofe e ritornelli in maniera impertinente e manesca, senza lasciarci neanche un istante per riprendere fiato. Hunting McKillop faticano ma riescono brillantemente a star dietro ad una coppia d'asce da manuale, riuscendo comunque nel loro intento; del resto, è di follia che parliamo, e non potevamo in virtù di questo aspettarci un qualcosa di leggero! Siamo al cospetto di un personaggio combattuto, evidentemente disturbato. Un folle sul punto di esplodere, in procinto di dar libero sfogo alla sua pazzia. Cercano di consolarlo, di tenerlo buono, persino il suo psichiatra lo definisce sano ed innocuo... eppure, lui sente di avere in sé qualcosa di sbagliato, di covare nella sua mente pensieri malsani. Un vortice di rabbia e malattia mentale ben scandito da un brano che non fa prigionieri: "Deranged" è come un bastone chiodato, ricevuto in pieno volto, all'improvviso. Rompe ossa e lascia i segni, proseguendo con la sua violenta galoppata fino a sfociare in una coppia di assoli decisamente di forgia Slayeriana. E' Gary a recitare la parte di Kerry King, quella di Hanneman tocca a Rick. Assoli squillanti e taglienti come rasoi, oscuri, pesanti come macigni. Un po' come tutto il brano, il quale nella sua parte finale (se possibile) si esaspera ancor di più. Con esso anche la voce di Zetro, ansiogena, lisergica eppure così meravigliosamente buia e crudele. Esattamente come il protagonista delle liriche, ormai giunto a compiere l'atto definitivo: l'omicidio. Trascurare i suoi evidenti segni di malattia lo hanno dunque portato ad agire indisturbato; arrestato e condotto in un penitenziario, dopo soli sei mesi viene rilasciato per essere ricoverato in una clinica specializzata, nella quale subirà pesanti trattamenti a suon di psicofarmaci e persino una lobotomia. Tutto sembra rientrato nei ranghi... quando ecco la sorpresa finale. Il folle ha solo finto di mostrarsi accondiscendente nei riguardi delle terapie: egli ama uccidere, e tornerà a farlo nonappena verrà dimesso. Insomma, la cronistoria di un serial killer ben raccontata attraverso riff rocciosi, granitici, scanditi da una ritmica terremotante e da una voce che, in questo esordio, ha dimostrato di poter dire la sua. Senza farci rimpiangere nessuno.

Conclusioni

Chiaramente, un solo brano non può certo portarci a capire perfettamente cosa un disco come "Pleasures..." possa comunicare, nella sua totale interezza. Quel che qui abbiamo gustato altro non è che un assaggio, mi si conceda una metafora scontata ma quanto meno illuminante: una piccola braciola separata momentaneamente dal resto delle vivande, ancora grondanti sangue e tagliate in pezzi più consistenti e grossolani. Possiamo comunque iniziare con il farci un'idea preliminare, gettare qualche base, provare a pensare ad un qualcosa che abbia una sua forma e sostanza. Partiamo subito col dire che il brano funziona, nessuno potrebbe mai dire il contrario. Un pezzo che ogni band Thrash avrebbe voluto comporre, per velocità, potenza ed intensità. Se aggiungiamo poi la forza di uno Zetro Souza per nulla intimorito dal background / dalla cornice dei quali è ora parte integrante... quello che otteniamo è senza ombra di dubbio un inizio con i fiocchi. Davvero un brano coinvolgente e serrato, dalle ritmiche spacca ossa, dal riffing squisitamente made in U.S.A. Eppure, un poco distante da quel che fu solo due anni prima del suo rilascio. Che alcune masserizie tipiche di "Bonded..." siano rimaste ad aleggiare nell'aere, inquiete e volenterose di dominare, penso sia sotto gli occhi e nelle orecchie di chiunque. La bravura degli Exodus sta comunque nel non cadere nella trappola del "già sentito", cercando di adeguare il proprio sound ad una voce distante eoni da quella di Baloff, per tecnica e timbrica. Non più mera bestialità ma giochi melodici particolari seppur non articolatissimi, almeno capaci di donare forte colore e vivacità al brano tutto.  Un singolo, nella sua brevità, da non sottovalutare, assolutamente. Perché se è vero che ancora non possiamo esprimere un giudizio completo circa l'opera tutta (ricordiamolo: siamo idealmente negli anni '80!), "Deranged" è un po' come il Napalm del colonnello Kilgore: sa di vittoria, di mattino... di rivincita. La dimostrazione di quanto la caparbietà e la durezza degli attributi, alla fin fine, paghino sempre. In tanti si sarebbero arresi, dopo la defezione del proprio frontman... tutti, ma non gli Exodus. Provarci, provarci, provarci. Questo, il motto degli Exodus del 1987. Questo, il loro solo ed unico ideale. Come rimanere dunque indifferenti, dinnanzi ad un lavoro di certo così breve ma comunque estremamente comunicativo, in grado di vibrare forte nonché di trasmettere sensazioni ed emozioni così colorate, vivide, percepibili anche ad occhio e orecchie nudi? Come poter non considerare "Pleasures..." come un disco da voler ascoltare assolutamente, in virtù di ciò che or ora abbiamo gustato? La via, la giusta via imboccata, quella che avrebbe permesso la consacrazione. Non si può, almeno a mio avviso, rimanere impassibili od assumere un'aria da sufficienza. Ripetersi dopo un capolavoro del calibro di "Bonded..." era difficile se non assolutamente impossibile; difatti, la band non si "ripete". Semmai, prende quanto di buono fatto e lo piazza in maniera decisa sotto altre luci, complice anche un cambio importante dietro l'asta del microfono. E' difficile accettare un cambiamento, alcune volte...  ma non in questo caso!

1) Deranged
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