EUROPE

Wings Of Tomorrow

1984 - Hot Records

A CURA DI
SIMONE D'ANGELO SERICOLA
11/03/2017
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Pieni di quel brio e di quell'eccitazione che caratterizza le primissime fasi della carriera delle giovani bands, gli Europe si chiudono subito in studio per dare un degno successore al loro album d'esordio. L'euforia è ancora più comprensibile se si tiene conto del fatto che il loro primo full-lenght aveva ottenuto una buona accoglienza e le date del mini-tour che ne era seguito avevano registrato il tutto esaurito in ogni show. Il tutto era accresciuto dalla considerazione del fatto che il gruppo era arrivato al contratto discografico quasi per caso. L'esperienza on the road aveva dato ai quattro giovanissimi musicisti un assaggio della vita da Rockstar e, si sa, come molti hanno sempre affermato in passato, una volta saliti su un palco non vorresti scendere mai più! Dominati quindi da questa energia, i ragazzi si buttano subito sulla scrittura di nuovo materiale, soprattutto Joey il quale aveva sempre con se un mini-studio portatile, adatto per fissare su nastro le idee improvvise, le illuminazioni che possono arrivare in qualsiasi momento del giorno o della notte. I primi brani che il cantante dota di un'ossatura più o meno definitiva sono "Wings of Tomorrow", che diverrà la title-track del platter e le due ballate "Open your heart" e "Dreamer", un tipo di composizione, quello a cui appartengono queste due tracce, che secondo i dettami del genere Metal verranno identificate come "powerballad". Quando il materiale comincia ad avere una certa consistenza i ragazzi si recano ai Polar Studios, nei cui locali già in passato avevano registrato nomi alquanto noti della scena musicale mondiale, artisti del calibro dei Led Zeppelin. Rispetto a "Europe", i mezzi di cui i ragazzi dispongono sono decisamente migliori e anche le somme stanziate per le registrazioni sono maggiori e di questo beneficerà la produzione che farà un passo avanti notevole rispetto al passato. Il brano scelto come primo singolo è lo stesso che apre il platter, e la mossa si rivela indovinata,ed adatta a presentare al mondo la virata ancora più marcata verso sonorità più metalliche. A questo singolo segue "Open your heart", decisione questa che ha lo scopo di sollecitare la curiosità degli U.S.A. da sempre più inclini a dare attenzione ai brani più melodici e catchy. Le scelte effettuate dalla band portano buoni risultati ed infatti le copie smerciate di "Wings of tomorrow" si aggirano intorno al milione, traguardo più che ragguardevole per una band semi sconosciuta. E' a questo punto che muta il ruolo di Thomas Erdtman, che passa a ricoprire il ruolo di manager ufficiale del giovane combo; è lui che con Joey parte in spedizione con Joey in direzione del Paese a stelle e strisce allo scopo di procurare un contratto discografico al gruppo. Erano molte (e di prestigio) le case discografiche i cui rappresentanti i due avevano intenzione di incontrare. E' proprio in America che Erdtman incontra una sua vecchia conoscenza, un collega della CBS che lavorava per la Epic Records, nei cui uffici Erdtman lascia una copia di "Wings..." accompagnata dalle indicazioni dei contatti per essere rintracciato. Il nastro arriva sulla scrivania di Lennie Petze  che rimane colpito al punto tale da annullare un altro incontro in programma unicamente per incontrare Joey e Thomas; si arriva così al contratto. Tuffiamoci quindi nell'analisi del full-lenght , non mancando però di precisare l'etichetta, la Hot Records, con la produzione di Leif Mases e la registrazione presso i Polar Studios avvenuta nell'inverno 1983-1984. Anche la copertina, ad opera di Peter Engberg, raffugurante l'aquila di metallo con il pianeta Marte sullo sfondo è da ricordare come una delle più caratteristiche del genere. Trattasi in realtà di una normale aquila con indosso una armatura di metallo, ma che dà bene un' indicazione  della maggior durezza verso cui tende il lavoro.

Stormwind

E' "Stormwind" (Vento di Tempesta) la traccia a cui è affidato il ruolo di opener del disco, un mid-tempo accattivante e discretamente metallico, che dà subito un'idea delle coordinate su cui si muoverà la gran parte dei brani presenti. L'inizio è canonico, come da tradizione: tutti gli strumenti attaccano insieme solennemente e, su un sottofondo costituito da una progressione di accordi alle tastiere, la chitarra di Norum esordisce con un fraseggio dalla linea melodica simile a quella che caratterizza il refrain e che tornerà farsi sentire più volte nel corso del brano. Ancora la ripetizione dell'attacco, seguita dal fraseggio di chitarra, poi il crescendo degli strumenti determina la partenza vera e propria. La ritmica che caratterizza la strofa è semplice ed è eseguita da accodi irregolari alla sei corde ed un accompagnamento basilare di batteria e basso, mentre ridotto all'osso è il ruolo delle keys, limitato ad eseguire due accordi di sottofondo. La voce di Tempest appare meno effettata rispetto all'esordio, scelta indovinata che lascia supporre una maggior fiducia nei propri mezzi da parte del singer. Metà della strofa è cantata da una sola linea melodica, l'altra metà vede l'ingresso di una seconda linea vocale, sempre di Tempest, che rafforza la prima. Le due voci si accompagnano anche per tutto il bridge, mentre nel refrain più la seconda partecipa solo per scandire il titolo della canzone. Degna di nota è la progressione di accordi del leitmotiv. Dopo l'abituale ripetizione della parte appena ascoltata la chitarra ci ripropone il fraseggio di apertura prima di lanciarsi nel bell'assolo che ci mostra un John Norum scintillante, dal tocco più preciso e deciso di quanto mostrato su "Europe". Il suo momento di evidenza è insieme tecnico e musicale e, dopo una vertiginosa scala ascendente, sfocia nella ripetizione del fraseggio di cui sopra, subito seguito dal refrain fino alla conclusione sfumata, in cui possiamo ascoltare ancora l'axeman darci dentro con. Canzone bellissima, sicuramente una delle migliori del lotto, che dal vivo viene resa con una maggio durezza. Le liriche ci presentano un uomo che siede di fronte ad un camino acceso, al caldo generato dal fuoco mentre fuori impazza un vento selvaggio, presumibilmente un'immagine di un atteggiamento di sicurezza di fronte a ciò che turba l'animo umano. Chiudersi la alle spalle la porta di casa e lasciare fuori tutto il resto è un gesto che dà sicurezza. Ma quale è questo vento di tempesta di cui parla Joey? Come in molti dei suoi testi qui si parla di uno stravolgimento interiore generato dal "passaggio" di una fanciulla nella vita del singer, un qualcosa che lo porta a riflettere sul fatto che quella appena passata è un'esperienza da dimenticare per non impazzire, per non restarne travolto. Sente che quella persona vorrebbe dominarlo totalmente al punto da cambiarlo anche nella personalità e lui si rifugia nel buio della notte, nei sogni, sperando che la donna non lo pensi nemmeno. Tutto ciò che Joey vuole è essere lasciato in pace, perché lei è un impetuoso vento di tempesta che potrebbe trascinarlo via.

Scream of Anger

Direttamente dal loro passato, anche se non remotissimo, come un fulmine, nelle "sembianze" di tre colpi secchi, piomba su di noi una delle tracce più dure e metalliche del full-lenght, cui più volte ho accennato in passato, perché si tratta di un episodio che in qualche modo si intreccia con la narrazione dei fatti che riguardano le storie degli acts di cui principalmente mi occupo: si tratta di quella "Scream of Anger" (Grido di Vendetta) che, con diverso titolo (Black journey for my soul), accredita la collaborazione dello scomparso Marcel "Marre" Jacob in fase di scrittura. I ritmi si fanno più sostenuti e serrati: la batteria corre in doppia cassa, mentre chitarra e basso seguono lo stesso copione in quanto la ritmica che eseguono è dinamica e ci presenta un riff giocato su un'alternanza di corde a vuoto e diteggiature ai primi tasti delle corde basse, per poi proseguire, durante la strofa, in una ritmica serrata (in palm muting alla chitarra, ovviamente) intervallata con accordi. Anche la voce è più ruvida e torna a farsi sentire un leggero effetto di eco.  Ciò che si nota principalmente durante il ritornello è la chitarra che muta il suo lavoro eseguendo accordi irregolari che danno l'impressione di uno smorzarsi della tensione, anche se ben presto torna al ritmo serrato. La strofa torna e viene riproposta però con durata dimezzata rispetto alla prima; dopo il secondo refrain abbiamo un break con una diversa progressione di accordi, discendente, da cui la chitarra solista prende l'occasione di lanciarsi in un fulmineo assolo, che ancora una volta ci fa apprezzare l'ottima preparazione di Norum, sempre più perfettamente a suo agio in contesti più speed. Ancora la progressione di accordi già ascoltata nel break ci porta verso un nuovo ritornello senza prima passare da un'altra strofa, poi tre note secche e solenni conducono la traccia verso il finale, potente, classicamente Heavy, che va ad arrestarsi con urlo del cantante e nota secca finale di tutti gli strumenti. Un chiaro esempio di come i gruppi britannici influenzassero gli aspiranti rockers degli '80s, ma anche la dimostrazione di come, a quelle latitudini, si stesse preparando ad emergere una generazione di giovani talenti scandinavi che, partendo da quelle influenze, stava trovando una propria strada. "Scream of anger" lascia intravedere come per alcuni gruppi svedesi, in particolare Malmsteen e Europe, appunto, le gesta di quello che si può definire "l'arcobaleno-profondo porpora", siano state un'ottima palestra per sviluppare stili personali che, partendo da una base comune, trovarono popi nel tempo due diversi modi di esprimersi: decisamente più legato (potremmo anche dire profondamente fuso) a stilemi Neoclassici il primo, più blueseggianti  e main stream oriented i secondi. I toni Heavy e battaglieri che abbiamo potuto apprezzare già nella musica sono ribaditi nel testo. A recitare la parte del narratore qui è, presumibilmente, un condannato a morte la cui esecuzione sta per avvenire dopo secoli di prigionia; tornano quindi, anche se vagamente, argomenti fantasy che vanno a braccetto con il Metal da sempre, almeno nel suo versante più duro e meno festaiolo. Il condannato ha le ore contate, il prete arriverà a portargli le ultime parole di conforto, ma sarà tutto inutile perché lui già intravvede il luogo in cui andrà a stare per l'eternità e non è una visione confortante, dal momento che parla di un luogo maledetto, che fa pensare ad un girone dell'inferno dantesco. Eppure anche in un momento del genere l'istinto di sopravvivenza lo porta a valutare la possibilità di una fuga di salvezza, pur essendo consapevole che ciò che lo aspetta è la giusta punizione di ciò che ha commesso tanto tempo addietro, cosa che non ci viene svelata, probabilmente un crimine imperdonabile. Sente il suo grido di vendetta così forte che gli sembra provenire da fuori, non dal suo cuore. La cosa che più lo addolora però è non poter più vedere la persona a cui si riferisce nel testo e che lascerà lì da sola. Il suo grido è di vendetta! 

Open your heart

Dopo un episodio fast, la terza traccia ci permette di riprendere fiato. "Open your Heart" (Apri il tuo Cuore) è infatti la prima delle due powerballad che incontriamo lungo la trattazione di questo platter. E' un delicato e melodico arpeggio di chitarra acustica che introduce la traccia, su cui Tempest esegue dei vocalizzi. All'inizio della strofa le tastiere intervengono creando un sottofondo leggermente orchestrale e poi fanno il loro ingresso misurato anche batteria e basso, quest'ultimo contribuisce molto a conferire colore al brano; in sottofondo si possono ascoltare degli accordi di chitarra in clean tone. Nel ritornello la sei corde partecipa nella modalità che consente di catalogare un ballad come powerballad: come si sa infatti la powerballad altro non è che un brano lento in cui però la chitarra elettrica, distorta quanto basta, viene utilizzata per conferire maggior enfasi nel refrain; ovviamente la pesantezza dell'effetto di distorsione viene stemperata rispetto ai classici brani Heavy, ma comunque calibrata in modo tale da ottenere le caratteristiche sonorità cromate tipiche dei lenti Hard'n'Heavy, specie degli anni ottanta. Nel refrain altre voci intervengono di tanto in tanto in appoggio alla linea vocale principale. Dopo la canonica ripetizione di strofa e ritornello abbiamo un ennesimo assolo/gioiello di Norum che, su una ritmica in power chords, sciorina note sapientemente miscelate per non soffocare l'atmosfera della canzone; il suo intervento alla solista è infatti costituito di note limpide e non eccessivamente fast che disegnano un perfetto abbellimento di quanto stiamo ascoltando.  Al termine torna la sezione dedicata al refrain che viene ripetuto ad oltranza fino alla conclusione sfumata. Una track che ci permette di constatare come il gruppo si trovi a suo agio anche in momenti più sognanti. Una canzone che quattro anni più tardi, con arrangiamenti più fini, andrà ad impreziosire il quarto stupendo full-lenght insieme ad altre degnissime sorelle. Una sensazione di incertezza dovuta ai sentimenti di una ragazza è l'argomento di questa bella ballata: chi canta passa di continuo dalla gioia al dolore e non sa come si sentirà domani perché qualcosa è cambiato e questo cambiamento dipende esclusivamente dalla partner. E' fin troppo facile avvertire che c'è un intoppo, che qualcosa non va, non è come prima; lei si è chiusa in un silenzio che lascia interdetto il suo compagno il quale la implora di aprire il suo cuore e si sente privo di forze, svuotato, perché lo stato d'animo in cui sta vivendo lo logora un po' alla volta. La speranza è che tutto torni com'era prima perché tutto ciò che desidera e poterle stare vicino perché teme che il loro amore vada perduto del tutto. Spera continuamente in un cenno da parte della ragazza, spera che il tempo che passa possa curare le ferite che lei gli ha inferto e che possa asciugare le lacrime che scorrono copiose sul volto, prima che sia troppo tardi.

Treated bad again

"Treated bad Again" (Trattata male di Nuovo) è un brano slow, un torrido Rockblues che si apre con una chitarra ritmica, distorta e "sporca" quanto basta, un episodio che vede Norum imperversare un po' ovunque con degli indovinati fraseggi blueseggianti. E' infatti la chitarra solista che subito si impone sulla melodia della strofa, con un breve fraseggio di fedele osservanza dei canoni più classici del Blues, prima di lasciare il posto alla voce, che esordisce (e prosegue) decisa e maliziosa, con anche un leggero tono beffardo. La batteria non si impone più di tanto, impegnata com'è in un semplice tempo in 4/4, chitarra e basso, cadenzati, seguono la stessa progressione, ma la chitarra a tratti si distorce per sottolineare alcuni passaggi, mentre di quando in quando una seconda linea di chitarra si inserisce con i fraseggi cui accennavo più su. Nel refrain, mentre il singer scandisce le parole che danno il titolo alla traccia, la chitarra si produce in un fraseggio che si allunga più degli altri e continua fino a fare da raccordo con la strofa successiva, che prosegue come la precedente. Anche qui il fraseggio di chitarra si allunga fino a smorzarsi insieme agli altri strumenti. Segue una parte di transizione, in cui la melodia cambia, infatti la chitarra fa ameno della distorsione per eseguire degli arpeggi su cui la voce esegue una diversa linea melodica con un tono più rilassato; durante questa fase, un'altra linea di chitarra partecipa ad intervalli regolari con note singole, su singole corde, che Norum esegue alzando ed abbassando il potenziometro del volume della sua chitarra. Questo stacco è breve, infatti il crescendo degli strumenti, insieme alla moltitudine di voci di Tempest, riporta la traccia ai ritmi cadenzati su cui l'axeman parte in quarta con limpido assolo, sempre di stampo Blues, ma con maggiore pulizia e velocità delle plettrate. Anche qui il chitarrista riesce comunque a non eccedere nel numero di battute a lui assegnate. Subito parte la terza strofa, non diversa dalle altre, solo qui il ritornello viene allungato e Norum è lasciato libero di correre ancora sul manico del suo strumento fino alla conclusione della canzone, che avviene con due colpi secchi e decisi. Qui si descrive una situazione che mi è capitato di vivere tante volte e forse anche a voi, quella di dover confortare una persona che soffre per un amore non corrisposto e che si confida con te. Qui è Joey che deve ascoltare le lamentele di una ragazza che si strugge per amore di un altro, che la fa soffrire perché è lui ad essere "rincorso". Il singer le dice chiaramente che non capisce come lei accetti di soffrire così tanto, perché è palese che il ragazzo che lei ama gioca con i suoi sentimenti e si permette di illuderla, confonderla. Nonostante ciò ella non fa nulla per evitarlo e cade sempre nel tranello, nella speranza che possa nascere qualcosa, salvo poi tornare da Tempest ferita; è così ogni volta, è stata maltrattata di nuovo. Non si rende conto però che qualcuno la ama profondamente ed è proprio il suo confidente che la pensa di continuo e vorrebbe dirle che lui non la tratterebbe mai e poi mai come un oggetto. Se solo lei si accorgesse.

Aphasia

A metà disco "Aphasia", unico strumentale dell'intero lavoro, a firma Norum ovviamente, in cui il giovane Guitar Hero può sfogarsi e fare sfoggio della sua ottima preparazione. Tutti gli strumenti partono insieme, ma è subito chiaro che la parte del leone la farà la chitarra. Sorretto da una batteria [minimale] e da un basso seducente, il riff che il chitarrista ha ideato quale introduzione della traccia è quantomeno magnetico e tranquillamente ascrivibile a quelli di estrazione Neoclassica. La linea melodica che funge da strofa non è da meno in quanto ad efficacia ed aggiunge una nota di gravità, quasi a voler trasmettere con la musica l'afasia citata nel titolo della traccia. Ancor più bella e la melodia quando una seconda chitarra, ovviamente armonizzata, entra a doppiare il lavoro della prima, fino al momento in cui tre break, scanditi da altrettante rullate di batteria, ci trasportano alla sezione dedicata al solo in cui Léven e Reno riprendono il ritmo normale, mentre Norum spicca il volo e si produce in un assolo perfetto in cui, a conferma della sua indole, la quantità di note sciorinata non manca assolutamente di cuore. Il ragazzo passa agevolmente da note più distese e scarne a velocità sostenute, espresse attraverso scale vertiginose, per poi mutare in un accattivante tapping fino a terminare questo suo momento di massima evidenza con il ritorno alla melodia più pura. Di nuovo i breaks con relative rullate di batteria e si riprende con il tema portante fino al finale che avviene con un crescendo di tensione e si arresta secco, seguito dal suono di un tuono.

Wings of tomorrow

La title-track, "Wings of Tomorrow" (Le ali del Domani) appunto, è un mid-tempo con i fiocchi, che parte deciso senza troppi fronzoli.  L'inizio è impattante, batteria e basso in principio eseguono dei colpi singoli, che vanno ad accentare la parte di chitarra ritmica che fa da base alla strofa, una progressione molto semplice e lineare alla quale si aggiunge ben presto il basso che ne seguirà la stessa linea melodica, mentre la batteria muta anch'essa in un normale ritmo d'accompagnamento. La voce presenta di nuovo l'effetto eco ed è penetrante, ben bilanciata con quanto fatto dagli strumenti. Una progressione di accordi ascendente di basso e chitarra, in cui la questa metallizza un po' di più il suo lavoro, eseguendo delle parti in palm muting, senza però eccedere in durezza, irrigidisce leggermente l'atmosfera, andando a creare tensione che sarà sfogata nel ritornello, in cui l'apertura melodica riporta il tutto ad un certo equilibrio. A farsi notare qui è John Léven che con il suo basso va ad eseguire delle modulazioni squisitamente melodiche.  Dopo la seconda strofa, ovviamente identica alla prima, irrompe l'assolo alla sei corde, dapprima più blueseggiante e non troppo prolisso, poi una vertiginosa scala ascendente piena zeppa di note parte dai primi tasti dalle corde basse (dal 4° circa) e volando sul manico della chitarra arriva fino alle posizioni intermedie delle corde alte, in cui una bella apertura melodica torna ad un numero di note meno copioso e disegna una melodia che andrà ad influenzare in parte gli assoli in futuro. La ritmica eseguita in supporto al solo è di quelle che non si limitano a fornire una sterile base, ma valorizza ancora di più il lavoro di Norum. Senza indugio parte la terza ed ultima strofa, seguita dal chorus e da un altro guitar solo, la solita degna espressione di bravura da parte del chitarrista, che ci accompagna alla conclusione sfumata della traccia. Il testo della title-track è un invito ad avere fiducia nel futuro, un inno alla speranza. Quello di cui gli Europe ci parlano è un mondo dilaniato da continui conflitti, continuamente sotto la minaccia di una guerra nucleare. Torna qui la considerazione già fatta nell'analisi di un testo del loro primo album e cioè il clima generato dalla Guerra Fredda, uno spettro che negli stessi anni in cui il gruppo incideva i suoi primi lavori incombeva costantemente sul mondo, i cui effetti erano evidenti soprattutto nella Vecchia Europa. Viene citata la condizione degli stati nel 1984, che non è soltanto l'anno di pubblicazione dell'album in questione, ma un velato riferimento al 1984 orwelliano. Questa pesantissima atmosfera lacera l'anima, sembra quasi di sentire un affilatissimo rasoio che da dentro dilania le viscere, tale è la sensazione indotta dalle brutture cui si è costretti ad assistere. Non si può cambiare tutto in una notte, non ci si può svegliare e trovare tutto cambiato, ciò nonostante l'esortazione è quella a cavalcare le ali del domani, un modo di dire di  non perdere la speranza.

Wasted time

Una rullata di batteria dà avvio a "Wasted Time" (Tempo Sprecato), un altro fra gli episodi più duri del disco, non velocissimo, ma metallico, aspetto messo in risalto soprattutto dalla chitarra, suonata in terzine con la tecnica del palm muting, che consente di catalogarlo come cavalcata. Anche qui la progressione è piuttosto lineare, senza particolari stravolgimenti. Il basso segue la chitarra, mentre il drumming, basilare, prosegue comunque senza ostacoli. Le tastiere tengono accordi lunghi e d'effetto che riempiono il suono creando atmosfera. Anche la parte vocale si presenta più ruvida che nei brani precedenti, Tempest canta infatti con una lieve punta di rabbia nella voce. La traccia prosegue il suo cammino lungo le consuete successioni di strofa-ritornello strofa-ritornello e dopo questo secondo, sempre sulla ritmica metallica, fa il suo ingresso una seconda chitarra con accordi semi-distorti e poi ancora una terza che su singole corde tiene note lunghe su cui Norum dosa efficacemente l'utilizzo del tremolo del ponte della sua chitarra. Entrambe le linee mutano poi in un fraseggio classico armonizzato ed il risultato è stupendo, adeguato nel dare l'idea di un vicendevole rincorrersi. dopo l'ultima nota di quella corsa  a due subito l'ultima sequenza di strofa e refrain che viene ripetuto, unitamente ad un altro assolo, fino alla conclusione sfumata. Tempo sprecato è l'argomento della traccia, tempo sprecato a lottare e versare sangue in tutto il mondo martoriato dalle guerre fin dalla comparsa dell'uomo sulla terra. Non si sa bene in quale remoto angolo della terra ci si dovrebbe recare per sfuggire a tutto ciò, la situazione è così preoccupante cupa che la visione del futuro non è assolutamente chiara e tutto ciò che riesce ad intravedere del futuro è la continua fuga per nascondersi ed allontanarsi così dagli orrori della guerra. L'angoscia è grande ed è facile esplodere in un pianto liberatorio. E' solo tempo perduto perché questo nostro mondo è fatto per gli amanti, quindi l'amore dovrebbe essere l'unico motore a muoverlo, senza conflitti che lo impregnano con il sangue, soprattutto degli innocenti.

Lyin' Eyes

Decisamente più duro e veloce l'ottavo brano, dal titolo "Lyin' Eyes" (Occhi Bugiardi). Questa volta è un effetto di tastiera, in crescendo, ad esordire, ma subito gli altri strumenti fanno il loro ingresso, all'inizio con delle note singole suonate tutti insieme, poi la velocità prende il sopravvento e si inizia a pestare a dovere, fino ad una breve pausa, ma poi si continua sulla stessa linea. Anche qui la voce del singer è più "battagliera", Tempest mette da parte i suoi consueti toni più melodici in luogo di un cantato più grintoso che metta in risalto lo stato d'animo di disappunto espresso nelle liriche della traccia. Nel chorus la voce si sposta leggermente in scream e viene doppiata da una seconda linea vocale. Dopo il refrain la seconda strofa parte immediatamente senza la possibilità di riprendere fiato per un attimo, sempre con il piede premuto sull'acceleratore, come se il gruppo rappresentasse idealmente un ariete che va a cozzare contro un ostacolo per abbatterlo. Ovviamente, per amalgamarsi al meglio al mood del brano, l'assolo di chitarra, anche se meno lungo del solito, è furioso, ma pur sempre preciso e pulito, una cascata di note che sembrano eruttate da un vulcano; termina con due note tenute proprio mentre tutto il gruppo rallenta per un attimo prima di ripartire ancora una volta a tutta velocità con la terza strofa e relativo chorus. Tre colpi suonati di seguito uno dopo l'altro più lentamente, ne precedono altri tre che chiudono definitivamente la traccia. Ancora questioni di cuore vengono trattate in questa traccia, ma di quelle che non hanno un lieto fine. Joey infatti si rende conto che la donna che lui ama non prova più nulla per lui e può intuirlo guardandola semplicemente negli occhi perché li vede freddi come il ghiaccio. Qualcosa in lei è profondamente cambiato, ha perso ogni interesse nei confronti del ragazzo, quella freddezza che lui vede nei suoi occhi ha preso il sopravvento ed ora il ghiaccio scorre anche nel sangue di lei. Lo ha ingannato con i suoi occhi bugiardi, gli ha spezzato il cuore senza alcuna pietà e la sofferenza è accresciuta dal fatto che lui si ha dato tutto se stesso, si è lasciato travolgere totalmente dall'amore e dalla passione. La situazione è così intollerabile che addirittura lui arriva ad augurarle di morire o quantomeno di soffrire atrocemente per farle capire cosa si provi ad essere trattati a quel modo. se lei se ne andasse lontano sarebbe meglio, solo così il giovane potrebbe provare un po' di sollievo perché ha dato tutto se stesso.

Dreamer

Dopo molti brani più orientati sulla durezza, ecco che arriva il momento di un'altra powerballad: "Dreamer" (Sognatore), la seconda ed ultima del platter. A presentarci la traccia è una delicata melodia di pianoforte, dal gusto decisamente classico, eseguita con [fraseggi] [arpeggi] che sono autentica poesia. Dopo questa intro un attimo di pausa e la stessa melodia parte di nuovo, affiancata questa volta dalla voce di Joey e da tastiere in sottofondo. Così si svolge una parte della strofa, ma nell'altra parte si uniscono anche basso, batteria e chitarra; i primi due con un accompagnamento basilare come richiesto generalmente da questo tipo di canzoni, la terza con arpeggi in clean tone. Nel chorus arriva anche la distorsione della sei corde e quella che era una ballad sconfina appunta nel campo delle powerballads. Più voci entrano in appoggio di quella principale e la chitarra dà ancora più forza. La seconda strofa viene eseguita da subito con il contributo degli altri strumenti (la chitarra sempre in arpeggi) e prosegue senza intoppi fino al refrain, davvero ben congegnato e coinvolgente, al termine del quale l'assolo di Norum contribuisce a far risaltare l'atmosfera poetica e sognante. Il fraseggio è delicato ed incisivo, con un numero di note decisamente esiguo rispetto al solito, ma ben scelte ed esprime maggiormente la sua bellezza nei momenti in cui una seconda chitarra armonizzata interviene in appoggio della prima, per un risultato che potrebbe scatenare lacrime di commozione nell'ascoltatore. Poi di nuovo il refrain ripetuto ad oltranza, che va a sfumare e concludere il brano. Chi è il sognatore di cui il gruppo ci narra? E' un uomo che di notte, solitario, si reca sulle sponde di un fiume e cerca nelle stelle il senso di ciò che gli è accaduto nell'arco della sua vita. Guarda le costellazioni e cerca di contare e riconoscere le stelle che le compongono. E' lì, in tarda notte, tutto solo che riaffiorano i pensieri della vita passata e ricordare i tempi che furono lo fa piangere  perché riaffiora anche il ricordo di avvenimenti dolorosi, anni in cui ha sofferto profondamente, forse a causa della solitudine perché lui è un sognatore e come tale viene guardato con diffidenza dagli altri, da chi vede in lui un diverso. Il sognatore prova ad agire come tutti gli altri, ma non può cambiare ciò che in fondo è ed andrà quindi avanti per la sua strada continuando a cercare risposte negli astri. 

Dance the Night Away

Il commiato è costituito ancora una volta da un tiratissimo brano di autentico Hard Rock, dal titolo "Dance the Night Away" (Ballare Tutta la Notte). Diretta discendenza di Rainbow e Deep Purple, riletto però con un suono più scintillante e cromato, tipico del periodo ottantiano;  la canzone si apre infatti con un riff che rimanda naturalmente a quelli di fattura del Man in Black Richie Blackmoore che tanto hanno insegnato alle future generazioni di rockers. Come in altri casi, ad iniziare è la chitarra con una fragorosa ritmica, mentre gli altri strumenti in principio evidenziano gli accenti e poi partono all'assalto pure loro fino alla strofa in cui avviene una variazione: chitarra e basso procedono in stop and go mentre la batteria è l'unica a continuare senza pause. Joey Tempest con piglio da rocker inarrestabile, con voce roca in alcuni momenti.  Durante il finale di strofa Norum interviene con un fraseggio che termina, sfumando, nella parte di transizione che precede il refrain e che vede il ritorno di basso e chitarra ritmica a dare più corpo alla musica prodotta; in particolare il basso di John Léven appare più pulsante ed aggressivo. Il chorus, in cui intervengono altre voci, è di quelli adatti ad essere intonati a pieni polmoni durante le rappresentazioni live, da singer e pubblico; al termine ancora un rapido fraseggio di chitarra. Il copione si ripete identico fino ad arrivare al guitar solo, in cui l'axeman ci fa dono di un'altra spettacolare prova di abilità, eseguendo vertiginose scale che rischiano di surriscaldare le corde del suo strumento.  Terminata questa valanga di note, la ritmica iniziale ci consente di prendere un attimo il fiato, mentre Norum tira fuori dalla chitarra degli armonici ed un altro veloce fraseggio quando la strofa riprende, sempre con basso e chitarra in stop and go. Dopo il terzo ed ultimo ritornello un altro breve assolo, quello finale, si rimette in evidenza mentre la traccia va a concludersi in modo quasi ingannevole, dato che più volte sembra arrestarsi per poi riprendere, fino alla conclusione brusca. E' quasi sempre l'amore a caratterizzare le liriche di Tempest e quest'ultimo brano non fa eccezione, proprio perché a mettergli in circolo un'energia tale da spingerlo a ballare tutta la notte è, oltre alla musica, la semplice vista della sua amata. Gli fa battere forte il cuore ed i suoi sensi sono così profondamente acuiti, la sua percezione così sviluppata che può sentire indistintamente anche il cuore di lei batter all'impazzata; anche la musica contribuisce ed è cos' forte che potrebbe far saltare in aria il pavimento. La vicinanza della sua amata è un detonatore potentissimo ed averla accanto gli fa venire voglia di ballare, di dimenarsi e non fermarsi mai più. Quando si trova in quello stato di eccitazione non vorrebbe mai sedersi, deve muoversi in continuazione perché sente dentro di se un'energia quasi infinita; si sente pieno di forze ed il suo cuore non sarà mai freddo.

Conclusioni

Termina qui la trattazione del contenuto del secondo capitolo discografico degli Europe, una trattazione che ci ha permesso di verificare il notevole salto di qualità nella scrittura da parte del gruppo scandinavo, le cui potenzialità erano comunque ben intuibili già dall'esordio di appena un anno prima. L'asticella si è spostata indubbiamente verso una maggiore durezza della proposta musicale dei ragazzi, requisito per altro caratteristico dei primissimi anni di vita del gruppo, cosa verificata nel primo full-lenght, ma qui valorizzata da una produzione migliore, pur se non ancora eccelsa. Anche se, tranne "Aphasia", tutti i brani portano la firma del frontman, si può a ragione ipotizzare che sia stato soprattutto lo scalpitante chitarrista a spingere in direzione di un suono più metallico ed affilato. Uso l'aggettivo scalpitante perché nelle canzoni che compongono questo platter il giovane axe hero ha dimostrato di essere il più convinto rocker del combo, cosa che gli verrà riconosciuta anche in futuro e perché con il suo lavoro alla sei corde ha apportato una dose di energia, di carica aggiuntiva ai già energici brani del disco. L'affiatamento all'interno del gruppo è aumentato, le doti tecniche sono cresciute ed il combo (Joey su tutti) dimostra di aver una certa inclinazione per concepire e realizzare brani trascinanti, potenti quando occorre e mielosi al punto giusto. Inoltre qui si notano dei germogli che verranno a maturazione in futuro e che permetteranno di scrivere delle hits che segneranno un'epoca e contribuiranno ad edificare il successo mondiale del Suono Duro. Dopo una prova così convincente è l'ora di partire per l'inevitabile tour in modo da portare sul palco la stessa incandescente attitudine mostrata in studio. La serie di shows parte da casa propria, da Mjolby per la precisione, una piccola cittadina nel sud della Svezia e presenta ai fans un gruppo più compatto che in più può contare su un equipaggiamento migliore ed infatti gli show ne beneficiano. Quello è anche il momento in cui gli Europe cedono al trendismo del momento ed attuano un radicale cambio di immagine, adottando acconciature cotonate e vestiti più appariscenti. Non mancano però avvenimenti che rischiano di rallentare gli entusiasmi della band, come il licenziamento di Tony Reno, accusato di non dedicare il giusto impegno alla causa del gruppo. Questo avvenimento di fatto porta ad un arresto del "Wings of tomorrow tour", ma i ragazzi riescono a rimediare alla difficile situazione quando entrano in contatto con Hakan ian Haugland, batterista dei Trilogy, che dimostra da subito di integrarsi benissimo nel combo. Non è l'unico cambiamento: già durante le date del tour, Joey si rende conto che non può dividersi efficacemente fra il cantato e le tastiere, anche e soprattutto perché il suo apporto ai tasti d'avorio risulta limitante per l'edificazione della sua immagine di uomo-simbolo della band; è per questo che già durante il tour viene reclutato un tastierista di ruolo, Gunnar Mathias Michaeli, che svolge in modo egregio il compito assegnatoli ed in ragione di ciò si vede proporre il ruolo di tastierista fisso nella band da lì in avanti. Con il famosissimo senno di poi possiamo tranquillamente affermare che è questo il cambiamento più importante e significativo che riguarda la formazione scandinava, perché porterà ad una evidentissima variazione nel suono e nello stile musicale futuri. Il domani appare roseo e non a torto, nessuno però immagina che nel giro di un paio d'anni le vite dei cinque ragazzi saranno stravolte per sempre. Il dominio (seppur temporaneo) del mondo si avvicina!

1) Stormwind
2) Scream of Anger
3) Open your heart
4) Treated bad again
5) Aphasia
6) Wings of tomorrow
7) Wasted time
8) Lyin' Eyes
9) Dreamer
10) Dance the Night Away
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