EUROPE
War Of Kings
2015 - UDR

CHRISTIAN RUBINO
19/02/2020











Introduzione Recensione
"War Of Kings è l'album che abbiamo sempre voluto fare, fin da quando eravamo bambini e ascoltavamo band come Zeppelin, Purple e Sabbath. E dopo aver sentito la sorprendente produzione che Dave Cobb aveva realizzato per i Rival Sons, abbiamo voluto semplicemente lavorare con lui. La nostra avventura continua"!
Quest'affermazione, rilasciata dal leader Joey Tempest tramite comunicato stampa antecedente all'uscita del disco, dimostra come la band sia più interessata a creare lo stile musicale che li ha influenzati come musicisti invece di produrre qualcosa da trasmettere alla radio per vendere più dischi possibili. Il risultato finale è uno dei migliori album di hard rock classici pubblicati finora negli ultimi anni e soprattutto la migliore opera degli Europe dai tempi della reunion. C'è qualcosa di sbagliato nella scelta artistica di questi famosi rockers? Non di sicuro, se si pensa che gli svedesi stanno facendo la stessa cosa di gruppi importanti come, i Thunder, i Whitesnake e i Def Leppard, cercando di sopravvivere invece di adattarsi alle tendenze del momento. In effetti, questo decimo lavoro discografico, il primo sotto l'etichetta discografica UDR Records, mostra dopo un decennio dal ritorno sulle scene, che questi musicisti hanno intrapreso un percorso qualitativo molto importante: un suono più organico, una produzione più pesante e moderna, ma soprattutto quest'opera è stata creata e pubblicata con un senso di fiducia, di maturità e, di consapevolezza disarmante.
Ogni song integra la successiva e ogni traccia possiede un robusto hard rock e una grande ispirazione melodica senza mai tentare di deludere i fan con dei suoni vicini al mitico platter di "The Final Countdown": "Abbiamo cercato quell'atmosfera unica e quelle sensazioni durante la registrazione. Abbiamo usato una vecchia tastiera, abbiamo usato un organo? tutto è stato usato per costruire un'atmosfera e un fantastico nuovo album con canzoni pesanti, canzoni leggere? questo è quello che abbiamo ottenuto, un album ricco di emozioni". (Joey Tempest). Sono convinto che la coerenza sia la più grande forma di onestà che incute fiducia a chi ci sta vicino, ma allo stesso tempo è apprezzabile non fingere o sforzarsi di fare qualcosa che non si ama follemente. Ancora oggi alcuni critici e i vecchi fan del combo scandinavo non accettano questa incredibile metamorfosi degli svedesi, nonostante sia passato un trentennio dall'hair metal americano del buon album "Prisoners In Paradise". L'abitudine di ascoltare musica e di collaborare insieme nella fase del sogwriting è la chiave di questo nuovo processo creativo del gruppo. Sia ben inteso che gli Europe non inventano niente di nuovo, ma con l'aiuto del giovane produttore Dave Cobb riescono ottimamente a pulire il suono del loro rock settantiano e a ottenere dei sorprendenti e ispirati arrangiamenti moderni, rivivendo così una seconda giovinezza. Intrigante è anche la copertina del disco, che è molto curiosa perché rappresenta una partita a scacchi con un uomo che indossa abiti molto eleganti. Che cosa significa? Sicuramente rappresenta i potenti di oggi: un astuto Leader politico dei giorni nostri, un furbo uomo d'affari, uno scaltro manager o anche una persona benestante che ha tra le mani la possibilità di manipolare e giocare con la vita degli altri pur di ottenere i propri fini e tutelare i propri interessi. Generalmente gli scacchi sono considerati un gioco per persone intelligenti o per studiosi, proprio per la possibilità di avere davanti uno scenario simbolico in cui intrappolare l'avversario senza che lui se ne renda conto. Riflettendoci bene gli Europe, abbandonato il look della fine degli anni '80, fatto di capelli cotonati, trucchi e sonorità mainstream si presentano in questo nuovo millennio a un pubblico selezionato, intelligente, competente e figlio di un hard rock che cominciò a nascere negli anni '70 e che ha forgiato e, influenzato fortemente il metal fino ai giorni nostri. In War Of Kings l'ottimo sforzo chitarristico e l'abilità di John Norum sono inaspettatamente oscurati dalla perfetta performance del suo compagno dietro il microfono. L'indomabile talento di Tempest, che non mostra alcun segno udibile d'invecchiamento, è ancora sbalorditivo e allontana quello stereotipo di playboy degli anni '80, persecutorio e riduttivo per un musicista completo come lui. In questo lavoro, nonostante l'età, le sue corde vocali brillano dalla prima all'ultima nota del disco: "Ho imparato che la mia voce è cambiata. È la voce di un uomo che fa molti tour. Sono sempre stato abituato a sentire la mia voce e ora in quest'album mi sembra fantastica. Credo che sia uno dei miei migliori lavori vocali. Ho imparato molto ad aver fiducia nella mia voce. Semplicemente cantare, senza analizzare. È una cosa delicata per un cantante: la vita è diversa, ma quando sei in studio, ti preoccupi di come possa suonare la tua voce, se sia troppo forte, o che gratti troppo. E ho imparato questo, semplicemente cantare senza avere paura. Sono molto contento". Il risultato finale è un lotto di dodici brani da ascoltare e da esplorare attentamente per apprezzarne il calore espressivo, il raffinato e potente tocco dei nuovi Europe.

War Of Kings
Il lento tuono di apertura, War Of Kings (La guerra dei Re), è la traccia che apre e che sceglie il nome al decimo album degli Europe. Da un'idea di John Leven e grazie alla creatività del leader Joey Tempest, nasce una song robusta ed epica perché il biondo leader ritorna per pochi minuti bambino pensando, nella composizione del testo, al romanzo d'avventura che leggeva da piccolo: "The Long Ships" di Frans G. Bengtsson, sull'antica Svezia. Grande idea scrivere il testo sui primi giorni della sua terra natia, coinvolgendo i leggendari Vichinghi e le battaglie tra scandinavi. Ci sono state battaglie importanti all'inizio, in cui i re autoproclamati stavano combattendo contro i sovrani eletti. C'era il caos: " Ho pensato che fosse uno sfondo affascinante per un testo, e le melodie e i riff si prestano a esso"(Joey Tempest). Nello specifico, la storia del famosissimo vichingo e condottiero Erick il rosso, che viaggiò in tutta Europa e dove sono pure approfondite due famosissime battaglie tra i regnanti di Norvegia, Svezia e Danimarca: "In quella notte, sotto il furente cielo del Nord, i semi della leggenda giacciono. Cresciuto, quasi come un uomo, la guerra dei Re inizia". Questa titletrack apre così le ostilità nell'ascolto dell'opera con un'atmosfera belligerante e sinistra, con un sound tipicamente nordico e vichingo, dove il mellotron militare di Michaeli, con i suoi micidiali effetti dipinge un campo di battaglia insanguinato e oscuro. Il vincitore debella il male, riportando con il sangue alla pace, così come la band ha sconfitto i suoi mali del passato, combattendo contro chi li osteggiava e riconquistando dopo anni una tregua interiore: "In una terra lasciata nell'oscurità, un esercito sta ridendo sui pagani morti. Ai Re inchinati, le loro ossa sono messe in mostra". La sensazione iniziale è quella di essere trasportati indietro nel tempo alla nostra giovinezza e, soprattutto all'energia dei tempi di "The Final Countdown" ma naturalmente con le dovute differenze artistiche. "War Of Kings;" è un blues / rock epico, minaccioso e dannatamente coinvolgente, che abbina i riff del grande Tony Iommi a quelli organistici tipici del compianto Jon Lord dei Deep Purple.

Hole in my Pocket
Il passato porta verso un nuovo futuro! Proprio così e, in effetti, questo poteva essere il titolo della seconda traccia in scaletta intitolata invece: Hole In My Pocket (Foro nella mia tasca), che ricorda moltissimo il suono dei mitici Thin Lizzy per l'armonia cadenzata dei riff di chitarra di John Norum, per il ritmo preciso tenuto energicamente dal basso di Leven e dal veloce drummer di Haugland. Il testo parla del ricordo del loro celebre trascorso che conduce a un futuro speranzoso, ancora ricco di luce e di soddisfazioni: "Ascolta il grido dell'arco di battaglia, Dio sta lavorando a modo suo stasera. Molto indietro siamo su questa strada ma è un futuro senza il quale posso vivere". La song dall'andatura rapida e scattante trova l'apice nell'assolo funambolico di Mr. Norum, in stupenda forma, che dimostra quanto il rock degli anni '70 sia stato fondamentale per la sua formazione di chitarrista. Gli Europe non copiano o scimmiottano le canzoni di chi ha fatto la storia di questo genere musicale, bensì le adattano a un songwriting ancora vitale e vibrante, rendendo quelle sonorità funzionali alla loro tecnica. Non pretendono, né tanto meno si scoraggiano di ritrovare la gloria o le vendite degli indimenticabili eighties perché i tempi sono cambiati e da artisti maturi quali sono, cercano per lo più consensi e appagamenti personali: "Non pretendiamo, Non pretendiamo. Non è la fine, sarà meglio di così". Nel brano si sente anche un grande amore per gli Ufo, che è evidente nel sound, con un John Norum fissato sul classico riff strozzato, tipico dei grandi guitar hero della vecchia scuola metal.

The Second Day
Gli introduttivi tocchi morbidi di chitarra elettrica e di keyboards sono il preludio di un groove molto intenso, dove la straordinaria voce di Tempest grida al mondo sull'imminente pericolo in arrivo e sull'aver superato il punto di non ritorno. The Second Day (Il secondo giorno) si riferisce a una situazione di auto distruzione del nostro amato e maltrattato pianeta. La cosa, che fa arrabbiare i nostri eroi sono le bugie sulla salute della Terra e l'indifferenza dei potenti del mondo, che si rifiutano di prendere dei seri provvedimenti per salvare il salvabile: "Non c'è niente qui che non possa essere spiegato. Il secondo giorno le voci volano, la gente parla di una bugia senza precedenti. Il terzo giorno, bene, da dove comincio: il dolore, la rottura del cuore umano. Il quarto giorno la pressione soffierà. Il mondo è un posto che conoscevamo. Il quinto giorno nessuna direzione verso casa. Cielo vuoto, terra vuota, tutto è finito". Il brano ha uno stile AOR diviso tra un suono orchestrale e un rock classico che si basa su un'accattivante strumentazione. Il formidabile coro, l'aria sinistra del pezzo, i corpulenti accordi di John Norum e le tastiere tipiche dei migliori Deep Purple chiudono divinamente la traccia, mostrando il nuovo marchio di fabbrica degli Europe. L'assolo del guitar hero è poi la ciliegina sulla torta, per uno dei migliori brani che la band abbia scritto da tanto tempo a questa parte! Gli svedesi non sono pessimisti e auspicano che qualcosa possa cambiare, lanciando un messaggio di speranza: "C'è un posto che non possiamo raggiungere. C'è una luce che non possiamo vedere. C'è una speranza che non cederà. Dovrebbe essere tutto ciò di cui parliamo". Terremoti, tempeste, uragani, piogge radioattive, bombe d'acqua, incendi boschivi... la Terra soffre soprattutto per colpa dell'uomo e ce lo sta dimostrando in ogni modo. Tema, quello dell'inquinamento e del cambiamento climatico, ancora attualissimo e senza soluzioni all'orizzonte. Uno dei pochi imput su questa drammatica situazione è partito dalla piccola attivista Greta Thumberg, che come gli Europe diffondono lo stesso messaggio e guarda caso provengono entrambi dalla civile Svezia, tanto ammirata nel mondo per la sua modernità e le sue politiche ambientali.

Praise You
Praise You (Lodarti) è una canzone lenta e dalle venature blues, con una melodia placante che riappacifica l'ascoltatore con se stesso. Il riff introduttivo e i rulli frenetici di batteria ingannano perché sembrano proiettare la traccia verso un robusto metal ma dopo un minuto questa scarica iniziale si quieta con l'arrivo della voce bluseggiante e melanconica del veterano vocalist che calma le acque agitate. Non una ballata nel vero senso del termine perché gli altalenanti e forti riff e, i continui cambi di tempo ne fanno un bel pezzo di rock and blues. Per gli autori: Joey, Mic e Dave Cobb c'è qualcosa di pazzesco e d'inspiegabile nel sentimento dell'amore; due esseri viventi, completamente diversi e differenti in tutto, s'innamorano cominciando così un viaggio comune di condivisione e donazione reciproca. C'è di più nel pensiero degli scrittori: "La gratitudine" di un uomo innamorato della propria donna che l'ha aiutato, con il suo sentimento, a uscire dal baratro dove era precipitato. Brano d'amore e dalle forti emozioni suscitate dalla chitarra di Norum e dalle tonalità camaleontiche dell'espressivo singer. Beato, chi ama ed è amato perché questo potente sentimento riesce a salvare l'essere umano dai precipizi e dalle difficoltà della vita: "Due giovani amanti che si muovono lentamente. Un desiderio che non possono nascondere. C'è una città, la nostra città, ci ha unito insieme ai nostri tempi". Stavo andando alla deriva". Il quasi ritornello è una lode e un ringraziamento per questa meravigliosa emozione, entrata prepotentemente nel pensiero e nella mente dei due innamorati: "Voglio ringraziarti, lascia che sia detto. Voglio lodarti dappertutto. Voglio lodarti bene. Dalla prima volta che ti ho visto. Devo solo essere nella tua mente. Devo solo pensarti". Un bluesy spazioso e d'alto livello, con una serie di riff stridenti e allo stesso modo rilassanti. Una delle migliori tracce della scaletta e il miglior esempio di songwriting dell'album, con un suono che riporta alle fattezze proprie dei Whitesnake di Dave Coverdale ma soprattutto all'adrenalina degli immortali Led Zeppelin.

Nothin' to Ya
Si potrebbe pensare che a questo punto dell'opera, l'intensità dell'album possa rallentare, ma no! Il disco diviene solo più energico con l'hard rock bombardante di Nothin' To Ya (Niente per te), una traccia molto potente e con un coro arricchito da un armonioso organo. Ah l'amore! Sentimento indispensabile e insostituibile ma anche difficile da raggiungere, per il timore di non essere corrisposto. Gli Europe, da veri romanticoni quali sono, trattano spesso questo straordinario impulso e in questa canzone tutti e cinque gli artisti creano una song emotiva nel testo ma a tutti gli effetti metal e potentissima nel sound, che se accelerata nel ritmo poteva anche essere più heavy: "Di tutte le strade, di tutti i giorni, dovevi solo invadere il mio spazio. Di tutte le regole. Di tutte le mie affermazioni. Il desiderio doveva solo essere fatto su di te. Oh c'est la vie''. La Keyboard di Mic è sempre fondamentale nell'equilibrio delle composizioni e mantiene le giuste distanze tra l'hard rock classico e l'heavy metal tradizionale. Norum con la sua chitarra infernale si trasforma in un diavoletto sprigionando riff taglienti e bollenti, soprattutto nell'assolo che sembra provenire direttamente dalle fiamme dell'inferno. La strofa nel testo è anche un bruciare di passioni e di dubbi per l'amata perché spesso, in un rapporto, c'è sempre qualcuno che ama più dell'altro: "Se giuri che non provo niente per te. Mano sul cuore. No, io non posso farlo per te. Ma se stai mentendo, verrò per te. Di tutte le parole e di tutti i nostri combattimenti, questi sono diventati i migliori anni della mia vita". Il riff iniziale della traccia è rovente e la batteria di Ian Haugland non perde un solo battito di pelle riuscendo a mantenere in pista nei tempi gli altri compagni, per una song che alla fine offre un momento di pausa con la chitarra blues di John. I sublimi stacchi vocali del singer dettati dalle tastiere, tornano nuovamente per immortalare un altro episodio di grande rock.

California 405
L'autostrada 405 della California, che corre lungo le parti meridionali e occidentali dell'area urbana di Los Angeles, da Irvine a sud fino a San Fernando a nord è una delle più trafficate e più congestionate arterie degli Stati Uniti d'America. In California 405 (California 405) gli autori: Tempest e Michaeli si rifanno al sound dei famosi seventies raccogliendone meritatamente il testimone e scrivendo un testo che coinvolge l'amata e bellissima California, che soprattutto Joey si porta nel cuore. Questa è una canzone sulla speranza e sul sogno. È stata ispirata dal tempo che la band aveva trascorso in California alla fine degli anni '80 e all'inizio degli anni '90. La stranezza, se vogliamo chiamarla così, sta nel fatto che il vocalist svedese non racconta le tante bellezze di questa terra ma solo di una lunghissima, affollata e famosa tangenziale statunitense. In realtà il maturo vocalist ricorda i periodi in cui noleggiava un'auto, metteva un po' di musica rock e guidava in quest'affascinante arteria stradale. Adesso tutto è cambiato. Los Angeles è un posto completamente diverso per quanto riguarda la musica, il canale televisivo MTV, l'airplay e il rock trasmesso in radio. L'apertura, con l'organo vintage di Mic, è semplicemente un inno alla libertà che, metaforicamente, solo una strada gigantesca come questa può rappresentare: "Ora stiamo rotolando giù per la California 405. La notte è spalancata. Oh come è cambiato questo mondo, ma stasera siamo di nuovo liberi. Baby, per camminare ovunque". Liberi da che cosa? Innanzitutto dal clamore degli anni '80, dal controllo della vecchia casa discografica, dalle truffe del vecchio manager Thomas Erdtman e dall'esprimere liberamente la propria creatività. In un certo senso questa street americana rappresenta simbolicamente per i vichinghi il loro nuovo viaggio artistico e professionale. Alla luce di questa stupenda canzone è per quello che si è sentito fino ad ora, la fine di questa pazzesca circonvallazione o la conclusione della loro carriera musicale è per fortuna ancora lontana. Gli Europe però non s'illudono perché sanno che ripartire, da un nuovo stile, non è facile anche se hanno il grosso vantaggio di avere un buon seguito perché conosciuti e stimati in tutto il mondo: "Beh, nessuno è pazzo di nessuno. Nessun segnale di uscita sulla strada in cui ci troviamo. Andando fuori dal nulla, con abbastanza luce per vedere". A parte il grande lavoro tastieristico, si sente la solita chitarra dirompente che fa rivivere le emozioni del passato. In questo brano emerge un maggior dinamismo collettivo, dove ognuno esegue egregiamente il proprio compito, non prevaricando sull'altro e dimostrando di essere tutti unti.

Days of Rock n Roll
Days Of Rock n Roll (I giorni del rock 'n' roll), traccia numero sette dell'album, nasce da un'idea di Tempest nel 1988, come riff di tastiera poi abbandonato e ripreso finalmente in questo nuovo lavoro. La canzone parte con un giro di chitarra di Norum che assomiglia a una danza popolare, ma in realtà è un rock melodico con un pizzico di AOR, un 'andatura ritmica spaventosa e la rauca voce di Tempest, che fa tornare alla memoria l'indimenticabile periodo di Ronnie James Dio con i mitici Rainbow. La struttura classica con il solo di chitarra centrale, a rilanciare il finale con rinnovata potenza, sebbene prevedibile e perfettamente incastrato nei meccanismi del genere, riesce a meraviglia nell'intento di caricare l'ascoltatore. Chi in questi anni ha tradito o criticato ingiustamente gli Europe, definendoli dei falliti o un relitto d'altri tempi, dovrà ricredersi e ascoltare attentamente questo disco a partire proprio da questo pezzo: "Qualcuno mi ha detto, abbiamo avuto il nostro momento. Devo credere che il tempo è ancora nostro. Qualcuno ci ha venduto, lungo il fiume. Pieni di graffi e fori di proiettile". Tempest continua a togliersi qualche sassolino dalle scarpe e rivendica la propria bravura, ma soprattutto il fatto di essere il leader di una, vera band di rock and roll. La strofa del ritornello non lascia dubbi: "Arriva scatenato dal nulla come qualche relitto da osservare. Noi ancora beviamo dalla fontana dei giorni del rock'n'roll?". Proprio così, la sorgente incontaminata è quella degli anni '70 e gli Europe riescono a prendere sapientemente queste sonorità, facendole proprie e realizzando il riff più spedito e piacevole dell'album. Il loro momento non è ancora finito. Anzi il bello sembra ancora venire: dopo l'alba e la caduta del rock 'n' roll, è ora tempo della sua grandiosa rinascita.

Children of the Mind
La sensibilità dei rockers svedesi è tangibile anche in Children Of The Mind (Figli della mente), dove l'avvincente e sinuoso sound del pezzo riprende il filo di un album che, sin qui, si è sviluppato tutto sommato in modo omogeneo. La generosa interazione con la tastiera dà alla song un segno rispettoso ai più pesanti suoni del progressive rock degli anni '70 e, strizza pure l'occhio ai leggendari e oscuri Black Sabbath. La leggera e cadenzata chitarra elettrica di John Norum catapulta l'ascoltatore, insieme alla rauca ugola di Joey, nei timori e nei pensieri preoccupati degli Europe per le nuove generazioni di giovani, che sono in costante pericolo. Il pensiero, nella scrittura del testo va ai bambini e agli adolescenti di tutto il mondo ma in particolare negli evoluti Stati Occidentali perché i nostri vichinghi sono genitori e sanno che cosa significa crescere dei figli al mondo d'oggi. La voce di Joey trasuda disagio e preoccupazione, alternando momenti lamentosi ad altri rabbiosi, accompagnata da un muro sonoro, molto scandito, guidato da una grande sezione ritmica e da un ritornello che grida vendetta: "Figli della mente. Nessun sole, nessuna luna, nessun lustro. Rubare luce, rubare tempo. Figli della mente". Una delle tracce più metalliche del disco, con un potente e tecnico riff, un groove accattivante e, le tonalità del singer, che confermano ancora la sua bravura perché tengono egregiamente note alte e potenti. Con Ronnie James Dio alla voce questo brano sarebbe stato ritmicamente ancora più robusto ma il bel vocalist non fa rimpiangere il piccolo cantante dalla grande voce e sciorina, come scritto prima, l'ennesima prestazione irreprensibile, dimostrando il suo magnifico stato di forma. L'assolo al fulmicotone del guitar hero scandinavo, caratterizzato da scale sonore crescenti, è il momento clou del brano. Il superlativo chitarrista riesce, con i suoi morbosi riff, a rendere profonda e attuale questa canzone, trasformandola in un appello e un grido di aiuto per tutti i giovani, che si trovano ad affrontare un futuro rubato per i danni causati dalle generazioni precedenti. Il disagio giovanile è in netto incremento, sono tanti i ragazzi che non dormono, che hanno sbalzi d'umore, hanno paura di fallire, hanno spesso crisi di ansia e pensano di non farcela da soli. Bambini che non crescono in un clima di confronto e di accoglienza familiare, ma di conflitto con i genitori, soprattutto se divorziati. A questo, nei paesi industrializzati, possiamo aggiungere il bullismo, il cyberbullismo e l'autolesionismo. Il vero problema è che la maggior parte dei padri e delle madri non conosce realmente i propri figli perché non ci si ferma a osservarli nella loro quotidianità, a guardarli negli occhi. Si va troppo di fretta, a volte senza saperne il motivo, per colpa di un egoismo radicato nelle nostre menti e nei nostri cuori, che sta divorando le vecchie generazioni: "In una casa di storie costruisci un tempio a tuo nome. Vivi tutta la mia esistenza strisciando di nuovo indietro. Figli della mente. Nessun sole, nessuna luna, nessun lustro. Rubare luce, rubare tempo. Figli della mente". Noi adulti, dobbiamo allinearci ai ragazzi, e non viceversa. Insomma non dobbiamo approcciarci all'adolescenza di oggi pensando a quella nostra ormai passata. Seppur non originalissimo nel sound, questo pezzo è uno dei più profondi inni rock di questa interessantissima opera.

Rainbow Bridge
Rainbow Bridge (Ponte Arcobaleno) è la canzone più anni '80 dell'opera, con atmosfere orientaleggianti nate da una jam tra Tempest e Michaeli, dove il frontman suonava la batteria e Michaeli cantava accompagnato dalle sue amatissime tastiere. Sembra una song uscita direttamente dall'India e in particolar modo dal flauto di un fachiro incantatore e ammaliatore di cobra pericolosissimi. In realtà il serpente non può sentire la musica perché è privo della parte esterna dell'orecchio ma vedendo il "pungi", lo strumento utilizzato dagli incantatori, il rettile si sente minacciato e quindi fa dei movimenti obliqui con il corpo e con la testa. Una specie di danza, che in realtà è solo un trucco per imbrogliare gli esterrefatti turisti. Tra l'altro, a volte gli incantatori cuciono la bocca ai serpenti o li privano delle ghiandole velenifere e dei denti, rendendoli quindi completamente innocui. La traccia ricorda nelle sonorità i grandi Rainbow (anche nel titolo), con una compatta presenza di tastiere, una melodia orecchiabile e un testo immaginario su un ponte di Tokyo, chiamato appunto "Rainbow Bridge", che l'autore vede dall'alto del cielo: "Quindi attraversiamo il ponte arcobaleno. Corriamo per le nostre vite e gli errori che abbiamo fatto. Fino a quando non c'è niente da perdonare. Facciamo rabbia, attraversiamo il ponte arcobaleno". Niente può toccare la speranza che ha ogni essere vivente, intrinseca nella sua anima, di poter cambiare vita cercando il proprio "ponte" di salvezza, lasciando indietro tutti gli sbagli e gli ostacoli incontrati. Una nuova vita senza inganni, senza bugie, senza trucchi in un luogo dove nessuno ti conosce per ricominciare da zero: "Proprio come abbiamo attraversato così tante terre solo per essere qui adesso. Beh, stiamo ancora desiderando un posto in cui non sappiano nulla". Brano autobiografico per la band, dove le corde vocali adirate di Joey gridano, a chi si sente in difficoltà, di non arrendersi e di ripartire con coraggio senza farsi abbindolare o ricattare dal fachiro di turno, ma soprattutto di seguire la bellezza e la qualità della vera arte. Purtroppo, questa società ci bombarda di messaggi subliminali e ci costringe a seguire le mode del momento soprattutto a livello musicale. Da rilevare l'assolo di chitarra superlativo di Norum, tale da creare un'estasi colossale e trasformare "Raimbow Bridge" nell'ennesimo capolavoro di questo disco!

Angels (With Broken Hearts)
Angels (With Broken Hearts), Angeli (Con i cuori spezzati), nasce da un riff composto da John Norum , completato in sala di registrazione con tutta la band e con l'aiuto del produttore David Cobb. E' un pezzo lento e triste perché durante il processo di scrittura, il gruppo svedese, scopre che l'amico e polistrumentista scozzese Jack Bruce (Cream) è morto di malattia. John Symon Asher "Jack" Bruce era conosciuto principalmente per la sua attività nel gruppo dei Cream con il chitarrista Eric Clapton e il drummer Ginger Baker. Commossi, gli Europe e Cobb riscrivono i testi, la cui versione finale riguarda il mistero della morte e la fede in Dio, che manda i suoi angeli a prenderci alla fine della nostra esistenza: "Costruiamo le nostre ali, in così tanti modi. Costruiamo la nostra speranza. È l'ultima cosa a svanire. Costruiamo il nostro amore. Per favore non portarlo via. Costruiamo le nostre vite, sperando che siano quelle che scegliamo. Manteniamo la nostra fede quando non c'è niente da perdere". "Angels" è una ballata intimista e delicata, mai banale con i sottili riff di Norum nuovamente protagonisti e Tempest, che con la voce colma di soul, si traveste per l'occasione da Dave Coverdale, sospiri inclusi. Stupefacenti gli arpeggi di chitarra, che accompagnano la traccia dall'inizio alla fine e gli inserimenti sonori dell'organo di Mic, che fanno prevalere lo stile blues su quello rock. Nonostante la malinconia di fondo, il ritornello è molto melodico e canticchiabile: "Fuori nella notte arrivano questi angeli con i loro cuori spezzati. Ci osservano mentre distruggiamo questo mondo. Oh no! fuori nella notte arrivano questi angeli con i loro cuori spezzati"! Le luci soffuse di questa bellissima ballata portano speranza e coraggio nel vivere fino alla fine le nostre fragili vite, nel ricordo di chi adesso non c'è più: "Fuori nella notte, Arrivano questi angeli con i loro cuori spezzati per te"! L'atmosfera creata dai cinque artisti fa trapelare un sentimento di riconoscenza e di sincera partecipazione al dolore per la scomparsa di colui, che con la sua musica, li ha ispirati portandoli al successo e alla fama internazionale.

Light It Up
Potenti rullanti di batteria, introducono Light It Up (Accendimi), altra traccia proveniente dalla mente creativa di John che, con la sua sei corde, crea un groove ossessionante e ipnotico, condito dalla calda e convincente voce dell'amico Joey. Questa è una canzone Zeppeliniana e Hendrixiana fino al midollo, che gocciola blues da ogni poro e suona più, settantiana alla Gary Moore, rispetto agli altri pezzi dell'album. L'influenza prevalentemente nei riff è quella della vecchia e classica old school ottantiana per un bel mix da ascoltare a tutto volume, che infiamma lo spirito e il cuore di un vero rockers. Le liriche sono sempre dedicate alle nuove generazioni, tema molto caro agli svedesi, soprattutto ai bambini che si apprestano a crescere in un mondo sottosopra e sempre più difficile e pericoloso: "Ora le cose hanno cominciato a cambiare nel mio quartiere. Le ragazze avevano un bell'aspetto e l'alcol cominciò ad avere un sapore così buono. Ogni generazione deve fare il giro della curva perché ogni stella è un sole che sta sbiadendo. Quindi dai, accendila. Ogni bambino deve colpire il terreno e correre. Accendiamola". L'invito è per tutti perché ognuno nel proprio piccolo, facendo il proprio dovere, può accendere un futuro migliore per i nostri figli e per quei bambini nel mondo che purtroppo patiscono la fame e i danni delle continue guerre insensate, che colpiscono sempre i più deboli. Non dimentichiamo ancora una volta i problemi delle nuove generazioni che, a cicli, infatti, ritornano: dipendenze da alcol e droga, problemi alimentari, problemi familiari, difficoltà scolastiche e come scritto prima, i nuovi pericoli derivanti dal bullismo, il cyberbullismo e le scommesse. I problemi che colpiscono i ragazzi sono strettamente connessi all'ascolto delle loro esigenze: ignorarle è il primo passo che spinge i giovani a mettersi nei guai. Il grande groove, della traccia, tenuto in piedi dal basso dirompente di John Leven, dai riff encomiabili del guita hero e i tappetti di tastiera di Michaeli, sigilla la riuscita di un classico hard rock come non se ne sentivano da tanti anni.

Bonus track: Vasastan
Vasastan è una song inconsueta, per il combo, interamente strumentale e scritta da Norum e Michaeli. Prende il nome da "Vasastan", un quartiere di Stoccolma, dove gli Europe hanno registrato l'album nei nuovissimi PanGaia Studios. Musica rilassante, breve ma intensa, in cui il duo di artisti fa uscire dal cilindro una grande atmosfera che va a chiudere in bellezza il disco. Un leggero affresco bluseggiante e nostalgico che rende omaggio all'indimenticabile chitarrista Gary Moore e, dove chitarra e tastiera si fondono, creando una fortissima emozione che fa venire brividi in tutto il corpo. Peccato per la chiusura infelice della traccia, che quando sembra terminata, all'improvviso riparte con il ritornello scemante della titletrack: "War Of Kings".

Conclusioni
La guerra degli Europe continua ancora nel 2015 con un album lento e veloce allo stesso tempo, ma a parte il ritmo, il risultato finale è incantevole. Gli Europe non sono più gli stessi ragazzi del periodo degli anni '80 e questo è un dato di fatto indiscutibile e facilmente confermabile presso qualsiasi ufficio anagrafico svedese. È impensabile propongano un disco pieno di facili hit radiofoniche da lanciare in classifica, anche perché certe sonorità non appartengono più al loro background. Chi ama le sonorità hard rock degli anni settanta, amerà questo disco alla follia. Alcuni segnali di questa virata repentina verso i seventies si erano avuti con platter come: "Start From The Dark", "Secret Society" e "Bag Of Bones", ma la vera fortuna dei vichinghi è stata quella di contattare Dave Cobb nel 2014. Questa è stata la svolta artistica che li ha portati a noleggiare le apparecchiature di registrazione vintage della band scandinava dei The Soundtrack Of Our Lives. La registrazione dell'opera in uno studio moderno appena inaugurato, ma con strumenti musicali del passato, sembra una contraddizione ma è invece un ulteriore ricerca di qualità del suono. Paura del cambiamento? Proprio loro che hanno avuto il coraggio di rivoltare il loro glorioso sound come un calzino? No, il motivo è semplice; in questo nuovissimo e all'avanguardia studio di Stoccolma, realizzato addirittura per Lady Gaga e prevalentemente per artisti pop, i nostri eroi sono stati i primi a entrarci, battezzando così la sala d'incisione. L'idea di lavorare con tutti quei freddi e super tecnologici macchinari hanno inquietato i cinque artisti, portandoli a tutelarsi noleggiando delle attrezzature vintage, come amplificatori, microfoni e organi. Riscaldare quella sala di registrazione ultra moderna, realizzando un'atmosfera di puro e sporco rock tradizionale è stato l'obiettivo primario del combo vichingo. Certo, i nostri eroi non inventano nulla di nuovo perché i loro gusti musicali sono quelli dei Deep Purple, dei Black Sabbath e dei Led Zeppelin, che più di quarant'anni fa la facevano da padrone ma anche il periodo immediatamente dopo li contagia positivamente. Basti pensare ai Rainbow e ai Whitesnake, due formazioni allora volta uscite dalle mitiche note dei mitici Deep Purple o ai geniali UFO: "L'album ha richiesto circa quattro mesi per la creazione definitiva, diverse jam session, il tentativo costante di scrivere in fretta per catturare il momento, una conquista dovuta agli anni di esperienza che ormai abbiamo raggiunto. C'è un punto, durante la costruzione di ogni album, in cui sai di aver raggiunto la maturità del pezzo, del prodotto d'insieme e spingerti oltre, rischierebbe solo di sovraccaricare il tutto e rovinarlo, quindi abbiamo cercato di essere rapidi, per cogliere l'energia del processo creativo e la sua vitalità. Negli anni '80 forse il panorama musicale era più complesso e strano, la musica si muoveva in fretta, ricordo di essere andato in America, c'erano così tante band, i Pearl Jam, I Nirvana? Ma quest'album non ha subito influenze esterne, nonostante ci dicessero di scrivere un altro The Final Countdown. No, questo è l'album che abbiamo sempre voluto registrare e vogliamo sia ricordato anche in futuro, come opera nostra!" (Joey Tempest intervista di Francesca Mercury per TuttoRockMagazine).War of Kings è uno dei migliori album che la band svedese abbia mai scritto e pubblicato nel nuovo millennio. Forse non è così distante dai classici del passato. Molto vicino a livello qualitativo a The Final Countdown ma con la differenza che quest'ultimo lavoro in studio è per gli intenditori del genere, mente "Il Conto Alla Rovescia" della metà degli eighties, era per le masse e per guadagnare popolarità. Oggi la band è cresciuta nel corso degli anni ed è nelle condizioni di fare buona musica rock, sincera e passionale. I giorni del rock 'n roll per gli Europe non sono passati. Anzi, sono più vivi che mai!

2) Hole in my Pocket
3) The Second Day
4) Praise You
5) Nothin' to Ya
6) California 405
7) Days of Rock n Roll
8) Children of the Mind
9) Rainbow Bridge
10) Angels (With Broken Hearts)
11) Light It Up
12) Bonus track: Vasastan


