EUROPE

Out Of This World

1988 - Epic Records

A CURA DI
CHRISTIAN RUBINO
28/10/2020
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

"Un chitarrista deve sapere tirar fuori qualcosa di suo, altrimenti cosa propone a chi lo ascolta"? (Kee Marcello - intervista rilasciata a Daniela di Guitarclub).

C'è un periodo della mia giovinezza legato a questo meraviglioso disco degli Europe, snobbato a causa dell'ancora vicino eco stratosferico di "The Final Countdown", ma poi rivalutato nel corso degli anni e considerato uno dei migliori album di AOR degli anni '80. Ricordo come fosse ieri l'agosto del 1988, quando in Olanda ed esattamente in un villaggio sperduto di nome Eibergen, ospite dai miei affezionatissimi zii, ho modo, in un desolato negozio di dischi, di ascoltare per pochi minuti il nuovo lavoro dei vichinghi, Out Of This World. Trepidante e speranzoso chiedo a mio cugino, natio del luogo, dato che sono una frana in inglese, di chiedere al negoziante di sentire l'attesissima nuova uscita degli svedesi. Il tizio dietro il bancone, non si fa pregare due volte e esce da un cassetto il tanto desiderato LP. Non sto sulla pelle e preso dall'ansia e dalla curiosità voglio scoprire se anche questo platter è un capolavoro come il precedente. Eh sì, lo confesso, all'età di 15 anni mi sono invaghito della musica degli Europe e addirittura mi sono procurato pure i primi dischi della loro breve carriera, tanto amo la loro musica, scoprendo con enorme sorpresa che forse sono anche più belli dell'irresistibile "The Final Countdown". In quegli anni della mia adolescenza mi si apre un mondo sconosciuto e il passo successivo è un tuffo nei mari calmi dell'hard rock e in quelli impetuosi dell'heavy metal. Subito, vengo colpito dalla semplice copertina che mostra i miei cinque eroi, uno accanto all'altro messi in bella posa, ben pettinati, orgogliosi della loro popolarità e dall'espressione dei visi, pronti a buttarsi in questa nuova avventura. Metto le cuffie, inserisco il disco sul piatto, abbasso la puntina e all'udire della prima song, "Superstitious", rimango sbalordito e perplesso sul sound di questo primo singolo. Il brano è un pezzo di hard rock levigato, melodico e con una qualità gospel disarmante. Sorpreso alzo la puntina, tolgo il disco e riposandolo dentro la custodia di cartone decido di acquistarlo lo stesso e di finirlo con calma dai miei parenti. Sono quasi le 18 e tra poco per gli indigeni del luogo è ora di cena e per le strade comincia una specie di coprifuoco mai visto dalle mie parti. Comunque la prima canzone mi piace e mi fido ma ho bisogno di assaporare il tutto con calma a casa, magari seduto su un divano senza pensare a niente. Prima di descrivere le dodici tracce della quarta opera degli Europe, è doveroso fare un passo indietro. L'Epic non ha concesso ai cinque vichinghi di riprendere fiato e, con "The Final Contdown", che ancora è nelle classifiche di tutto il mondo, impone l'uscita del nuovo lavoro discografico proprio nel 1988, a distanza di ventiquattro mesi dal precedente trionfo. Troppo presto purtroppo, ma la label statunitense vuole naturalmente approfittare del momento favorevole e battere il ferro finché è caldo. Il difficile comincia proprio adesso per i ragazzi di Upplands Vasby perché partorire un disco che superi o, quanto meno, eguagli il precedente è impegnativo e allo stesso tempo alienante. Il leader della band, Joey Tempest, fa a sorpresa un'inaspettata scelta perché cambia completamente la direzione musicale del combo non sapendo che sta per scrivere uno dei migliori album della carriera degli Europe ma anche uno dei migliori dischi di AOR o di melodic rock della storia del genere. La sua ispirazione artistica del momento lo porta quindi a creare delle sonorità AOR e hard rock più vicine alla sua giovanile formazione musicale. Alla lunga questa inconsapevole opzione si dimostra vincente ma il fatto di aver lasciato il pop metal ultra commerciale del collaudato e vincente "The Final Countdown", fa storcere il naso a molti e fa abbassare le vendite della nuova fatica discografica. Questa direzione sonora consapevole o inconsapevole merita un applauso e la stessa cosa vale pure per la preferenza nell'ingaggiare un altro abile e preparato chitarrista, dopo che l'amico e bravissimo John Norum decide di farsi da parte nel più bello della storia del gruppo nordico. Ai tempi la notizia dell'addio di John, fa temere il peggio, vista la grande maestria dell'ottimo chitarrista norvegese. Nel giro di pochissimo tempo viene reclutato il poco conosciuto Kee Marcello (ex Easy Action), come sostituto che si dimostra un grande acquisto e l'asso nella manica della band. Il nuovo chitarrista ha uno stile più pulito, meno neoclassico rispetto a Norum, una grande bravura nell'utilizzo delle scale e un buon gusto nel comporre gli assoli. Soluzione azzeccatissima perché il nuovo guitar hero meno impulsivo del primo ma molto più tecnico, riesce eccellentemente a far concludere il tour del gruppo, dando pure una mano alla stesura del nuovo album. Cercando di stare lontani dal loro inaspettato e stratosferico successo commerciale i cinque giovanotti scandinavi riescono a mantenere intatta la propria integrità fisica e di musicisti, conservando la propria reputazione di ottimi artisti scrivendo un album che apre verso nuovi stili, sia nella scrittura che nella produzione e nell'esecuzione. Nella sua autobiografia Kee Marcello rivela che diverse canzoni sono state composte e scartate dal nuovo disco e che alla band viene proposto dalla casa discografica di registrare il brano "Look Away" scritto da Diane Warren, prima che questo venga concesso ai Chicago che ne fanno una hit da numero uno in classifica, nel dicembre del 1988. Nonostante tutto, "Out Of This World" ottiene un buon successo, raggiungendo delle alte posizioni in classifica in diverse parti del mondo. Nei soli USA, terra ostica per eccellenza, per le band europee, l'album vende più di un milione di copie ed è certificato come disco di platino. Tuttavia gli Europe non hanno mai amato ripetersi e questo disco non è un "The Final Countdown II" la vendetta ma, invece, un modo per gli svedesi di allargare ancora i propri orizzonti musicali. "E' ancora edificante suonare The Final Countdown perché ha un modo speciale di riunire le persone e diffondere una buona energia. Ha sicuramente portato molte persone da noi: non importa se siamo a un festival per famiglie in Danimarca o all'Hellfest in Francia, le persone si incontrano sempre e si divertono ogni volta che suoniamo la canzone" (Joey Tempest - intervista rilasciata a Matt Stocks di Classic Rock). Il sound è più adulto e raffinato, accompagnato ancora dalle tastiere molto presenti di Mic Michaeli, dalle incredibili performance di chitarra della new entry Kee Marcello e dall'ottimo lavoro creativo e vocale del biondo Joey Tempest. Se il precedente super-milionario "The Final Countdown" li ha riempiti di gloria e soldi, con canzoni continuamente passate in radio e in TV come "Carrie" o "Rock The Night", questo successivo lavoro contiene grandi dosi di qualità e tante belle composizioni. Tempest crea un disco molto vicino alle sonorità americane e in particolare al genere AOR ma con l'intelligenza di essere originale, mai banale e scontato. Grande maturità compositiva e tecnica sopraffina, evidente negli arrangiamenti, nella qualità di brani raffinati e facili da ricordare ma eccessivamente puliti nelle esecuzioni, per colpa di una quasi sufficiente produzione.

Superstitious

Finalmente ritornato a casa e seduto in pieno relax con i miei ospitalissimi cugini olandesi ricomincio l'ascolto con l'inizio a cappella dei cinque svedesi in Superstitious (Superstizioso) che è il primo singolo e la prima traccia di "Out Of This World". Gli svedesi riuniti a Londra agli Olympic Studios con il produttore Ron Nevison si buttano a capofitto nel disco che può dare la conferma della loro bravura e inseriscono come prima song in scaletta proprio l'orecchiabilissima e tenebrosa Superstitious. Il brano colpisce perché prende spunto da un classico hard rock condito con un pizzico di blues, simile ai primi Whitesnake di Dave Coverdale e da un'atmosfera sinistra e misteriosa, fornita dalla tastiera di MIchaeli che in questo disco è ancora una volta uno dei protagonisti indiscussi. "John Norum aveva lasciato la band e ho registrato la melodia principale per l'assolo di chitarra in una demo, che poi ho suonato ai ragazzi e Kee ha aggiunto alcune scale sorprendenti" (Joey Tempest). Nella mia testa di ragazzino penso che questo brano, per avere più presa, vada ascoltato al tramonto del sole, al buio, ma sono ancora le 19:30 e c'è una luce pazzesca. Nei paesi del Nord Europa fa buio tardi e non mi va di aspettare perché questo classico hard rock melodico comincia a prendermi l'anima. Refrain cristallino, melodico e pieno di emozioni ma anche colmo di energia e soprattutto diverso da quello che avevano fatto in precedenza. Per un momento dimentico i ruffiani ritornelli dei trionfi dei singoli passati è avverto positivamente la trasformazione dei vichinghi, con un testo molto curato, assoli di chitarra incredibili e un'ottima keyboard, sempre più protagonista e incisiva. Joey scrive una lirica romantica, dove il protagonista giura amore alla sua compagna indipendentemente da quello che potrà succedere nelle loro vite: "Continua a camminare per quella strada ed io ti seguirò. Continua a chiamare il mio nome ed io ci sarò e se dovesse rompersi uno specchio sarà facile sopportarlo. Io non sono superstizioso. Non ho dubbi che ci sia una ragione di come vanno le cose. Anche se le cose cambiano da un giorno all'altro terrò questo sentimento con me per tutto il cammino". Il sound in questo mid-tempo si è addolcito ma non troppo perché l'assolo di Kee è micidiale e tecnicissimo. A distanza di ben trentadue anni, questa è una delle più grandi composizioni di Joey Tempest. Ha tutto: un'atmosfera piena di sentimento, arazzi di tastiere, un assolo di chitarra fiammeggiante e un clima oscuro ma allo stesso tempo dolcissimo. L'amore trionfa sempre anche davanti ai tanti ostacoli dell'esistenza. Non bisogna vivere basandosi sulla superstizione ma occorre continuare a percorrere la propria strada anche se fermandosi per una sosta ci si chiede dove sia andato a finire l'amore: "Potranno esserci momenti in cui mi stupisco quando sono da solo, cercando di scoprire se l'amore è finito. La cosa potrebbe rendermi triste, ma nessuna superstizione potrà cambiare le cose".

Let The Good Times Rock

Se la prima traccia mi aveva piantato sul divano a canticchiare, la seconda, Let The Good Times Rock (Lascia che i bei tempi ti cullino) è il rock adatto per cominciare a prendere forze e adrenalina. Ancora è presto e mi permetto di alzare il volume dello stereo perché intuisco che questo pezzo rock merita di essere udito al massimo. I tamburi di Ian, la chitarra elettrica cadenzata di Kee e l'urlo di Joey sono un 'ottimo inizio per una song energica e orecchiabile che con le sue piccole pause e i suoi stacchi è facile da cantare anche se ho bisogno che qualcuno mi traduca il testo perché io e l'inglese non andiamo molto d'accordo. Anche qui si odono, senza nessun'ombra di dubbio, la qualità dei riff e le enormi risorse di Marcello. La song parla di qualcuno che apprezza davvero l'amore della sua vita per il modo in cui lo fa sentire: "Quando dici che hai bisogno di me, come solo tu puoi, oh tesoro non sai davvero quello che hai fatto al cuore di quest'uomo. Quindi stanotte festeggeremo e parleremo dei tempi passati fino a tardi. Si, tesoro, stasera apprezzeremo quello che abbiamo quindi lasciamo che i bei tempi ci cullino". Let The Good Times Rock è un pezzo fortemente influenzato dalle sonorità del rock melodico a stelle e strisce, quasi alla Bon Jovi ma molto originale e con un refrain coinvolgente. La voce del mitico singer è inconfondibile e regge bene il brano. Come scritto, gli ottimi riff e le parti soliste di chitarra, accompagnate dalla tastiera, fanno sì che la canzone sia raggiante e ben strutturata, supportata da un interessante video registrato in Giappone, dove la band è stata sempre molto apprezzata già dall'inizio della carriera. Brano allegro, positivo che celebra l'amore e con un ritornello molto orecchiabile: "Oh quando mi stringi e dici che ti importa, non c'è niente che conosco che potrebbe trascinarvi via quando quel sentimento è li!" Forse con "Not Ready", di cui scriverò dopo, questo è il pezzo più robusto dell'opera e quello anche più lontano dalle sonorità alle quali ci avevano abituato gli svedesi. Nonostante tutto mi attendevo qualcosa in più da questa song perché l'aspettativa era di risentire i precedenti Europe ma rimango ottimista e interessato al suono delle sei corde che qui, rispetto al primo singolo, ha un sound più macinato e sporco. La sensazione è strana ma allo stesso tempo piacevole e intrigante.

Open Your Heart

Ma questa la conosco, almeno credo, ho esclamato nel momento in cui ho sentito le note uscite dal piccolo stereo del mio povero cugino Alexander amante del blues e del pop rock, costretto a sorbirsi controvoglia quest'album di hard rock ultra melodico. Eh sì, il terzo singolo Open Your Heart è un remake di una canzone di "Wings Of Tomorrow", disco pubblicato nel 1984. Ricordo di aver avvertito una sensazione positiva con l'inizio della chitarra classica di Kee Marcello che, ai tempi, non aveva suonato sul pezzo originale. Ottima esibizione per il nuovo membro degli Europe per questa grande e alta ballata di qualità. Questa nuova e moderna trasposizione si dimostra ancora una volta essere un semi lento, ben strutturato e coinvolgente molto meglio della prima versione che era meno incisiva e più lenta a livello ritmico. Qui è presente una parte di chitarra aggiuntiva, davvero interessante e accattivante, subito dopo l'introduzione acustica che le dà più vivacità. A distanza di anni mi sono sempre posto questa domanda: perché questa song è stata riproposta e non è diventata un enorme successo? La verità è che la band, non offrendo più del rock commerciale, a poco a poco viene ignorata dal mainstream e se da un lato questo è un peccato dall'altro apre ad uno stile nuovo e di notevole qualità artistica. Potenza e passione sono le due chiavi di successo delle corde vocali dell'affascinante e bravo Joey Tempest. Data la giovanissima età dei nostri artisti, i problemi amorosi sono sempre al centro della scrittura: "Giorni pieni di gioia e giorni pieni di dolore. Non so proprio cosa fare. Sono felice oggi. Sono solo domani? Tutto dipende da te". La canzone parla quindi di un ragazzo che è felice un giorno e infelice il successivo perché ha dovuto affrontare il dolore di una rottura, sperando che l'ex ragazza ci ripensi e torni sui suoi passi: "Apri il tuo cuore e dimmi cosa non va perché non parli più come facevi prima? Ho sperato che gli angeli bussassero alla mia porta e ho sperato che tutto tornasse come prima". Le separazioni fanno sempre male ed io in quell'indimenticabile estate olandese, in compagnia dei miei lontani parenti, avevo bisogno di ricaricarmi e di dimenticare la mia piccola storia con una ragazzina di cui ero innamorato ma che era finita troppo presto e la cosa mi rendeva triste. I viaggi e i brevi distacchi dal proprio ambiente sono sempre un'ottima medicina per il cuore. "Questa è stata una delle prime canzoni che abbiamo fatto sentire alla gente in Scandinavia quando abbiamo pubblicato il nostro secondo album Wings Of Tomorrow. Ha anche provocato delle reazioni positive ad alcune persone a New York, e ricordo che il produttore degli Scorpions, Dieter Deerks ci ha contattato dopo aver sentito la canzone per dire che voleva lavorare con noi". Quindi in un certo senso, "Open Your Heart" è stata la song che ha aperto molte porte e che ha fatto apprezzare di più la musica dei nordici da un pubblico più competente. Il ponte prima del ritornello è semplicemente fantastico per come suona perché ha molto carattere e sprigiona tantissime emozioni. Nel mio caso molte lacrime!

More Than Meets The Eye

A questo punto entra in gioco More Than Meets The Eye (Più di quello che sembra) e qui spero di riprendermi moralmente perché l'umore è sotto i tacchi per via dei ricordi che ritornano prepotentemente nella mia mente. Dalle prime note sembra un pezzo allegro e l'inizio è una fantastica orchestrazione di tastiere con la voce melodiosa di Tempest che trascina, dando energia e forza alla composizione. Proprio quello che ci voleva per riprendermi dai brutti pensieri ma non oso chiedere ai miei cugini la traduzione del testo per non alienarli ancora di più. Per fortuna riesco in terra straniera a procurarmi un vocabolario di "italiano-inglese", che da qui in poi diventa un mio fedele alleato grazie alla disponibilità della mia italianissima zia Mirella. Ahimè, scopro sorprendentemente che il concetto lirico è simile alla canzone precedente con protagonista un uomo che vive la sua vita fingendo a sé stesso e alla gente, che il suo amore non lo abbia mai abbandonato: "Ora cammina nelle ombre. Sta cercando di fare finta che lei non sia mai andata via. Non è un'illusione. Lui è più vicino alla fine, che non ha mai potuto prevedere. Dove va l'amore? Quando l'amore muore, il cielo lo sa". Quello che colpisce è il sound positivo in contrasto invece con delle strofe maledettamente infelici e con la keyboard di Mic in evidenza che nasconde i pochi riff di Kee, tranne che per l'assolo, al solito sempre avvincente e adrenalinico. Insomma la realtà spesso nasconde un quadro diverso e questa traccia di grande AOR non ha nulla a che fare con le canzoni dei loro inizi. Forse "Carrie" con il suo pianoforte sdolcinato potrebbe aver anticipato quest'orientamento ma la differenza principale sta che la prima strizzava l'occhio al pop rock da classifica, mentre "More Than Meets The Eye" al contrario è più cupa e poco incline ai passaggi radiofonici perché orientata prevalentemente sull'utilizzo della tastiera come strumento principale. Ottima song che apre una nuova svolta nel cammino degli Europe e da qui alla fine della raccolta sembra di udire una nuova band ma naturalmente sempre con l'ugola inconfondibile del bel Joey Tempest dietro al microfono. Non a caso la traccia viene lanciata come quarto singolo perché ha in sé un grande potenziale soprattutto nel ritornello, facile da ricordare e da cantare per il suo facile refrain: "But it's more than meets the eye. So much more than just a last goodbye It's a cold and lonely heart. So sad and torn apart. Yes it's more than meets the eye".

Coast To Coast

Già dai primi suoni dell'hammond di Michaeli avverto che Coast To Coast (Da costa a costa) è una traccia molto leggera per i miei gusti. Anche qui l'organo è lo strumento principale che mette addirittura in secondo piano l'elettric guitar di Marcello, splendente di luce propria solo nel prolungato assolo che merita un lungo applauso per la reattività che sprigiona. La voce profonda e alta di Tempest è il perno trainante di questo pezzo calmo e triste proprio come il panorama che vedo fuori dalla finestra. Strade deserte, un silenzio assordante, infiniti prati verdi con qualche mucca che pascola qua e là, alcuni cavalli e in tutto questo tranquillo scenario noto le lancette del mio orologio da polso che segnano le 20 di sera e con un sole che ancora illumina tutto il paesino. Penso allora che il titolo sia proprio adatto a questo momento perché più a Sud del pianeta, nella mia patria, nella mia città siamo in piena movida, altro che pace e silenzio. Certo sono in un villaggio perché nelle grandi città olandesi c'è più movimento ma comunque mai paragonabile a quello che abbiamo noi durante le vacanze estive. Gli Europe a livello qualitativo non si discutono ma ancora non riesco a capire quest'enorme addolcimento dopo il putiferio dei primi tre album. Sono arrivato alla quinta traccia ma c'è poco metal e sinceramente la cosa mi preoccupa a tal punto da farmi ricredere sulla riuscita di quest'opera. La mia spensierata gioventù trova in questo momento il suono degli scandinavi un po' troppo deprimente, anche se oggi non mi dispiacciono affatto i suoni rilassati e tranquilli. Gli autori (Tempest, Marcello e Michaeli) dedicano questo lento a chi si trova solo, a chi si chiede se supererà la giornata mentre la sua solitudine peggiora e non trova niente a cui aggrapparsi con le giornate che sembrano diventare sempre più lunghe: "Cerca fuori da quella finestra qualcuno che conosci ma tutto sembra lo stesso. Ti chiedi se starai sempre da solo per i fatti tuoi. Ma senti nella tua mente che riuscirai a superare questo periodo. Non sei da solo"! Mi rincuoro di non essere solo, ho una splendida famiglia che mi vuole bene, i miei zii e con me in questo momento i miei cugini nonché amici Alexander e Manuela. Cosa voglio di più? L'amore tornerà quando non ci penserò perché ho tutta la vita davanti e queste prime delusioni amorose fanno parte del gioco, e servono per crescere, e diventare un uomo. A volte ci sono problemi più importanti e quando non hai nessuno che ti aiuta, bisogna fare affidamento alle proprie forze, o alla propria fede perché tutto quello che ci circonda sembra malinconico e deprimente: "Ti chiedi se riuscirai ad andare avanti e continuerai ad essere forte con gli occhi pieni di tristezza ma tu sai che nel tuo cuore non sei solo".

Ready Or Not

Appena sento la raffica di tamburi battenti di Ian Haugland e l'impennata della guitar di Kee Marcello intuisco bramosamente che finalmente è arrivato il pezzo più heavy e quasi alla vecchia maniera della band! Ready Or Not (Pronto o no) l'ho definita sin da subito una canzone di fiammante rock pirotecnico e quello che mancava nella scaletta in corso. Salto sul divano, prendo il primo oggetto che mi capita a tiro (forse il legno di una scopa) e faccio finta di suonare, imitando il grande Kee nei suoi riff dirompenti che escono violenti e minacciosi dalle casse dello stereo. Quando Joey, con un timbro di voce più sporco, pronunzia proprio il titolo della song e nella strofa canta: "Scuotimi finché cado al suolo. Scuotimi finché non ne posso più. Scuotimi come mai hai fatto prima. Scuotimi ancora un po'"! mi sento improvvisamente scrollare di dosso tutti i miei bui pensieri, i dubbi e tutta l'inquietudine che mi aveva avvolto fino a quell'istante. Venendo dall'Italia, non ho quel self control che possono avere gli olandesi o in generale i popoli nordici e mi lascio andare a schiamazzi e urla di gioia che attirano le attenzioni di tutti i presenti. A stento sento bussare alla porta e vengo invitato dai miei genitori a calmarmi e ad andare a letto perché l'indomani si ritorna in Sicilia e il viaggio in auto sarà molto lungo e stancante. Eh sì, la vacanza olandese è giunta al termine e penso che solo un pazzo come mio padre può fare più di duemila chilometri in auto e in una sola tirata fino a Catania. Ho vissuto i dieci giorni più belli della mia vita e la musica degli Europe stasera è la ciliegina sulla torta per chiudere in bellezza questa stupenda vacanza che mi ha permesso di distrarmi, di divertirmi e di riposarmi mentalmente. Non fisicamente perché ho dormito pochissimo in questi giorni tanto è stato il desiderio di godermi in pieno questo scorcio d'estate. Dopo questa breve interruzione riprendo l'ascolto e mi accorgo che le parti di chitarra sono più distorte rispetto al solito e anche meno melodiche come quando alla sei corde c'era l'amatissimo John Norum. Kee Marcello comunque riesce benissimo a rimpiazzarlo anche in questa canzone più dura mettendoci tutta la sua classe e la sua abilità, soprattutto nell'aggressivo e affilato assolo. La super keyboard di Michaeli segue benissimo il ritmo del pezzo e riesce ad essere ancora una volta una formidabile interprete nel tessere la melodia di sottofondo. Il brano parla di qualcuno che ha ricevuto la notizia che i suoi amici sono in città pronti a divertirsi e lui è pronto a fare la qualunque per raggiungerli: "Pronti o no, sono tornati in città. La notizia si è sparsa tutt'attorno. Loro andranno con tutto quello che hanno, che siano pronti o no". Finalmente sorridente e gasato, dopo essere arrivato a metà dell'album, stacco la musica ed esco dalla stanza. Do la buonanotte a tutti e corro nella mia camera per continuare con il pezzo successivo e senza far rumore perché il mio piccolo fratellino è già nel mondo dei sogni.

Sign Of The Times

Il walkman viene in mio soccorso e perdo solo qualche minuto per trovare le cuffie. Non metto neppure il pigiama, tanta è la fretta e la curiosità di proseguire con la traccia successiva. Il lato B inizia con le eleganti tastiere di Sign Of The Times (Segno dei tempi) che ha un'atmosfera particolare, con un'aria solenne e un coro super orecchiabile che si stampa immediatamente in testa. Prima di premere il tasto "play" sento all'improvviso un tuono rumoreggiare fortemente in lontananza che mi spaventa a morte. Dalla finestra, noto un cielo grigio e minaccioso, solcato di nuvole d'un nero terreo, gli alberi sembrano confondersi con le nubi piene d'acqua. Premo comunque il tasto di avvio e il suono del pianoforte con l'oh, oh iniziale di Tempest mi introducono in una eccelsa melodia, sostenuta da una cadenzata chitarra che si infiamma a tratti con alcune note intervallate dall'essenziale e imprescindibile tastiera. Questo è uno dei momenti salienti del platter e un'altra traccia stratosferica, (già siamo alla settima) capace di creare un clima surreale e sognante in cui si vanno ad incastrare il grandioso assolo del nuovo chitarrista e gli effetti sonori dell'organo. A metà del pezzo un fortissimo tuono e il rumore assordante delle gocce che sbattono sul tetto di legno mi danno la conferma che è in corso un fortissimo temporale. La luce metallica dei lampi inonda la camera buia e il corridoio silenzioso rimasto oscuro per qualche secondo per via della mancanza momentanea della corrente elettrica. Ho paura e mi sento solo. Il titolo della canzone non mi lascia scampo e penso veramente che questa alluvione sia un segno dei tempi. In cuor mio medito che forse sarebbe meglio posticipare la partenza e rimanere un altro giorno ma non ho il coraggio di dirlo a mio padre. Preferisco mettermi sotto le coperte e aspettare il suono della sveglia. Oltretutto il testo sulla copertina interna, della cassetta, è scritto in modo minuscolo e mi viene difficile cercare le parole sul vocabolario. Il vinile che ho comprato, insieme all'MC, l'ho lasciato chiuso dentro la mia valigia già caricata in auto e rimango spiazzato su quello che Tempest vuole comunicare con questa song. Penso nulla di catastrofico perché la dolcezza e la soave melodia non fanno presagire a niente di disastroso. Successivamente però scopro che la lirica parla sempre di solitudine e della rottura di un rapporto amoroso che lascia inevitabilmente delle ferite, ma i tempi sono questi perché l'amore è diventato strano e difficile da vivere: "Ogni momento è nella mia mente. Mi sento così insicuro e mi preoccupa finire qui da solo ma ogni volta mi rendo conto che ho bisogno di lei sempre di più. Non c'è la farò mai da solo". La canzone è musicalmente troppo sofisticata per i gusti di quel momento storico e infatti verrà rivalutata, così come il resto dell'album, solo negli anni a venire. È un brano eccellente, un altro inno intriso di tappeti di tastiere ma il tallone d'Achille sta nella produzione di Ron Nevison che priva la canzone di energia e mordente. Alcune cose vengono evidenziate fin troppo bene, come l'organo di Mic, mentre gli altri suoni sono molto deboli al confronto. Il tono solista di Kee suona freddo ... proprio come la temperatura esterna nonostante io sia in pieno agosto e le chitarre ritmiche non sono abbastanza presenti. La canzone avrebbe potuto avere molte più dinamiche, robuste e tenere, se gli strumenti fossero stati registrati in modo leggermente diverso.

Just The Beginning

Ancora è presto e non ho voglia di dormire, nonostante la sveglia sia puntata alle 4 del mattino e quindi continuo imperterrito con la successiva Just The Beginning (Solo l'inizio) che scende un po' di qualità, ma è inevitabile perché le prime sette tracce sono di un livello altissimo. La song inizia con degli attacchi intervallati dalla magica tastiera di Mic, seguiti da brevi riff di chitarra elettrica e con le corde vocali del vocalist che dirotta il pezzo verso un facile ritornello. Anche qui la tastiera è lo strumento principale e basilare ma il solito Joey Tempest cantando in modo combattivo e grintoso, non fa altro che aggiungere elementi singolari al pezzo. Niente di speciale dopo quello che ho sentito ma comunque non si tratta di un riempitivo perché l'assolo micidiale di Kee con le sue veloci scale merita il costo del disco e apporta ottimamente il suo contributo nella stesura di questa composizione. La scrittura di Joey è finalmente positiva e parla di ricominciare d'accapo e senza paura dopo una delusione o un dispiacere: "E' solo l'inizio non la fine. Non serve fingere perché non puoi vincere. È solo l'inizio non la fine. Niente mi abbatte! Mi puoi far passare un sacco di guai ma non mi butterai mai giù di morale". Il temporale è finito ma ancora vedo degli enormi nuvoloni fermi e addormentati che anticipano il tramonto del sole. Fuori c'è foschia e nelle mie esili cuffie esce con forza il semplicissimo e ripetuto ritornello del brano, che mi entra prepotentemente nei timpani stampandosi, direttamente nel mio cervello. Cavolo! Sento di avere più fiducia in me stesso e una gran voglia di ricominciare da dove avevo lasciato: "It's just the beginnin'. It's just the beginnin'. It's just the beginnin'. It's just the beginnin' and not the end?.", canticchio sotto voce e sotto le coperte per non farmi sentire da nessuno. Un buon segno in vista del ritorno a casa.

Never Say Die

Una rullata di tamburi introduce Never Say Die (Mai dire morto), dove si sente una bella melodia e degli indovinati cori. La song è un hard rock con reminiscenze quasi rainbowiane nell'uso dell'hammond e nei riff di chitarra. Canzone carina ma non esaltante e non me ne voglia Tempest ma questo suono blueseggiante è troppo calmo manca di quella sensazione ottimista che desidero fortemente in un disco degli Europe, considerando quello che hanno prodotto nei primi dischi della loro ancora breve storia. Ci sono delle parti interessanti soprattutto quando la keyboard di Mic si intreccia con l'assolo di Kee o addirittura quando in alcuni momenti sostituisce la guitar guidando il pezzo con la voce nitidissima di Joey. A parte l'assolo della sei corde e l'ottimo organo, c'è poco e lo stesso testo non è dei migliori scritti dalla band anche se il messaggio è molto profondo: "Oh chi ha preso quel colpo. Beh non saprei dirlo ero già a terra. Oh chi mi ha messo nei guai? Beh, non saprei dirlo, perché non ho visto nessuno in giro. Ora, sono disteso qui disperato. È stato tutto risolto ed ho la sensazione che tu non dovresti mai dire morto". Joey parla del fatto che spesso, per pregiudizi o per abitudine diamo tutto per scontato, giudichiamo e scagliamo sentenze negative facendo male agli altri. Siamo bravi a vedere i difetti del prossimo e a lanciare dei giudizi, rovinando spesso l'esistenza a chi neppure conosciamo. Il messaggio è quello di rialzarsi e andare avanti perché ciò che non ci uccide ci rende più forti. Atteggiamento giusto e pienamente condiviso. La stanchezza comincia a fare capolino perché inizio a sbadigliare e a pensare che forse questo è uno dei pezzi più deboli della scaletta. Un ordinario capitolo di AOR di buon livello ma, visti gli standard altissimi delle song precedenti, passa un po' in ombra e non mi fa impazzire. "Never Say Die", resta comunque un brano dotato di una buona ritmica e di suoni di hammond piuttosto indovinati, ma mette in luce un cambiamento epocale nel sound dei belli e famosi Europe che inciderà notevolmente sulla loro velocissima popolarità. Non è tardi ma la debolezza di questi meravigliosi giorni si fa sentire perché riflettendoci ho riposato poco. La notte ho preferito fare le ore piccole per godermi pienamente i miei cari e tutti questi giorni spensierati. Per me il sonno è solo una perdita di tempo e come si dice: chi dorme non piglia pesci! Ma questa volta mi arrendo, premo il tasto "stop" del mio mangianastri e crollo in un coma profondo.

Lights And Shadows

Quella notte credo di aver sognato tantissime cose che naturalmente non ricordo più, forse se la memoria non m'inganna penso di essermi svegliato all'improvviso e tutto sudato a causa di un incubo. Ora che ne faccio mente locale, il mio riposo era pure disturbato da un gruppo di piccoli gattini che giocavano su e giù per le scale e si rincorrevano facendo vibrare l'antico pavimento di legno. Il mio flashback mi riporta a menzionare un sogno che vede il mio rapporto tormentato con la mia ex. Mentre la rincorro per strada per riconquistarla sono investito da un'auto. Avverto il botto, il dolore fisico e poi piombo nel buio. La coincidenza del trambusto causato dai piccoli felini è contemporanea al mio pauroso incidente. Sembra tutto vero e urlo dallo spavento! Nell'oscurità della stanzetta mi sveglio e tocco il viso per capire se sono vivo, accorgendomi per fortuna di avere ancora gli auricolari addosso. Faccio un sospiro profondo e per avere un'ulteriore conferma premo il tasto play del mio lettore di cassette portatile. Un suono metallico e ritmato di chitarra e la voce armoniosa di Joey mi consolano e mi introducono in Lights And Shadows (Luci e ombre). Qui il gruppo, in questi quattro minuti, gioca ancora di più sul suono della tastiera che con i suoi suoni copre tutti gli spazi lasciati dalla sei corde di Marcello. La song è originale e ha una ritmica meno ordinaria rispetto alle compagne precedenti, conferendo un certo fascino al sound con riff sovrapposti e decisi. Mid-tempo che a parte il buon lavoro della chitarra e della tastiera, coinvolge pienamente i conduttori del tempo, ovvero il basso di John Levén e il drummer di Ian Haugland. Entrambi i musicisti manifestano tutta la loro sicurezza e la loro disinvoltura nel pezzo che inspiegabilmente risulta essere una delle canzoni più oscure che la band abbia mai scritto fino a allora. Scoprirò più in là come il testo della traccia calzi a pennello alla mia vecchia e ondeggiante situazione sentimentale: "Una sera lei venne, entrò dal freddo. Disse, non farmi domande adesso perché cosa c'e' in un nome? Ma quando sarò andata non sarai più lo stesso". Proprio così perché per amore si cambia ma non sempre in meglio e spesso gli alti e i bassi sono un brutto segnale: "Quando stai cercando l'amore si può camminare attraverso l'inferno e lei potrebbe venire e andare via. Salvami adesso perché continueremo ad andare verso luci e ombre". "Lights And Shadows", ha tante luci ma anche qualche ombra. È una song di buon AOR, lento e ritmato che cresce di minuto in minuto e diventa sempre più aggressivo e attraente. Bellissimo l'assolo dalla keyboard di Mic che si intreccia con le corde elettriche di Kee, collegandosi poi al ritornello cantato in maniera magistrale da Tempest. Sfortunatamente "Lights And Shadows", è quasi un'incompiuta che lascia l'amaro in bocca per la sua frettolosa conclusione.

Tower's Callin

Finalmente suona l'insopportabile radio sveglia che non solo mi fa saltare in aria ma sancisce anche la fine del mio brevissimo e intenso soggiorno nella terra dei tulipani. Il tempo di lavarmi e vestirmi sono già in cucina a fare una velocissima colazione che mi rintristisce e mi deprime. Non per il cibo, per carità mia zia Mirella è un'ottima cuoca italiana ma per il clima che si crea quando devi salutare delle persone a cui vuoi bene e che vorresti sempre accanto. Uffa! Perché il tempo passa così in fretta? Non so se ci saranno dei momenti così spensierati e divertenti con i miei amatissimi cugini in futuro e se ritornerò a trovarli, rifletto prima di salire a bordo della mia storica Peugeot 305. Metto la cassetta nella radio e aspetto qualche minuto prima di far partire Tower's Callin (La torre sta chiamando), come consolazione per il ritorno in Italia. Prima, devo convincere e rassicurare i miei che non si tratta di musica metal ma delle tranquille melodie dei famosissimi Europe autori del tormentone "The Final Countdown". Dopo aver concluso il rito dei saluti e degli abbracci calorosi, do il mio addio dal finestrino e chiudo gli occhi cercando di godermi questo penultimo brano. Qui, i giovanotti svedesi ritornano a scrivere una canzone raffinata e di qualità. Anche se la traccia ha un groove fantastico e un ritornello orecchiabile è purtroppo ancora una volta la registrazione il punto debole perché troppo pulita e penalizzante per i suoni degli strumenti. I testi poi sono completamente incongruenti per l'atmosfera creata da questa traccia di rock melodico. La scrittura è mediocre e sembra parlare di un disastro aereo: "E' tutto pronto per partire ma quel poco che sa è che lui non tornerà più. È tutto pronto per volare nel profondo cielo blu come tante volte prima. Ora la Torre sta chiamando, non c'è risposta e non c'è niente che possano fare. Ora la notte sta cadendo davanti ai loro occhi". Parole drammatiche e rassegnate per un hard rock roccioso e dai suoni elettronici dominanti. Intrigante comunque il lavoro di tutta la band che non cade mai nella banalità di creare o suonare uno scontato refrain e questo grazie anche al song-writing quasi maniacale del suo condottiero Joey Tempest. Gli effetti della guitar, sempre vari e ottimamente curati sono sbalorditivi e l'assolo di Kee è come sempre, magnifico.  Da notare in "Tower´s Callin" una tecnicissima e sbalorditiva sezione strumentale di un minuto. Chissà cosa potevano realizzare in più i cinque artisti se avessero voluto osare andando oltre. Carino e mai scontato l'hard rock di Tower's Callin' che sonoramente spicca il volo finale verso la conclusione dell'album e senza perdere per fortuna quota.

Tomorrow

La strada del ritorno è lunga e stancante, soprattutto per me, che in questo piacevole soggiorno ho dormito pochissimo. Questa è quindi l'occasione per recuperare e rilassarsi in macchina ascoltando l'ultimo pezzo dei miei idoli. Resisto ancora per altri tre minuti con la conclusiva e bellissima ballata d'amore Tomorrow (Domani) il cui titolo calza a pennello per finire il mio viaggio e per tornare carico nella mia adorata terra. Al rientro comincerà una nuova vita e forse anche dei nuovi amori. Nel mio cuore spero di trovare un giorno una ragazza che mi ami veramente, aiutandomi e guidandomi nei miei sogni, nelle mie scelte e nei momenti difficili dell'esistenza. Strani e impegnati pensieri per un quindicenne come me che già allora dimostra di essere più maturo rispetto all'effettiva età anagrafica. Le lievi note del pianoforte di questo lento riescono a placarmi e a distendermi mentalmente. Tempest suona il piano divinamente accompagnato solo da una leggera sezione ritmica di batteria. La canzone non è una meraviglia assoluta, paragonabile alle ballate del passato ma ha qualcosa di speciale ed è praticamente impossibile non apprezzarla e gustarla come degna chiusura del platter. Fuori riprende a piovere e la song sembra adattarsi alle lacrime che precipitano tristemente dal cielo, in questo piovoso e strano agosto olandese del lontanissimo 1988. Noto, diversamente dalla malinconia della musica, un profondo messaggio di speranza evidenziato dalla lirica... "Starai qui accanto a me mentre il tempo passa? E sarai qui per stringermi ogni volta che io piangerò. Sarai qui a consigliarmi per superare le difficoltà"? Chiede l'innamorato Tempest alla sua donna. "Camminare al mio fianco, seguire i miei sogni e sopportare il mio forte orgoglio non sarà facile. Ci sarà un domani"? Bella domanda, alla quale è difficile rispondere subito perché è solo il tempo che dà le risposte ed evidenzia il successo o il fallimento di un rapporto. Diciamolo chiaro: è difficilissimo stare accanto ad una persona che ami; è difficile vivere sotto lo stesso tetto con due caratteri diversi, diminuire l'orgoglio, sottomettere l'egoismo ma il tutto si può superare solo con un sincero e reciproco sentimento e, nel donarsi a vicenda. In amore non ci sono alternative, scorciatoie o strade parallele! Ballata forse un po' troppo zuccherosa, ma efficace per gli animi sensibili, con un ritornello non scontato e con la voce dell'affascinante vocalist che fa davvero venire i brividi. Le sue acute corde vocali, così come la scrittura di canzoni costantemente orecchiabili si abbinano perfettamente con il mastodontico lavoro chitarristico e inventivo dell'esecutore Kee Marcello che supera alla grande e a pieni vuoti il confronto con il dissidente John Norum. A distanza di ben 32 anni quando risento la semplice e mielosa "Tomorrow" sorrido e penso alla fortuna di aver incontrato nella mia vita la mia amatissima moglie che mi ha dato la possibilità di vivere ancora oggi un grande amore e avere due figli meravigliosi.

Conclusioni

"Dopo tutto il successo di The Final Countdown, gli Europe erano ormai la priorità massima per la Epic Records, secondi solamente a Michael Jackson, quando giunse il tempo di registrare un nuovo album" (Mic Michaeli).

Poco prima della pubblicazione dell'album, nell'estate del 1988, gli Europe si esibiscono negli USA come band di supporto ai mitici Def Leppard. Tuttavia, il management del gruppo ritiene in quel periodo più opportuno fare un tour promozionale nel vecchio continente, facendo ritirare il combo dal tour americano di grande successo e commettendo così un errore madornale, dato che negli Stati Uniti la band stava trovando un suo spazio in un mercato di solito ostico per i gruppi stranieri. L'album è registrato agli Olympic Studios ed ai Townhouse Studios a Swanyard, Londra e il produttore dell'album è Ron Nevison, che precedentemente aveva lavorato con i Kiss, i Led Zeppelin e Ozzy Osbourne: "Volevamo Ron perché aveva prodotto gli album Lights Out e Obsession degli UFO" (Joey Tempest). Gli Europe però non sono soddisfatti della produzione perché Ron ha preso troppe decisioni sul risultato finale del suono. Confesso che sono passati anni dall'ultima volta che ho assaporato questo bellissimo disco di puro AOR e adesso con mia sorpresa, ricordo praticamente tutte le canzoni perché gli Europe degli anni '80 erano molto melodici e orecchiabili! Riascoltandolo a quarantasette anni ho rivissuto e ricordato per intero la mia spensierata vacanza olandese che coincise proprio con l'uscita di "Out Of This World". Più ascolto queste song e più mi accorgo come questo è un disco ben fatto tranne purtroppo per la produzione, troppo fredda e piatta. Peccato perché la voce di Joey Tempest è sempre eccellente, Mic Michaeli con la tastiera è onnipresente e fondamentale ma la vera novità, a parte l'addolcimento del sound, è il guitar hero Kee Marcello che è uno dei principali artefici della riuscita di questo lavoro. Sembra che lo svedese, con le sei corde, sia più bravo del traditore John Norum che nel bel mezzo del precedente tour mondiale lascia in tredici la band perché non convinto della direzione musicale intrapresa dai suoi compagni. In realtà sono due musicisti diversi e bravissimi entrambi ma qui gli assoli di Marcello brillano e convincono lungo tutti i solchi del disco. L'opera creata principalmente da Joey Tempest è una profonda esplorazione di quasi tutti gli amori che potrebbero capitare a chiunque, avvolti da melodie rock e da atmosfere a volte tristi e rilassanti. Purtroppo per la casa discografica il platter non vende quanto l'inarrivabile "Conto Alla Rovescia" ma i musicisti svedesi si prendono comunque le loro soddisfazioni. L'Out Of This World Tour, inizia nel novembre del 1988 con un enorme concerto di circa sessantamila spettatori a Mumbai, in India per continuare nell'amato Giappone, dove è girato in onore dei fans locali il video di "Let The Good Times Rock". In Europa le cose non vanno benissimo perché, per esempio, in Germania la formazione scandinava non riesce a riempire le arene e gli stadi come aveva fatto qualche mese prima, nonostante le buone recensioni ricevute dalla stampa musicale europea. Il vento è cambiato e la popolarità è in fase calante. In un certo senso è tutto ciò è naturale perché Tempest & soci si sono allontanati dal famoso pop metal che li aveva esaltati e reso famosi.  La critica mondiale è divisa in due fazioni. C'è chi sostiene che gli svedesi hanno fallito miseramente e invece chi regge la tesi che quest'ultima fatica discografica sia un vero e proprio capolavoro di hard rock melodico e di AOR internazionale. Il tempo darà ragione a quest'ultima tesi senza che gli Europe se ne accorgano o se ne rendano conto perché sempre alla ricerca della riconferma del successo e accecati in quegli anni dalle promesse economiche della propria label.  La prova è il loro trasferimento a Los Angeles per provare a riconquistare un mercato molto competitivo e l'allontanamento dal proprio stile, cercando nuove ispirazioni nel glam metal e nel rock blues. Out Of This World è un disco che nasce in salita e sebbene i numeri dimostrano delle discrete vendite, la qualità dell'opera esula dal passato ed è sufficiente a convincere almeno una parte dei supporters che questa è la direzione giusta da seguire. Il combo, non creando un clone o una fotocopia di The Final Countdown, attesta al mondo di cosa è capace: creare un classico dell'hard rock che sarebbe rimasto una delle pietre miliari del genere e scolpito nell'animo di quelli come me che sono cresciuti con la loro musica.

1) Superstitious
2) Let The Good Times Rock
3) Open Your Heart
4) More Than Meets The Eye
5) Coast To Coast
6) Ready Or Not
7) Sign Of The Times
8) Just The Beginning
9) Never Say Die
10) Lights And Shadows
11) Tower's Callin
12) Tomorrow
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