ECLIPSE
Wired
2021 - Frontiers Records

FEDERICO SICCARDO
11/01/2022











Recensione album
Non avete idea della personale contentezza che provo nell'essere qui a parlarvi nuovamente di una delle migliori band di quella che definirei essere la "new wave of melodic hard rock", a parere del sottoscritto ovviamente.
Nati nel 1999 a Stoccolma, gli Eclipse vennero fondati dal cantante e chitarrista ritmico Erik Mårtensson e dal batterista Anders Berlin che, insieme al solista Magnus Heriksson riuscirono a firmare il loro primissimo contratto con l'etichetta inglese Z Records per aggiudicarsi il loro debutto avvenuto due anni più tardi con "The Truth And A Little More". Nonostante si sia sentito chiaramente una certa acerbità nella stesura musicale di questo primo studio album, le ottime idee proposte catturarono l'attenzione di una nota etichetta italiana: la Frontiers Records, specializzata in distribuzioni hard rock, hair metal e AOR (si pensi che nei primi anni Duemila pubblicarono lavori di gruppi come Toto, Asia, Journey e Styx, senza dimenticare gli ultimi album dei Whitesnake).
Con la Frontiers, gli Eclipse ottennero una certa guida nel loro sound in evoluzione, che li portò a pubblicare nel 2004 il loro secondo full-lenght "Second To None" e nel 2008 il terzo disco "Are You Ready To Rock", all'interno del quale si notò chiaramente un ottimo sviluppo sia nel songwriting che nella composizione musicale, trovando sempre più tratti distintivi a favore del gruppo svedese. Le pubblicazioni successive, avvenute in buona frequenza (segno di una decisa e costante ispirazione artistica), "Bleed And Scream" (2012) e "Armageddonize" (2015) furono a tutti gli effetti gli album che permisero agli Eclipse di dominare con padronanza le loro doti artistiche tramite le quali si diede inizio ad una vera e propria escalation all'eccellenza compositiva. Dopo qualche cambio di membri durante la loro carriera, gli Eclipse si solidificarono in una formazione a quattro elementi con l'ingresso di Magnus Ulfstedt (prima alla batteria, poi al basso) e con Philip Crusner (divenuto subito batterista stabile) con cui pubblicarono dischi dal calibro di "Monumentum" (2017) e "Paradigm" (2019). In pochissimo tempo diventarono la punta di diamante dell'hard rock melodico moderno, proponendo brani dall'incredibile pathos, melodie adrenaliniche e ritmiche impeccabili dall'immediato godimento.
Poco prima della pubblicazione di "Paradigm", il bassista Magnus Ulfstedt decise di abbandonare il progetto Eclipse e di conseguenza venne scelto il buon Victor Crusner, fratello del batterista Philip, come nuovo padrone delle quattro corde e con il quale abbiamo avuto la fortuna di vedere in opera la formazione al completo durante l'ultima serie di concerti nel "Viva la VicTOURia" tour del 2019. Con questa formazione scintillante, due anni dopo, vediamo arrivare sugli scaffali l'attesissimo nuovo album, Wired, che si presta essere uno degli album più difficili del gruppo data la difficoltà nel dover rilasciare un disco all'altezza dell'eccellente predecessore "Paradigm". Missione compiuta? Scopriamolo insieme.
Pochi secondi bastano per riconoscere l'eccellente fiuto del riff vincente, ormai tipico degli Eclipse, con l'apertura di "Roses On Your Grave". L'urlo energico di Erik Mårtensson fa deflagrare tutta la carica che i musicisti hanno accumulato durante la quarantena, lontani dai pachi e dai riflettori, in uno scatenante vortice hard rock che ne imposta immediatamente la propria sfera musicale in cui ogni membro del gruppo produce una vera e propria esplosione sonora e persino cromatica: i fill tecnici e diretti di Philip Crusner ne sono la prova.
Il testo, incentrato sulla perdita di un'amata, concerne nell'indicare come nella vita tendano ad andarsene sempre i migliori, le persone con cui si passano bei momenti, con cui si costruiscono meravigliosi ricordi e con cui si arriva a provare sentimenti complessi quanto importanti come l'amore - dal bellissimo ritornello: "I put roses down on your grave, Only the good, the good die young" / Poso le rose sulla tua tomba Solo i buoni muoiono giovani" - ma che nonostante tutte le fatalità che la vita ha in serbo per noi, dobbiamo essere in grado di risollevarci ed andare avanti: "I bury the pain, now I'm saying goodbye" / "Ho seppellito il dolore, ora sto dicendo addio".
"Dying Breed" sotto un folk velato, vede le due chitarre di Erik e Magnus collaborare perfettamente sfociando in un ritornello catchy che funziona già dal primo ascolto, le cui liriche sembrano prestarsi nel dare forza e coraggio alla classe dei lavoratori dello spettacolo, colpiti duramente dagli effetti dell'emergenza sanitaria vergognosamente ancora in corso e dimenticati da chi invece dovrebbe permettere la ripresa del settore. Quella che viene definita "classe morente" ("dying breed", appunto) viene incoraggiata nel guardarsi attorno, per rendersi conto che non si è soli e che si può far sentire la propria voce: "Guardati intorno, siamo milioni e forti, questo è il nostro posto, questa è la nostra voce e dobbiamo urlarla forte, a loro non importa di noi" / "Look around, we are millions strong, Look around, it's where we belong, This is our voice, gotta scream it out loud, They don't care about us".
Già anticipato lo scorso maggio come primo singolo dell'album, "Saturday Night (Hallelujah)" ha già avuto tutto il tempo necessario per entrare nelle nostre teste e rimanerci ben scolpita. Le coralità piene di carica rendono il brano un vero e proprio inno per la band, che speriamo possa conquistarsi un solido posto all'interno delle scalette in sede live. "Era un altro di quei sabati sera a casa, ma forse per la prima volta dopo tanto tempo c'era speranza" con questo annuncio Erik Mårtensson annunciò il singolo all'uscita, un vero e proprio messaggio di speranza nel tornare presto a vivere e festeggiare il sabato sera, a saltare, ridere e pogare, tutti insieme appassionatamente.
La vigorosa "Run For Cover" è la classica canzone "eclipsiana" che vede una parte strumentale più longeva del solito ma anche meglio costruita dove ancora una volta il muro sonoro degli svedesi travolge con classe qualsiasi dispositivo stia riproducendo il brano, che siano cuffie, stereo o cassa bluetooth. Ennesimo brano azzeccato, così come azzeccati sono i testi incentrati su una particolare ambientazione medioevale dove viene descritto l'odore di battaglia presente nell'aria, stendardi caduti, lupi ululanti e creature della notte: "You Better Run, Run For Cover, Run For Your Life" / "Farete meglio a correre, correte al riparo, correte per la vostra vita".
I cori chierici della celestiale "Carved in Stone" aprono quella che risulta essere una delle ballad più delicate e cristalline che la band abbia mai composto. Romantica e sognatrice, la canzone ricca di momenti toccanti, si incentra sul voler sì che l'amore, vero e cieco, possa far risplendere la speranza nell'oscurità dove ci nascondiamo, e nonostante ci siano giorni in cui tutto sembra perduto, noi dobbiamo andare avanti perché un giorno i nostri nomi saranno scolpiti nella roccia, come canta Erik: "Sometimes love is true and blind, a ray of light in darkness where we hide, there's days where everything seems lost. We carry on, no matter what the cost, one day our names will be carved in stone".
Con gli stessi toni fini con cui termina "Carved in Stone" apre la successiva "Twilight" dove però sono solo le prime note a dare l'illusione di un'altra ballad. Si alzano difatti subito i ritmi, con l'ennesima prestazione ad alti livelli della band che ci delizia questa volta con un coro omaggio all'Inno alla gioia del poco conosciuto Ludwig Van Beethoven che garantisce un'apertura di profonda risonanza, immediata ed efficace.
"Poison Inside My Heart" presenta una sezione acustica introduttiva per poi aprirsi ed evolversi in pieno stile Eclipse, da come si può intuire dal titolo esprime con massima sensibilità come un cuore avvelenato dal dualismo sentimentale amoroso possa rendere tremendamente difficile l'allontanamento dalla persona che si sta amando: "You are like poison inside my heart, I can feel it breaking into pieces, picking up the parts I try to run away, but I won't get far" / "Sei come un veleno nel mio cuore, posso sentirlo romperlo in pezzi, raccogliendo le parti cerco di scappare via, ma non andrò lontano". Sarebbe davvero interessante sentire una versione totalmente acustica.
Avvicinandoci verso la fine del disco, veniamo deliziati da altrettante valide soluzioni prima su tutte quelle che troviamo nell'avventurosa "Bite the Bullet", secondo singolo promozionale che abbiamo già avuto il piacere di gustarci in questi mesi sulle varie piattaforme streaming e che già aveva attirato l'attenzione di tutti. L'approccio indubbiamente più heavy dei due chitarristi danno il via ad una nuova vivacità nella struttura compositiva della band concedendo nuove superfici alle incisive parti strumentali, dando vita ad un vero e proprio racconto di un viaggio verso una sorta di terra promessa, lottando con unghie e denti per raggiungerla e dove nessuno ne è straniero: "We'll find a place to make a stand, we're strangers in this land. From the bottom up to the mountaintop, give it all you've got." / "Troveremo un posto dove stare, siamo stranieri in questa terra. Dal basso verso l'alto fino alla cima della montagna, dai tutto quello che hai, un altro morso al proiettile."
Con una cadenza ritmica iniziale a la "We Will Rock You", sempre vincente, le pelli di Philip Crusner spingono con convinzione per tutta la durata di "We Didn't Come to Lose" che partendo discretamente evolve di minuto in minuto con eccellente vigoria sfociando in refrain difficilmente dimenticabili e tocchi di chitarra eleganti quanto decisivi. E' un viaggio senza fine quelllo che gli Eclipse ci stanno raccontando in questo brano, una lotta senza fine tra montagne scalate e lacrime versate ma qualsiasi cosa accada non ci sarà alcun fallimento: "For every mountain we gotta climb, for every tear that we gonna cry, we carry on and walk another thousand miles with you. We didn't come to lose"
Tanto "Things We Love" quanto come la bonus track "Dead Inside" (presente solo in formato digitale), non aggiungono né tolgono nulla a quanto già dimostrato dal gruppo svedese, seppur sia doveroso ammettere che entrambi i brani funzionino senza trucco e senza inganno. Se difatti la prima può risultare un dignitoso riempitivo, la seconda riesce invece nonostante tutto a dare la giusta scarica elettrica che riesce a coinvolgere grazie al suo vortice sonoro, sorretto ancora una volta dall'eccellente drumming e dalle solide melodie synth che amalgamano con successo la sfera musicale che gli svedesi sono riusciti a creare e portare avanti senza intoppi per tutta la durata del disco.
Non sono pochi i momenti in cui "Wired" riesce ad addentrarsi direttamente nel cervello dopo solo il primo ascolto, stimolando quelle giuste terminazioni nervose in grado di provocare delle riconoscibili quanto esaltanti scariche elettriche su tutto il corpo, chiaro segno che ciò che si è ascoltato sia di ottima fattura. Indubbiamente possiamo affermare che l'album sia il degno successore del già ottimo "Paradigm" e, con altrettanta sicurezza, possiamo scommettere che con l'andare avanti negli ascolti possa addirittura superarlo e regalare agli Eclipse nuove live songs pronte per incendiare il palcoscenico. Sperando che tutto ciò avvenga nel minore tempo possibile, perché gli Eclipse con "Wired" sono tornati pronti a farvi cantare, ballare ed emozionare.
Tracklist
1. Roses on Your Grave
2. Dying Breed
3. Saturday Night (Hallelujah)
4. Run for Cover
5. Carved in Stone
6. Twilight
7. Poison Inside My Heart
8. Bite the Bullet
9. We Didn't Come to Lose
10. Things We Love
11. Dead Inside
Lineup
Magnus Henriksson - Chitarra
Erik Mårtensson - Voce, chitarra, tastiere
Philip Crusner - Percussioni
?Victor Crusner - basso, violoncello


