DIMMU BORGIR
World Misanthropy
2002 - Nuclear Blast

FABRIZIO IORIO
03/11/2015











Introduzione Recensione
Dopo solamente due mesi dall'uscita dell'ep "Alive in Torment" dove veniva presentata la band in versione live con la nuova formazione, i Dimmu Borgir danno alle stampe un altro ep dal titolo "World Misanthropy". La band norvegese, ormai proiettata nell'olimpo dei grandi, vuole battere il ferro finché è caldo, o meglio cerca di viziare in modo importante i propri fan con prodotti di qualità e soprattutto piuttosto ricercati. Registrato e mixato presso i Fredman Studios in Svezia, questo prodotto è un bonus cd dell'omonima opera video della band presente in formato DVD e VHS in cui i Dimmu Borgir vengono ripresi durante varie esibizioni live con molti estratti nei vari back stage con curiosità e piccole perle della vita on the road di una band, mostrandoci anche il lato più divertente, scanzonato e soprattutto professionale di un gruppo in grande spolvero, il tutto in netto contrasto con un'aura "maligna" e demoniaca che i fan erano soliti addossare ai propri beniamini. Erano anni in cui queste "trovate" erano all'ordine del giorno, e mostrarsi da più prospettive e punti di vista era dunque fonte di successo e (perché no) guadagno. Qualche anno dopo, anche altre band "oscure" (sebbene di genere differente dai Borgir) decisero di seguire questo esempio, basti ricordarsi dei Type O Negative e del loro "Symphony For The Devil", DVD live ricchissimo di scene divertenti e "grottescamente" simpatiche, che mai avremmo pensato di associare ad un nerboruto taciturno come Peter Steele. Tornando ai Dimmu Borgir, per quel che riguarda la versione audio EP ci vengono presentati sei brani, quattro dei quali in versione live tratti dall'esibizione del 2001 nello storico metal festival di Wacken in Germania, una cornice importantissima, quasi il Gotha del Metal moderno. I primi due brani ad un occhio, o meglio, ad un orecchio poco attento, potrebbero risultare degli inediti ed invece capiamo immediatamente di trovarci dinnanzi ad una rivisitazione del brano "Devil's Path" (il quale presta il nome ad un ep uscito nel 1996 dopo la pubblicazione di "Stormblast") denominata per l'occasione "Devil's Path 2000"; la seconda, invece, intitolata "Masses For The New Messiah", era in origine presente come traccia bonus nell'edizione giapponese dell'album del 1999 "Spiritual Black Dimensions". I brani proposti dal vivo, dal canto loro, sono tutti compresi nell'ultimo (fino ad allora) disco "Puritanical Euphoric Misanthrophia", album nel quale il gruppo ha dato un deciso scossone alla propria proposta musicale attirando le ire dei fan di prima data, ma comunque raccogliendo sempre più consensi in un universo sempre alla ricerca di qualcosa di diverso; soprattutto, rendendo il sound un po' più accessibile con soluzioni a volte discutibili ed a volte invece vincenti (come l'ingresso di un'orchestra ad accompagnare la loro musica), mantenendo più intatta possibile tutta la potenza e la violenza di cui sono portatori sani, potenza e violenza esaltate anche a discapito purtroppo di quella atmosfera lugubre e sognante che avevano reso la band un gradino superiore a molte altre. Non ci resta quindi che eviscerare a fondo questo lavoro e vedere se effettivamente si tratta di una operazione comunque commerciale. Esattamente, forse un qualcosa concepito per rafforzare ancora di più il nome di una band che si trova, probabilmente a livello mediatico, nel punto più alto della propria carriera; oppure, verificare se si tratta dell'ennesima carta vincente (per esaltare i fan) messa sul piatto dai Nostri, consapevoli di non aver sbagliato fino ad ora, nessun tipo di uscita.

Masses For The Messiah
Il primo brano proposto è "Masses For The Messiah" e l'apertura è affidata alle tastiere di Mustis che ricamano una buona intro raggiunta da una bella cavalcata sonora e dal retrogusto orientaleggiante. Sopraggiunge una prima strofa e i toni si smorzano in maniera sostanziale per poi riprendere nuovamente con queste atmosfere orientali che non stonano affatto e danno un qualcosa di diverso rispetto al solito in quanto ad atmosfera. Dopo questa parentesi un po' inusuale, la band riprende le redini ed inizia a picchiare duro con blast beat violenti e voce disumana, per poi rallentare nuovamente a favore di tempistiche più controllate e di tastiere decisamente più lugubri ed angoscianti. La sezione ritmica continua a macinare violenza senza sosta e le sfuriate di doppio pedale e rullante coadiuvate da un riffing velocissimo ci ricordano che siamo comunque davanti ad una band black metal. La velocità diminuisce di nuovo, ma questa volta viene ricamato un bell'effetto di chitarra sognante che accompagna Shagrath in modo meraviglioso, quasi a voler dare uno stacco netto alla violenza proposta in parte, la quale viene riproposta sul finale come a dare un colpo di grazia, fino a lasciare l'ascoltatore agonizzante con l'ennesimo cambio di tempo che conclude una song piuttosto particolare, ma molto piacevole all'ascolto. Le anime dei defunti si trovano ammassate nel buio più profondo in attesa che la profezia di Satana venga compiuta. A noi viene affidata la rivelazione del male, ed in onore della sua creazione ultraterrena portiamo avanti la sua forma divina cercando di reclutare più seguaci possibile. Quello che lui vuole è portare alla morte tutti coloro che seguono il cristianesimo, distruggendo ogni tipo di icona sacra e strappando le carni dei "credenti" per incutere sofferenza, quella sofferenza che si tramuta in piacere e goduria una volta capito che l'aldilà è un posto che si nutre di queste emozioni negative e di cotanto dolore. Inseguiremo il serpente, che ci porterà verso l'incubo eterno; così affascinante nella sua brutalità che non vorremmo più tornare indietro. Ascoltiamo con piacere la musica della nostra agonia che ci allieta e ci conduce al cospetto del male, dove una volta arrivati, saprà come confortarci e ci donerà quella sicurezza in modo tale da poter affrontare l'eterna crociata contro chi ancora non vuole abbracciare la profezia del demonio.

Devil's Path 2000
"Devil's Path 2000" è la versione riveduta (in parte) dell'originale "Devil's Path", uscita originariamente nell'omonimo EP nel 1996. Notiamo immediatamente che l'apertura è affidata ad un arpeggio non presente nella versione originale, con tanto di voce narrante ed una breve comparsa dello scream di Shagrath che dà il via effettivo alla canzone. La partenza è violentissima, con un Barker che non indugia a picchiare subito duro con un sottofondo molto suggestivo di tastiere ed un basso e chitarre estremamente potenti. La voce è graffiante e maligna, anche se non raggiunge i livelli di coinvolgimento proposti nella sua controparte, dove si notava una maggiore attitudine nell'esprimere cattiveria e nel condurci verso territori lugubri e senza fine. Si prosegue verso il minuto e cinquanta senza stravolgimenti vari, fino ad arrivare ad una sezione molto suggestiva dove le chitarre si fanno pesanti ed il ritmo diventa cadenzato al limite dell'ossessivo. Possiamo notare che la bellissima parte dettata dalla chitarra ritmica proposta in origine viene in gran parte compensata da un tappeto di tastiere che risulta suonare molto bene, quasi migliore se vogliamo, conferendo quella maestosità che alza sicuramente il brano di livello. La voce è sempre graffiante ed i tocchi continui di ride da parte di Barker ne accentuano l'efficacia. Si continua con una doppia cassa piuttosto tecnica fino ad arrivare ad una nuova parte molto bella per quanto riguarda prettamente la parte strumentale, ma trova nella voce del singer il suo punto debole, risultando l'ugola di Shagrath alquanto forzata e priva di mordente. Quando i toni diventano sostenuti, quasi esasperati, la band dimostra di trovarsi ancora una volta a proprio agio, ma Shagrath non riesce per nulla ad essere cattivo come ad inizio brano. Poi troviamo un assolo che vuole ricalcare fedelmente quello originale, ma purtroppo complice una soluzione non troppo vincente nel dare qualche effetto alla chitarra, risulta quasi stonare con il resto del brano. Una occasione sprecata dunque, quella di riproporre un brano storico in chiave più moderna, essendo il risultato convincente solo per metà. In questa song, viene narrato un breve tragitto dell'esistenza del demonio, nel quale egli vuole essere la salvezza per alcune persone che secondo lui trascorrono una esistenza indegna. Rinnega le proprie origini per tramutarsi nel male più oscuro e puro, una metamorfosi devastante dettata dal fatto che viene maledetto dalla vita stessa. Diventa così un angelo caduto nell'oscurità, della quale ora è divenuto il principe indiscusso. La dannazione è la vera ancora di salvezza per ognuno di noi, perché è reale e vera. Vengono messe subito le carte in tavola: il controllo totale della nostra anima in cambio dell'eternità, e liberi di compiere ogni atto senza essere legati da alcun vincolo. Arriviamo ora alle quattro song dal vivo, registrate in occasione dell'esibizione dei nostri al Wacken nel 2001 e presenti in versione studio nell'album "Puritanical Euphoric Misanthropia".

Blessing Upon the Throne of Tyranny
Si comincia con "Blessing Upon the Throne of Tyranny" ed immediatamente il brano parte in maniera diretta, senza troppi fronzoli, con una violenza senza precedenti. La prima parte è altamente distruttiva, con una sezione ritmica imponente ed una voce piuttosto penetrante che riesce a coinvolgere il pubblico presente. Una brevissima pausa ed udiamo i primi boati coreografici dati da fiamme roventi che fuoriescono dal palco, per sottolineare una ripresa all'insegna della violenza. Le chitarre si sentono un pochino meno rispetto a tastiere e batteria, mentre la voce è piuttosto ben bilanciata e non va a coprire i suoni. Si continua imperterriti a macinare riff sempre più veloci, e quando Barker parte con i suoi tipici blast beat, notiamo un piccolissima sbavatura da parte del drummer, che però non infastidisce assolutamente e non danneggia l'operato della band. Si riprende con un ritmo piuttosto pacato, con un breve momento solistico di tastiere che danno il La ad una parte estremamente evocativa, ma che perde un po' in fase di arrangiamento generale, come se mancasse qualcosa per riempire comunque i suoni. Niente di grave comunque, dato che la prestazione del gruppo è di notevole spessore, e tutti svolgono il loro dovere in maniera molto professionale. I suoni finalmente riempiono il vuoto mancante, e si prosegue fino alla conclusione con tanto di incitamento da parte di Shagrath verso il pubblico condotto verso un finale eseguito molto bene, con relativi applausi di sorta. La song vuole essere ancora una volta uno strumento antireligioso, dove nello specifico viene esaminata l'influenza che ha la religione cristiana nei riguardi di tantissima gente, che ignara di tutto viene quasi "infettata" da tutto quello che la chiesa ci vuole far credere e che ha continuato a tramandare nel corso dei secoli. Un'istituzione che vuole creare, così facendo, una sorta di soggezione di massa plagiando l'anima ed influendo sullo stile di vita della gente, circuita e resa incapace di fare ciò che vuole. Ci si concentra su figure importanti per quanto riguarda il cristianesimo, ovvero i sacerdoti, che si nascondo dietro abiti apparentemente devoti, rivelando invece un abuso di potere nonché un controllo totale sullo stato mentale delle persone, un'opera di menzogne applicata soprattutto verso persone deboli e bisognose. Bisogna stare sempre con gli occhi aperti, perché chi predica una vita votata alla purezza e alla bontà, spesso è il primo a commettere crimini ed a trasgredire le regole.

Kings of the Carnival Creation
E' il momento di "Kings of the Carnival Creation" ed è Mustis ad aprire la traccia con un'intro oscura ed affascinante. Il pubblico presente inizia a strillare e dopo due colpi di charleston si parte con doppia cassa molto tecnica e riffing strozzato che accompagnano il singer in verità non proprio in formissima. Dopo una breve sfuriata da parte della sezione ritmica, una seconda strofa viene proposta nuovamente senza troppo mordente fino ad arrivare ad una pausa con il solo tastierista a legare le due parti di traccia. Viene omessa per ovvi motivi la parte orchestrale, ed è quanto meno reprensibile il fatto che non si sia ricorso a registrazioni ad hoc per rendere il tutto più vicino possibile a quanto fatto in studio, ed anche se la traccia si comporta comunque bene, in questa veste si sente proprio la mancanza di qualcosa che riempia totalmente il sound. Shagrath incita i presenti, per poi martellare incessantemente verso territori violenti, dove il drumming diventa furioso e le tastiere evocative. Fa la sua comparsa anche la bellissima voce di ICS Vortex che, anche se con un tono più basso rispetto a quello proposto su disco, riesce a coinvolgere pienamente, mentre lo stesso non si può dire di un assolo da parte di Galder, il quale risulta un po' approssimativo e non accompagnato propriamente a dovere dal resto della band. Fortunatamente i nostri si riprendono bene nelle parti più tirate e la voce finalmente risulta essere più maligna e convincente. Bellissimo l'accompagnamento di chitarra solista questa volta ed una volta lasciate le tastiere in solitudine ed una strofa quasi parlata, arriviamo alla mazzata finale che mette d'accordo un po' tutti e conclude una song veramente bella ma suonata leggermente sottotono. La creazione non è altro che una maschera volta a coprire atroci battaglie e mortali carestie. Vengono citate le "Paludi di misantropia" che vanno a simboleggiare l'odio e la disperazione verso la razza umana, una razza votata esclusivamente all'odio e alla distruzione di sé stessa, cercando di sterminare i propri simili con l'intento di primeggiare su di essi assecondando la propria sete di potere. Non è una novità che l'uomo sia votato all'autodistruzione, infatti la storia ci insegna che si è sempre cercato ogni tipo di scusa e pretesto per scatenare guerre e conflitti in modo da ottenere più potere possibile. In fondo l'uomo trae godimento nel vedere i propri simili soffrire, un'esperienza talmente appagante da raggiungere quasi una sorta di nirvana, una pace dei sensi, creandoci una sensazione di benessere inusuale e che si rivela la vera minaccia per il nostro intero genere.

Puritania
"Puritania" viene riproposta ormai in quasi tutti i loro show, e seppur si tratti di un brano "diverso" dal solito, riesce a riscuotere sempre numerosi consensi. L'attacco è dotato di un effetto particolare ed il volume viene portato allo stremo esaltando i bassi ed il suono di doppia cassa di Barker. La voce è effettatissima e tra una pausa strumentale e l'altra, Shagrath cerca di coinvolgere il suo pubblico cercando di creare quel phatos che viene effettivamente a crearsi con il proseguo della canzone. Il riffing è potentissimo, il basso di Vortex pare un martello che vuole penetrare nella testa dei presenti, e le tastiere conferiscono quell'aurea magica e malvagia che avvolge completamente la mente destabilizzandola fino alla conclusione. La song di per sé è piuttosto corta e praticamente tutta uguale, ma è proprio il coinvolgimento che si viene a creare che risulta essere un'arma vincente e sicuramente d'effetto. Un bel modo di spezzare un po' la perfomance devastante di cui sono artefici e di far respirare le persone accorse, per poi riprendere con maestria il massacro totale. Con questa voce carica di effetti distorti e frequenze continuamente disturbate, i Dimmu Borgir vogliono far parlare il nostro sub conscio che lentamente prende vita e ci butta in faccia la realtà più brutale. Esso si proclama entità superiore e ci fa capire senza troppi mezzi termini, che le guerre e tutte le atrocità che ci circondano, non sono altro che i risultati delle nostre azioni e che siamo noi stessi i veri responsabili di tutte queste violenze. Ci siamo ridotti ad essere spazzatura ed è giunto il momento di ripulire il pianeta da tutta questa immondizia. L'unico modo per sanare il nostro mondo è quello dello sterminio totale del genere umano che è stato capace solamente di rovinare tutto quello che la nostra terra ha cercato di offrirci per vivere al meglio. L'uomo è egoista per natura e queste sono le conseguenze di tutte le nostre cattiverie. E' incredibile se pensiamo che siamo dotati di una intelligenza fuori dal comune e che siamo in grado di prendere decisioni autonomamente per il bene o per il male nostro e di quello degli altri. Probabilmente non siamo ancora in grado di controllare questo nostro istinto distruttivo e l'unica soluzione non può che essere l'estinzione, sperando che il prossimo passo evolutivo sia di gran lunga migliore di quello attuale.

IndoctriNation
Arriviamo dunque all'ultima traccia presente in questo ep, ovvero "IndoctriNation" che viene annunciata in perfetto screaming dallo stesso singer. La song è violentissima e si parte immediatamente fortissimo con tanto di strofa cattivissima e strumentazione sugli scudi. La potenza sprigionata dai nostri è altamente esaltante e anche quando viene smorzato un po' il massacro generale (grazie ai tasti di Mustis), rimane sempre viva quella sensazione martoriante che viene sprigionata in ogni singola nota. Quando arriviamo ad una sezione di sole tastiere che vanno in un certo modo a sostituire l'orchestra presente su disco, l'atmosfera oppressiva generata dallo stesso è disturbante quanto basta per creare una sensazione di pericolo costante che viene accentuata con l'ingresso di chitarra e batteria. Tutti svolgono un lavoro impeccabile e il frontman finalmente si trova ad esprimere una rabbia repressa che diventa palpabile sul palco, ed il pubblico gradisce totalmente con cori e grida di incitamento. Altra breve pausa lugubre da parte della band, ed il ritmo diventa cadenzatissimo con i presenti che accompagnano i Dimmu Borgir come voler cercare di dare una spinta ancora più violenta alla loro esibizione. I suoni sono molto ben bilanciati e si va verso una conclusione esemplare con un blocco improvviso da parte di tutti. Grande pezzo che in ambito live si rivela vincente ed estremamente esaltante e dimostra lo stato di grazia che la band sta attraversando su tutti i fronti. L'umanità, nel tempo, ha coltivato una specie di vuoto interiore che cerca di colmare in tutti i modi, ma ormai è probabilmente troppo tardi. Tutto sembra essere vuoto e privo di senso, ogni anima viene letteralmente svuotata dal suo interno (sia quella umana ed animale, sia quella vegetale), nessuno escluso. "Le pecore hanno bisogno di un pastore per affrontare il disprezzo della terra"; il concetto espresso da questa frase è piuttosto semplice: molta gente, forse troppa, non riesce ad accettare tutto questo decadimento e sono in molti ad aver bisogno di una guida che faccia capire loro la gravità di certe situazioni. La reale malvagità che si cela dentro ognuno di noi viene a galla con troppa facilità e non siamo in grado ancora oggi di controllare i nostri impulsi violenti. Purtroppo però, nemmeno chi ha fede, quella più pura e limpida, riesce ad ottenere un minimo di speranza ed è destinata a crollare come un castello di sabbia costruito in un deserto arido. Niente e nessuno potrà dunque impedire un'involuzione destinata a compiersi senza nessun tipo di impedimento e che abbiamo contribuito noi stessi alla sua progressione.

Conclusioni
In definitiva si tratta di un buon prodotto che arricchisce la discografia di un gruppo destinato ad accrescere la propria fama in modo esponenziale. Ovviamente la versione video di questo "World Misanthropy" risulta essere molto più completa ed esaustiva, ma è comunque un lavoro ben fatto che ci mostra una band in continua crescita e di assoluto livello professionale. I primi brani proposti possono essere considerati un omaggio ai propri fan che cercano quel qualcosa in più oltre al solito minidisco live, mentre per quanto riguarda l'esibizione dal vivo, vengono proposti quattro dei brani contenuti in "Puritanical Euphoric Misanthropia" che si prestano molto bene per essere eseguiti su di un palco, complice una differenza piuttosto marcata di pezzi che passano da vere mazzate sui denti ad episodi meno concitati ed atmosferici, il tutto anche nel corso dello stesso brano. La prova generale dei Dimmu Borgir è sostanzialmente molto buona, con una sezione ritmica di grande spessore ed una prova dei singoli magari non sempre impeccabile, ma comunque di ottimo livello. Il cantante e frontman del gruppo Shagrath alterna momenti di ottima forma vocale a momenti un po' forzati e sottotono ma in generale riesce a mascherare queste piccole pecche coinvolgendo il pubblico e facendolo partecipare attivamente in alcuni frangenti, anche durante qualche breve pausa durante l'esecuzione dei vari brani. Il pubblico di un festival come quello del Wacken si sa, a volte è esigente verso le band di un certo nome, e se troviamo comunque amanti di generi totalmente diversi da quello proposto dai nostri, per quanto sentito possiamo dire che tutti si possono ritenere più che soddisfatti e che i nostri sei custodi della Fortezza Oscura hanno svolto un compito di livello, nel proporre una parte di set list incentrata sul repertorio più recente ed accrescendo la propria visibilità con tanto di ringraziamento da parte di manager ed addetti ai lavori. Una popolarità quasi insperata, che solo una band con il coraggio di cambiare rotta evolvendo il proprio stile poteva raggiungere, fregandosene di determinati schemi con buona pace verso i detrattori. Consigliato sicuramente a chi apprezza la svolta "meno black" dei nostri, ma anche a chi cerca in un live potenza ed atmosfera.

2) Devil's Path 2000
3) Blessing Upon the Throne of Tyranny
4) Kings of the Carnival Creation
5) Puritania
6) IndoctriNation


