DIMMU BORGIR
Gateways
2010 - Nuclear Blast Records

FABRIZIO IORIO
15/12/2015











Introduzione Recensione
In attesa di assaporare il nuovo full lenght dei norvegesi Dimmu Borgir, a tre anni di distanza dall'ultimo "In Sorte Diaboli", i nostri immettono sul mercato il primo singolo di lancio del nuovo "Abrahadabra", consistente in una sola track con l'arduo compito di farci comprendere la direzione intrapresa in questa nuova release. Le novità (anche questa volta) non mancano, e possiamo subito dire che ormai della formazione originale, che tanto aveva dato alla musica black metal di stampo sinfonico, sono rimasti solamente il singer Shagrath ed il chitarrista nonché maggiore compositore Silenoz. Anche il frontman degli Old Man's Child, Galder, è ormai diventato un punto fermo della band norvegese. Ormai i Dimmu Borgir sono diventati una formazione a tre, possiamo purtroppo notare due grosse defezioni in ambiti assai delicati. La prima è quella di chi ricopriva ottimamente il ruolo di bassista, esperienza durata per quasi un decennio per l'ottimo Ics Vortex; la seconda mancanza da colmare è anche in questo caso piuttosto consistente: stiamo parlando del talentuosissimo tastierista Mustis, fatto fuori per divergenze musicali (Shagrath non lesinerà aspre critiche ai due ex membri, da lui considerati abili unicamente a campare di rendita, disinteressandosi degli impegni extra musicali della band). Per il ruolo di batterista invece, il discorso è un po' diverso, dato che la band stessa ha espresso la volontà dopo la fuoriuscita di Nicolas Barker di non avvalersi più di un membro fisso e stabile, ma di adoperarsi di turnisti che registrino in studio ed accompagnino la band in tour. In Stormblast MMV uscito nel 2005, il posto era stato preso in prestito nientemeno che da Hellhammer (Mayhem, Arcturus), il quale ha preso parte anche alle registrazioni di "In Sorte Diaboli" con conseguente tour promozionale dell'album. Una scelta piuttosto insolita da parte di un gruppo che fa della potenza e della melodia il proprio punto forte. Per le parti sinfoniche quindi, si è optato per l'utilizzo di un'orchestra (precisamente la Kringkastingsorkestret orchestra) e per il coro l'apporto della Schola Cantorum. Per "sostituire" le magnifiche voci pulite che in precedenza erano affidate a Vortex, la scelta è ricaduta verso Agnete Kjolsrud (ex Animal Alpha), cantante la quale cerca di sopperire ad un vuoto che pare incolmabile in quanto ultimamente le clean vocals venivano utilizzate spesso nei brani degli ultimi album. Un espediente che in qualche modo fa decisamente rimpiangere l'ex bassista, in possesso di tutt'altre doti. Siamo quindi di fronte ad un antipasto di quello che sarà ad un mese di distanza il nuovo lavoro dei Dimmu Borgir. Un brano non ci farà certo capire se il disco completo sarà un successo o meno, ma se la scelta del primo singolo da mandare in pasto agli ascoltatori è ricaduta su questo "Gateways", è perché credono fortemente che racchiuda l'essenza di quello che poi andremo ad ascoltare. Vediamo quindi di sentire cosa hanno preparato per noi dopo tre anni di assenza dalle scene.

Gateways
"Gateways (Ingressi)" è aperta immediatamente da un coro maestoso, il quale viene sovrastato da una doppia cassa velocissima e da sontuose sinfonie. Il ritmo si abbassa notevolmente diventando cadenzato e quando Shagrath attacca con la prima strofa, notiamo fin da subito uno scream non esasperato, ma quasi recitato con ausilio di quei filtri che hanno fatto storcere un po' il naso in alcuni casi nelle precedenti release. Il riffing di chitarra da parte di Silenoz è comunque bello pesante e l'accompagnamento orchestrale esalta quelle sonorità tenebrose che hanno reso famosa la band. Ora è il momento di sentire la prima novità, ovvero la voce di Agnete Kjolsrud, la quale risulta all'orecchio un po' fastidiosa e gracchiante; non certo una bella presentazione diciamo. La batteria inizia a picchiare in puro stampo Thrash, mentre la voce pulita di Agnete continua effettivamente ad infastidire un po' in questo contesto. Quando i toni si placano, la voce viene filtrata in maniera piuttosto pesante per poi lasciare spazio ad un assolo piuttosto ben riuscito in quanto ad atmosfera da parte dello stesso Silenoz. Riprendono i tempi cupi di inizio brano, con un'orchestra che tenta di risultare oscura, ma riesce solamente a metà. Finalmente troviamo tempi in blast-beat e la band inizia fare sul serio per poi stabilirsi nuovamente su territori più controllati e finalmente giunge anche una voce pulita di Agnete che risulta piacevole all'ascolto, di contro a quella del singer nuovamente piena di effetti (forse eccessivi), un ultimo contrasto che conclude tutto sommato un buon brano, ma non certamente eccelso. Una novità riguarda anche il testo, il quale non tratta più di anime dannate o storie anticristiane da raccontare; al contrario, il testo è incentrato su un unico obbiettivo, quello della rinascita. Una rinascita vista a modo loro ovviamente, dove viene spiegato che le chiavi della libertà appartengono soltanto a noi. Solo chi ha la volontà di vedere oltre le cose ha la possibilità di avvicinarsi alla rinascita, mentre chi vuole essere cieco di sua scelta, rimarrà tale e continuerà a soffrire in segreto. Non esistono più regole, ormai quello che è stato sommerso non è più recuperabile nella nostra mente. Le scelte sono nostre e di conseguenza il destino lo scegliamo noi, alla fin fine. E come dice la band nel suo testo, siamo noi a scegliere se essere il donatore o il becchino, se bloccare le porte o tenerle aperte, se essere un guaritore od un falsario. Le chiavi del nostro destino le abbiamo noi, e dobbiamo renderci conto che siamo il creatore di noi stessi. Una sorta di ubermensch, un superuomo di nicciana memoria, se vogliamo.

Conclusioni
In sostanza, come detto, non si tratta di un brano particolarmente eccelso e qualche dubbio sulla qualità finale di un intero album inizia ad affiorare. Giustamente non si può decretare una sentenza basandoci su di un singolo episodio, fatto sta però che mancando due pilastri e soprattutto due musicisti di talento, quali Ics Vortex e Mustis, che avevano dato un contributo non indifferente al completamento di quella fase evolutiva che era iniziata sostanzialmente con l'album del 1999 "Spiritual Black Dimensions", possiamo dire di essere di fronte ad una nuova ulteriore fase della carriera della band. Musicalmente non c'è molto da dire che non sia stato detto negli altri lavori, ovvero che siamo di fronte ad un brano ottimamente suonato e prodotto in maniera a dir poco maniacale, con tutti gli strumenti in bella mostra in grado di fare quello che il nostro ormai trio decide di fare. Il singolo è stato anche astutamente scelto per presentare e far risaltare le collaborazioni con l'orchestra sinfonica norvegese e con il coro musicale Schola Cantorum, ben presenti entrambi e con un corposo contributo finale. Si può trovare questo singolo in vari formati: quello digitale, che ormai è diventato un obbligo per le band considerando l'uso massiccio da parte degli utenti della rete, e quello in vinile da sette pollici ben più consistente e soprattutto fisico. Il testo da parte sua non è niente male, e dona un po' di aria fresca ai soliti temi tipicamente di stampo black metal, sempre non discostandosi troppo dalle proprie radici. Attendiamo dunque con curiosità il nuovo lavoro che arriverà ad un mese esatto di distanza dall'uscita di Gateway, la quale risulta essere la terza traccia in ordine di tracklist. Le speranze per questo nuovo "Abrahadabra" sono molte tante quante possono essere le note "stonate" che percepiamo, e nuovamente i Dimmu Borgir si pongono in perfetto bilico fra il successo e le aspre critiche. Non possono certo dire di non essere abituati a tutto questo.. tuttavia, l'orecchio del pubblico sarà sempre l'ultimo giudice. Non ci resta che aspettare di trovarci dinnanzi al lavoro completo, analizzandolo in ogni suo dettaglio e cercando di individuare cosa è effettivamente valido e cosa, oggettivamente, non lo è.



