DEFTONES

Minerva

2003 - Maverick Records

A CURA DI
GIANCARLO PACELLI
02/10/2018
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione recensione

Nel mondo moderno della musica si sa che l'apporto di una produzione di livello o di una casa discografica è strettamente necessario per dare vita ai propri desideri musicali. I Deftones senza Terry Date difficilmente avrebbero ottenuto tutto il seguito che hanno realizzato, senza la sua esperta mano avrebbero dovuto sborsare ancora più fatica di quanto abbiano fatto. La massiccia produzione dei due lavori precedenti ha avuta un'importanza fondamentale nella resa finale. Ma arriva quel momento in cui le strade della band e della produzione si separano, vuoi per divergenze stilistico-musicali (come nel nostro caso) o semplicemente per volontà personale di una delle due parti. I Deftones nel 2003, dopo l'ultimazione del loro omonimo, si separarono dal loro fido producer. I nostri erano si una formazione più che consolidata secondo precisi canoni musicali, ma perdere il proprio mentore, ossia colui che aveva a contribuito a forgiare il successo del gruppo, in un periodo pertanto non affatto facile come durante il rilascio del disco, non fu un bel colpo da digerire e in effetti la costruzione complessa del futuro platter ne risenti'. Il self-titled album nacque, appunto, ben tre anni dopo il multi-acclamato "White Pony, lavoro che oserei definire un "classico moderno" proprio per le omogenee geometrie e calde intuizioni musicali che proponeva alla luce del sole. Dare un seguito di una certa caratura a questo gran successo di sicuro non fu un percorso semplice da definire e da costruire. Far succedere un capolavoro con un lavoro di livello era effettivamente un'impresa ma la band aveva nel proprio taschino un'arma decisiva: la solidità della formazione che incideva in sede di songwriting e nella stilosa attività musicale (sia live che in studio). I Deftones erano diventati notissimi a livello mondiale non solo per la loro coerenza stilistica, che cercava in tutti i modi di scrollarsi di dosso il termine "nu-metal", adagiando nel corposo sound sempre elementi differenti, ma anche per la continuità dal semplice punto di vista della formazione aspetto, a parer di chi vi scrive, non proprio di poco conto perché dava un apporto notevolissimo anche (e soprattutto) da una visione prettamente psicologica: i nervi erano essenziali quanto le capacità musicali. Dopo "White Pony" tutto era cambiato da tantissimi punti di vista, e la missione era soltanto confermare la propria nuova veste alternativa, la quale si mostrava ingegnosamente ritmata da specifici passaggi di natura dream-pop e shoegaze, i quali furono degli elementi che risulteranno complessivamente anche nell'ascolto completo dell'omonimo. Elementi questi che univano la loro natura minimale all'assalto sonoro delle due chitarre. E cosi che nel turbolento 2003 nasce questo "Deftones", quarto capitolo in studio degli americani che sperava di confermare il successo che concerti e tour mondiali aveva più che consolidato. Il singolo di lancio del disco, che oggi ci apprestiamo a descrivere, fu l'accattivante "Minerva", brano che subito fu circondato dalla critica di tutto il globo musicale proprio per la curiosità nel vedere all'opera Moreno & Company era elevatissima. Il video ufficiale della band fu un chiaro biglietto da visita: il combo a stelle e strisce filmò il video durante una tempesta di sabbia a Salton Sea nel sud della California (Stati Uniti). Le riprese del singolo durarono ben ventidue ore e tale video ufficiale poteva essere definito come la rappresentazione pratica dello spirito battagliero della band decisa ad affrontare le "tempeste" reali del complicato mondo discografico. Detto ciò non posso che augurarvi buona lettura!

Minerva

Come al solito iniziamo col botto con la title-track "Minerva", primo singolo di questo omonimo. Il brano può essere considerato un tributo alla musica nel suo significato più esteso, quest'arte non può non essere considerata come un connubio di sentimenti e sensazioni: la traccia, dotata di un intro soffuso e sognante, cerca subito di far trapelare le proprie intenzioni. "Minerva" è splendente nel suo sacro significato, particolare e unico dato che la band non ha mai toccato cosi esplicitamente il tema della musica. Questa magia di fondo, che caratterizza l'intera struttura, sembra volteggiare nell'aria un po' psichedelica tipica della traccia, persa in questo costrutto a tratti onirico e sognante, decisamente non scontato e nemmeno troppo prevedibile. Per cominciare alla grande questo vero e proprio inno alla nostra amata arte, non potevamo non aspettarci un intro seducente e accattivante che già ci fa capire la caratura in cui si inquadra tutto il comparto musicale. Una volta che abbiamo accelerato i motori con l'intervento della solita sofficità e tenerezza vocale di Chino, non vediamo l'ora di raggiungere il bellissimo ritornello dove il cuore del testo di tutta la traccia fuoriesce con molta grinta, all'istante: "God bless youall for the song you saved us" ("Dio ti benedica tutti per la canzone che ci hai salvato"), verso esclamato con tanta armonia dal nostro frontman dato che racchiude tutto l'intento esplicativo, ossia una sorta di ringraziamento a coloro che con tanta gioia coltivano questa grande passione artistica, in grado di trasmettere messaggi forti, di rendersi veicolo d'emozioni d'ogni sorta, narrando ogni volta storie diverse e differenti, tutte capaci di toccarci in qualche modo il cuore di chi ascolta. Non abbiamo cambi di tempo che danno brio al pezzo, anzi il clima è piuttosto monocorde, con tutti gli strumenti calibrati all'unisono a differenza di Chino, che si muove all'impazzata grazie alle sue grosse capacità al microfono. "Minerva" è un brano capace di trasportarci in una dimensione lontana dalla nostra concezione abitudinaria dello spazio e del tempo, la forza che la colora è in grado di farci viaggiare pur rimanendo seduti con le nostre cuffie preferite. La musica più che una passione fortissima è un sogno da vivere, perchè una canzone che per un altro equivale al nulla assoluto per te invece è semplicemente tutto, la tua stessa vita.

Sinatra

I Deftones hanno le loro corposo sound tantissime influenze e questa peculiarità fa rendere "semplice" un ipotetico rifacimento di qualche brano, di qualunque estrazione musicale. La traccia che ci apprestiamo a narrare è "Sinatra" degli Helmet di Page Hamilton. Un brano che è da considerare come un grande tributo alla band, formazione che forse non ha raccolto un pubblico come lo meritava, ma questa è un'altra storia. Cari lettori, voi vi starete domandando perchè proprio Sinatra? Sì, è come la pensate, ha a che fare con il famoso cantante Frank Sinatra, ma la traccia non ha come costola lirica questa grandissima voce, dato che tange la storia di un amore mai nato che tocca Hamilton, di una ragazza (proveniente dalla stessa città natale di Frank Sinatra, nel New Jersey), di sentimenti soppressi che però nelle intenzioni del mastermind della band avrebbero dovuto nascere e durare nel tempo. Frustrazione e soprattutto rancore: è come strappare un fiore (il quale rappresenta il piu puro sentimento) e calpestarlo con forza. C'è da dire che molte sensazioni negative viaggiano all'unisono provocando alle nostre orecchie e al nostro cuore vari sussulti emozionali. I Deftones, da questo punto di vista, sono sempre stati grandi interpreti di questi sentimenti, soprattutto nelle prime uscite in cui quella forza e quella rabbia giovanile non aveva rivali. I primi secondi di questa cover sono dominati da una sana distorsione di fondo, un riverbero stoppato dal pellame di Abe Cunnigham prima, e dalla chitarra di Carpenter poi. Già ci aspettavamo un'introduzione del genere, i presupposti del brano ce lo avevano suggerito sin dai primi scorci. Moreno entra con poca irruenza, riuscendo a non distorcerci lo sguardo dalla potente lead guitar che scaraventa poche ma decisive note. "Sinatra" è rumorosa, ricalca gli stessi effetti distorti dell'originale, l'impostazione ritmica non è mutata di un millimetro sebbene i nostri abbiamo messo intelligentemente la propria mano. Ogni estensione vocale, ogni vocalizzo trascinante di Chino è un grido, un urlo incessante indirizzato chissà dove. Con il procedere del brano finalmente udiamo un basso importante, degno di nota in ogni suo segmento. Chi Cheng, soprattutto nel corpo centrale del brano, segue magistralmente la potente attitudine di Carpenter e Moreno si mostra quasi un camaleonte riuscendo a stare in mezzo a questo mare distorsivo non perdendo mai la lucidità che lo contraddistingue. É uno strumento aggiuntivo che mano mano si inserisce in questa cover, che si conclude cosi come è iniziata: rumorosa e accattivante.

Sleepwalk

La particolarissima chicca presente nella tracklist di "Minerva" è senza dubbio la strumentale dalla durata di circa tre minuti, chiamata "Sleepwalk" (Sonnambulismo). Intensa e oscura, ma negli scorci iniziali si dimostra quasi aggressiva e queste due atmosfere dette all'inizio ci sembrano sconosciute:i primi flll di batteria sono compatti e rimembrano strutture complesse come quelle del jazz e nemmeno lontanamente immaginiamo il mutamente che poi vedremo. L'ingresso della chitarra di Carpenter non cambia eccessivamente il ritmo dato che si impasta al dolce rifferama, ma qualcosa cambia quando il pellame cambia leggermente posizione ponendosi in un ottimo background in cui  non mancano elementi distorsivi della lead che però si perdono nel mare di atmosfera che "Sleepwalk" ci getta addosso, quasi detergendoci dal male che noi riscontriamo nel mare della vita. Il pezzo nella sua apparente facilità di interpretazione musicale scorre come un fiumiciattolo di montagna, cristallino ma al contempo quasi colpevole di nasconderci qualcosa. Questo qualcosa non ce lo accenna nessun impianto vocale, non abbiamo uno sbandieratore emozionale come Moreno ad avvisarci mediante il suo stile, siamo al buio quasi noncuranti della situazione in cui siamo immessi, in questa camminata salvifica nel cuore della notte. Rimaniamo in silenzio, nel buio e nell'oscurità, aspettando qualcuno che ci dia una mano. La progressione strumentale di questa inedita "Sleepwalk" si conclude con una sezione ritmica spumosa e mai opprimente ma tetra e malinconica come certificano gli arpeggi finali e un basso scottante che calano il sipario al tutto.

Conclusioni

"Minerva" fu, come tutti i singoli dei Deftones, un passo in più nella loro escursione musicale, una progressione in avanti verso nuovi mondi costruiti su eteree emozioni che i nostri sono talmente bravi nel mostrarle tanto da permetterci di toccarle. La separazione dallo storico produttore Terry Date (il quale, ricordiamolo, abbandono la compagine subito dopo il rilascio dell'omonimo), dopo l'ascolto di questo brano, sembrò effettivamente non cosi tragica come fu pianificata, soprattutto da un'angolazione delicata come il songwriting. La band aveva stilizzato una identità cosi forte tanto da superare le più rosee aspettative, non solo dal punto di vista musicale ma anche secondo una prospettiva attitudinale. L'essere una band cosi compatta contro le avversità di ogni tipo riservò al quartetto americano una sana cattiveria agonistica, un temperamento da mettere in pratica sul proprio corredo musicale, sulle linee del proprio disco. "White Pony" stava li, era stabile come il miglior prodotto dei californiani e le intenzioni del superarlo non c'erano e non ci saranno, nemmeno durante l'ascolto del completo full-lenght. Certo, il compito dell'omonimo Deftones non era affatto semplice da sostenere dato che cercare di pubblicare un grande lavoro dopo una release fondamentale come "White Pony pareva soltanto un miraggio. Ma ascoltando "Minerva" nulla sembra impossibile, questo brano si pone sostanzialmente come ingegnosamente costruite su binari freschi e al contempo corrosivi, che sicuramente non impatteranno come un brano dell'album precedente, essendo quest'ultimo talmente ispirato da non temere rivali, ma riesce comunque a creare una sua appetibile atmosfera che pervaderà l'ascolto di tutto questo "Deftones". Un album quindi che si prospetta come la conferma del combo nell'essere un motore straccia numeri e di macina concerti in tutto il mondo, dato che tutti ormai conoscevano la band, non come esponente di un genere tanto "odiato" come il nu-metal, ma come gruppo capace di unire diverse trame musicali in un connubio dal sapore intimista e vincente.

1) Minerva
2) Sinatra
3) Sleepwalk
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