DEFTONES
Diamond Eyes
2010 - Reprise Records

GIANCARLO PACELLI
10/12/2018











Introduzione recensione
La musica ha sempre segnato le generazioni passate di ascoltatori: partendo dai basilari anni settanta, pressati dal marchio profuso da colossi come Black Sabbath e Led Zeppelin, fino agli anni novanta della cosiddetta "Rivoluzione" del grunge di Seattle, incasellato in realtà come Nirvana e Pearl Jam. Ogni epoca ha le sue band simbolo e pare ragionevole dire che non tutte hanno le perfette caratteristiche per entrare in questa ristretta cerchia. I Deftones, sin dagli inizi, possono essere considerati come esponenti lungimiranti di una fascia di ascoltatori a cavallo tra i due secoli, la quale assorbiva la frustrazione giovanile debita a sentimenti come la paura e la rabbia, immettendo questi elementi sia a livello musicale che lirico, con testi pieni e ricchi spunti su cui pensare e discutere. Dopo anni in cui un genere come il nu-metal ha ristagnato su poche uscite discografiche degne di nota, ecco che chi ha stilizzato e portati ai massimi livelli il genere, talmente tanto da non sembrare una band proveniente da quella ondata, torna nel 2010 più agguerrito che mai, con un nuovo lavoro che cripticamente celava dietro il moniker di "White Piny", ossia "Diamond Eyes". Il primo singolo quindi, title track del futuro lavoro in studio, già si confermava come un preludio di un successo strepitoso, soprattutto nei canali digitali come YouTube raggiungendo visualizzazioni di un certo numero, e tutto questo in pochissimo tempo. Sono pur sempre i Deftones, quindi la grande quantità dei supporters, armati di una sincera curiosità non vedeva l'ora di dare un orecchio a "Diamond Eyes", primo singolo della band rilasciato 23 Marzo 2010. L'obiettivo era uno: tentare di proporre un qualcosa di meglio dopo lo pseudo-tonfo con "Saturday Night Wrist" del 2006 e confermarsi come paladini dell'alternative mondiale, nonostante la band di Sacramento veniva considerata come una carovana ormai "storica" e di "annata. "Diamond Eyes" che cercheremo oggi di inquadrare a fondo, è la completa raffigurazione esecutiva che la band impone nelle sue rinnovate linee. Rinnovazione è una parola estremamente adatta al fine di dare un'idea di ciò che proporrà nel settimo full-lenght, una seconda rinascita dopo quattro anni approssimativamente bui e negativi da qualche punto di vista. Sicuramente il livello compositivo dei quattro era immutato e praticamente inattaccabile e un non brillante "Saturday Night Wrist" di certo non poteva spazzare via la vena compositiva di un gruppo che contava di due capolavori ("Around The Fur" e "White Pony") costruiti su binari clamorosi che hanno permesso poi la gestazione di dischi densi e ricchissimi di iniziativa (basti pensare l'omonimo "Deftones" in primis). Basta quello, avere la consapevolezza di gettare sul terreno sempre il seme ricco e complesso e poi raccogliere i frutti del proprio sudore e in questo i Deftones posso dire di esseri costanti, altro aspetto importante era la capacità di attrarre attenzione su di se in una fase calante del genere, in cui critica e quant'altro faticava a trovare qualità dalle band provenienti da quel discusso movimento, ma come ben sappiamo i nostri sono divers. E allora i presupposti per vedere all'opera i nostri quattro sono molti buoni, e non vediamo l'ora di immergerci nel singolo proposto. Buona lettura!

Diamond Eyes
"Diamond Eyes" (Occhi di diamante) doveva essere in poche parole la traccia "spartiacque". Oscura e misantropica e a detta di molti, è una delle tracce dei Deftones dotate di uno dei aggressivi breakdown della loro carriera. La title track nonchè singolo del sesto disco, si apre silente nei dieci secondi iniziali, Stephen Carpenter distrugge l'atmosfera mielosa creatasi con un riff corposo, introducendo le corde vocali del nostro singer, Chino Moreno, il quale all'inizio si pone con uno spirito ampiamente melodico. Melodia che però trova poco spazio, dato che ogni frammento della track cela dietro di se una potenza fuori dal comune e non a caso non si eccede mai in furiosi scream ma si rimane ampiamente ancorati in questi territori fino al ritornello, elegante e potente, in cui il range vocale sensibile fuoriesce del tutto. "Time will see us realign/ Diamonds rain across the sky /Shower me into the same realm" (Il tempo ci vedrà riallineare /I diamanti piovono attraverso il cielo /Bagnami nel tuo stesso luogo): cosa è il tempo, se non un'immagine perpetua e perenne, la quale rimane inopponibile come pilastro fondamentale della nostra storia? Un tempo che fugge e che alcune volte sembra crudele, ma che riesce comunque ad essere contrassegno indelebile delle nostre vite. Allo scoccare di queste note ampiamente affascinanti quella violenza di fondo viene quasi mascherata da una dolcezza quasi sorprendente. Effusioni che ci appaiono inconsuete e quasi soavi ma non eccessivamente strane se teniamo presente il gran quantitativo di momenti che i nostri ci hanno regalato nell'adottare registri anche differenti ma che impattano creando un corredo incredibile. I toni di batteria /basso/ chitarra vengono ampiamente abbassati per far sì che la scena venga "rubata" da Chino, che in tutta la sua eleganza sfodera la linfa essenziale di qeusta traccia. Tuonante nelle ritmiche, il pezzo procede molto veloce e compatto nei suoi tre minuti e dopo la fragorosa ripetizione del ritornello, l'atmosfera cambia del tutto: le chitarre diventano ancora più turbolenti, e permettono ad una modulazione canora allucinante; difatti passiamo dal cantato preciso e melodico degli inizi ad uno stile quasi "rappato", che per pochi secondi ci fa ritornare alla mente il giovane Chino degli esordi (un ulteriore modo per paragonare questo singolo ad un brano dell'era di "White Pony"). Dopo questa breve parentesi, le corde delle due chitarre continuano a vibrare accogliendo di nuovo i bruschi vocalizzi a cui noi siamo abituati. La batteria è calzante e quadrata, pesta nelle parti "vuote" tra un riff e un altro mentre il basso di Sergio Vega è sì ispirato ma ancora abbastanza nascosto nel marasma sonoro. Un singolo che nasconde un cuore melodico pulsante mascherato dalla nota peculiarità che la nostra band ha nella mera costruzione dei brani.Dia

Conclusioni
Il primo singolo è sempre uno step importantissimo da eseguire. Sarà la pressione esterna di un gran numero di canali informativi o la voglia di dimostrare al mondo musicale la propria volontà artistica, i Deftones c'erano e non volevano e non dovevano essere considerati come un gruppo da "fanalino di coda" del metal alternativo, anzi volevano necessariamente disegnarsi come i lussuosi pionieri che tenevano ancora alta la bandiera di un genere che soffriva drasticamente l'ascesa di altre ondate musicali. Tenendo sempre in mente le enormi ed elastiche perizie tecnico-stilistiche del combo, "Diamond Eyes" quindi aveva il compito di attirare l'interesse non sono dei fans, sempre pronti a supportare la propria band, ma anche un'intera fascia musicale che soffriva numeri non proprio attraenti. La risposta sul campo è stata inattaccabile: una solidità impressionante, mista ad una drastica consapevolezza di superare il periodo buio che ha toccato l'apice con l'incidente terrificante che colpi' il cuore pulsante del combo, c'era e correva pesantemente nell'aria. Non era affatto semplice risollevarsi dopo un fatto del genere, anzi era assai prevedibile un nuovo "passo" falso tenendo sempre presente la capacità compositiva dell'ex bassista che in un modo e nell'altro era stato determinante in tantissime fasi della creazione musicale (basti pensare che un gran numero di brani portavano la sua firma). La scelta di Nick Raskulinecz (Alice In Chains, Foo Fighters, Stone Sour etc) fu molto influente dato che proprio il tono generale del sound e l'apparato produttivo fu il risultato di un iter esigente e rigoroso, non assolutamente paragonabile con i ritardi e i repentini cambi di studio di registrazione per quanto riguarda la creazione dei brani di "Saturday Night Wrist" (2006). Ogni spunto di questa "Diamond Eyes", porta alle nostre orecchie e alla nostra testa al recentissimo passato, in cui proprio la ricerca spasimante della perfezione nella semplice composizione del suono era di fondamentale importanza. C'era la necessità di far capire ai nostri chi erano e cosa avevano fatto in passato al fine di recuperare quelle credenziali stilistiche che non avevano pari sia nel genere e, in una visione più ampia, nel mondo musicale intero. Se Moreno era ancora più "ricco" di esperienze e aveva impreziosito la sua predisposizione canora, come se ce ne fosse pure bisogno, lo si deve alla sua rinnovata capacità compositiva, debita a progetti paralleli come i post-rockers Team Sleep o i gli elettronici Crosses che in questo senso erano stati importantissimi, mentre Carpenter aveva appesantito la sua presenza con un approccio allo strumento ancora più incisivo e di fondamentale appeal nel quadro sonoro, da sempre caratterizzato da un guitar-work eccelso e prepotente (nel senso buono del termine). Lo stesso vale per la matricola Sergio Vega al basso, che vorrà dimenticare le sue origini hardcore per impegnarsi nell'affondare nel complesso edifico musicale dei Deftones. Tutti i presupposti per eleggere questa "Diamond Eyes" come un singolo eccelso ci sono, e riesce a farci accrescere la curiosità del full-lenght.



