DEFTONES
Be Quite and Drive (Far Away)
1998 - Maverick Records

GIANCARLO PACELLI
13/09/2018











Introduzione recensione
Prima del rilascio del rivoluzionario e fondamentale "Around the Fur", i Deftones programmarono tre singoli: la title track "Around The Fur", "My Own Summer (Shove It)" e "Be Quite And Drive (Far Away)". Singoli che furono scelti secondo un giusto intento artistico, infatti potevano essere definiti come i nuovi biglietti da visita non solo dal punto di vista strettamente musicale ma anche per l'originalità dei video ufficiali proposti (soprattutto in "Be Quite And Drive" e "My Own Summer (Shove It"), in cui i nostri quattro spiccavano sempre immersi in luoghi caotici e mai sicuri, degne rappresentazioni della gioventù ben rappresentata dalla nostra band. Il nu-metal come tantissime ondate musicali può essere tinto come un genere che rispecchia quella gioventù insicura e debole, ancora troppo acerba per entrare nel mondo dei "grandi", mondo fatto di responsabilità. I video proposti avevano quindi il loro messaggio simbolico con le loro ambientazioni e colori chiaroscurali: alla nostra band effettivamente la sicurezza è stata sempre stata un optional, dato che ha sempre vissuto sul filo del rasoio, sempre pronta a distruggere timori e timide sensazioni che li vedevano sempre ancorati in un quadro di difficoltà. Abbiamo accennato prima a "Be Quite And Drive (Far Away)", che similmente a "My Own Summer (Shove It)" fu un successo commerciale ma a differenza del primo singolo, il secondo ha acquistato notorietà progressivamente raggiungendo importanti posizioni di classifica in molte chart del globo. In questo brano già era possibile scrutare la nuova veste, la nuova attitudine della band che si rese intelligente nell'infarcire il già complesso sound con linee che rimandavano sia alle ritmiche new-wave di matrice Cure che di soffice shoegaze, un ramo del rock alternativo che fa della resa emozionale e mimale in ogni minimo passaggio la sua grande peculiarità. Il sound non è statico, e come ben vedremo in questo singolo, arricchito anche da brani pescati dall'esordio "Adrenaline" del 1995, basta e avanza per far capire alla folta fan-base che i Deftones di metà anni novanta sono immedesimati in un processo ricco di influenze. Un processo, che seguito da una coordinata ricerca musicale nel sound da perpetrare, mostra effettivamente il picco di ispirazione che colpiva un gran numero di collettivi lungo gli anni che stavano giungendo verso il traguardo deii 2000. I compagni Korn, nati a braccetto con i Deftones, parallelamente continuavano a tracciare la loro strada continuando la promozione del loro "Life Is Peachy", platter che trasudava di una esplosiva violenza interiore contro quella adolescenza rubata che continuava il percorso lirico dell'omonimo debutto. Ma i Deftones proprio con questo lavoro si scinderanno da ogni minimo paragone, a tratti scomodo, con la band di Bakersfield (California), adottando finalmente un proprio stile adagiato su di un rinnovato terreno melodico. Tornando all'analisi di questo singolo, "Be Quite And Drive (Far Away)", come abbiamo accennato agli sgoccioli della nostra discussione, è adornato da un video ufficiale in cui tutta la ciurma americana è inserita in una sorta di garage. Un luogo inusuale che rispecchia come da copione l'identità dei nostri, posti in un luogo certamente non sicuro, lontano da occhi indiscreti, sempre ritmata e infiammata a predisporre il loro muro di suono secondo precide e differenti linee sensoriali. Accanto al singolo sono proposti dei brani dal vivo tratti essenzialmente dall'esordio "Adrenaline". Detto questo non mi resta che augurarvi buona lettura!

Be Quiet and Drive
Il lotto del singolo inizia con "Be Quite And Drive" (Stai tranquillo e portami via), che assieme ad altre tracce dal vivo compone l'intero lavoro. Questo brano è senza dubbio uno dei pezzi più riusciti migliori dei Deftones. Il video impacchettato dalla band in cui i nostri quattro sono collocati in una strana location simile ad un parcheggio abbandonato e ricalca la sfrontatezza giovanile, marchio del combo. Gli accenni iniziali alla traccia hanno riscosso subito successo dato che il riuscitissimo e riconoscibile intro iniziale, in cui noi ascoltatori, ci rendiamo conto di avere a che fare con una traccia particolare, e possiamo ben dire che riflette appieno la maturità raggiunta dai nostri dopo un percorso bello pieno di avvenimenti. Quella maturità, scaturita da tantissimo impegno, si può ben percepire nella scoperta del testo, molto oscuro e sinistro che cerca di distaccarsi tematicamente da Adrenaline, ma ricco di strutture di difficile comprensione. La camaleontica traccia sembra esaltare la voglia di scappare e di conseguenza di dimenticare il passato, a volte molto difficile da tenere sullo "stomaco". La traccia ha come tema fondo l'insicurezza e il rapporto che si ha con essa specialmente dopo un legame in amicizia o in amore. Ci sentiamo come estraniati e persi d'animo quando una persona a cui teniamo visceralmente ci volta le spalle senza la benché minima ragione. Vorremmo, eppure non dobbiamo abbatterci; anzi dobbiamo scappare da chi ci vuole del male ("Now drive me far/away, away, away; Ora portami lontano/ via, via, via") e ricominciare con le persone giuste. L'introduzione della lead di Carpenter, come abbiamo già accennato, ha una peculiarità ben interessante, riesce a tenere incollato l'ascoltatore al primo ascolto: quasi come una calamita, ci tiene attaccati per una ventina di secondi quando assistiamo alla consueta entrata in scena del nostro Moreno, e proprio l'irruzione di quest'ultimo accende la miccia per arroventare il tutto, rendendo il brano veramente eccellente nella sua generalità. E quasi non possiamo aspettarci il contrario dato che è costruito alla perfezione in ogni minima sezione. La traccia è fondata sapientemente su unico giro di chitarra che prosegue insistentemente per quei tre minuti scarsi, fino a che quel "I dont care where just far / away - Non mi importa quanto lontano / via) cambia notevolmente ritmo per il cantato quasi "disperato" del nostro frontman. I Deftones senza tanti giri di parole dimostrano di avere tanta stoffa e la rabbia cieca infatti non abbandona il nostro quartetto nemmeno per un secondo.

Engine no. 9
Il perdere tempo non è mai stato un punto di riferimento per i Deftones e la scattante voglia di iniziare il singolo con un ringhioso brano dal vivo, "Engine n. 9" (Motore n.9) disegna proprio ciò. La band corre sul palco e il riverbero tuonante della lead inizia a forgiare il "casino" necessario teso al primo acido urlo di Chino che sembra mettere sull'attenti tutti quanti, nessuno escluso. "Engine n.9" non è un filler o una traccia vuota e la potenza che ne scaturisce sin dal millimetrico intro di Stephen vuole soltanto avvisarci del pogo che avverrà. I Deftones si muovono come grilli e tutto il comparto tecnico fa il suo dovere secondo gli stilemi e i ritmi della prova in studio. Il motivo della introduzione si stampa molto bene nella nostra mente e i brevi sussulti di Chino che poi si trasformano in incalzanti effusioni creano effetti decisamente devastanti e il pubblico sembra gradire. Il riffing della sezione che sfila via lungo l'asse del brano ricalca idi taglienti, talmente ossessivi che sia il basso che la batteria corrono spediti alla velocità della luce per stargli dietro. E Chino? Beh la sua forza vocale ha proprio dell'incredibile dato che risulta palese la difficoltà nello sputare vocals cosi agguerrite in un mare sonoro cosi denso e compatto. "Engine n 9" non colpisce solo nelle sue parti rapide e altamente affilate ma riesce a corrodere allo stesso modo anche durante i minimali momenti di pausa della sezione ritmica, tra brevi e precisi mosh e breakdown. Andare a tempo della incessante grinta di "Engine n 9" è decisamente difficile ma il nostro pubblico non prova nessuna particolare difficoltà nel fare ciò. Da sottolineare sono i cori di Chi Cheng che mostra un gran talento dato che smuovere il basso e al contempo calibrare un growling diretto ed efficace ha il suo grado di artificiosità. Proprio le già citate backing vocals arrotondano il finale nel loro intervallarsi con gli spruzzi violentissimi di Moreno accompagnati dai fill indemoniati dell'abilissimo Abe Cunnigham.

Teething
Il pubblico già è accaldato sin dall'inizio del live e i nostri all'occorrenza si preparano iniziando a riscaldare tutti gli strumenti, prima di partire con il riffing introduttivo del secondo pezzo proposto. "Teething" è una vera e propria rarità, tale brano fu utilizzata per la colonna sonora de' il film "The Crown: The City Of Angles" e gran parte del successo lo si deve alla partecipazione in questa colonna sonora. L'introduzione è ampiamente riconoscibile e nonostante non sia un brano canonico di un lavoro in studio, ha una potenza di un certo livello, al pari di altri brani. La base chitarristica è netta e squadrata e il pubblico non può non pogare a più non posso data la rotonda caratura degli strumenti. Moreno, per la gioia del pubblico, esordisce con potenza distorta in modo da rendere equilibrata la stesura del riffing e i brevi brakdown inseriti lungo la strada sonora vanno ad impattare positivamente con il pacchetto vocale. La chitarra non perfettamente calibrata, si rende partecipe nel dare valore ancora di più ad ogni vocalizzo di Chino. E infatti le sue incursioni in pulito accentuano l'attitudine quasi minimale dell'ascia di Carpenter, la quale sembra sia stata concepita proprio per unirsi con le vocals di Moreno. Ma non è solo quest'ultimo a brillare, c'è anche il basso, Chi Cheng dà un contributo essenziale e quasi vitale alla traccia con i cuoi cori in backing quasi disperati che ben impattano lungo l'asse tonale della voce di Chino. "Teething" corre spedita, e con lei anche il pubblico presente in sala che sembra quasi essere attratto dalla potenza di ogni solco. Ogni momento di leggero pathos in cui la chitarra e il basso attenuano la loro consueta velocità servono a dare gli equilibri e ad imporre un nuovo modo attitudinale di Moreno. II pubblico sembra essere soddisfatto e sta capendo che nonostante la giovane età il quartetto sà il fatto suo. Verso la metà del brano il consueto rapping di Moreno diventa quasi un discorso parlato a tu per tu col pubblico e il basso di Chi Cheng sembra essere un degno accompagnatore prima di esplodere con Carpenter che preme ancora di più. Ma non è finita qui: il finale è una lotta incessante tra ogni strumento, in cui le vocals di Moreno diventano rabbiose e corrono con scorrevolezza con i fill di Cunnigham. "Teething" termina la sua corsa cosi, con una potenza quasi allucinatoria e l'audience non può che applaudire questa straordinaria performance.

Be Quiet and Drive (Far Away)
."Be Quiet And Drive (Far Away)" è senza dubbio uno dei pezzi più riusciti dei Deftones e immettere questo brano in salsa acustica nasconde sempre alcuni pericoli, ma come ben sappiamo la solidità del quartetto era ormai capace di ammaestrare diversi campi. L'inizio di "Be Quite And Drive (Far Away)" è soffice e spumoso, ricalca la struttura dell'originale ma con meno furia: la leggerezza acustica subito prende il sopravvento con primi accenni di chitarra di Carpenter, con quell'introduzione che subito ha riscosso tantissimi consensi. La voce profonda di Chino riesce ad impastarsi lungo il minimale quadro sonoro, riesce meravigliosamente ad interpretare l'insicurezza e la paura del futuro, tipica espressione giovanile di cui la band era portavoce, elementi che volenti o nolenti sono annidati in ognuno di noi, e il carattere vocale, in questa nuova impronta musicale, riesce ad essere cosi particolarmente incisivo che quasi ci parla. L'insicurezza è un qualcosa di opprimente, e se non curata la si può portare avanti nel tempo: è una condizione terribile che sentiamo soprattutto nel difficoltoso clima adolescenziale quando non abbiamo nessuno vicino a consolarci o a darci forza. L'irruzione vocale di Chino è prepotente ma al contempo leggiadra, si collega magistralmente con le capacità di Carpenter soprattutto nei pressi del chorus, in cui il nostro chitarrista disegna trame perfette. Il clima creatosi, essenzialmente intimo, a tratti folkloristico e al contempo oscuro, mostra il talento effettivo dei nostri di saper interpretare diverse atmosfere sensoriali e di riuscire a gestirle con alta maturità. Non sempre il talento basta, in questi casi bisogna armarsi di tantissimi altri fattori ma il quartetto con molta sicurezza dimostrava di dire il fatto proprio. La non elettricità della traccia andava a parare in lidi sensoriali altamente fecondi ed emozionanti e i minuti finali riassumono quali un lamento costante e interiore in cui è protagonista la nostra coscienza. Le parole lasciano lo spazio che trovano di fronte a reinterpretazioni del genere.

Birthmark
"Birthmark" fu uno dei brani più particolari dell'esordio "Adrenaline", se ricordate bene la stessa costruzione del brano risultò una delle più uniche dell'intero esordio discografico. Il brano trattava di tematiche molto scottanti come la dipendenza, l'abuso e le successive problematiche che derivano da queste. Una traccia quindi assai particolare dato che rappresentava una storia vissuta realmente e per questo motivo la performance live di "Birthmark", immessa in questo singolo sicuramente per motivi ben precisi, inizia abbastanza pacata, oserei dire coperta da un alone di introspettività. I primi colpi di batteria del tritacarne Cunnigham iniziano a percuotere con molta forza e geometria e il sopraggiungere della lead di Carpenter va a gettare solo sale sull'atmosfera che da rarefatta diventa abbastanza aggressiva. Il pubblico sembra quasi andare a tempo, sicuramente non si aspettava una introduzione cosi pacata ma come ben sappiamo i nostri sanno essere ottimi interpreti nel far trapelare il loro messaggio e "Birthmark", da questa angolazione ha molto da dire. La costruzione alternativa necessita di qualche minuto, ogni tassello dell'assetto strumentale inizia ad accogliere ogni fruscio vocale di Moreno trasformatosi un singer malinconico che gioca con la sua sensibilità. Più "Birthmark" posegue e più l'esibizione dal vivo diventa marcatamente rabbiosa, soprattutto nel ritornello in cui le aggressive di urla di Chino si amalgamano tra gli intricati strumenti, compatti e ampiamente freschi. I supporters scaldano le loro mani andando a tempo con i patter del drumming furioso di Cunnigham, grandissimo interprete di questa track. Il finale è dominato dal menzionato drummer che con i suoi violenti tocchi conclude al meglio il tutto

Conclusioni
Conclusasi l'itinerario lungo i cinque brani proposti (tra cui due versioni del singolo "Be Quite And Drive (Far Away)", una canonica in studio e una in acustico), non ci resta che decretarlo come un contrassegno pesante e importante al pari di "My Own Summer (Shove It)". Non solo la band era in uno stato di transito esecutivo ma aveva perennemente assorbito ancora una consapevolezza maggiore di essere "un nome fondamentale", quasi imperante: chiaro monito che poi emergerà nell'ascolto attento dell'intero lavoro. A differenza di "My Own Summer (Shove It)", il singolo appena analizzato, ci sembra ancora più azzeccato per la natura sorprendente del platter preso in considerazione, "Around The Fur" . Sarà per le sue rinnovate linee melodiche, poste decisamente in acque meno turbolenti e più distanti dal complicato debutto, ma riesce a fungere ancora di più decisivo per descrivere la futura seconda uscita discografica, e questo per molti motivi che cercherò di delinearvi. In primis, per le numerose aperture melodiche, con segmenti eccezionali che si cimentano in soluzioni mai statiche ma perennemente multi-colori: dagli arrangiamenti di matrice "curiana", tanto cari al nostro frontman (i "The Cure" sono infatti una delle band preferito di Chino Moreno), a sferzate rabbiose e arrabbiate di chiara natura hardcore, il tutto ammassato su linee di base distorsive e chitarre dissonanti a tratti con accordature ribassate, stratificate lungo lidi a volte corrosivi e massicci e a volte oscuri e decadenti. In secundis, per l'abbandono del rapping caratteristico di chiara matrice Hip-Hop che in pratica ha contribuito ad immettere i nostri nel filone tanto discusso del nu-metal. Se il quartetto americano renderà ancor di più negli anni a venire è anche grazie a singoli come questo che fungono come moniker assoluti di una nuova faccia, un nuovo aspetto tanti rinnovato quanto efficace. I tempi alquanto insicuri di "Adrenaline" sono finiti? Abbiamo di fronte ancora quel quartetto partito dal nulla ma carico e ispirato a mostrare i muscoli nel difficile mondo della musica mainstream? Questo quesito ci porta a rispondere con un secco si, una chiara e rotonda affermazione che troverà il suo terreno sicuro dopo l'ascolto di "Around...". Abbiamo di fronte una band decisamente diversa che ha capito come predisporre al meglio le proprie potenzialità al fine di rendere al cento per cento, anche in sede live. La maturazione perpetrata dal quartetto trabocca in ogni punto e le posizioni del singolo, numero ventinove lungo la "Mainstream Rock Chart" e la cinquantesima nell' "Uk Singles Chart", non ci appaiono cosi strane. Il successo non fu immediato ma arrivò grintosamente attraverso presente e tantissime prove dal vivo che certificarono la nuova identità della band. È l'inizio dell'epopea Deftones, tutto il mondo, da quello più estremo en underground a quello più da classifica, conoscerà questo quartetto ansioso di farsi notare.

2) Engine no. 9
3) Teething
4) Be Quiet and Drive (Far Away)
5) Birthmark


