DEFTONES
B-Sides & Rarities
2005 - Maverick Records

GIANCARLO PACELLI
20/07/2018











Introduzione Recensione
Una raccolta è più che un'uscita discografica: è un piccolo regalo per i propri supporters. Offrire cover o tracce bonus rimane una ghiotta opportunità di mostrare un lato differente dalla canonicità nell'essere un gruppo, ed i californiani Deftones (ormai abbiamo imparato a conoscerli sin troppo bene) hanno sempre saputo alla perfezione come fare colpo sui propri seguitori. Gli stessi fans della compagine californiana hanno sempre sperato che un giorno il combo rilasciasse qualche chicca inclusa nel loro sfavillante catalogo, qualche traccia in più spersa nel loro variegato e denso mattone musicale. Parliamo di una band che ha fatto della solidità compositiva uno dei suoi cavalli di battaglia e di tracce andate perse chissà dove, accumulatesi negli anni, lasciate per un motivo o per un altro in pasto ad archivi in attesa di riapertura. Possiamo dunque prendere il tutto come una più che buona opportunità, anche solamente pensando il tutto come un'operazione "riscoperta": al fatto che per anni, sin dagli esordi di Chino Moreno & Co, alcune tracce girassero nei meandri oscuri di un vasto repertorio non vedendo ingiustamente la luce del sole. Per un motivo o per un altro, i californiani (forse evidentemente impegnati nella loro attività in studio) hanno sempre tardato questa pur papabile uscita. Finalmente, con questa "B- Sides e rarities" (pubblicato dalla Maverick Records nel 2005), la band californiana dona alle fauci dei più avidi collezionisti un buon cofanetto, vario ed elegante come è essenzialmente catalogabile tutta la loro discografia. I suoni lungimiranti e alternativi confermano il loro colorato peso anche nelle ben otto cover proposte, facendo in modo che i Nostri risultino ancora una volta eclettici e meravigliosamente sul pezzo, mai scontati o deludenti. I suoni elastici e millimetricamente alternative non mutano di un centimetro, sebbene la band sia intenta a rifare brani non propri accettando così una sfida non da poco. Proporre cover, infatti, non è affatto facile (come potrebbe sembrare) per una band, si rischia ogni volta di compiere tonfi indegni nonostante fama e successo; un rischio anche per un gruppo di fama internazionle, ben collaudato e sempre sulla cresta dell'onda. Forse per fare definitivente in modo di mettere a tacere ogni tipo di eventuale polemica, i Deftones pensarono bene di arricchire la confezione in maniera ineccepibilmente degna del loro nome: a questa serie di cover si affianca dunque un succoso Dvd, un ulteriore motivo per indurci a far nostro quest'opera. Dvd che contiene tutta la video-grafia della band (da "7 Words" e "Minerva", "Engine n9" fino a i "classici" dei primi lavori come "My Own Summer" e "Back To School"). Variegato anche come scelta di cover, se pensiamo agli innumerevoli gruppi e stili differenti tra di loro aventi però lo stile e l'ingegnosità californiana come minimo comune denominatore. Differenti approcci musicali si susseguono senza quasi mai pesare sulla nostra realtà, la pastosità vocale di Moreno nella sua straordinaria versatilità tocca differenti generi con una semplicità quasi fuori dal comune. Dal blues rock fiammeggiante dei Lynyrd Skynyrd (con la loro eterna "Simple Man") e il pop romantico dei Duran Duran con "The Chaiffeur" e "Sade" passando per la bellezza dark rock dei The Cure con "If Tonight We Coud Sleep", passando per gli Smiths con la loro song-simbolo, "Please please please let me get what i want" . Ma non mancano reinterpretazioni aggressive e fulminee, come la rumorosa "Sinatra" degli Helmet. Tutti le cover si susseguono rapidamente lasciando immancabilmente il segno. Eseguire cosiì tante e diverse cover e mantenere un costante appeal non è affatto semplice... ma i nostri (e mi sento di dirlo già in maniera preliminare) compiono davvero un lavorone, grazie anche ad un degno missaggio del loro fidato Terry Date. Fatto questo preambolo, non mi resta che augurarvi buona lettura!

Savory
La nostra raccolta inizia subito con un'aura psichedelica ben contornata dall'attitudine rumoristica dei nostri. Atmosfere che subito annebbiano le nostre percezioni uditive immettendoci in un clima di assoluto equilibrio mentale. Il brano che benedice questa uscita è una cover di una band che non ha mai avuto un successo eclatante nel mare di formazioni che in un modo o nell'altro erano protagoniste del rock alternativo degli anni 90, i Jawbox. Una compagine che nei suoi anni ha compiute ottime uscite discografiche per il genere sebbene non abbia avuto una risonanza critica degna di nota. Come abbiamo detto all'inizio, l'atmosfera alternativa con pause chitarristiche e riprese guizzanti è il punto fondamentale per intendere. Le due chitarre ben maneggiate dalla coppia rodata Stephen Carpenter e Chino Moreno (oramai un chitarrista ritmico ben rodato). La rumorosità iniziale lascia spazio a queste cadenzate geometrie, a quele corde che ben mettono in luce la presenza quasi a mò di fantasma di Moreno: la sua onirica voce ben si adatta a quella originale di J. Robbins. Il brano sembra tentennare su pochi spiragli melodici ma ricalca una situazione salata ("Savory" appunto). Una di quelle situazioni che non vorresti mai che ti accadessero ma che invece vuoi la sfortuna, vuoi la poca comprensione nei tuoi confronti. Una delusione figlia di un attitudine sbagliata di chi ti sembrava un tuo amico, un volto che si p mostrato malvagio. Dalle intenzioni liriche dei Jawbox ben si capisce il quadro cupo in cui il quadro strumentale (messo pi in evidenza dalle chitarre zanzarose dei Deftones) in cui è catalogata questa Savory. Chino è il nostro attore, magari è propro colui che ha subito una illazione da parte di chi qualche tempo fa lo trattava bene. Lo stesso Cunnigham tange il suo pelame con una violenza ben controllata e proprio colui è l'elemento deftonsiano che si allaccia con la voce ospite di questo brano, Jonah Matranga (musicista noto per essere stato membro dei Far e per la sua versatilità vocale). Le due voci, soprattutto nel corpo centrale, si allacciano con un ottima armonia, e sono ben inteligenti nel fermarsi quando la sezione ritmica, abbastanza alternative, prende la mano. Chitarre graffianti e un basso accentuato mettono in mostra i Nostri, che come abbiamo già notato non hanno nessuna difficoltà a togliere la loro vena heavy e imporre nel loro sound quello spirito alternative che se vogliamo è stato uno step fondamentale per la crescita dei californiani. Ma non è tutto impantanato in un clima rock dato che ne finale ottimi intermezzi chitarristici, stop improvvisi e timidi assoli mettono in ordine proponendo la fine di questa cover, resa molto bene dai Deftones.

Wax and Wane
Dai non conosciutissimi Jawbox passiamo ad un altro rilevante rifacimento da parte della nostra band, i Cocteau Twins. Sicuramente per chi è ben dentro il panorama pop degli anni ottanta i Cocteau Twins rappresentano una delle punte del genere del dream pop Uno stile musicale ben lontano dai volumi altisonanti e dai classici riff heavy, questo genere è una miscela di suoni e melodie che si incastrano con soave vaporosità. Tornando ai nostri questo stile appunto pop con poche distorsioni e voci "sospirate" è ben percettibile nell'attitudine dei Deftones stessi: vocals raffinate e arrangiamenti stucchevoli. La nostra band effettivamente non poteva non scegliere band migliore e questa cover può effettivamente essere catalogata come un degno tributo ad una band fondamentale in un particolare genere musicale. Il brano scelto è "Wax and Wane" (Crescere e dimunuire), una traccia "mistica" nelle intenzioni sia liriche e musicali, nella quale il gruppo originale mostra senza vergogna la propria passione per il corpo lunare. La luna, quel satellite tanto affascinante quanto misterioso che nei secoli ci ha visto nascere e crescere. Un elemento che in un modo o nell'altro ha sempre ispirato poesie e perchè no anche brani musicali (come nel nostro caso). Questi due elementi hanno connotati ritualistico-magici e rispecchiano perfettamente tradizioni come quella scozzesi (paese di origine dei Cocteau Twins e inglesi (impossibile non pensare al sito neolitico di Stonehenge in cui si tenevano riti pagani). Questi rituali lunari appunto sono usati nel paganesimo per aggiungere energia positiva e togliere quella negativa e infondere gioia tra gli esseri umani. Fatto questo breve excursus sul curioso senso di questa song subito ci addentriamo nel corpus di questa Wax and Wane. Subito si intercettano arrangiamenti minimali ma comunque di ispiraizione rock, la struttura dream pop dell'originale trova nei Deftones un sapore molto più heavy con un basso ben messo in luce e vocals filtrate che viaggiano come i raggi solari che sbattono contro la luna. Chino indosa quasi una maschera mistica con ululati e sospirati che ben ricalcano le intenzioni dell'originale anche se come abbiamo detto pocanzi il sapore strutturale ricalca la band di Sacramento. Il clima tangibile è floreale e mette in evidenza l'enorme capacità dei Deftones di mutare pelle in una maniera cosi repentina che ha quasi dell'incredibile. Quel tema mistico di fondo che colora il brano sembra quasi esplodere in ogni sezione di chitarra e in ogni colpo ragionato di batteria da parte del buon Abe Cunnigham, forse uno degli elementi più importanti soprattutto nei spazi vuoti (cioe quelli non occupati dalle vocals di Chino). E proprio il già citato Cunnigham è protagonista della parte finale, sembra quasi che ci stiamo dimenticando del gruppo originario creatore di questo brano tanto è la forza metallica che in un modo o nell'altro la nostra band ha cercato di immettere nelle corde di questa misteriosa track.

Change (The House Of Files)
Lasciati gli emblematici Cocteau Twins non ci resta che continuare il nostro viaggia tra i solchi di vari generi e stili musicali. Come ben sappiamo i Deftones alla pubblicazione di questo squisito cofanetto già avevano messo in porto importanti perle, e tra queste non è possibile accennare a "White Pony". Quel cavallo bianco, elegante e sinuoso aveva dato consapevolezza alla nostra band di essere una compagine rocciosa e importante e inerire alcuni brani di quel platter in una maniera diversa risutò a tutti i componenti della band un buon modo per far capire il livello qualitativo ormai raggiunto e collaudato. È il caso di "Change (The House Of Files)" (Cambiare, la Casa delle Mosche, ?il primo singolo di lancio di White Pony), proposto però in una salsa mai proposta dai nostri, ossia quella acustica. Decadente e nostalgica, questa traccia senza la sua elettricità originale si dimostra ancor più una colonna sonora espressiva, una vera e propria summa esplicativa di tante emozioni e percezioni. L'inizio rimembra la soluzione dell'originale: atmosfere condensate, aria che si fa sempre più rarefatta e Chino che nei primi secondi carica la sua adrenalina che ha in corpo stando in silenzio. Il leggero drumming di Cunnigham è protagonista delle prime eteree geometrie iniziali, fino all'incidere del chorus, in cui la chitarra acustica si intreccia vaporosamente con tutto l'impasto sonoro iniziale. "Change..." parla di cambiamento, di voglia di cambiare , di riscatto e il chorus, sparato con una sana e controllata violenza, allude proprio a ciò: la voce del nostro incolla l'ascoltatore e nonostante la "potenza" dell'originale sia andata quasi persa la sua ugola comunque ci indirizza verso lidi pesanti ma allo stesso tempo soffusi. Dopo aver assimilato bene il ritornello, la sezione ritmica torna a ricamare una situazione quasi oscura, in cui solo lo spiraglio vocale di Moreno riesce ad assicurarci. I passaggi acustici e le capacità chitarristiche di Carpenter, nonostante la loro peculiarità elettrica, comunque sono adatti per reintrodurci nel refrain che crea il sound tipico di casa Deftones però in una completa alchimia acustica. Il nostro pezzo si conclude con validissimi giochi di abilità sia vocale che strumentale, con note sia di basso che di chitarra ben messe in rielivo. Uno dei pezzi simbolo della nostra band proposto così? Sembra un eufemismo, ma questa resa vale l'originale.

Simple Man
Se pensassimo per un momento alla musica del sud, a quelle effusioni eteree di rock puro, alle chitarre calde e a voci profonde... chi mai potremmo nominare immediatamente? Beh sicuramente la prima band che combacia con questi attributi sono i Lynyrd Skynyrd. Compagine che ha reso il southern rock un genere importante, uno stile musicale che non ha nulla da invidiare ad altri stili. I Deftones hanno ben pensato di imporre il loro lato caldo proponendo una cover di una delle tracce più conosciute e apprezzate della compagine di Jacksonville (Florida, USA), "Simple Man" (Persona Semplice). Un inno totale alla semplicità, alla purezza di spirito, tutte peculiarità che fanno diventare l'uomo un essere vivente pieno e rigonfio di dignità. Negli anni questo brano non ha perso il suo brio iniziale anzi più gli anni passano e piu acquisisce valore. I Deftones non ne hanno voluto brutalmente alterare la struttura anzi hanno semplicemente imposto il loro sound lungo il corredo di un brano ovviamente distante anni luce dal metal dei californiani. Questo si può ben capire con il famosissimo intro iniziale in cui le calde corde di Carpenter disegnano quel motivo immortale che noi tutti abbiamo ben stampato in mente. Il brano parte molto bene seguendo le impostazione dell'originale ma c'è una piccola differenza: le vocals di Chino. Ecco ciò che la differisce dall'originale, da quella classica Simple Man ricamate su vocalizzi caldi e fiammeggianti. Moreno infatti impone lungo i sei minuti del brano i suoi vocalizzi attraverso "sospirati" che si pongono ben lontano dall potenza blues della voce di Ronnie Van Zant. Ma in fin dei conti un cambio vocale non va a demolire il brano, che come abbiamo detto segue dignitosamente la melodia di base con picchi distorsivi in alcuni punti. Carpenter è un vero camaleonte con la sua ascia mentre il basso di Chi Cheng sembra essere nato per allacciarsi ad ogni effusione vocale, che soprattutto nel famoso chorus, esplode con tanta forza. Moreno con le sue linee vaporose sembra essere proprio il portavoce di quella libertà che Simple Man emana in ogni poro. Ecco proprio la libertà, parola tanto abusata, tanto agognata, uno dei traguardi più importanti raggiunti dall'essere umano che necessita sempre di essere confermata ogni giorno con le piccole azioni quotidiane. Il valore di questo pezzo travalica la musica, ha effettivamente un ruolo sociale che senza alcun dubbio durerà per sempre. I Deftones ovviamente erano più che consapevoli di toccare un qualcosa di sacro e il solo di Carpenter a metà del minuto tre dimostra la volontà dei nostri di costruire una fantasmagorica cover, e in effetti cosi è stato. L'aura desertica e grintosa dei Lynyrd Skynyrd non è stata intaccata ma è stata valorizzata ancora di più grazie alla solidità che i Deftones dimostrano in ogni punto, in ogni angolo.

Sinatra
A volte la musica narra con soave leggerezza della vita normale di ogni artista. Come si sa un interprete artista (sia esso un pittore o un poeta) ha una capacità spiccata di assorbire le proprie esperienze e di immetterle nella sua opera. L'esperienza vissuta è un faro che illumina la vita dell'artista, e quest'ultimo è il solo e unico che ha le giuste capacità per usufruirla. Come abbiamo detto nella nostra introduzione, i generi toccati dalla band di Sacramento sono molti e diversi. Compiamo quindi un salto iperbolico verso una cover di tutt'altra estrazione musicale. Gli Helmet sono senza alcun dubbio uno dei collettivi che assieme ad altri pochi abbia gettato le basi ritmiche del metal alternativo. Dischi come "Meantime" (1992) rappresentano la "rumorosità' e la forza che la distorsione volontaria delle asce propone all'interno del marasma sonoro di questo sottogenere musicale. I nostri ovviamente devono effettivamente la loro nascita alla band di Page Hamilton e questa cover di "Sinatra" è da considerare quindi come un grande tributo agli Helmet, formazione che forse non ha raccolto un pubblico come lo meritava... ma questa è un'altra storia. Abbiamo iniziato la nostra analisi affermando che la vita vissuta per un'artista è forse la cosa più importante in assoluto, e questa Sinatra infatti è da considerarsi effettivamente cosi. Perchè poi Sinatra? Sì, è come la pensate, ha a che fare con il famoso cantante Frank Sinatra... ma la traccia non ha come cuore questa grandissima voce, riflette soltanto un mare di amarezza. Tratta la storia di un amore mai nato, di una ragazza (proveniente dalla stessa città natale di Frank Sinatra, nel New Jersey), di sentimenti soppressi che però nelle intenzioni di Page Hamilton avrebbero dovuto nascere. Frustrazione, rancore e soprattutto rabbia. Tre sentimenti negativi che in questo brano viaggiano all'unisono provocando alle nostre orecchie e al nostro cuore vari sussulti. Come ben sappiamo i Deftones sono sempre stati sbandieratori di questi sentimenti, soprattutto nelle prime release in cui quella forza giovanile e quella rabbia appunto non aveva rivali. I primi secondi di questa cover sono dominati da una potente distorsione, un riverbero allucinante stoppato dal pellame di Cunnigham prima, e dalla chitarra roboante di Carpenter poi. Già ci aspettavamo un intro del genere, i presupposti del brano ce lo avevano suggerito. Moreno entra in punta di piedi riuscendo a non distorcerci lo "sguardo" dalla potente lead guitar che scaraventa poche ma decisive note. Sinatra è rumorosa, ricalca gli stessi effetti deflagranti dell'originale, l'impostazione ritmica non è mutata di un millimetro sebbene i nostro abbiamo messo intelligentemente la mano. Ogni estensione vocale, ogni vocalizzo trascinante di Chino è un grido penetrante, un urlo incessante indirizzato chissà dove. Con il procedere del brano finalmente udiamo un basso potente, degno di nota in ogni suo punto. Chi Cheng, soprattutto nel corpo centrale della track, segue magistralmente la potente attitudine di Carpenter e Chino si mostra quasi un camaleonte riuscendo a stare in mezzo a questo mare distorsivo non perdendo mai la lucidità che lo contraddistingue. É uno strumento aggiuntivo che mano mano si inserisce in questa altisonante cover, che si conclude cosi come è iniziata: rumorosa ma accattivante. Quattro minuti di pura adrenalina che i Deftones hanno saputo proporre in questo delizioso rifacimento.

No Ordinary Love
Da un amore non corrisposto e sofferto passiamo a tutt'altro registro lirico, anche se il sentimento per eccellenza continua a regnare. Questa volta l'amore continua ad essere non corrisposto ma lungo l'asse testuale è presente un minimo barlume di speranza e come vedremo la coralità e la vena jazzistica ben presente in questo brano, andranno a favorire questa sensazione. Dopo gli Helmet, come ci hanno abituati i Deftones, in questa raccolta passiamo ad un modo estremamente diverso di concepire la musica. Sade (all'anagrafe Helen Sade Adu) ha fatto della sua voce un vero e proprio marchio di qualità. Il richiamo jazz dei suoi vocalizzi misti ad un rithym blues incisivo ne hanno fatto una cantautrice dal grande successo. Voi vi chiederete, i Deftones cosa centrano con Sade? Beh la formula nell'utilizzare un brano di Sade da parte del collettivo nu-metal rappresenta solo una forte audacia, anche se ben sappiamo che i nostri con i brani non metal/rock hanno sempre dignitosamente dimostrato la loro pasta. Il brano inizia, un alone di pura paura sembra avvolgere la voce di Chino che pare essere pienamente consapevole del ruolo datosi. Le effusione del nostro, la sua capacità di mutare registro per ogni occasione, la fragorosa attitudine a prestarsi a rifare un brano di se per se difficile vocalmente lo incoronano per il grande artista quale è. Ma poche chiacchiere, "No Ordinary Love" (Amore non ordinario) non poteva iniziare con un clima blues leggero come una piuma e soffice come un cuscino. La tenerezza vocale di Sade è riproposta molto bene da Moreno, che nei primi secondi giostra le sue capacità disegnando trame vocali squisite e ben allineate con i tocchi di Cunnigham e con il basso di Chi Cheng. Le prime frasi del complesso lirico già ci dicono sommariamente di quali pulsazioni andremo a grattare. "I gave you all the love I got/I gave you more than I could give/I gave you love/I gave you all that I have inside/And you took my love/You took my love" (Ti ho dato tutto l'amore che ho avuto/Ti ho dato più di quanto potessi dare/Ti ho dato amore/Ti ho dato tutto ciò che ho dentro/E tu hai preso il mio amore/Mi hai preso il mio amore). Non bisogna aggiungere altro, l'amore è stato dato ma colui che hai difronte non h voluto accoglierlo. Una condizione straziante, dare se stessi ad un altro e non ricevere nulla in cambio ti logora dentro, e anche se un giorno guarirai da questo stato malsano, quelle cicatrici comunque torneranno a farti del male. È un brano sofferto, l'interpretazione non poteva non essere altrimentu. La matrice pop tenta di alleggerire la situazione, e in effetti il quadro strumentale, leggero e spensierato, è praticamente il contrario di ciò che effettivamente vuole dire a noi questo brano. Non mancano momenti heavy, che si accavallano durante il perseverante approccio vocale di Moreno, dove la chitarra di Carpenter accenna qualche nota e poi si ferma. Quell'intruglio chitarristico è a voce di ognuno di noi, si ritrova stoppata da chissà quale forza ma vorrebbe continuare a sganasciare ciò che ha dentro. Tra voci fuori campo, immersioni vocali filtrate e una batteria insistente e geometrica No Ordinary Love macina terreno senza mai perdere lustro ed eleganza. Ecco un perfetto aggettivo per descrivere questo brano e questa cover: elegante.

Teenager
Giunti a metà percorso del nostro cofanetto, già abbiamo ben chiaro il livello di ogni brano (che sia un ri-arrangiamento o una cover) partorito dalla nostra band che agisce semplicemente seguendo la qualità esecutiva. La "particolarità" è sempre stata una caratteristica folgorante della nostra compagine, ed è sommariamente una delle chiavi per capire il successo dei nostri è proprio capire la capacità di proporre linee diverse ma sempre con la stessa matrice. Non mancano in questa raccolta versioni remix di brani ben noti, e dopo la versione acustica di Change (In the house of files) scrutiamo un nuovo rifacimento, una nuova linfa donata per il brano "Teenager" (presente nel lotto di successo White Pony). Cosa ha di diverso "Teenager" rispetto alla traccia del Pony Bianco? Sin dall'inizio notiamo una differente musicalità, un impasto sonoro che differisce dall'originale per la quasi assenza delle chitarre e dalla scomparsa dei toni classici che mirano a potenti distorsioni e a volumi altisonanti. Il remix mette in rilevanza l'acustico ma va a scaricare la forza che degli strumenti, un modo differnete di proporre un brano mirando ad un clima più soft rock. Dopo tutto questo discorso, cari lettori, quale elemento va ad elevarsi lungo i pochi minuti di questo intensa track? Ovviamente la voce, Chino si trova in un clima perfetto e solido per proporre le sue corde vocali lungo l'asse ritmico. La semplicità apparente degli arrangiamenti, la non corrosività delle due asce fa si che il brano viaggi seguendo un binario quasi pop, filiforme e quadrato in ogni suo punto. Prima abbiamo accennato alla semplicità. Proprio questo nobile attributo è la chiave essenziale per capire Teenager, la quale tratta di alcune esperienze che colpirono il nostro Moreno lungo la sua spensierata adolescenza in Arizona. Il clima sperimentale dell'originale, in cui i piatti di Delgado e il basso di Cheng erano fondamentali, è fedelmente riproposto qui anche se questi elementi viaggiano su linee meno incisive. Gli sprazzi vocali risaltano in ogni punto e fanno si che questa Teenager possa essere riconosciuta come un grande brano, che mira a colpire l'ascoltatore grazie a atmosfere leggerissime. Intima ma al contempo nostalgicha. I Deftones sanno come rappresentare le loro emozioni.

Creshaw Punch / I'll Throw Rocks At You
All'inizio della recensione abbiamo accenato a parecchie traccie perse nel mare di registrazioni della band in studio. La prossima track che affronteremo rispecchia queste caratteristiche. "Creshaw Punch / I'll Throw Rocks At You" (Ti tirerò le pietre). A spiegarci la genesi di questa traccia è proprio il batterista del combo ameircano, Abe Cunnigham, in un'intervista nel 1997 poco prima dell'uscita di "Around the Fur". Secondo il batterista il nome di questa traccia deriva da Creshaw Boulevard, uno snodo importante della città Los Angeles; la band viaggiava in un bus, completo di tutto, ma un giorno, terminata la tanto agognata scorta di birra, a Chino venne in mente di fermarsi in un negozio di liquori presente nella già citata strada e fare il pieno. Da qui prende spunto questo brano, un aneddoto divertente che Cunnigham ricorda sempre con il sorriso. Scritto questo brano, era pronto per fare parte del lotto di Around The Fur, ma per motivi di etichetta questa traccia fu rimossa e posta chissà dove. Occasione migliore di questa raccolta, per un'operazione riscoperta, proprio non esiste... e quindi inserirla assieme alle altre tracce è stata una scelta più che saggia. Cunnigham la definisce come "un esperimento di suono" e in effetti l'introduzione sembra presagire proprio ciò. Un'introduzione tuonante ma incerta emerge con fragore e questo è il terreno adatto per le vocals filtrate al massimo di Chino, che ci parla all'orecchie lasciandosi andare con disinvoltura lungo il riffing di base potente e quadrato di Carpenter. L'era è quella di Around The Fur, qundi il livello generale è elevatissimo. Ottima è la performance di Cunnigham che tiene bene i tempi di batteria tenendo conto dell'irruenza vocale di Moreno che copre tutto il sound. Non mancano impennate vocali che traformano le trame di Chino in fortie rumorosi scream che si intercettano ottimamente nel sound. Questa Creshaw Punch è heavy in ogni suo aspetto da come stiamo notando ma sono sempre presenti spazi anzi "buchi" nel brano coperto da una forte melodia.

Black Moon
Da una song nata in sede di registrazione di Around The Fur ne consegue un'altra. Che invece è stata partorita durante le sessions i White Pony Il materiale rilasciato e non pubblicato dai Deftones soprattutto agli inizi è di gran valore, ogni brano "scartato" (come abbiamo visto con Crenshaw Punch") è di assoluto valore. Ma come sempre i nostri sanno sorprenderci. "Black Moon" (Luna Nera) si presenta come una traccia rap. Si avete capito bene. Questo brano era stato arrangiato da una leggenda del rap americano B-Real , voce dei Cypress Hill, ed è facilmente percettibile la passione di Moreno sia per il rap che per l'hip hop. Quindi facciamoci forza e andiamo a definire questa inusuale track che vede effettivamente la nostra voce essere ospite. Dato che il già citato B-Real si autopone come vocalist del brano. La batteria è cadenzata e il basso messo in evidenza soprattutto quando il rapping inizia a carburare con Chino che in background disegna scream e timide trame pulite che in un contesto sonoro, ovviamente distante anni luce dal Deftones sound al cento per cento, crea un discreto contrasto. Ogni balzo vocale del rapper e la presenza di Chino al "bordo" del brano la gonfiano di ritmo, anche se le melodie sono assai scarne. Carpenter compie il minimo lavoro possibile e la sua chitarra è soltanto usufruita come base dell'impalcatura sonora. Ciò che "sputa" B- Real in questa "Black Moon" è odio, è una fitta protesta nei confronti della società traccia che se vogliamo riflette l'intento con cui il rap è nato e cresciuto nella terra a stelle strisce. La brevità del brano, tipico del mondo del rap, va leggermente a danneggiare il resto del platter ma in fin dei conti questa traccia dimostra una neta variazione di sound e di proposta musicale.

If Tonight We Could Sleep
Come abbiamo intercettato in alcuni brani, i Deftones non hanno scelto a caso band e generi. A volte la cover proposta riflette l'intenzione del combo americano di omaggiare una particolare band o di uno stile musicale. Abbiamo visto gli Helmet, Sade e altri. Ora cambiamo nettamente registro perchè parliamo di una compagine "responsabile" della strada intrapresa dai nostri con Around The Fur. Disco che come sappiamo bene ha scavato a fondo alla dark degli anni ottanta per dare vita ad una miscela sonora che trovava l'alternative soltanto come un elemento tra tanti altri. I The Cure del carismatico Robert Smith, come abbiamo detto, rappresentarono una grossa influenza per le linee marcatamente dark del nostro disco, e destino volle che proprio i nostri californiani li accompagnassero in una data promozionale del secondo disco in studio dei nostri. Fatto questo preambolo notiamo subito anche la scelta del pezzo è un live. Difatti inserita nella raccolta è la versione di "If Tonight We Could Sleep" (Se stasera potessimo dormire) registrata nel 2004 in un Mtv Icon. Parliamo di un pezzo sentito dalla band tanto da riproporlo in un live importante per i Cure, ove palpabile è l'atmosfera creatasi nella serata di Londra, rendendo questo brano ancora più magico. All'inizio subito scrutiamo una netta presenza di pubblico che incita i Deftones. I Nostri non si fanno attendere e dopo pochi lungimiranti secondi udiamo una chitarra che si pone decisa e imposta le fondamenta del brano. Uno strumento arabico arricchisce il sound iniziale spargendo meraviglia tra il pubblico. Intervento Cunnigham dobbiamo attendere circa un minuto per l'incidere in crescendo di Carpenter con la sua chitarra che disegna un riffing che non sfigura di fronte all'originale. La musicalità è eccelsa e nel silenzio dell'audience londinese emerge dal buio Chino, che verso il terzo minuto pone una linfa quasi dolorosa. In effetti questa traccia parla di dolore, di solitudine. Una solitudine che nonostante la forza dell'amore di coppia, non cessa andarsene, solo il sonno può portare le cure necessarie all'anima dell'uomo. Chino è incredibile, c'è poco da dire. Il nostro riesce a replicare fedelmente la tensione vocale che Smith mette con tanta maestria nell'originale contenuta in "Kiss Me Kiss Me Kiss Me" (1987). Questa track meravigliosa ha un solo straordinario nella conclusione. Terminato il brano non possiamo non considerarlo come un tributo eccellente e l'applauso finale dimostra il grande apprezzamento dei Cure stessi, presenti tra il pubblico.

Please, Please, Please Let Me Get What I Want
La freddezza di spirito, la depressione contro la voglia di ricominciare e di combattere. Difficilmente non si conosce "Please, Please, Please Let Me Get What I Want" (Per favore, dammi ciò che voglio) dell'istrionico combo britannico The Smiths, scritta dalle colonne portanti dei britannici Marr/Morrissey. La band succitata, rispetto ad altre realtà, con poche release ha segnato un'intera generazione musicale e al contempo ha gettato i semi del genere sia dell'alternative rock che dell'indie rock. Queste branchie distorte e introspettive al contempo, hanno in Morrissey e company come suoi baluardi insostituibili. E i Deftones evidentemente non potevano rimanere indifferenti; quale occasione migliore che proporre una loro cover nella loro raccolta speciale che tange differenti effusioni musicali? Come altre compagini alternative britanniche, i The Smiths hanno rappresentato per la band di Sacramento un vero e proprio mantra, una fonte di ispirazione. Tra i tanti brani appetibili, Chino Moreno e company hanno comodamente scelto la traccia più profonda degli inglesi nonché conosciuta per essere la più breve in assoluto dell'intera carriera compositiva degli The Smiths. Centocinquanta secondi in cui il mondo esterno scompare inesorabilmente, nulla ha più il senso di prima, ogni cosa che ci circonda perde di consistenza e manualità. Pochi secondi, ma essenziali per far si che quel sentimento di ribellione mista a speranza possa condurre le nostre anime verso una vita migliore. Pochi secondi che con spunti prodigiosi permettono una sovra-incisione di ogni strumento consentendo all'assetto strumentale di far si che la tensione possa materializzarsi con non so quale processo fisico. È un universo surreale, le chitarre, potenti ma pacate e le poche parole espresse da Chino, bastano e avanzano per architettare questo desiderio, questa speranza. Non bastano altre parole per descrivere la meraviglia prodigiosa che questo brano riesce a sprigionare. bastano e avanzano per architettare questo desiderio, questa speranza. Non bastano altre parole per descrivere la meraviglia prodigiosa che questo brano riesce a sprigionare. bastano e avanzano per architettare questo desiderio, questa speranza. Non bastano altre parole per descrivere la meraviglia prodigiosa che questo brano riesce a sprigionare.

Digital Bath
Una delle tracce che più hanno riscosso successo, soprttutto in sede live, della nostra band è sicuramente "Digital Bath" (Bagno digitale). Un brano che crea (nonostante gli anni) un'alchimia coi fan incredibile. Atmosfere magiche alla quale si agganciano meravigliosamente le vocals ispirate e leggiadre di Chino, in una versione però acustica. La potente distorsione originale è snaturata, ma la potenza espressiva rimane assolutamente la stessa. Dai solchi di "Digital Bath (Bagno digitale)" fuoriesce infatti il cuore di una band le cui pulsazioni fragorose riescono nell'arduo tentativo di ammaliarti e di spezzare ogni parola che potresti pronunciare. Meravigliosi refrain, coinvolti in un contesto leggerissimo, creano le condizioni affinché i nostri abili musicisti entrino in gioco in grande stile, soprattutto il nostro vocalist che in questa traccia dà il meglio assoluto sussurrando ogni parola, ogni battito. Compito importante è affidato anche ai giusti rintocchi di Cunnigham che quasi bisticciano Carpenter e la sua ascia classica: il paragone rispetto all'originale è legittimo, la capacita di intelaiare ritmiche dolce ma aspre allo stesso tempo è assai ricercato. Ma il vero punto caratteristico è il ritornello, che quasi inaspettatamente concede un pelo di groove al nostro brano: "I feel like more/Feel like more"(sento di più/sento di più) che Chino con tutta la sua forza evocativa, grida contro il cielo. "Digital Bath" acustica, incasellata quasi a sorpresa, in questa raccolta,è un brano da custodire, ti entra nel cuore, incredibilmente riuscita in ogni minimo dettaglio. È il risultato di un incontro, tra due persone, è una scintilla che dipinge emozioni indimenticabili. incredibilmente riuscita in ogni minimo dettaglio. È il risultato di un incontro, tra due persone, è una scintilla che dipinge emozioni indimenticabili.

The Chauffeur
Incidere decadente e malinconico. Basso subito messo in evidenza mediante una produzione generale del disco molto buona. Chitarra che "spezza" le ritmiche lancinanti che in un crescendo incisivo riesce a rendere soporifera l'atmosfera in cui siamo attanagliati. Poi la voce di Moreno, e che voce. Impostata in un modo innovativo che cerca in ogni modo di rendere giustizia alle corde vocali di Simon Le Bon. Esatto stiamo trattando dei Duran Duran, nome monumentale del synth pop degli anni ottanta, una band dai colori romantici e riconoscibili e i nostri Deftones dall'ampissima discografia della band britannica, hanno scelto l'armoniosa e agrodolcec "The Chauffeur" (L'autista). La traccia leggerissima e elegantemente dark viaggia su binari, come abbiamo accennato all'inizio, molto sinistri e oscuri. Gli spruzzi dei sintetizzatori dei Duran Duran sono sostituiti dalle chitarre "brulicanti" di Carpenter e Moreno, e proprio quest'ultimo ci pone vocalmente in lidi riflessivi. Riflessione infatti è la parola chiave che si inalbera nella condizione descritta dalla nostra song che tratta di un'amore soffocato, di un matrimonio posto su delle spine di indifferenza e mancanza di affetto. Entrambi desiderano un futuro migliore, il gabbiano accennato più volte nel brano, ("Swim seagull in the sky towards that hollow western isle"/Nuota il gabbiano nel cielo verso quella cavità occidentale dell'isola) rappresenta la voglia di libertà di entrambi. Gli eventi sono carichi di emozione e potrebbero provocare lacrime. ("strappandosi gli occhi"/To ear out from your eyes). Gli occhi sono le finestre dell'anima dei nostri amanti indecisi, e l'anima è messa musicalmente in ogni sezione musicale, in ogni digressione vocale e strumentale, soprattutto dal basso di Chi Cheng nei pressi del chorus straziante e evocativo. Insomma "The Chauffeur" è l'ennesimo sigillo, l'ennesima cover di livello che i nostri impacchettano con classe.

Be Quite And Drive
Come quattordicesima e ultima traccia la band prosegue adoperando in chiave acustica un vero e proprio classico dei nostri, "Be Quite And Drive" (Stai tranquillo e portami via). Sicuramente uno dei pezzi più riusciti non solo in questo disco ma anzi è generalmente riconosciuto come una delle tracce migliori di casa Deftones. Proporre questa piccola perla in una veste decisamente differenta dimostra ancora una volta la spiccata audacia del nostro combo. In effetti questo brano è effettivamente quello più difficile da recitare in acustico, ma nulla è possibile se abbiamo a che fare con il talento brillante che è ben posseduto e ammaestrato dal quartetto. L'inizio di "Be quite and drive" è soffice, leggere e spumoso, la leggerezza acustica subito prende il sopravvento con primi accenni di chitarra, grazie anche al riuscitissimo e riconoscibilissimo intro iniziale ben reinterpretato in questa nuova chiave. La voce profonda di Chino riesce ad interpretare l'insicurezza (tema di fondo di questo bran tratto da "Around The Fur") che è annidato in ognuno di noi, e il carattere vocale, in questa nuova salsa musicale, riesce anche a spiegare il difficile rapporto con essa. Non tutti siamo uguali, ognuno di noi ha un proprio rapporto con la propria persona e l'insicurezza se non gestita bene porta a danni irreparabili. Quella condizione terribile che sentiamo come stracci quando una persona a cui teniamo ci volta le spalle senza la benché minima ragione è ben percettibile lungo i quattro minuti. Vorremmo, eppure non dobbiamo cadere: anzi dobbiamo scappare da chi ci vuole del male ("Now drive me far/away, away, away; Ora portami lontano/ via, via, via") e ricominciare da capo. L'irruzione vocale di Chino si collega magistralmente con le capacità chitarristiche di Carpenter soprattutto nei pressi del chorus, in cui il nostro chitarrista disegna trame perfette, che non fanno altro che farci ricordare l'originale in ogni punto. Il clima creatosi, essenzialmente intimo e al contempo oscuro, mostra il talento effettivo dei nostri di saper interpretare diverse atmosfere sensoriali. A volte il talento non basta per dimostrare le abilità sia liriche che compositive della band: serve ancora una marcia in più... ed i Deftones senza fronzoli dimostrano capovolgere situazione e di interpretare ogni brano in ogni modo possibile, con tanta personalità. recitare in acustico, ma nulla è possibile se abbiamo a che fare con il talento brillante che è ben posseduto e ammaestrato dal quartetto. L'inizio di "Be quite and drive" è soffice, leggere e spumoso, la leggerezza acustica subito prende il sopravvento con primi accenni di chitarra, grazie anche al riuscitissimo e riconoscibilissimo intro iniziale ben reinterpretato in questa nuova chiave. La voce profonda di Chino riesce ad interpretare l'insicurezza (tema di fondo di questo bran tratto da "Around The Fur") che è annidato in ognuno di noi, e il carattere vocale, in questa nuova salsa musicale, riesce anche a spiegare il difficile rapporto con essa. Non tutti siamo uguali, ognuno di noi ha un proprio rapporto con la propria persona e l'insicurezza se non gestita bene porta a danni irreparabili. Quella condizione terribile che sentiamo come stracci quando una persona a cui teniamo ci volta le spalle senza la benché minima ragione è ben percettibile lungo i quattro minuti. Vorremmo, eppure non dobbiamo cadere: anzi dobbiamo scappare da chi ci vuole del male ("Now drive me far/away, away, away; Ora portami lontano/ via, via, via") e ricominciare da capo. L'irruzione vocale di Chino si collega magistralmente con le capacità chitarristiche di Carpenter soprattutto nei pressi del chorus, in cui il nostro chitarrista disegna trame perfette, che non fanno altro che farci ricordare l'originale in ogni punto. Il clima creatosi, essenzialmente intimo e al contempo oscuro, mostra il talento effettivo dei nostri di saper interpretare diverse atmosfere sensoriali. A volte il talento non basta per dimostrare le abilità sia liriche che compositive della band: serve ancora una marcia in più... ed i Deftones senza fronzoli dimostrano capovolgere situazione e di interpretare ogni brano in ogni modo possibile, con tanta personalità.

Conclusioni
Conclusosi questo viaggio tra miriadi di generi e stili vocali, tra differenti approcci musicali, non ci resta che decretarlo come un buon modo per completare la discografia dei Deftones. Se non come il modo migliore, dato sì che sin troppe sono le occasioni in cui una band (di qualsivoglia genere) butta all'aria una "pausa" momentanea per proporre al pubblico un trito e semplicissimo "best of". Cosa che non accade fortunatamente in quel di Sacramento, visto e considerato l'impegno e la dedizione con i quali i nostri ragazzi hanno voluto donare al proprio pubblico un qualcosa che on suonasse certo banale o scontato. Niente raccolta di "classiconi", niente vittorie facili. "B-sides..." è una portata nella portata, un piatto ricco e gustoso nel quale lanciarsi a capofitto in attesa di ben altre (e più succulente) pietanze. Brani inediti che si incasellano tra cover di tanti gruppi: questo è il B-Sides e questa è l'attitudine definitiva dei Deftones, la loro enorme capacità di non proporre mai nulla a caso, di non lasciarci mai con l'amaro in bocca. La poliedricità sia vocale che strumentale è sicuramente la cosa che più colpisce, anzitutto per l'enorme capacità di districarsi tra distorsioni e volumi pesanti e atmosfere leggere e invitanti. Tra ritmiche incessanti di batteria si passa con disinvoltura a schemi musicali più appetibili, compiendo dei veri e propri balzi degni di un funambolo privo di paure ed anzi, temerario e coraggioso. Dai The Cure a Sade passando per i The Smiths e Helmet, la qualità della proposta è direttamente proporzionale alla capacità e alla qualità intrinseca che fuoriesce da ogni singola traccia, da ogni singola sezione. Chino è imperante e impeccabile, oramai ha assorbito tutto il successo traslandolo verso un miglioramento vocale a attitudinale senza pari. È il caso di dirlo e di ribadirlo, da qui in poi sarà solo una scalata priva di ostacoli, verso una vetta ormai alla sua portata: essere uno dei migliori frontman in circolazione. E la forza magica che si incatena attorno a Moreno si convoglia anche nel resto del combo, situazione certo da non trascurare. Chi Cheng forse propone una performance che nemmeno lui si aspettava, giostrando linee di basso fenomenali, alla pari se vogliamo delle prove in studio in lavori importanti come "White Pony" o "Around The Fur". Chi Cheng, che ricordiamo alcuni anni dopo "Saturday Night Wrist" passerà le ore più difficili della sua esistenza_ ha posto dei paletti musicali degni di nota, mai superati da lui medesimo. Insomma la carovana battagliera Deftones disegna il suo sound che inonda ogni punto di questa succosa raccolta (che ricordiamo contiene anche tutta la video-grafia della band), rendendola ben più di una semplice compilation a meri fini commerciali. Abbiamo fra le mani un grandioso modo per vedere una faccia diversa della compagine californiana che tenta di addomesticare suoni di matrice differente sempre con lo stesso spirito, spirito che gli ha permesso di diventare una delle più grandi band della propria generazione.

2) Wax and Wane
3) Change (The House Of Files)
4) Simple Man
5) Sinatra
6) No Ordinary Love
7) Teenager
8) Creshaw Punch / I'll Throw Rocks At You
9) Black Moon
10) If Tonight We Could Sleep
11) Please, Please, Please Let Me Get What I Want
12) Digital Bath
13) The Chauffeur
14) Be Quite And Drive


