DEF LEPPARD

Retro Active

1993 - Mercury Records

A CURA DI
VALENTINA FIETTA
07/05/2014
TEMPO DI LETTURA:
7

Recensione

Siamo nel 1993 e i Def Leppard stupiscono il loro pubblico con la scelta di non creare un album nuovo ma una collection , Retro Active , che in realtà è una raccolta di b-side, pezzi rari e ri-arrangiati e perfino cover. La domanda che sorge immediata è un semplice : perché azzardare una release del genere proprio dopo un decennio di successo planetario? La verità delle cose è che i Def Leppard avevano già vissuto gli anni d'oro tra il 1983 e il 1990, anni in cui sfornarono dei capolavori come Pyromania ed Hysteria , anni in cui facevano il sold out ad ogni concerto e vendevano milioni di copie. Il loro tiro hard rock con a tratti delle spruzzate vicine al glam, li aveva resi celebri soprattutto oltreoceano prima che nella più sofisticata madrepatria inglese, tuttavia grazie ad Hysteria la loro fama si sparse anche in Europa cavalcando un rock duro con chitarre incredibilmente risonanti, dosaggi di potenza e melodia centellinati in un raro equilibrio. Al di là delle critiche da parte dei fan old school circa la deviazione più commerciale intrapresa dal gruppo sul finir degli anni '80, a livello mondiale aveva colpito il sodalizio tra i membri della band che erano riusciti a superare varie disgrazie (come il grave incidente avvenuto al batterista Rick Allen) continuando comunque insieme il percorso artistico che avevano intrapreso. Purtroppo sull'iniziare degli anni '90 quando la band si stava concentrando sul successore di Hysteria (Adrenalize) i problemi di alcolismo del chitarrista Steve Clark divennero via via sempre più gravi, costringendolo più volte a periodi di disintossicazione e riabilitazione e mettendo i DL in una situazione di stop forzato. Non durò molto. Nonostante la decisione della band di seguire perfino delle sedute di gruppo per aiutare l'amico chitarrista, Steve Clark morì nel 1991 per un mix di analgesici antidepressivi ed alcool, lasciando tutti totalmente increduli difronte alla sua scomparsa repentina. La band in prima battuta decise di non cercare un sostituto e pubblicare l'album con tutti i pezzi registrati da Steve, ma ricevette un tiepido successo. E' questo lo scenario “interno” che accompagna il gruppo britannico quando decide di pubblicare “Retro Active”: una miscela di riflessioni portatrici di tutti i chiaro-scuri dell'esistenza, che compensa il mediocre quid compositivo con dei testi di maggior spessore emotivo. Ecco svelata anche la misteriosa immagine di copertina del disco, ispirata all'opera più famosa del pittore americano Charles Allan Gilbert "All Is Vanity”: si nota una donna seduta ad un tavolino intenta a specchiarsi, e nella stessa immagine vista da lontano quello che appare è un teschio. Il messaggio di cui si fa foriero il disco è esplicito: la vanità è tempo sprecato e sottratto alla vita vera. Per spiegare inoltre perché questo disco risuonò “strano” alla critica del periodo, mi pare doveroso ricordare che i primi anni Novanta sono gli anni dell'ascesa del grunge, che letteralmente spazzò via alcuni clichè tipici del hair metal per promuovere uno stile musicale alternativo , più grezzo e verace. In un contesto internazionale influenzato dalla nuova ondata di rock alternativo, già fertilizzata da dischi celebri come Ten dei Pearl Jam e  Badmotorfinger dei Soundgarden, le opzioni erano due: continuare a seguire la strada percorsa od aprirsi a nuovi orizzonti melodici. I Def Leppard scelsero (con la dovuta prudenza) la seconda strada, e quindi nel disco no si nasconde qualche contaminazione, accolta (come per ogni novità, con un mix di curiosità e sospetto.



Le prime due canzoni che aprono la raccolta furono aper metà registrate ancora durante le sessioni di Hysteria e in effetti ne portano in parte l'eredità. L'opener è “Desert Song” , una traccia dall'incedere lento e ipnotico che supporta con un testo che affronta il tema dell'alienazione umana in un mondo diventato insensibile e cinico, situazione a cui si spera di trovare presto un rimedio “ The sky is falling on this setting son/Echoes of silence ringing loud and long/ This isolation is the king of pain […] I've been here before/ but not as I stand here today/I wait for the dawn ready to walk into the light (Il cielo sta cadendo in pezzi su questo figlio/ echi di silenzio risuonano forte e a lungo/ questa desolazione è la regina del dolore […] Sono già passato per di qua/ ma non nel modo in cui ci sto oggi / Attendo l'alba nuova per ritornare a camminare nella luce”. A livello compositivo i DL non ci stupiscono con effetti particolari, apparte qualche riverbero funzionale al testo, la chitarra sulle mani del dotato Vivian Campbell (ex Dio) si contorce in giri a tratti distorti a tratti puliti ma mai in primo piano. Si continua con “Fractured Love” che insinua qualche ansia nell'ascoltatore a causa della sua apertura misteriosa ed epica: solamente dei tamburi tribali presentano la voce mistica di Joe Elliot che sussurra il suo amore-odio ad ogni strofa “I'm caught in a dream  Why don't you set me free!”. In questo pezzo sono ben rimarcati alcuni artifici tipici del finir degli ottanta: riverberi sul rullante ma anche su altri strumenti che aumentano la densità del pezzo(ma anche la sua poca definizione), echi prolungati ai microfoni del frontman ma anche del chorus. A mezzo di molti mezzi tecnici possibili (rallentamenti e flangerizzazioni del nastro magnetico, estenuanti doppiaggi, massicce assolvenze e dissolvenze, filtraggi, riverberi al contrario ed effetti vari), viene creata un’incastellatura melodica accattivante e convincente che decisamente ha il sapore del precedente Hysteria. Uno dei pezzi che personalmente preferisco di questa collection. La terza song "Action" è una buona cover dei cugini inglesi Sweet e in questa sede recupera la grande verve e l’intreccio di armonie che l’ha reso uno dei pezzi più rifatti nella storia del rock. Mi sento di dire che è a partire da questo pezzo che si sente la lotta intestina che attraversa il gruppo, indeciso se restare allacciato alla “vecchia” moda del glam o lanciarsi in qualcosa di più sperimentale anche se di approccio meno immediato. Da un punto di vista del testo, siamo di fronte ad un arrogante inno egocentrico in cui il protagonista si autocelebra "And thats why everybody wants a piece of the action/Everybody needs a main attraction/I've got what everybody needs"(Tutti hanno bisogno di un po' di azione/ Tutti hanno bisogno di avere una grande attrazione/Io ho tutto quello che tutti vorrebbero).Un pezzo che scorrevole che più che aver il sapore degli Sweet , ricorda le cavalcate pop- rock di Billy Idol. Parere personale:si poteva evitare. Si sente l'identità della band con la successiva “Two Steps Behind” che davvero non ha nulla a che fare con le precedenti canzoni: passione ed autenticità delineano la trama dolce del pezzo, con un Joe Elliott alla voce che tesse le fila di questa ballata strappa lacrime “(Whatever you do)/I'll be two steps behind you (Wherever you go)and I'll be there to remind you/ that it only takes a minute of your precious time/ to turn around and I'll be two steps behind (Qualsiasi cosa tu faccia/Sarò due passi dietro a te, Dovunque tu andrai, Io sarò lì a ricordarti che basta un solo minuto del tuo prezioso tempo /per voltarti e vedere che io sarò li, due passi dietro a te). Curioso che il pezzo in origine era nato da una demo registrata da Joe Elliott in versione elettrica, e la band intera decise di provare a registrarla acustica quasi per gioco, ottenendo un largo consenso dalla critica e dal pubblico. Scritta in 15 minuti e registrata in poco più di tre giorni dal solo Joe Elliott con tutta la strumentazione originale, “She's too tough” fu inizialmente usata dalla band canadese Helix per il loro album Wild in the Streets del 1987. Venne ripresa dai Def Leppard solo nel 1992, quando i restanti membri del gruppo registrarono le loro parti creando un pezzo dinamico e rockeggiante, dalla presa facile che ricorda sicuramente lo stile catchy alla ACDC. Il testo è dedicato a una donna tutt'altro che angelica che rappresenta una vera sfida per chi le si avvicina e che viene per questo paragonata a una pistola carica “Black stockings and a high-heeled dress/Good-looking but her face is a mess/She's no angel, oh no/Love loaded she's got plenty to spare/She'll pull your trigger if only you dare/She's no angel, oh no, She's too tough ( Calze nere ,vestito e tacco alto, Di bell'aspetto ma il suo viso è un casino, /Lei non è un angelo , no no/ Piena d'amore ma lei ha mmolto da risparmiare/ se solo oserai (avvinarti) sparerà il grilletto/ Lei non è un angelo, no no, Lei è una tosta) . Buona l'alternanza del refrain coi cori che martellano in testa in modo irresistibile. Di certo non siamo di fronte ad un pezzo di ottima fattura, eppure è innegabile l'expertise nell'approccio al pubblico, che punta all'immediatezza più che alla raffinatezza. Il risultato è un pezzo che martella in testa, volenti o nolenti. “Miss you in a heartbeat “ potrebbe essere il proseguo ideale di “Two Step Behind” dato che si tratta di una ballad registrata in acustico. A guidare la melodia è un coinvolgente pianoforte che edulcora l'atmosfera rockeggiante del disco, il tutto accompagnato dal tocco delicato alle pelli di Rick Allen e dall'intreccio vellutato (e osmotico!) basso-voce. Buona l'intesa d'esecuzione anche se niente di particolarmente originale o degno di nota. Proprio come la precedente ballata questa è avvolta nello stessa struggente passione che si esplica nei versi "When we touch, I just lose my self control /A sad sensation I can't hide /To love is easy, it ain't easy to walk away /I keep the faith and there's a reason why"(Quando ci tocchiamo, io perdo il controllo/ Una sensazione triste che non riesco a nascondere/ Amare è facile,ma non è facile andarsene via / Mantengo la fede, cè sempre un motivo).Esattamente a metà del disco ecco che ricompare la scelta di inserire una cover, “Only After the Dark” di Mick Ronson (chitarrista di David Bowie tra le altre cose). Scelta non azzeccata dato che le linee armoniche non sono neanche lontanamente al livello di quelle originali e non aggiungono nessuno quid identitario al pezzo. Per quanto dinamico sia l'incedere di questo pezzo coverizzato, non arriva mai ad essere davvero trascinante e la presunta freschezza che doveva donare alla collection risulta a parere mia del tutto inconsistente. Anche il testo non va molto in profondità, limitandosi a collegare le immagini dell'oscurità notturna a quelle della fuga da ciò che ci spaventa. Un po' di pepe con la seguente “Ride into the Sun” , voluta da Phil Collen e Rick Allen che già l'avevano abbozzata nell'EP del 1979, convinti che contenesse un buon riff . E in effetti non si può smentire questo dato di fatto. Intro scanzonato di piano stile blues salvo poi esplodere in una galoppata infuocata della chitarra e da una batteria potente e precisa. Alla voce il solito Joe non manca un colpo e la sua performance graffiante convince, sostenuta anche da qualche assolo importante a metà del pezzo. Da un punto di vista tematico però il brano manca di rilevanza, limitandosi ad essere una sorta di inno all'autostima con quel We gonna make it baby! Ripetuto all'infinito. Pezzo nel complesso comunque scorrevole. Cambio di nuovo repentino con "From Inside" che ad un primo approccio sembra non avere nulla a che vedere con gli altri pezzi del lotto: si tratta di un acustico che ha un sapore celtico ma che mantiene comunque uno standard di qualità alto per essere una semiballad. Curiosa la scelta di inserire alcuni strumenti anomali (come il mandolino) che danno un sapore di canto popolare alla traccia e mi ricordano vagamente il pezzo “Use the Man” dei Megadeth. Da un punto di vista lirico tutto si gioca sulla personificazione dell'io interiore che ci guida nelle scelte (paragonato alle volte ad un clown, altre volte al diavolo) e sul fatto che i momenti di gioia e tristezza sono sempre vissuti nella solitudine, incapaci di rompere la barriera della comune insensibilità “ I will rise, I will take you/ I will break you, never let you go/I'll shoot through your veins/I'll drive you insane […] So you be the Joker/ And I'll be the Clown /And you'll laugh when you're up there/But you'll cry when you're down/Though your screams break the silence/Oh, they won't make a sound (Risorgerò, ti prenderò/non ti lascerò mai andare/ scorrerò nelle tue vene/ ti farò impazzire […] Cosi tu sarai il Joker/ e io sarò il Clown e tu riderai quando sarai lì/ Ma subito dopo piangerai quando ti rattristerai/ le tue urla rompono il silenzio / Ma non faranno alcun rumore.) Le successive due canzoni sono canzoni al massimo direi discrete, anche se il loro scopo filler è fuori discussione. "Ring of Fire" è un condensato di circa 4 minuti, costruito su un saliscendi delle tonalità e della velocità di esecuzione. Convince la linea melodica, peccato che la precisione del pezzo non sia stata curata e che spesso si sentano della sbavature negli attacchi di chitarra e basso. Innegabile invece come il frontman si senta a suo agio nel gestire questo genere di linee armoniche assieme agli ormai immancabili cori nel refrain. Da un punto di vista tematico ecco ritornare il tipico clichè della donna paragonata al fuoco, che scalda i cuori degli innamorati ma li può anche scottare “I left, so indiscreet, you're stealing all of the fire/ electric me/I'm staring into the sun, I'm staring into a gun” ( Mi sono lasciato (andare) mi stai rubando tutte le fiamme dentro, mi elettrizzi/ Sto scrutando il sole / Sto scrutando una pistola). Originariamente intitolata "Love Bites", l'ultima track del lotto “ I Wanna Be Your Hero” faceva parte delle sessioni di Hysteria e fu riesumata con un solo nuovo coro per essere un lato B di questa raccolta. Pur non essendo un pezzo memorabile, piacevole risulta lo sviluppo delle trame elettriche con un bridge chitarristico che sa accattivare e un cantante come Elliott che sa il fatto suo coadiuvato da cori profondi ed intensi. Non si può molto parlare di intensità del testo invece, che nel contenuto risulta slavato, giocato tutto sul desiderio fiabesco di essere considerato l'eroe della situazione dalla propria amata. Le ultime tracks sono invece le versioni elettriche delle due ballad Two Steps Behind e Miss You In a Heartbeat; quest'ultima pubblicata anche come pura versione pianistica.



Concludendo “Retro Active” è non è certo una raccolta trascendentale ma non si può nemmeno considerare irrilevante. Il valore della release attesta più che altro la caratura del Def Leppard in un momento di piena transizione artistica, dopo il successo mondiale ottenuto nel decennio precedente. Si tratta cioè di una collection foriera di quella straordinaria capacità riflessiva interna alla band, in grado di riassestarsi ogni volta che vicende personali lo richiedessero. In effetti i testi appaiono nel complesso più elaborati (apparte alcune eccezioni) e una diversa maturità artistica aleggia in ogni pezzo del lotto. In questi primi anni Novanta il mercato musicale stava dando pieno spazio a tendenze alternative assolutamente differenti per stile ed approccio dal marchio Def Leppard, nonostante ciò questa raccolta racconta qualcosa di più importante, racconta dell'umanità di un gruppo, sempre alla ricerca di nuovi equilibri. Ascoltate “Retro Active” solo con queste avvertenze.


1) Desert Song
2) Fractured Love
3) Action
4) Two Steps Behind
5) She’s Too Tough
6) Miss You In A Heartbeat
7) Only After Dark
8) Ride Into The Sun
9) From The Inside
10) Ring Of Fire
11) I Wanna Be Your Hero
12) Miss You In A Heartbeat (Electric Version)
13) Two Steps Behind (Electric Version)
14) Miss You In A Heartbeat (Piano Version)

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