DEF LEPPARD

Pyromania

1983 - Mercury Records

A CURA DI
SANDRA MÈZ RUSSOTTO
24/04/2014
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Recensione

Quasi 10 milioni di copie vendute e la certificazione come disco di diamante conferitagli dalla RIAA (Recording Industry Association of America). Questo, ma non solo, è Pyromania, terzo album della band inglese Def Leppard, distribuito nel gennaio del 1983 dalla Mercury Records. Un anno di registrazioni e parecchie vicissitudini sono parte degli ingredienti per questa miscela rock sapientemente confezionata dal produttore, nonchè co-autore di moltissimi brani di successo negli anni 80 e 90, Robert "Mutt" Lange. Lange ha orchestrato, passo dopo passo, la produzione dell'intero album, dalle melodie ai testi, rendendo questo disco un capolavoro fondamentale a livello globale, alla portata di un pubblico musicalmente variegato.



Il disco inizia con "Rock Rock ('Til You Drop)", un pezzo che invita a godersi la vita e a divertirsi fino a che non ce la si fa più, una sorta di carpe diem della vita rock 'n' roll, fatta di vizi e opportunità che van colte al momento, perchè il domani è troppo lontano; questo brano, più che al testo, fa affidamento, come un po' tutto Pyromania del resto, all'orecchiabilità della melodia, che ricorda non poco gli australiani AC/DC. Questa canzone è energia pura, la voce di Joe Elliott è graffiante e adrenalinica, i cori coinvolgono all'istante l'ascoltatore e le chitarre, in perfetta linea con la voce, propongono una linea musicale non particolarmente elaborata, ma decisamente energica e corposa. Segue il pezzo focale dell'intero album, "Photograph", un'ode alla celebre Marilyn Monroe, nonostante non sia menzionata nel testo, che afferma come una sola fotografia non basti a colmare la necessità di toccare e conoscere qualcuno, di starle accanto. Un brano che domina le classifiche e si impone come canzone-simbolo, non solo dell'intero album, ma del genere in se. Inizia con un riff pacato ed invitante seguito poco dopo dalla voce di Elliot, inizialmente ritmata, che cresce potente dominando il ritornello seguito da un coro omogeneo che alterna la voce di Joe a quelle degli altri Leps. Il culmine della canzone lo si trova nell'assolo heavy di Steve Clark , che accompagna in chiusura il chorus. La terza traccia "Stagefright", opera del bassista Rick Savage, si apre con il suono campionato di un pubblico che batte le mani all'unisono come fosse in un concerto allo stadio. La voce di Joe  che urla "I said-a welcome to my shoooooow" irrompe a pieni polmoni su una base di riff di chitarra semplici e pesanti che tengono l'orecchio incollato allo stereo, l'atmosfera da arena straripante viene enfatizzata con dei suoni campionati di boati e applausi per tutta la prima parte della canzone. Il cantato è urlante e senza una melodia ben identificabile, che però ritroviamo abbondante nei backing vocals della band durante il ritornello, con sovrapposta ancora la voce grintosa di Joe. A metà della canzone abbiamo la prima apparizione di Phil Collen, chitarrista della band Girls, con un assolo strepitoso che squarcia il ritmo; Phil entrò nei Def in sostituzione di Pete Willis, allontanato dalla band durante la produzione per abuso di alcool, proprio grazie a quest'assolo. Il testo è la semplice storia della rockstar che rimorchia una groupie, pronta a soddisfare ogni vizio e richiesta, rispettando quello che negli anni a venire divenne un clichè legato alla vita condotta dalle rock band. Lenta, misteriosa e ritmata si presenta la ballad "Too late for love", brano scritto da tutta la band con la collaborazione del produttore "Mutt" Lange; balzò alla nona posizione nella The Mainstream Rock chart in ben poco tempo ed è uno dei capolavori del disco. La canzone di Joe questa volta inizia pacata e continua struggente, accompagnata dalle voci della band che intonano il ritornello e talvolta enfatizzano la melodia. La struttura del brano non è particolarmente complessa, almeno rispetto alle altre tracce dell'album, rispetta però in maniera adeguatamente carismatica la ballad, che sembra descrivere - pur senza mai menzionarlo esplicitamente - la vita di una prostituta nelle strade di Londra, che è circondata da visioni d'amore, come coppie mano nella mano per la strada, e vorrebbe poter  cambiare il suo modo di vivere, ma sembra che sia troppo tardi perchè le possa succedere. Dopo una ballad di quel calibro troviamo "Die Hard The Hunter", il cui testo, per una volta, affronta una tematica differente rispetto all'amore di qualsivoglia genere, tratta infatti delle ripercussioni psicologiche della guerra sui veterani, che una volta tornati in patria non riescono a lasciarsi dietro gli orrori vissuti. La canzone inizia con il suono delle pale di un elicottero che girano vorticose, richiamando l'atmosfera della guerra, seguito da un arpeggio accompagnato, poco dopo, dalla voce di Elliott e dai cori degli altri Leppard. L'intro viene spezzata dalla batteria, in accordo con gli altri strumenti e la voce di Joe parte aggressiva, sempre interrotta dai cori, prevedibili ma comunque enfatici; il momento più esaltante della canzone però si ha con un paio di minuti di intermezzo strumentale coi fiocchi, prima di un ultimo coro. Nonostante non sia una delle canzoni predilette di Pyromania, "Die Hard the Hunter" è uno dei pezzi che preferisco, lo trovo completo e mi trasporta in maniera meno scontata rispetto ad altri brani del disco, decisamente più amati dalla critica. Ed ecco che si entra nel vivo dell'album con "Foolin'" e "Rock the Ages" che spopolano, al pari di "Photograph", nelle hits americane e nei cuori della gente. "Foolin'" è una di quelle ballad in cui quasi tutti ci siamo rispecchiati, un amore ai ferri corti che però non si vorrebbe mai far finire, una storia di vita comune anche per le rockstar pare. La canzone inizia con un arpeggio e la voce di Elliot parte calma e malinconica, ma niente timori, Joe torna a tirar fuori la sua voce energica e decisa poco dopo accompagnato dagli immancabili cori, che nonostante vengano riproposti per tutto l'album in maniera quasi troppo insistente e melensa, su questo pezzo hanno il potere di coinvolgere ed esaltare, soprattutto durante la ripetizione di "F-F-F- Foolin'". Allen in questa canzone introduce l'uso del cowbell durante il ritornello, trovata che permette al chorus di imprimersi nella mente dell'ascoltatore come uno di quei tormentoni estivi nelle pubblicità, che ti perseguitano vita natural durante. Pyromania è notoriamente un album studiato a puntino, quindi è quasi ovvio che dopo un brano come "Foolin'" debba  seguire un pezzo energico che faccia alzare dal letto chi lo sta ascoltando, ed ecco una delle canzoni più famose dell'intera carriera dei Def Leppard, "Rock of Ages", il cui curioso inizio è dato dalle parole nonsense pronunciate a mo' di conteggio da Lange, "Gunter Glieben Glauten Globen" diventate un tormentone e campionate, per altro, dagli Offspring nella famosa "Pretty fly (for a white guy)". Ma entriamo nel dettaglio di una delle canzoni più famose della storia del rock anni 80. L'aneddoto vuole che la composizione musicale fosse già stata realizzata ma il testo tardasse a manifestarsi nelle menti della band. Una sera ci fu una lettura di gruppo di un testo sacro nello studio dove andavano i Def, e il giorno seguente Joe Elliott trovò il libro delle letture aperto proprio sull'inno evangelico "Rock of Ages" (Rocca Eterna) ed iniziò ad intonarlo; da quell'inno trassero il ritornello e lo spunto per il resto del testo che parla dell'immortalità del rock e della volontà di celebrarlo con ogni singolo loro pezzo. La struttura musicale è piuttosto semplice, ripetitiva e ritmata, il cantato funge da strumento principale, insieme alla batteria e al basso per buona parte della canzone, le chitarre tornano a farsi sentire poco prima della fine in un breve assolo, per poi restituire al chorus il ruolo principale. Terzultima canzone dell'album è "Comin' Under Fire", che presenta un testo dalla tematica stantia, un ragazzo innamorato di una ragazza che non sembra corrisponderlo nonostante lui sia pazzo di lei. Anche la struttura musicale non ha più nulla da dire ormai, resta orecchiabilissima, anche grazie al ritornello intonato da tutta la band, ma spicca giusto grazie all'assolo di chitarra  a metà canzone. Siamo agli sgoccioli con "Action! Not Words" che inizia con un riff di chitarra southern e poi continua sulla via di un hard rock classico che ricorda un po' gli AC/DC. La voce invece, alla lunga la trovo un po' monotona e il ritornello/coro non si imprime nella mente, apprezzo il riff conclusivo che torna ad avere una sfumatura southern. Il contenuto della lirica è intuibile ma non così scontato, parla di come, stanco della monotonia della tv, un ragazzo inizia a girare il suo stesso film, allusivamente erotico, con la sua ragazza. Ed ecco che il disco volge al termini con "Billy's Got a Gun", il cui inizio mi ha sempre ricordato un po' una versione mascherata dell'intro di "Kashmir" dei Led Zeppelin, nessun ingrediente a sorpresa per quest'ultimo pezzo che contiene gli ormai familiarissimi cori della band e la voce di Joe graffiantissima: preferisco infatti la lirica; è il racconto di un ragazzo disperato, Billy appunto, oltre i limiti di un crollo psicologico. Billy ha una pistola e tutta l'intenzione di usarla su una folla, l'unica cosa che puoi fare per salvarti è correre finchè non senti lo sparo, ma non è finita perchè ti rendi conto che ha sparato proprio a te. L'album sembra concludersi ma, alla fine di "Billy's Got a Gun", troviamo una ghost track, un miscuglio di suoni sintetizzati in quello che viene chiamato "The March Of The Wooden Zombies", dovuto ad un insieme di note messe a casaccio da Allen sulla drum machine ed inseriti poi come finale da Lange.



Ecco conclusa questa pietra miliare dell'Hard'n'Heavy, precursore di una lunga stirpe di band emulatrici, che si sono ispirate proprio a questo stesso album, studiato sin nei più piccoli particolari. Per dare il massimo all'ascoltatore, come nei cori, eseguiti sì dalla band con lo stesso Lange ma con anche il contributo di Rocky Newton dei Lionheart, Terry Slesser, Chris Thompson e Pete "Overend" Watts dei Mott The Hoople, soprannominati scherzosamente, per l'occasione, The Leppardettes, perchè Lange, a noi, non vuol far mancare proprio nulla. Per concludere, è un album assolutamente necessario nella collezione di ogni rockettaro, o quantomeno il genere di rockettaro che apprezza un lavoro curato in ogni dettaglio, tanti cori e l'idea di svegliarsi al mattino, per settimane, con il ritornello di una qualsivoglia canzone del disco in testa. 


1) Rock! Rock! (Till You Drop) 
2) Photograph
3) Stagefright 
4) Too Late for Love  
5) Die Hard the Hunter
6) Foolin'
7) Rock of Ages
8) Comin' Under Fire 
9) Action! Not Words  
10) Billy's Got a Gun  

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