DARK FUNERAL
Where Shadows Forever Reign
2016 - Century Media Records

DAVIDE PAPPALARDO
24/06/2016











Introduzione Recensione
Dopo ben sette anni di silenzio tornano gli svedesi Dark Funeral, alfieri del black metal di scuola svedese insieme ai Marduk, ed in quanto tali ugualmente amati ed odiati; il gruppo si ripresenta con una nuova formazione, costituita dal sempre presente fondatore Lord Ahriman (Mikael Svanberg) alle chitarre ed al basso, Chaq Mol (Bo Karlsson) come secondo chitarrista, il rientrante Dominator (Nils Fjellström) alla batteria, ed il nuovo elemento Heljarmadr (Andreas Vingbäck) alla voce, proveniente dalla band black 'n' roll Cursed 13 e dai più melodici Grá. Anni fa, infatti, l'ormai storico frontman Emperor Magus Caligula (Magnus 'Masse' Broberg) aveva lasciato il gruppo non sentendosi più motivato a proseguire con la band; ecco quindi che i Nostri si sono messi alla ricerca di un sostituto, inizialmente individuato in Nachtgarm (Steve Marbs) dei Negator, il quale però si è presto mostrato non conciliabile con la visione d'insieme della band. Ed è così che gli anni sono passati, interrotti da alcuni annunci ed aggiornamenti sparuti, e non pochi hanno incominciato a pensare che ormai la parola fine fosse arrivata per il progetto. Invece, qualche tempo fa, all'improvviso spuntò il video del singolo "Nail Them To The Cross", con la presentazione del nuovo cantante e l'annuncio del nuovo (incombente) disco "Where Shadows Forever Reign - Dove Le Ombre Regnano In Eterno", il quale è ora arrivato alla presenza di fan e detrattori, ugualmente pronti a dire la loro sul gruppo simbolo di un certo modo di intendere il black metal, legato a ritmi veloci e fredde e malinconiche melodie di chitarra. Cosa bisogna aspettarsi da questo nuovo lavoro? L'artwork a cura di Necrolord (Kristian Wåhlin), artista prezzemolino della scena estrema europea e già curatore di quello del primo full length del gruppo ("The Secrets Of The Black Arts"), ha fatto pensare a molti ad un ritorno alle origini, in contrasto con il super prodotto e "bombastic" "Angelus Exuro Pro Eternus" del 2009, ed anche certe dichiarazioni di Lord Ahriman hanno effettivamente fatto intendere una ripresa di certi elementi; come spesso accade, però, la realtà non è mai così netta, ed è così che ci troviamo davanti ad un album che è in parte sì diverso dagli ultimi prodotti dei Dark Funeral, ma dall'altra non riprende totalmente quello che da molti è considerato il periodo più glorioso del gruppo, ovvero quello con Themgoroth (Paul Mäkitalo) alla voce ed il compianto Blackmoon (David Parland RIP 2013) come secondo chitarrista e seconda mente dell'ensemble. La produzione ad opera di Daniel Bergstrand, pulita e moderna, lontana da qualsiasi elemento necro, ci presenta un suono in linea con le produzioni del black più "commerciali", mentre il songwriting da una parte non raggiunge i muri di suono e gli attacchi di blast continui che hanno caratterizzato buona parte del secondo periodo dei Nostri, dall'altra mantiene un certo gusto per le melodie più malinconiche che tenebrose. Le tematiche invece rimangono saldamente quelle tipiche del gruppo, con proclami satanici e fantasie blasfeme, anche se (per fortuna) sembrano mancare le derive un po' imbarazzanti in chiave erotica presenti nei due lavori precedenti. In ogni caso niente di poetico od estremamente sofisticato, come dall'altra non dovremmo certo aspettarci dal gruppo, il quale si è sempre basato su una certa immagine fedelmente seguita sia nel suono, sia nei testi. Un disco insomma che non rivoluziona la scena e nemmeno quanto già detto e fatto dai Nostri, piacevole sicuramente per i fan, non esente però da alcuni difetti, tra cui un songwriting abbastanza ripetitivo nelle soluzioni usate ed una certa mancanza di mordente e furia; ma come spesso accade è la dimensione live il vero terreno di prova per il gruppo, il quale ha ripreso la sua attività, mostrando come anche il nuovo cantante possa tenere banco dal vivo, con una serie di concerti acclamati.

Unchain My Soul
Si parte con quello che poi è stato il secondo singolo dell'album, ovvero "Unchain My Soul - Libera la Mia Anima", e con il suo tetro fraseggio costellato di cimbali cadenzati e punte squillanti; ecco che una voce narrante si aggiunge al tutto con toni da film, presto evolvendo in un grido crudele. Dopo una cesura di batteria di alcuni secondi, al trentasettesimo parte un riffing tagliente e freddo, sorretto dai rullanti di pedale imperanti; si va dunque a delineare una linea melodica gelida dove la doppia cassa fa da supporto ritmico alle suggestioni oscure create. Heljarmadr dispiega il suo screaming sul loop di chitarre, seguendone l'andamento tagliente rafforzato dalla batteria; al secondo minuto e sette dopo un rullante la ritmica si fa ancora più pulsante e sentita, aggiungendo tensione al pezzo. Dunque si dispiega il ritornello black dalle chitarre notturne ed evocative, mentre il drumming mantiene i suoi toni da guerra continua, in una tempesta sonora familiare per gli appassionati del genere; passata essa, si torna al fraseggio principale, il quale porta in avanti un loop squillante strutturato dalla batteria. Riecco poi al secondo minuto e diciotto il magniloquente ritornello dalle arie epiche, il quale s'innalza d'intensità, organizzato da rullanti improvvisi e colpi cadenzati di batteria; torniamo di seguito ai turbini di chitarra, mentre il cantante ci mostra ancora una volta un buon screaming. Al terzo minuto ed otto ci si ferma all'improvviso con un arpeggio tranquillo e dilungato, il quale avanza prima con i piatti, poi con rullanti marziali; tornano i toni da film iniziali con discorso in sottofondo, completando poi il tutto con un bel arpeggio. Come c'è d'aspettarsi riprendono qui le sfuriate da terremoto, convertite in un attacco di doppia cassa spacca ossa, il quale lascia il passo ai loop di chitarra gelidi ed alle loro ossessioni; la batteria come sempre tempesta la struttura, mentre poi si sfocia nell'ormai ben chiaro ritornello. Esso prosegue con i suoi toni epici e taglienti fino al finale improvviso, segnato da un ultimo accenno di chitarra; tutto sommato un'apertura decisa per il disco, la quale mostra già molti motivi del disco, che si riproporranno in esso. Il testo ci porta dritti nel mondo dei Dark Funeral, fatto di tormenti infernali, mondi occulti, adorazione della morte e nichilismo, il tutto presentato tramite immagini da fantasy oscuro; dalle tombe dei tempi dimenticati evochiamo i morti, presso il fiume selvaggio e feroce, essi risorgono dai cimiteri dei nostri pensieri. Evochiamo il nostro fratello di sangue, chiedendo di lasciare questa orribile vita e di andare oltre i confini di questo regno. Egli li ha attraversati prima di noi, ora gli chiediamo di tornare e prenderci, di togliere le catene dalla nostra anima e di portarci dove la luce decade. Non possiamo rimanere od aspettare, dobbiamo lasciare questo mondo per sempre, e giuriamo di non tornare. Dietro le altrui maschere, atte a mostrarci un falso ottimismo ed una ridicola "gioia di vivere", ci sono solo schiavitù e servitù, cose non nostre, quindi chiediamo di tornare "a casa", in un luogo che ci appartenga davvero. Lo imploriamo di tornare dai morti e liberarci dalle catene, per reclamare i nostro trono all'Inferno; "I summon all the forces from the darkness that gave birth to our existence and lit the hellish flames. We shall stand tall and wander. Where the heavens can not reach us as the path will lead into the dark and cold. We can not stay and wait, the passage has been cleared. The gates are open, there is no turning back. Those left behind, shall die as slaves, as servants of their humble ways and Satan will be laughing from his throne - Evoco le forze delle tenebre che hanno generato la nostra esistenza ed alimento le fiamme infernali. Dobbiamo ergerci e viaggiare. Dove I cieli non possono raggiungerci, mentre il percorso ci porta nel freddo e nell'oscurità. Non possiamo rimanere ed aspettare, il passaggio è stato aperto. I cancelli sono aperti, non c'è ritorno. Coloro rimasti indietro moriranno come schiavi, servi delle loro umili abitudini, e Satana riderà dal suo trono." prosegue il testo, ripetendo poi i versi precedenti in un'adorazione e richiamo della morte, mostrando quel satanico disprezzo della vita ancorato nell'immaginario e nelle tematiche black metal sin dagli albori della deriva scandinava, e non solo.

As One We Shall Conquer
"As One We Shall Conquer - Uniti Conquisteremo" si apre con un fraseggio notturno e distorto, il quale esplode al ventesimo secondo in una corsa sferragliante segnata dalla doppia cassa e dai toni demoniaci di Heljarmadr in riverbero; ecco che poi l'intensità sale con vortici di chitarra dissonante e maligni ritornelli vocali, proseguendo di seguito dritto verso la strada nera ed infernale del brano. Al primo minuto si struttura il ritornello cadenzato, dove le vocals assumono i toni di un growl più cavernoso, mentre la strumentazione si dilata con fraseggi epocali e drumming più cadenzato; si genera così un'atmosfera più melodica, supportata poi da chitarre maestose, le quali supportano lo screaming graffiante di Heljarmadr. Largo poi a battaglie tra chitarre malinconiche in altisonanti orchestrazioni tempestate dalla doppia cassa, le quali si gettano dritte in un fiume nero in piena; riecco quindi ai motivi precedenti, severi ed oscuri, i quali seguono un songwriting avvincente, ma anche a tratti ripetitivo, basato su stilemi del black ripetuti con maestria, ma non molta originalità. Heljarmadr prosegue con i suoi riverberi, fino all'improvviso stop del secondo minuto e ventitré; esso da spazio ad un fraseggio, interrotto da un colpo di batteria, lasciando spazio alla ripresa delle corse vorticanti ed alle loro melodie tetre. L'intensità sale con i colpi di rullanti di pedale ed i riff stridenti, presto strutturati nel notturno ritornello gridato con furia; al terzo minuto e trentatré abbiamo ancora il growl cupo accompagnato da suoni più dilatati, il quale avanza anche con accenni squillanti in sottofondo. Un'ultima sezione ci da una corsa precisa e diretta verso l'oblio, dove non mancano terremoti freddi e mura di chitarra maestosa, rafforzate dalla batteria feroce; si arriva alla conclusione su toni ormai ben chiari, i quali mostrano, nel bene, e nel male, la direzione del disco, coerente, anche fino alla noia in certe occasioni. Inoltre anche se non manca una certa epicità, essa si mostra controllata, senza gli esaltanti esuberi del passato; insomma nel loro caso la "maturità" non è positiva, in quanto non siamo certo davanti ad un progetto sperimentale, ed anzi con loro proprio il "troppo" sia nella melodia, sia nei terremoti sonori, è gradito. Il testo torna su uno dei temi più cari ai Nostri, ovvero le immaginarie battaglie contro le forze del bene, vinte da truppe infernali guidate dal narratore delle liriche; lance di fuoco parlano di morte, mentre l'incantatrice dell'Inferno rinasce. Li faremo inginocchiare, e la bestia che teniamo dentro si nutrirà delle loro affamanti grida; poiché domineremo la notte e distruggeremo ciò che rimane del loro unico "dio", mentre getteremo nell'Inferno la sua anima. Il fuoco cresce oltre le barricate, e i cieli piangono per la disgrazia avvenuta, tutte le creature della luce si nascondono terrorizzate poiché la notte eterna è arrivata e durerà per sempre; "We've conquered the light and the pyres are burning. The moon and the stars shine no more. Goddess come forth and stand by my side. As one we shall conquer them all - Abbiamo conquistato la luce e le pire bruciano. La Luna e le stelle non brillano più. Dea vieni avanti e siedi al mio fianco. Uniti conquisteremo tutto." continua il testo, mentre poi i versi precedenti vengono ripetuti con ossessione reiterando l'immagine di distruzione e morte blasfema. Nulla di nuovo per gli appassionati del genere, insomma, men che meno per chi segue il gruppo dagli albori; un mondo tematico dove l'immaginario satanico medioevale ci dona fantasie oscure, dove il bene viene sconfitto continuamente e ciò che è divino distrutto in nome del male.

Beast Above Man
"Beast Above Man - La Bestia che incombe sull'Uomo" ci accoglie con un fraseggio di buona fattura, scolpito da alcuni colpi di piatto e sorretto da un arpeggio greve; ecco che al sedicesimo secondo una doppia cassa innalza i toni mentre prosegue un motivo freddo ed oscuro, organizzato dai rullanti. Esso si ferma al ottantasettesimo secondo con una cesura che riprende per pochissimo il suono iniziale; di seguito esplode un torrente costituito dalle grida di Heljarmadr e dai loop di chitarra dittatoriale, mentre il drumming ci colpisce come una pioggia di pietre. La confusione sonora ci investe, mentre i toni di chitarra conoscono punte maligne nella loro atmosfera; il tutto si mantiene feroce e lanciato, in una cacofonia nera come la notte. Al minuto e quarantaquattro punte vocali in riverbero graffiano la composizione con un effetto esaltante, preparandoci per il successivo vortice fatto di melodie malinconiche e screaming gracchiante; si struttura così un ritornello al fulmicotone, in una tensione così stordente da essere quasi onirica. Al secondo minuto e quaranta ci si ferma, con una ripresa del fraseggio iniziale e dei colpi di batteria dilatati; riecco quindi i rullanti di batteria ed i piatti strisciatati, mentre poi Heljarmadr ritorna con grida cupe, sorrette da freddi motivi di chitarra. Ancora una volta ci si ferma, esplodendo però presto in un vortice nero che ci trascina con sé, tempestandoci con i rullanti e le gelide chitarre taglienti; inevitabile la nuova esternazione del ritornello, la quale prosegue dritta, arricchendosi con riverberi vocali da studio, verso la chiusura di questo episodio veloce e feroce. Uno dei pezzi migliori, il quale offre una semplice, ma avvincente, intensità, la quale ci riporta vicini ai fasti del passato; un minore minimalismo ed un maggior uso di fredde melodie vorticanti gioca a fare dei Nostri, i quali sanno qui mostrare al meglio le proprie capacità. Il testo ci presenta un mostro satanico e cannibale, il quale preda i credenti dissacrando i loro corpi e la loro fede in nome del Male; con i suoi artigli affilati e splendenti si avvicina per strappare la nostra anima, ci succhierà gli occhi via dalle orbite e divorerà la nostra carne. Lo chiamano cannibale, ma egli si definisce più uno scarto degli umani, creato dalla stessa nostra malvagità repressa; ci strapperà l'anima e la sbatterà a terra. Mentre la sua fame cresce ci taglierà i polsi, è il lupo e ci avverte, i porci non sono sicuri quando è nei paraggi; capovolgerà le croci e brucerà i nostri templi. Il peso della vita non sarà più portato, la nostra carne è per lui, la nostra anima per il Diavolo. "Condemned from this realm as your last sun shall set. The maker of shadows collecting your debt. A feast for the wolf, for the beast above man. I shall ravage and murder, til nothing is left! - Condannato da questo reame mentre il tuo ultimo Sole tramonta. Il creatore delle ombre raccoglie il tuo debito. Un festino per il lupo, per la bestia che incombe sull'uomo. Saccheggerò ed ucciderò fino a che nulla rimarrà!" prosegue il testo sanguinolento, e quando meno ce lo aspetteremo Lui sarà li, poiché egli è la morte e noi la sua troia lamentosa. Ci taglierà la gola e spargerà il nostro sangue; è una forza dell'abisso, prenderà la nostra inutile anima e la strapperà, ci taglierà la gola e ci prosciugherà, portandoci all'inferno. Ecco che l'horror e le tematiche blasfeme dei Nostri si legano indissolubilmente, proseguendo sull'ossessivo tema caro al gruppo; qui misantropia, fantasie sataniche e disprezzo per l'umanità vanno decisamente a braccetto.

As I Ascend
"As I Ascend - Mentre Ascendo" si apre con campane a morto, richiamando i momenti più gotici dei primi lavori della band svedese; esse proseguono tra sinistri suoni, aggiungendo poi al diciassettesimo secondo un fraseggio dalla bella melodia sentita e malinconica. Esso evolve con una marcia di batteria e riff grandiosi, dove Heljarmadr trova perfetta collocazione dandoci un'atmosfera emotiva dal grande impatto; i rullanti di pedale accelerano il passo, ma invece di un'esplosione, si torna poi su toni controllati, mentre il cantante adotta uno stile parlato narrativo. Riecco quindi le chitarre altisonanti e lo screaming sofferto, per una sorta di "ballad nera", la quale evolve secondo i dettami predenti, dandoci un crescendo emotivo; al secondo minuto e tredici una sequenza di arpeggi imperanti si unisce alla doppia cassa in un'orchestrazione ben strutturata. Ancora una volta nessuna esplosione, bensì suoni malinconici e ritmica strisciante, alternata con la sequenza di poco prima; l'effetto è magistrale, rafforzato dalla ripresa del ritornello arioso ed epico. Qui il gruppo sa giocare carte un po' diverse, richiamando classici recenti come "My Latex Queen" ed "Atrum Regina", per fortuna però con un testo decisamente più pensato e ragionato; la struttura si mantiene controllata, dando molto spazio alle melodie di chitarra ed alle atmosfere ariose e malinconiche. Al quarto minuto e ventisei ci si ferma con un assolo notturno, sul quale abbiamo piatti cadenzati e rullanti di raccoglimento; esso prosegue con le sue nere note, mentre di seguito Heljarmadr torna con il suo screaming, annunciando la sua oscura lezione, creando un loop ossessivo ripetuto fino alla conclusione del pezzo. Essa viene affidata alla ripresa delle campane iniziale, chiudendo così il cerchio; un altro colpo a segno insomma, in una parte del disco favorevole che ci da tra i brani migliori qui contenuti. Il testo ci mostra il lato più "spirituale" del mondo tematico della band, con un viaggio astrale nel regno degli inferi, visto come casa a cui si agogna di tornare, perdendo la vita, disprezzata in quanto dono del dio che si rigetta; viaggiamo nella notte e le ombre ventose ci portano a casa, mentre corriamo verso gli abissi senza luce che ci guidi. E la notte divora le nostre grida e preda sulla nostra anima, mentre scompariamo; ora cadiamo e i demoni ridono pieni di desiderio di sangue e disprezzo, e poi strisciamo nello sporco, mentre sentiamo che la nostra vita verrà dissolta e prosciugata. Siamo sommersi nel vuoto senza fine senza aria da respirare, senza cuore che batte, senza vita che ci accompagni. Ora i bagliori diventano fiamme che trasportano la nostra anima, ed attraverso un dolore senza fine ascendiamo; le fiamme poi diventano carne e ci ricreano, facendoci assurgere a nuovi Esseri. "As the grate fires of the deepest tracts of hell, consumed all my weaknesses and traces of humanity, I arose withe a grandeur without equal, with a darkness in my eyes and with a plague to wield the world - Mentre le fiamme stridenti dei recessi più profondi dell'Inferno consumavano tutte le mie debolezze e tracce d'umanità, io ascesi con una grandiosità senza eguali, con un'oscurità nei miei occhi e con una piaga con la quale infettare il Mondo." continua il testo onirico ed inquietante, mentre nel finale un'invocazione celebra la luce nera che accecherà il Mondo, il serpente che mangerà quest'ultimo, la fiamma nera che brucerà la nostra vita, e la tenebra che mai finirà; ritroviamo qui un topos tipico del genere, ovvero il desiderio di provare i tormenti infernali e di rinascere tramite essi.

Temple Of Ahriman
"Temple Of Ahriman - Il Tempio Di Ahriman" inizia con un fraseggio squillante, il quale cresce d'intensità fino al quindicesimo secondo; qui intervengono anche il drumming cadenzato e le vocals cupe di Heljarmadr, instaurando una marcia tetra da cerimonia blasfema, la quale avanza con i suoi toni sinistri. Ecco che punte di screaming prendono posto, mentre le chitarre accelerano leggermente i loro giri circolari distorti, creando una serie di riprese in un ritornello severo; al minuto ed uno una doppia cassa sottintende un assolo oscuro di buona fattura, facendo da anteprima per l'esplosione del motivo portante del pezzo, dominato da ritornelli vocali appassionanti, strutture di chitarra tipicamente black, e terremoti ritmici. L'intensità sale grazie ai piatti ed alle melodie taglienti di chitarra, mentre i rullanti di pedale si prodigano nei loro attacchi; troviamo di seguito ariose epicità dai toni frostbitten, regalandoci una tempistica abbastanza nervosa. Essa ritorna sulla doppia cassa, mentre Heljarmadr alterna growl e grida maligna in riverbero, ripresentando poi le aperture precedenti; l'atmosfera è epica e misteriosa, evocando perfettamente il tema del testo con le sue partiture oniriche ed orchestrali. Riecco dunque il ritornello imperante con i suoi screaming ed attacchi di batteria, il quale si ferma al terzo minuto ed undici; qui un fraseggio notturno fa ad cesura, dilungandosi con le sue scale maestose. Di seguito riprende la marcia iniziale con i suoi elementi esoterici, strisciate e dall'aggressività trattenuta, la quale si espande tra vocals vomitate e chitarre evocative; anch'essa termina con il fraseggio di poco prima, ma questa volta il tutto evolve in un attacco di doppia cassa e chitarre ancora più severe nei loro riff oscuri. Heljarmadr ripete con ossessione il ritornello su di esse, mentre piatti cadenzati scolpiscono l'intensità che sale: la concludine feroce quindi ci trascina con se verso l'oblio di un pezzo che richiama, anche in questo caso, i primi lavori della band, pur non raggiungendone tutta la completezza e l'epicità. Il testo è una sorta di evocazione maligna e di rappresentazione di un tempio malvagio dedicato a sacrifici umani e rituali blasfemi; evochiamo divinità oscure nel Tempio di Ahriman, ovvero uno dei nomi di Angra Mainyu, il diavolo della religione Zoroastriana (la prima religione monoteistica basata sull'opposizione netta tra Bene e Male). E' un luogo dove nessuno sopravvive nelle camere per torture infernali, dove avvengono sacrifici e vendette con sete di sangue. Dolori inflitti a vite cristiane, naturalmente; "I eat your eyes to fuel my fire. I rip your flesh to make you scream. Vultures awaits at the Tower of Silence to eat the flesh from your bones. The moon shall be painted red by blood and eternal darkness shall follow. I rape your soul so bad no god will ever come near. I crack your bones as I'm watching you mumble your prayers - Divoro I tuoi occhi per attizzare il mio fuoco. Strappo la tua carne per farti gridare. Gli avvoltoi attendono nella Torre Del Silenzio per divorare la carne dalle tue ossa. La Luna sarà dipinta di rosso sangue e la notte eterna seguirà. Stupro la tua anima così pesantemente che nessun dio si avvicinerà. Ti spacco le ossa mentre ti guardo balbettare le tue preghiere." annuncia il testo, mentre poi vengono ripetuti come in un mantra i versi precedenti, con un approccio minimale ed ossessivo che ha il sapore della cerimonia occulta. Poche parole insomma, le quali creano uno scenario inquisitorio ed oscuro ben adatto alla musica dei Nostri; impossibile poi non notare il riferimento al nome adottato dal fondatore del gruppo, e quindi non considerare il tutto come, anche, una sorta di celebrazione della mente / del cuore stesso dei Dark Funeral.

The Eternal Eclipse
"The Eternal Eclipse - Eclisse Eterna" ci accoglie con dei rullanti di batteria, presto seguiti da un muro di chitarre fredde ed attacchi di doppia cassa, arricchiti dai versi di Heljarmadr; un falso stop al diciottesimo secondo inaugura una corsa veloce dove i riff melodici e gli attacchi di drumming si uniscono in un vortice nero come la pece, la quale si mantiene epica e decisa. Essa avanza mentre i toni si fanno sempre più massacranti, ma all'improvviso ci fermiamo ancora, passando ad un fraseggio delicato con rullanti controllati e piatti cadenzati; qui Heljarmadr ruggisce il testo, mentre poi un assolo evocativo s'innalza con le sue scale elaborate, donando un aspetto tecnico. Proseguiamo poi con l'andamento calmo e lento, il quale evolve di seguito in una ripresa della cavalcata iniziale, bombardata dai blast beat e dalle grida maligne del cantante; ancora una volta essa prosegue come un treno, diretta verso il precipizio, ovvero un nuovo passaggio verso toni più lenti e malinconici. La struttura del songwriting è chiara, basata su alternanze riprese più volte: riecco quindi anche l'assolo elaborato, il quale poi ridà spazio ai rullanti strisciatati ed alle grida in riverbero. I toni sono epici ed evocativi, supportati di seguito da una nuova corsa con doppia cassa e riff gelidi, dove nel finale la ritmica assume motivi da mitra impazzito, tempestandoci fino alla chiusura con piatto; nulla di epocale, ma comunque un episodio veloce, un po' sui generis, che nulla toglie, o aggiunge, all'album qui recensito. Il testo narra di un guerriero infernale la cui unica ragione di vita è la distruzione di tutto ciò che esiste, in nome del Male e dell'Inferno; e dal giorno in cui egli se n'è andato dai campi infiammati dell'abisso è rimasto solo, viaggiando nel Mondo, in oscurità senza mai pensare di tornare indietro, ed ogni passo che compie lo porta verso il suo ultimo respiro. Egli vive solo per vedere il Mondo sommerso dalle fiamme e dalla cenere, durante il giorno del giudizio; l'umanità è condannata alla morte, e i sopravvissuti si nasconderanno nella vergogna in eterno. Verso la fine il Mondo si deformerà e trascenderà in un'eclissi eterna, e mentre verrà raggiunta nessuno si pentirà o farà ammenda per l'Apocalisse, morendo in un mare di rassegnazione; "And when the sun turned black all water froze to ice, and all remaining life was sent into the great unknown, I was alone, the king of kings but nothing was left there to rule and nothing was there to destroy. I saw that day, that joyful day I conquered all then walked away and now wait for my demise. Oh soon to come my glorious death, and I will be the last to leave, for the world will be returned to the night - E quando il Sole divenne nero e tutta l'acqua divenne ghiaccio, e tutta la vita rimanente venne inviata nel grande ignoto, io ero solo, re dei re, ma nulla era rimasto da conquistare e nulla era rimasto da distruggere. Vidi il giorno, quel giorno gioioso in cui avevo conquistato tutto, poi andai via. Aspetto che il mio destino si compia. Oh, presto verrà la mia gloriosa morte, e sarò l'ultimo ad andarmene, ed allora il Mondo tornerà nella notte eterna." prosegue il testo, ripetendo poi nel finale i versi precedenti, completando l'apocalittico scenario di annientamento globale. Anche qui torna il tema dell'adorazione totale della Morte, anche della propria, e della visione della propria vita solo come un mezzo per portare la fine; una sorta di "purezza satanica" dove si cerca il Male assoluto di cui diventare parte abbandonando la propria umanità e ciò che ci lega ad essa, anche la vita.

To Carve Another Wound
"To Carve Another Wound - Incidere Un'Altra Ferita" parte con un fraseggio severo sorretto da doppia cassa, piatti ed assoli a sirena; ecco che il tutto esplode in un tripudio di blast e versi gutturali, proseguendo maligno, prendendo poi un po' di velocità con il drumming cadenzato. Al trentatreesimo secondo Heljarmadr interviene con il suo screaming demoniaco, arricchendo il vortice di chitarre e ritmica; di seguito rullanti e loop ossessivi dilaniano al composizione, fino al ritornello. Qui le chitarre si fanno più ariose e dilatate, ma sempre gelide e taglienti; troviamo poi una cesura ritmica fatta di rullanti e toni altisonanti. Essa lascia poi il passo ancora ai giri sferraglianti, i quali rumorosi si prodigano nel sviluppare i versi maligni del cantante; l'atmosfera però non viene ignorata, e al secondo minuto e sei ritroviamo un fraseggio notturno e strisciante, il quale raggiunge poi un bel fraseggio onirico, costellato da drumming da battaglia. Ecco quindi un ritornello subdolo, il quale poi sfocia in quello più aperto ed orecchiabile, conoscendo le evoluzioni precedenti; non ci sorprende dunque la cesura, ancora una volta basata sulla batteria, del terzo minuto e dodici, la quale fa da preambolo ad un marcia di rullanti e piatti. Essa regala un momento solenne, dilungato nei suoi giri circolari e nei suoi colpi, mentre Heljarmadr torna con una voce sdoppiata in studio, tra screaming e growl pieno di effetti; si viene quindi a creare la coda finale di un episodio ancora una volta semplice ed immediato, il quale si chiude con un accenno di fraseggio ed un feedback. Il testo descrive un rituale sacrificale satanico dove la vittima, legata all'immagine del Mondo incarnato sotto forma di una donna, viene seviziata con perversione; il rituale non finirà mai, mentre il sangue scorre caldo dall'altare sacrificale, nel mentre infliggiamo ferite che mai si cicatrizzeranno, con artigli sporchi afferrano il suo collo. I tagli sono profondi, e ci nutriamo delle sue grida, mentre il suo cuore sanguinante e perforato batte nel terrore; le sue urla dolorose fanno da eco nella notte, mentre il suo sangue scorrerà e coprirà i resti della carne tagliata. Le sue mani che lottano provocano solo altro, il resto seguirà nel caos e nella morte, mentre proseguiamo; ecco i chiodi nella sua bara ed una lancia nel suo cuore. "The ceremony has just begun. The blood runs warm down her sanctimonious tights. We carve another wound. Our blood stained hands rip her dirty little dress - La cerimonia è appena iniziata, il sangue scorre caldo sui suoi fianchi saccenti. Incidiamo un'altra ferita. Le nostre mani sporche di sangue strappano il suo piccolo sporco vestito." prosegue il testo, mentre sacrifichiamo una terra morente ed il suo dio bugiardo attende nudo, voglioso delle sue ferite aperte, e come un cane ben addestrato attende il suo turno. Le sue grida violente scuotono il Mondo, mentre scaviamo la sua fossa vuota; la madre della vita è morta e cancellata, dimenticata e sepolta in eterno. Ennesimo attacco alla vita insomma, in nome della satanica distruzione di tutto ciò che è opera di Dio; il modus operandi è assai familiare, ed i Nostri proseguono nella tradizione del black scandinavo senza cedimento alcuno.

Nail Them To The Cross
"Nail Them To The Cross - Inchiodali Alla Croce" è il primo singolo estratto dall'album, il quale aveva preceduto di diversi mesi la sua uscita; esso s'insinua con il suo fraseggio strisciate, accompagnato da cimbali e rullanti, con dei toni preparatori, violati dal grido disumano di Heljarmadr. Ecco di seguito una marcia militante, alternata con il movimento iniziale fino al cinquantasettesimo secondo: qui esplode il torrente della doppia cassa, rafforzato il loop ossessivo iniziale. Largo poi a falcate black unite alle grida demoniache in riverbero, regalandoci una corsa da tregenda; essa diventa ancora più aspra grazie a dissonanze e versi ritmati, mentre poi colpi duri di batteria accompagnano il vortice continuo. Si arriva così al ritornello con parti in growl e rullanti di pedale, arricchito da suoni distorti, e firmato da una ripresa del fraseggio iniziale; ancora una volta notiamo uno stile in qualche modo familiare, ma anche più minimale rispetto al passato. La ripresa viene affidata ad un attacco strisciate fatto di grida e chitarre dai muri altisonanti, la quale ancora una volta lascia posto al ritornello di poco prima: largo quindi ad esercizi ritmici di batteria uniti a caos sonori di chitarra, richiamando lo spirito black originario. Attacchi diretti d'intromettono nella struttura dirigendo il corso, mentre assoli squillanti e trionfali trovano posto tra parti parlate e cassa dritta; la furia si dipana con terremoti di chitarra e drumming, mentre il cantato diventa sempre più folle e veloce. Inevitabile il ritorno del ritornello portante, il quale chiude il pezzo, con una punta che ancora una volta riprende il fraseggio d'inizio pezzo; un episodio che ben rappresenta il disco, ma non il migliore, continuando una serie di brani finali ben fatti, ma mai davvero epocali. La strada è chiara, soprattutto ora che siamo prossimi alla conclusione, e la sensazione dell'autopilota è spesso presente; questo è l'elemento frenante di un songwriting altrimenti all'altezza, ma che sembra voler fare il minimo indispensabile, senza andare oltre. Il testo ci riporta ancora verso i temi dell'oppressione dei cristiani e di tutto ciò che è legato alla fede, nonché a ciò che è considerato essere il Bene; sorgiamo nella gloria, dalle fiamme e dalle tenebre, e i nostri occhi morti illuminano dove camminiamo. Un millennio oscuro di male e peccato si prepara mentre ammassiamo le arti oscure, e mentre la marea cambia con fiumi di veleno ed oceani di depravazione; venti di fuoco e tempeste dell'Apocalisse, per mano dell'antagonista, proclamano il regno di Satana. Distruggiamo la moralità ed innalziamo la Bestia, cacciamo i deboli e profaniamo tutto ciò che è sacro; li inchiodiamo alla croce, mentre le spine incideranno le loro carni. Gli angeli piangono, noi sradichiamo Dio dal suo trono, reclamando come nostro lo status di divinità. Bruciamo i loro templi di luce, bruciano assieme e le fiamme si ergono, mentre il vento ulula; riportiamo in auge l'arte blasfema dei sacrifici umani e chiediamo quanto segue: "Let them be heard, all the trumpets of glory. And let the sound of doom deafen their cries. For we shall strike as one with victory at hand. To conquer all, to reinstate the unholy. Rivers of poison, oceans of depravity. By the hands of the antagonist. Winds of fire, storm of the apocalypse. Proclaim the relentless return of Satan! - Che siano udite, tutte le trombe della gloria. E che il suono della rovina copra le loro grida. Poiché colpiremo uniti con la vittoria in pugno. Per conquistare tutto, per rimetter al potere ciò che è blasfemo. Fiumi di veleno, oceani di depravazione. Per mano dell'antagonista. Venti di fuoco, tempesta dell'apocalisse. Proclama il ritorno senza freno di Satana!", mentre poi i versi precedenti vengono ripetuti con enfasi in un ritornello malvagio ed ossessivo.

Where Shadows Forever Reign
"Where Shadows Forever Reign - Dove Le Ombre Regnano In Eterno" è il gran finale, non a caso la title track, presentato come da copione da un muro di chitarre malinconiche e gelide, supportate da piatti e doppia cassa; esso avanza con la sua melodia malinconica fino al trentasettesimo minuto, dove un fraseggio altisonante si unisce alle grida di Heljarmadr, creando un trittico oscuro dalla buona presa. Esso cresce d'intensità con gli attacchi in doppia cassa ed i riverberi, posizionandosi poi su un galoppo con toni aspri ed arie grandiose; esse crescono in un emotività epocale,s colpite dalla batteria, la quale poi esplode tra tremori notturni e grida sentite. Andiamo quindi ad adagiarci sul secondo minuto e due, dove fraseggi squillanti e rullanti si districano tra i piatti striscianti, creando una sequenza interrotta da un suono squillante; essa poi riprende con parti di growl, fino all'ennesimo stop. Riprendono di seguito le melodie portanti, insieme agli attacchi ritmici senza sosta e ai toni oscuri e maligni di Heljarmadr; le modalità sono quelle precedenti, con tanto di parti più dirette con giri epocali, così come anche nuove orchestrazioni dall'atmosfera frostbitten. Al quarto minuto e cinque l'intensità sale grazie ai colpi serrati di batteria, ma invece di esplodere, si passa ad una cesura con fraseggio greve e parti parlate, riprendendo un modus operandi già incontrato nel disco, dal sapore cinematografico; grida e rullanti proseguono, dandosi poi ad una mitragliata finale, severa ed evocativa, al quale va perdendosi in una dissolvenza nebbiosa. Termina così il brano, e anche il disco, ritorno sulla scena di un gruppo che ormai da quasi trent'anni non dà segni di voler cedere il passo; qui non ci offrono il loro episodio, ma nemmeno fanno gridare allo scandalo, facendoci pensare ad una prima immersioni in acque nuove, ma allo stesso tempo vecchie. Il testo ci accomiata con un ultima visione infernale dove fantasie oscure e dal sapore onirico ed antico si legano nella rappresentazione dell'accettazione dell'Inferno e della mortificazione della propria carne. Camminiamo nella notte mentre voci tormentose si aggirano nella nostra testa, torturandoci mentre entriamo nell'atrio di un regno antico freddo e dimenticato. Dominatori della notte magnifica, ci sacrifichiamo evocando colui che ha le corna, ed il fuoco, gettandoci nell'oscurità; apriamo le porte per l'altra parte, dove ogni cosa è antica, lasciamo il nostro corpo ed entriamo nel vuoto dove ogni ombra deve tornare. "Infernal beasts of Hell, gather around my hungering heart. Burn my flesh as you cleanse my soul. I shall forever ream in obscurity. Eternally doomed. Forever to yearn. Eternally doomed. Forever to burn - Bestie dell'Inferno, raccoglietevi intorno al mio cuore affamato. Bruciate la mia carne mentre purificate la mia anima. Mi aggirerò in eterno nell'oscurità. Dannato per sempre. Lamentandomi in eterno, Dannato per sempre. Destinato a bruciare in eterno." continua il testo, mentre poi si ripetono i versi precedenti; nel finale siamo destinati a camminare nella notte come avversari della luce, mentre l'oscurità eterna prevale nel nostro cuore.

Conclusioni
Tirando le somme, un nuovo inizio che non fa gridare allo scandalo, ma nemmeno al miracolo, ed un po' delude dopo ben sette anni di attesa; il tutto è suonato con competenza e senza sbavature, e la produzione offre una resa audio sicuramente moderna, ma con tale tempo a disposizione era lecito aspettarsi una maggiore varietà a livello di soluzioni adottate ed una maggiore presenza di momenti memorabili. Non abbiamo quelle esplosioni grandiose (quasi orchestrali) di melodia che hanno fatto la fortuna dei migliori lavori con Caligula, e nemmeno quel muro di chitarra e batteria che tanto infastidiva coloro che disprezzano il così detto "norsecore", ma che allo stesso tempo ha caratterizzato il suono della band diventandone marchio di fabbrica. Ma non si può nemmeno parlare di un ritorno vero e proprio a quel black iniziale più "atmosferico" e legato alla lezione norvegese; in realtà, un ascolto attento mostra un modus operandi sempre legato alla strada più commerciale intrapresa ormai anni or sono, ma ridotta ai minimi termini con un songwriting più minimale ed essenziale, elemento questo già riscontrato prima dell'uscita del lavoro stesso con il singolo apri pista "Nail Them To The Cross". Pochi elementi basilari, spesso ripetuti sia all'interno dei brani, sia tra di loro; qualcuno potrebbe argomentare che questa è l'essenza del vero black scandinavo, ma bisogna tener conto di molte cose, non ultimo il fatto che qui siamo lontani da qualsiasi contesto raw o necro, dove una produzione "punk" e lo-fi sarebbe stata decisamente congruente con tale scelta. La verità è che spesso sembra che i Nostri, o meglio l'artefice Lord Ahriman, si siano voluti trattenere per raggiungere una maggiore maturità, con il problema però che i Dark Funeral in realtà danno il loro meglio proprio quando si lasciano andare anche musicalmente alla loro natura sopra le righe, sia negli attacchi, sia nelle melodie portate quasi a livelli melodrammatici. Qui invece tutto è controllato, tenuto a freno, seguendo un percorso prestabilito che vede solo alcune punte d'intensità davvero sentita. Oggettivamente non si può parlare di fallimento od insufficienza, l'abilità nel suono è comunque sempre dalla parte loro, il nuovo cantante è decisamente adatto ed in alcuni momenti anche superiore all'ultimo periodo di quello precedente, ed i pezzi non fanno certo orrore; ed inoltre, come primo passo per un ritorno, il lavoro funziona mostrando una ripresa di confidenza e la volontà di ripartire. Ma di certo siamo più in direzione di un lavoro "mediocre" come "Attera Totus Sanctus" piuttosto che orientati verso capolavori come il debutto e "Diabolis Interium". In ogni caso il pubblico e critica stanno ben ricevendo il lavoro ed i live annessi, sancendo una rinascita ed un nuovo inizio per gli svedesi; vedremo gli sviluppi futuri, e se riusciranno a rimpolpare questa nuova ossatura, raggiungendo risultati che vadano aldilà della promozione non a pieni voti. La porta per l'inferno si è riaperta, ed il funerale oscuro prosegue nella sua eterna marcia.

2) As One We Shall Conquer
3) Beast Above Man
4) As I Ascend
5) Temple Of Ahriman
6) The Eternal Eclipse
7) To Carve Another Wound
8) Nail Them To The Cross
9) Where Shadows Forever Reign


