CORONER
Coroner
1995 - Noise Records
ANDREA MARTELLA
17/07/2018
Introduzione recensione
La proverbiale, nonché lungimirante ispirazione del nostro funzionario pubblico, ad onor del vero ingabbiata dalle alte sfere per manifesta superiorità, dopo lo splendido ma incompreso Grin sembrava aver cessato la sua indottrinante attività. Tuttavia nel 1995, a distanza di due anni, le potenzialità riscontrabili nell'insieme di lavori svolti dal summenzionato, riescono a spezzare quelle ignoranti catene in grado di immobilizzare un'arte suprema, manifestandosi nuovamente con novità di assoluto valore. Nel frattempo, con sufficienza, il mondo continuava ad accogliere prodotti controversi, quest'ultimi frutto di un decennio, gli anni 90', pieno di cambiamenti non sempre di felice risoluzione. Difatti, nella terra dello "zio Sam", un esempio lampante è supportato da "Stomp 442" dei newyorkesi Anthrax. i quali, dopo l'uscita del cantante Joey Belladonna e la successiva entrata in scena di John Bush, consegnano un prodotto oltremodo confuso e commerciale, questo ben lontano da ciò che li ha resi fondamentali per il movimento thrash e solo da menzionare per la presenza, come ospite in alcune tracce, dell'immenso Darrel Lance Abbott, ovvero Dimebag Darrell. Diverso è il discorso per i vicini canadesi Voivod, dacché nonostante la dipartita del bassista e co-fondatore Jean Yves Thériault e del cantante Denis Bélanger, con il nuovo supporto di Eric Forrest nelle vesti di cantante e bassista esplodono la propria energia con "Negatron", un album da considerarsi come la rinascita della fenice dalle proprie ceneri. Con un leggero balzo a ritroso nel tempo, ovvero nel 1994, anche gli Slayer direttamente da Los Angels, seppur non raggiungendo i quattro precedenti capolavori assoluti quali "Hell Awaits", "Reign In Blood", "South Of Heaven" e "Seasons In The Abyss", con "Divine Intervention" continuano quel personale percorso senza compromessi e tutto ciò, nonostante l'avvicendamento dietro le pelli tra l'insostituibile Dave Lombardo e l'altrettanto valido, soprattutto per l'utilizzo del doppio pedale, Paul Bostaph. In Europa invece, escludendo i protagonisti di tutta l'intera saga, dalla terra della splendida foresta nera i Kreator rilasciano "Cause For Conflict". La band proveniente da Essen, purtroppo, viene colpita dalla stessa "malattia" dei colleghi citati in apertura, infatti attraverso melodie più groove e industrial, viene posta, eccessivamente, in primo piano la sessione ritmica e specialmente il basso di Christian Giesler, eliminando quasi totalmente i taglienti e poderosi assolo. Per quanto riguarda i connazionali Sodom e la creatura "Masquerade In Blood", le argomentazioni da affrontare sono inevitabilmente di diversa natura. La band dei mancati minatori di Gelsenkirchen, oltre ad aver sempre subito continui cambi di line up, ha sempre convissuto con la dipendenza dall'alcool e l'ennesimo avvicendamento tra il chitarrista Andy Brings e Dirk "Strahli" Strahlmeier, ha contribuito al mezzo fallimento dell'album. Fortunatamente, tornati nella terra confederata, l'estro del funzionario pubblico si ripresenta nuovamente e seppur non consegni ai fausti fruitori di note un album a tutti gli effetti, con la compilation Coroner (Funzionario Pubblico) e come se ci facesse assaporare, in virtù delle plurime tracce vergini, il gusto di un rapporto completo. La copertina del formato rivoluzionario, ovvero il CD, presenta, su tonalità blu elettrico e nere, i tre cavalieri rossocrociati con in primo piano l'effetto velocizzato del viso del filoso Marky, così a rimarcare il concetto per cui il tempo, imperterrito nel suo incedere, non condannerà mai l'esistenza di un gruppo cardine. Alle sue spalle, grazie all'effetto appena citato e in evidenza, il penetrante sguardo del custode delle nostre anime Royce con l'alfiere delle sei corde Baron tangente il nome della band, mentre più in basso, il classico logo del portentoso trio sempre ad opera di Mischa Good. Anche il retro del magico confetto riprende il tema frontale, dacché, sempre attraverso un'imperiosa posa, veniamo invasi dai marcati sguardi dell'intero combo e all'interno, su un profondo ed oscuro nero, potremo ammirare l'avviluppante diramarsi di un rovo oltremodo spinato. Per quanto riguarda la musica, considerando le sette nuove gemme, ci troviamo al cospetto di un grande prodotto il quale, a ragion veduta, continua il discorso concluso con Grin, difatti le atmosfere presenti nel precedente, qui vengono oltremodo sottolineate rendendo il tutto ancor più raffinato. Un'immensa peculiarità evidente nell'opera in questione, quest'ultima scritta interamente dall'insieme delle tre menti e sottolineata dalle liriche di Marky, è riscontrabile nella presenza di molti ospiti dal valore assoluto, purtroppo senza una vera e propria storia da cui attingere e dall'inusuale scelta di avvicendare dietro le pelli, il signore del tempo Marquis in favore del mirabile Peter Haas e tutto ciò, escludendo le tracce non musicali composte da una manciata di secondi, in tre dei cinque nuovi componimenti. Ovviamente i grandi classici utilizzati per completare il mosaico, posti per rivivere le emozionanti cavalcate passate, arricchiscono un lavoro che avrebbe comunque brillato di luce propria, grazie alle stelle posizionate con gusto nel firmamento. Sempre prodotto dall'onnipresente Noise Record...che il viaggio ricominci.
Benways World
Quella che, a tutti gli effetti, si presenta come la sesta (mini) creatura proposta dai cavalieri confederati, apre i suoi battenti con Benways World, ovvero un insieme confuso di parole, alcune della quali, registrate al contrario, scandite da un effetto molto simile al battito cardiaco e della durata di pochi secondi. In realtà tutto potrebbe essere parte dello stesso dipinto, dacché, in un primo momento, i versi pronunciati con accento minaccioso da ignoti figuranti, colorano con tonalità molto scure la tela poggiata sul nerboruto cavalletto, mentre, in un secondo, le appena citate oscure colorazioni, chiarificando la propria anima, è come se riportassero in vita lo stesso funzionario pubblico dopo il malcelato tentativo di porre fine al suo soffio vitale. Ma si sa...la quiete, spesso, preannuncia la tempesta.
The Favorite Game
La summenzionata attività metereologica, pregna dei crismi richiesti, si abbatte subito con vigore assoluto in questa seconda nuova nascita. Difatti le linee prog thrash disegnate dalla portentosa chitarra del barone Vetterli e dalle improvvise interruzioni accentate da effetti turbinosi, si adoperano, in simbiosi con l'altrettanta preparazione di Royce, a rendere ancor più lampante il concetto espresso dalle vie battute dal primo ospite, ovvero il connazionale e preparatissimo Peter Haas. Gli altrettanti inserimenti bellicosi in sottofondo, memorie riconducibili all'introduzione di Nosferatu, ci aiutano a capire come le guerre, oltremodo persistenti nella storia del nostro globo, siano malauguratamente divenute The Favorite Game (Il Gioco Preferito) messo in atto dai luridi personaggi signori del mondo. Quando negli articolati condotti arteriosi sembrerebbe aver preso il comando l'incalzante dinamica descritta in apertura, un nuovo flusso invade il nostro corpo con elegante sfrontatezza e sempre su concetti progressivamente esposti, con disarmante metodologia, il componimento promuove la sua carica. Su questi oscuri selciati, ad onor del vero pieni di sfumature marziali, il nostro messaggero dal violaceo mantello Ron riporta l'altrui pensiero e purtroppo, questo disegna uno scenario di devastazione non solo morale. Infatti le esplosioni, paragonate ad artificiali intrattenimenti, rivelando la propria nefasta natura attraverso le carcasse giacenti al suolo, colorano con gradazioni corvine il paesaggio circostante. Stretti nella morsa, dopo un veloce passaggio dilatato nel tempo, la sciagurata situazione si traduce nell'ennesima fotografia e quest'ultima, attraverso l'ormai desolante sfondo composto da cumuli di rottami, ci fa capire come la "ragione" sia ormai una dote andata in frantumi. Il momento successivo, molto simile ad un limbo ed assolutamente ipnotico nel suo incedere, attraverso l'utilizzo di poche note, poste come un tappetto utile per adagiare lo sproloquio fuori campo, ci introduce ai dettami appena lasciati. Sopra la retta via le conclusioni possono facilmente trovar spazio, poiché l'essere umano, servo del devastante "gioco" e invaso da dolorosi pensieri, comprenderà la propria statica inutilità. A questo punto il glaciale portavoce, riportando il personale pensiero del dotato filosofo, sottolinea come sia risultato inutile donare amore e fiducia al prossimo, dacché la vista delle innumerevoli stelle nel maestoso firmamento, purtroppo somiglianti ad incandescenti anime cadute per l'altrui vergogna, lasceranno profonde cicatrici sul triste volto degli angeli. Il ritornello che segue l'angosciante evoluzione degli eventi, sempre sulle preziose ed ipnotiche sequenze simili ad un limbo, nonostante le poche parole utilizzate risulta lampante nel suo contenuto, infatti, l'autore, spinto dalla sconvolgente situazione si interroga sul concetto di appartenenza, perché consapevole d'essere il prolungamento di una radice "diversa". Come spesso accade e con immensa gratitudine, il solitario spazio dell'alfiere delle sei corde si presenta per sollevare le nostre anime e Baron, qui, ci lascia semplicemente esterrefatti. Tutto inizia con grande classe e velocità nel tipico thrash style, in un secondo momento l'unione di stoffe d'altissimo retaggio ci trasporta all'interno del neoclassico mondo da Lui prediletto, ovvero quell'insieme di scale drappeggianti componenti la meraviglia musicale. Tornati sui selciati conosciuti in apertura, vengono ripresi i pensieri finali del nostro filosofo e dopo un'ultima interrogazione, evidenziata attraverso il ritornello, sopra un'incessante doppia cassa tutto cessa e forse...anche la speranza.
Shifter
Accolti da dissonanti intersezioni progressivamente accentate, quest'ultime risultanti il frutto della genialità del barone, veniamo condotti nell'intricato sviluppo tutto in controtempo del terzo immacolato componimento denominato Shifter (Colui che cambia) ed anche qui, coadiuvate dalla valente opera del battitore di pelli Haas. Le appena menzionate trame, efficaci per tradurre in musica il tema portante della traccia, ci consegnano la prepotente apertura del messaggero dal violaceo mantello Royce, ovviamente, sempre abilissimo ed altrettanto creativo nell'accompagnare musicalmente il menestrello ed in questa opera, coadiuvato dal supporto vocale dell'ospite Lui Cubello. Prendendo spunto dal film documentario del 1982 "The Killing of America" a cura di Sheldon Renan e Leonard Schrader, l'intricata riflessione del pensatore Marky, considerati i temi su criminalità, mafia, complotti e con le interviste a Manson, Gacy e Bundy, è proiettata tra i labirinti umorali di un serial killer. Subito la scena non lascia spazio a fraintendimenti, dacché, faccia a faccia con la prossima vittima, presenta l'ignobile forma adescatrice ed apparentemente innocente adottata dallo squilibrato, tant'è che la semplice offerta di un passaggio nell'encefalo malato, si trasforma immediatamente nel nuovo gioco dall'esito scontato. Le successive parole, sempre ben personificate dall'ambasciatore, sottolineano la perversione psicologica adoperata dalla malvagia presenza, poiché la costanza utilizzata nel far sentire a suo agio l'ignaro offerente, è in grado di rendere ancor più palese la lucida follia dell'oppressore. Sulle seguenti dinamiche miscelate con fittizia distensione dal trio, il ritornello propone la presa di coscienza da parte dello sciagurato, difatti, ormai succube del terribile divertimento, comincia la sua supplica. Ripiombati sulle brutali cadenze iniziali, ad onor del vero tanto venefiche quanto salubri, il nostro portavoce non cessa nel proferir l'infausto pensiero ed evidenziando come la scelta sacrificale sia del tutto casuale, consegna, quasi con sapiente eleganza, l'unica grande certezza, ovvero l'assoluta convinzione riguardante la presenza di numerose menti, tutte intorno a noi, votate al massacro. E' qui che il summenzionato ospite regala la sua essenza in un vorticoso ensamble col messaggero, infatti la parentesi che ci accompagna nuovamente al ritornello, posta quasi come fosse un attimo di lucida ripresa psichica da parte del violento figuro, racconta la disperazione di un cervello ormai prossimo al collasso. L'insieme dei pensamenti creati dal filosofo Marky, ancora una volta oltre ogni limite umano, adagiando in sottofondo il continuo ripetersi del ritornello fino al termine dell'elaborato processo, si mostrano incisivi per il duplice incanto di seguito forgiato. Affinché tutto possa risultare ben disposto, il magnifico solitario spazio modellato dalle stoffe senza prezzo del pizzicatore Vetterli, palesandosi con figure trascinanti di elevata fattura prog rock, si addizionano al tragico dialogo poggiato sopra di esso e quest'ultimo, rivelando il dramma di una madre al telefono con il figlio appena stanato dalla polizia, chiude i battenti apportando l'ultimo tassello in grado di porgere l'inarrivabile lavorato artigianale.
Serpent Moves
Il nuovo corso intrapreso dai cavalieri confederati con l'ultimo lavoro Grin, risulta la logica conseguenza dovuta ai plurimi sviluppi, evolutivi ed involutivi, descritti con lungimirante cognizione di causa dal trio elvetico nel corso della propria storia. Difatti il componimento che andremo ad analizzare, oltremodo significativo nella sua sostanza e primo elemento scelto dal recente passato, evidenzia il necessario cambiamento richiesto da un corpo logorato dagli eventi, seppur, nel contempo, metta in risalto una capacità di pensiero straordinariamente indottrinante per le innumerevoli vicissitudini affrontate. Ed è proprio attraverso il suo ammaliante incedere, quest'ultimo tradotto con dovizia di particolari dalla classe del binomio Marky-Royce, che Serpent Moves (Mosse di Serpente) si presenta con tutto il suo fascino e le incantevoli sequenze progressive arpeggiate dal barone Vetterli, definiscono l'immaginifico scenario con fare post prog thrash. Sopra questa sinuosa introduzione, per certi versi ipnotica, l'illuminazione del portavoce dalle scarlatte vesti Ron, manifestandosi in forma radiofonica, attraverso una verosimile radiocronaca descrive la mutazione fisica tanto desiderata dal consapevole primattore e questa, assistita dall'inconfondibile portamento di un ofide. La continuativa riproposizione dello splendido scenario appena citato, in virtù delle successive sequenze sempre prog thrash sottolineate dalle pizzicate arpeggiate dal barone, sul finire riconsegna ai trepidanti fruitori di note la fredda voce dell'ambasciatore. Ritrovata l'impellente esigenza tutto diviene fatale, dacché il nostro protagonista viene letteralmente invaso dall'estrema esigenza di un nuovo equilibrio psico-fisico e per razionale conseguenza, di abbandonare per sempre l'ormai vecchia e consumata epidermide. Assorto ed in contemplazione per il selenico rinnovamento, il rigenerato continua la propria rivoluzione e nonostante il percorso non sia stato di facile esecuzione, grazie agli stilemi vocali utilizzati in apertura, con i medesimi risultati assolutamente incisivi viene rimarcata la definitiva mutazione. Ad onor del vero i passaggi appena menzionati potremmo immaginarli come ritornelli e per questo motivo doniamo a voi l'ardua sentenza. Tornati immediatamente su dettami musicali più comuni al ciclo evolutivo proposto, la riconoscibile timbrica dell'ambasciatore viene scelta per portare a compimento la debilitante attività. Dimenticato il corpo del peccato, il nostro rinvigorito, in solitudine, può così abbandonarsi alle nuove pelli, poiché solo con le proprie forze si può cambiare e di conseguenza migliorare. Come un cantico creato per rendere omaggio alle innumerevoli qualità dell'uomo, il solitario spazio del menestrello Baron ripresenta le sue doti. Ciò che segue prende spunto dalle lapalissiane capacità del pizzicatore il quale, utilizzando trame hard n'heavy d'alta scuola, chiude il suo momento con sublimi drappi fin d'ora celati e adesso finalmente, progressivamente riproposti in chiave melodica. La veloce riproposizione delle argomentazioni iniziali, al pari di una sintesi, ripresentano le intime dinamiche prog thrash iniziali e queste, riportando alla luce le palesi volontà del rinato, si associano con spiccata sagacia alle voci fuoricampo summenzionate. Come fossero conclusioni annunciate, infine, grazie al passaggio appena menzionato, con l'avanzare rallentato di un vecchio LP concludono il loro percorso.
Snow Cristal
Quando il solo utilizzo del "triangolo", quest'ultimo accompagnato da una gelida sensazione, bussa alla porta del nostro inconscio, i pochissimi secondi di limpida purezza che ci invadono annullano le nostre volontà. Proprio come fossimo in grado di vedere il rallentato posarsi di un leggero Snow Cristal (Cristallo di Neve), si ha la certezza che il mondo cessi per un interminabile attimo le sue vitali funzioni. Questo ponte splendidamente creato con tanta semplicità dal genio sregolato dei tre cavalieri confederati, si traduce nell'ennesima invenzione di quello che è sempre stato un lungimirante progetto sempre capace di innovazioni e con la stessa gentilezza utilizzata nel suo trasparire, come detto in apertura, dopo un battito di ciglia il motore del globo riprende a girare.
Divine Step (Conspectu Mortis)
Il suggestivo sfondo che ci accoglie ad inizio opera, acuta ricerca del pensatore Marky e presente nel penultimo capolavoro Mental Vortex, rende tangibile il difficile momento che, all'interno di una sala operatoria, dottoressa ed assistente stanno vivendo nel tentativo di salvare il malcapitato protagonista dalla morte. Nonostante la grande dedizione, in Divine Step (Conspectu Mortis) involontariamente si erge a protagonista la macchina per il monitoraggio intraoperatorio e quest'ultima, rivelandosi in forma assai dolorosa, consiglia le due menti mediche verso un ultimo sforzo. Tuttavia il suono allarmante della defribillante scelta finale, manifestatosi per evidenziare l'ultima corsa, accompagna, tra lo sconforto generale, l'esalazione terminale dello sciagurato. A rendere ancor più chiaro il passaggio appena concluso, su dinamiche assolutamente thrash, l'incontro da parte dei felici fruitori di note con le notevoli capacità del battitore di pelli Marky e del pizzicatore Baron, così a suggellare il catartico momento vissuto dal primattore. Sopra le dinamiche da poco citate, veloci e potenti nel loro procedere, la furente voce dell'ambasciatore dal violaceo mantello, tratteggiando il Divine Step (Conspectu Mortis), ovvero, il Passo Divino (Prima della Morte), si presenta per trasporre l'intenso pensiero dell'istruito autore. In attesa del definitivo trapasso, ormai esanime nell'infelice talamo, lo sventurato ascolta l'insegnamento posto in essere dalle parole dell'integerrimo portavoce, il quale, dopo un breve riepilogo delle sue ultime azioni, sottolineando l'ultimo battito cardiaco assiste alla fine della mortale esistenza. La spaventosa forza indottrinante dell'ambasciata continua, poiché il precedente istante marcato come il primo passo verso la liberazione celestiale, disintegra le residue difese del poveretto consegnandolo nel baratro. A questo punto, sommerso dalla disperazione e assorto nella preghiera, il disperato primattore viene oltremodo affossato dal verbo espresso dal purpureo mantello, dacché, sempre su selciati di definizione old school, l'esigenza di un'espiazione, oltremodo tardiva, risulta del tutto inefficace nella terra dei morti. In completa depressione e privo di ogni minima difesa, lo sfortunato protagonista è ormai prossimo all'illuminazione per eccellenza, ovvero il definitivo abbandono dell'anima dal suo corpo, affinché possa trovare l'eterna salvezza. Quest'ultima rivelazione, assai difficoltosa, ci consegna al chimerico ritornello e grazie alle precise doppie battute coordinate dal signore del tempo con metodiche rigorosamente thrash, sulle importanti trame del menestrello Vetterli, il portavoce Royce, riportando il pensiero del filosofo, si interroga sul reale significato del verbo "peccare" e come se non bastasse, sull'effettiva esistenza del divino. L'incorruttibile messaggero, rivolgendosi al figurante ormai privo di una seconda possibilità, accentando l'autenticità dell'attimo vissuto, lo incita al definitivo passaggio temporale e quest'ultimo, riproposto il ritornello, completamente privo di forze mentali si domanda, considerato il suo vissuto, se verrà accolto dalla pace eterna oppure da una condanna senza fine. Inconscio su ciò che potrà succedere e su dinamiche più raccolte, un celestiale passaggio floydiano, risultato della strabiliante preparazione del barone, dipinge l'attimo della transizione per pochi istanti, dacché le dissonanti intelaiature precedentemente ascoltate, riproposte con massima accuratezza, ci consegnano al solitario spazio tanto atteso. A render memoriale il frangente appena incontrato, fortunatamente consapevoli della pura classe cristallina del nostro alfiere, si palesa un veloce assolo colmo di intersezioni cervellotiche che, sul finire, lasciano spazio a momenti più riflessivi e tutto questo, su dettami prettamente old school. Riassegnati ai principi musicali e verbali incontrati in apertura, il componimento termina la sua furibonda corsa e nonostante non venga svelata la destinazione finale tanto attesa dal nostro malaugurato, tutto volge al termine con l'unica lapalissiana certezza, ovvero, prima o poi tutto finisce...con la morte.
Gliding Above While Being Below
L'apertura dettata dalla nuova linfa estratta dalle cortecce cerebrali dei cavalieri confederati, in questo fresco quinto esempio da definirsi strumentale, proietta immediatamente il nostro spirito al di là della realtà, poiché i seducenti drappi elegantemente tramati dal barone, uniti da un suggestionante filo conduttore, poggiati sulle intense tonalità espresse dal custode delle nostre anime Royce e dal ritrovato signore del tempo Marquis, ci consegnano ragionevolmente la suprema conoscenza. Per rendere ancor più armonioso il profondo avvenimento metafisico, incontriamo gli altrettanti elasticizzati inserimenti ricamati dalla gentile mano sintetizzata dell'ospite Angela Giger, quest'ultima in grado di sigillare, non solo metaforicamente, l'unione di tutti gli elementi proposti. Assorti nel viaggio, il successivo dialogo inserito con cura ci permette di comprendere ciò che si cela dietro il significato di Gliding Above While Being Below (Scivolare Sopra Mentre Ci Si Trova Sotto). Estrapolato direttamente dal film horror del 1980 "Altered States" di Ken Russell, racconta le vicissitudini dello dottor Edward Jessup, il quale, specializzato in psicologia anormale, lavora ad un esperimento che potrebbe svelare i misteri dell'evoluzione umana. Costui, attraverso l'assunzione di sostanze allucinogene derivanti dal fungo "amanita muscaria" ed immerso in una vasca da isolamento sensoriale opportunamente riempita da speciali soluzioni chimiche, affronta veri e propri "stati di alterazione" in grado di materializzare le fasi della vita dell'uomo. Ad onor del vero basterebbe questo per spigare il significato del componimento, tuttavia le splendide parole collocate in apertura, riassumendo il messaggio, raccontando di una profonda calma acquisita seguita dalla suprema sensazione d'essere toccati dal Supremo, rendono oltremodo chiaro il pensiero del nostro filosofo. Ciò che segue, per la gioia di tutti i fruitori di note, diviene semplicemente folgorante, dacché il solitario momento innalzato dall'alfiere delle sei corde Baron, costruito quasi fino al cessare del tutto, trasporta ogni singolo frammento del nostro essere fisico e spirituale nell'estasi assoluta. Accompagnato dal sublime lavoro del duo Marquis-Royce e dalle congas dell'altrettanto valido ospite Val, l'alfiere, con tocchi felpati fusion rock, disegna un percorso verso stadi psico-fisici apparentemente sconosciuti. Irradiati dal potere della musica e per nulla consci degli accadimenti futuri, la magnificenza continua sempre sulle fluenti e gentili note sussurrate dallo strumento del barone e in simbiosi con l'emotività divulgata dai lungimiranti artisti, l'esplorazione introspettiva raggiunge profondità abissali. L'insieme scaturisce spontaneamente come fosse un'opera scritta direttamente dalle mani della "conoscenza" ed è grazie a queste irraggiungibili emozioni, difficilmente eguagliabili, che si ha la sensazione d'aver passato in rassegna l'intera esistenza. L'apporto metodico dei due ospiti, sul finire, chiude ermeticamente un processo al di sopra di ogni cosa, poiché l'utilizzo delle congas e del sintetizzatore, con logica sequenza, ci consegna sapori di primitiva fattura e molto probabilmente, perché il mondo avrebbe bisogno di tornare alla sua genesi.
Der Mussolini
La traccia che andremo ad analizzare, appartenente ad una corrente molto particolare, ci permette di compiere un salto a ritroso nel tempo e di spostarci nella vicina Germania. Siamo sul finire degli anni 70' a Düsseldorf e piu' precisamente, nel 78', per volere del pianista e batterista Robert Goerl e del cantante spagnolo Gabriel "Gabi" Delgado-Lopez, quest'ultimo con un passato fortemente punk, nascono i DAF (Deutsch-Amerikanische Freundschaft - Amicizia Tedesco-Americana). Ovviamente la scelta del nome si basava sulla Deutsch-Sowjetische Freundschaff (Amicizia Tedesco-Sovietica), un'organizzazione della RDT (Repubblica Democratica Tedesca), tuttavia la sigla richiamava alla RAF (Rote Armee Franktion), gruppo terroristico di estrema sinistra, successivo alla seconda guerra mondiale e formatosi nel 1970. Considerati come i fondatori dell'Electronic Body Music (Musica Eletrronica Per Il Corpo), un derivato della Neue Deutsche Welle (Nuova Ondata Tedesca), sono gli autori di Der Mussolini (Il Mussolini). Il testo del componimento, esempio per allontanarli da chi li ha accostati al neo-nazismo, risulta, con molta vena ironica, quasi come un mantra dissacrante e i nostri amati cavalieri confederati, ne mantengono l'efficacia. Anche la musica non viene stravolta nel suo incedere, difatti se l'originale si basava sull'utilizzo della batteria e del sintetizzatore, quest'ultimo incisivo nel proporre la base portante del brano, i nostri sostituiscono l'elemento appena citato con l'altrettanta valenza della chitarra di Baron e del basso di Royce, mantenendo, ovviamente, la batteria grazie al signore del tempo Marquis ed accelerando i battiti per minuto. Effettivamente si riesce a percepire la stessa pungente risolutezza dell'originale, dacché la chitarra, protagonista alla stessa stregua del sintetizzatore, è in grado di far rivivere le stesse sensazioni, qui, divenute quasi electro rock al sapore di Rammstein. In realtà, escludendo i presunti aspetti socio-politici menzionati in apertura, il brano vive sopra un solo registro musicale ripetuto fino alla sua chiusura, eccezion fatta per una veloce dilatazione "riflessiva" posta, molto probabilmente, per spezzare quel pizzico di monotonia che la stessa potrebbe suscitare. Le parole utilizzate e splendidamente accentate dalla filtrata timbrica dell'ambasciatore Ron, oltremodo irriverenti nella loro semplicità, si ripetono infinitamente al solo desiderio di vedere il fruitore di note muovere i suoi arti, affinché possa ballare prima il Mussolini, poi l'Hitler, dopo ancora il Gesù ed infine il comunismo
Last Entertainment
Le diverse scene del crimine affrontate dal preparatissimo funzionario pubblico, ovviamente sempre di non facile risoluzione, oltre ad aver toccato argomentazioni delicate, sono state in grado di smontare certezze prima d'ora indistruttibili. Con la splendida regia dell'amato filosofo Marky, dal grande esempio No More Color, entriamo nei meandri manipolatori propri di quell'oggetto tanto controverso chiamato TV. Indubbiamente stiamo parlando di uno strumento controllore, oltremodo capace di lobotomizzare le spropositate quantità di deboli menti, queste così poco attente nel cogliere i reali significati di un prodotto molte volte traditore, attraverso Last Entertainment (Ultimo Divertimento). Difatti, questa volta, il riflettore dell'accusa è rivolto verso una serie televisiva americana in onda sul canale Fox dal nome "Cops". L'appena citato programma, vestito da docu-reality ed ideato da John Langley, segue gli agenti di polizia durante le disparate attività giornaliere, permettendo, a ragion veduta, lo sfogo del pensatore confederato. Il componimento, scritto direttamente tra le mura dello studio di registrazione, si carica di autenticità in virtù di una componente molto lungimirante, ovvero l'oscura forma recitativa adottata dal messaggero infernale Ron, quest'ultima capace di tenere in scacco gli ascoltatori al pari di un'edizione straordinaria da prima serata. In questa occasione viene accantonato il classico fraseggio tanto caro ai nostri, poiché le trame splendidamente ricamate dal tenebroso apporto delle tastiere di Rispin, in simbiosi con la creativa arte del duo Royce-Vetterli e del signore del tempo Marquis, riescono ad inchiodare gli arti dei fortunati fruitori di note, grazie alle sontuose abilità nel tradurre in musica i diversi stati d'animo descritti dalle funzionali parole dell'autore. Dopo un primo momento cadenzato a dovere dall'investigativo Rispin, l'ambasciatore dal il via alla condanna verso il senso di malaffare espresso dal programma, dacché incurante dei reali obbrobri commessi dai signori del Paese, bensì solo attento a concentrare la sua futile ira tra la povertà più conclamata. Il pensiero, inoltre, coinvolge anche i dipartimenti accondiscendenti al format, difatti i gendarmi, paragonati alle piu' scarse ombre cinesi, rendendosi colpevoli dei malsani costi per supportare l'infamia, evidenziano ancor di più il vuoto culturale di una nazione incapace di gridare il proprio sdegno. Immersi nello sconforto, con signorili metodiche l'alfiere pizzicatore risolleva in parte il nostro umore e donando sfumature più accese al contesto, in compagnia del portavoce, coinvolgendo gli stessi spettatori si scaglia contro la totale mancanza di rispetto verso i basilari diritti umani, poiché conniventi di uno squallido sistema. Tra le braccia della disperazione, leggere battute doom metal ossigenano gli spazi intorno a noi e la funesta sensazione cara all'alfiere Vetterli si manifesta nuovamente. Il ripresentarsi delle aree angoscianti precedentemente incontrate, diviene la più semplice testimonianza di ciò che potrebbe accadere, ossia la temibile regressione strutturale di un sistema sociale prossimo al collasso. Preoccupati per l'incertezza creata dalla strafottenza e sopra un selciato kafkiano ben costruito da Rispin, il messaggero porta a termine il suo disegno e sottolineando il grande pericolo creato dalla noia, il deprecabile sipario si abbassa con fare inquietante.
Reborn Through Hate
Direttamente dal clamoroso esordio, ovvero R.I.P., a continuare il mosaico incontriamo il monumentale riff di Reborn Through Hate (Rinato Nell'Odio). Difatti, in virtù delle neoclassiche dinamiche proposte dall'alfiere delle sei corde Baron e dalla lungimirante, nonché immensa abilità del custode delle nostre anime Royce nel seguire il fidato cavaliere, il vortice emozionale accorso per elevare il nostro essere si fa strada senza ostacoli e a completare un insieme di cervelli di rara bellezza, le potenti vie battute dalle splendide caratteristiche del signore del tempo Marquis. Ed è proprio con questa prima testimonianza, come detto all'inizio di questa grandissima avventura, che le chiavi forgiate nell'antica Turicum (Zurigo), aprendo la roccaforte al mondo, trovarono finalmente il loro scopo. I successivi due accenti promossi dal bronzo metallo luccicante, presentano con cura la fredda e filtrata timbrica del messaggero dal violaceo mantello Ron e quest'ultima, come giungesse direttamente dall'inferno dantesco comincia la sua opera. La diabolica missiva citata dal portavoce del nostro amato filosofo non lascia spazio alle incomprensioni, poiché l'eterna prevaricazione per mano dei prepotenti governatori del mondo, seppur dilazionata nel tempo, prima o poi coinvolgerà tutte le anime pure. Con sentimenti ostili nel cuore e su selciati ricollegabili al technical thrash, questi sin dagli albori promossi per primi dal combo, risulta traumatizzante immaginare come, solo per diletto, la morte possa giungere all'improvviso come fosse decisa a tavolino. La favella espressa dall'ambasciatore, simile all'inquietante cronaca propria dell'ultimo miglio, evidenzia tutto il dissenso per ciò che diviene usufruibile al solo scopo goliardico e le stesse sventurate anime scelte per percorrere l'ultima via, riaccesa la fiamma del riscatto, consegnano ai fruitori di note un ritornello pieno d'odio e di rivalsa. Grazie ad una ritrovata convinzione morale, logica conseguenza per i troppi soprusi, il saliscendi che incrociamo successivamente ci porta per mano al solitario spazio dell'alfiere delle corde Vetterli. Questo momento assoluto, diviso in due episodi, è come se riassumesse le volontà dei protagonisti dell'opera, infatti oltre a fungere da avvisaglia per i soggetti peccatori, quest'ultimi allertati dalla sfrontatezza del maestro, trasporta i fortunati uditori nell'insieme meraviglioso insito tra le immense potenzialità del barone. Lo stile imposto dai cavalieri erranti continua e dopo un veloce passaggio riconducibile ai dettami iniziali, come forgiati dal tempo, iniziano la scalata verso l'infinito, ovvero verso un luogo prima d'ora celato ai mortali simile ad una parentesi tra la vita e la morte. Lo spazio appena creato dall'arte musicale del trio, capace di porre fine ad un ipotetico primo atto, ridistribuisce, successivamente, le stesse certezze precedentemente ascoltate dalla meticolosa voce del fidato portavoce e quando tutto sembrerebbe portare alla dissoluzione del male, il componimento balza a ritroso nel tempo per continuare il suo anatema. Purtroppo, nelle parole e nella musica, tutto si ripresenta con la stessa efficacia distruttiva e molto probabilmente, al solo scopo di renderci consapevoli che il lurido gioco in atto da secoli non avrà mai fine e quindi, dopo un ultimo grido di preparazione alla perenne battaglia, tutto cessa per lasciar posto all'inquietante frastuono dettato del silenzio.
Golden Cashmere Sleeper part 1
Le allarmanti sequenze oltremodo ipnotiche che ci accolgono ad inizio della sesta giovane opera, queste sempre tradotte dalla dote di Angela, tracciando un solco di gentile irrequietezza in compagnia delle altrettante minacciose trame promosse dal barone, presentano la splendida suite, divisa in due parti, in grado d'essere menzionata come l'ennesima meraviglia. Sul finire dei primi istanti e con passo felpato, si uniscono al duetto le stesse capacità risolutive del preparato Haas e del custode delle nostre anime Royce, così a raggiungimento dello scopo, ovvero paralizzare i fruitori di note in attesa del visionario travaglio. Successivamente agli originari attimi ben espressi dal quartetto succitato, quest'ultimi da definirsi come una vera e propria introduzione, la cadenza del componimento muta la sua veste e sulle ritrovate trame tanto care progressivamente thrash, insieme al Golden Cashmere Sleeper part 1 (Dormiglione Dorato In Cashmere parte 1) comincia l'onirico, nonché inquietante viaggio. I sublimi ed incostanti accenti che risuonano per mano dell'alfiere Vetterli, nonostante non sia stato possibile scovare la filosofica parola di Marky, accendono la prorompente timbrica del messaggero dal violaceo mantello ed in virtù della sua grande abilità nel personificare il sommo pensiero, il quadro emozionale precedentemente dipinto trova facilmente la sua firma. In maniera intelligente, per allentare la soffocante stretta viscerale, la pittura susseguente si completa grazie alle ossigenanti sfumature tinteggiate dal pizzicatore in quello che potremmo definire ritornello e seppur questo riquadro regali sensazioni più rock, non si allontana, assolutamente, dal tema protagonista dell'allucinante sogno. Ritrovate immediatamente le pericolose gradazioni native, l'efficacia posta in essere da una prima difficoltà nel proferir parola da parte dell'ambasciatore, quest'ultima risultato di un'effettistica surreale, rimarca ulteriormente la proverbiale sagacia del combo e all'unisono, ci spinge in un sonno ancor più profondo. Su queste agitate oscillazioni umorali, ovviamente di gestione oltremisura difficile, il momento arioso summenzionato, definito ritornello, interrompe la perenne apnea e consegnati ad un rigenerante limbo, il manifestarsi del solitario spazio dell'alfiere delle sei corde certifica il risveglio dal deleterio letargo e attraverso colorazioni di natura diversa, queste rigorosamente estratte dall'ignoto, assegna straordinarie tonalità al nostro spirito. Difatti, sulle prime, utilizzando metodiche riconducibili all'amato metallo sottolinea l'avvenuta riviviscenza, mentre, a seguire, con epiche gamme progressivamente esposte, in comunione con l'appena menzionato metallo, permette di comprendere il pericolo presumibilmente appena scampato. Ancora una volta, come ad evidenziare l'apparente sollievo, il ritornello disegna il percorso conclusivo, tuttavia, in questa occasione, la rediviva comparsa del sintetizzatore della Giger, fondamentale per lo sfondo della prestigiosa tela, apostrofa con fare sinistro il concetto verosimilmente celato nel sogno, ovvero l'abissale assopimento da parte del protagonista, non nasconde l'onirico cammino ma, la sua morte.
Golden Cashmere Sleeper part 2
La seconda parte dell'incredibile poema, quest'ultima collegata come il naturale evolversi della stessa, si palesa in forma assai differente, difatti l'angosciante risvolto deducibile dalle tenebrose cadenze ascoltate precedentemente sul finire, rielabora la sua essenza nelle profonde dinamiche proposte da Golden Cashmere Sleeper part 2 (Dormiglione Dorato In Cashmere parte 2). Progressivamente avviluppati dal moto armonioso palesatosi per accoglierci, leggero come il fluttuare dell'anima verso l'ignoto, risulta magica l'unione degli elementi basilari abbinati per l'occasione, giacché la leggerezza in primo piano espressa dalle corde pizzicate dal barone, si sposa con le splendide carezze sfoggiate dall'apporto al basso del suo stesso sangue, ovvero Chris Vetterli. Assieme al rincasato signore del tempo Marquis, delicato come il cadere della neve; le congas di Val, perfetti accenti nella notte e le sapienti guide di Angela, gentili bagliori nella nebbia, il manufatto si completa per guidarci nell'infinito. Malgrado non venga costruito un testo per quest'opera prima, l'insieme è come se parlasse, dacché le trame puntellate dall'alfiere delle sei corde, risultato di un'assoluta espressione prog fusion, dialogano in quella che potremmo definire come l'introspettiva conversazione con l'anima. L'evoluzione di tale intimo rapporto personale infrange l'ultima porta dimensionale al suo giro di boa, difatti le successive trame simili ad un sobbalzo emotivo, sempre evidenziate dallo stesso albero genealogico, rendono possibile il manifestarsi della meta tanto ricercata. Proprio sul finire, colui il quale è stato scelto per controllare le nostre anime, adoperandosi con le altrettante importantissime argomentazioni, lancia definitivamente il soffio vitale del protagonista davanti alla porta della conoscenza e senza intendere quale possa essere l'esito dell'iperbolico percorso, sui ritrovati accenti del barone...
Masked Jackal
Per divulgare ancor più il messaggio proposto dall'opener del primo capitolo della saga dei cavalieri confederati, non poteva mancare la disamina delle molteplici bautte che, sin dall'alba dei tempi, si sono adoperate per colorare con oscure tonalità il cielo sopra di noi. Questi esempi di rara spudoratezza, difficili da indossare, rendono la figura del "leader" il soggetto principale della nostra condanna, poiché nonostante le possibili scelte, solo con una ha sempre trovato giovamento. Masked Jackal (Sciacallo Mascherato), pregiatissimo ed arguto tassello inserito nella secondo capitolo Punishment For Decadence, è la sintesi di ciò che dovremmo evitare, ovvero la scelta di non incrociare mai gli occhi con chi è capace di sfruttare e saccheggiare non solo le nostre anime. L'evoluzione del gioiello proposto di luccicante energia thrash, sulle prime, si manifesta con passo regolare e come nelle storie più profonde, in virtù delle neoclassiche trame dell'alfiere delle sei corde Baron in simbiosi con le meticolose intelaiature del binomio Marquis-Royce, sfocia sommergendoci con emozionanti stilemi. Con grande scelta logica, dacché faccia della stessa nefasta medaglia ed in egual modo in grado di controllare le masse, attraverso la glaciale presenza posta in essere dalla voce del messaggero dal violaceo mantello, anche il tubo catodico viene affiancato alla negativa presenza scelta in apertura. Sempre utilizzando come tappeto le lungimiranti trame in perfetto stile Coroner, il nostro portavoce continua la sua opera distruttiva nei confronti degli obbiettivi appena menzionati, poiché l'immagine di infinite persone lobotomizzate da menzonieri slogan, quest'ultimi opera della maschera provetta, spingono il nostro pensatore a decretare la loro fine. Nonostante l'opera possa sembrare sufficientemente risolutiva tutto diviene oltremodo terminale col presentarsi del ritornello, dacché le presunte rassicurazioni montate ad arte per il solo spettacolo, in realtà si tramutano nelle solite ciarlatanerie come i loro stessi divulgatori. La parentesi melodica che segue, accentata con fare sinistro, diviene il pregiato tappeto su cui stendere l'insieme confuso di parole fuori campo che seguono, quest'ultime sputate dal signore del male al pari di antichi sortilegi, poi tradotti in slogan per ingabbiare la soggiogata moltitudine inerme. Per esemplificare ulteriormente il concetto appena espresso basterebbe pensare ai discorsi spesso utilizzati nella politica e nella religione, perché frutto dell'unione di infiniti tentativi senza costrutto, i quali, oltre a risultare privi di reali argomentazioni, si dimostrano una vera e propria perdita di tempo. Abbandonati i burattinai e gli attrezzi da loro adoperati, il ritornello si ripresenta per evidenziare ulteriormente le tante menti ormai abbandonate al lato oscuro e quando si materializza il solitario spazio del fidato alfiere Vetterli, si ha la sensazione che si possa trovare il giusto siero per debellare cotanto scempio. Difatti la prima lenta successione, da definirsi come una coscienziosa purificazione spirituale, viene supportata dall'iperbolica, nonché fondamentale sequenza in tapping funzionale al risveglio dal lungo torpore. Il neoclassico passaggio che segue ci accompagna alla conclusione di questa lunga parentesi nera e questa volta, seppur consci dell'immane sforzo, rimane la certezza che, prima o poi, riusciremo a spezzare il sortilegio.
I Want You (She's So Heavy)
Quasi obbligatoriamente, trattandosi di un esempio a dir poco storico, non poteva che trovare spazio il componimento per eccellenza, ossia il primo esempio di heavy metal fornito dal tempo. Sempre tratta dal cervellotico Mental Vortex, I Want You (She's So Heavy) Ti Voglio (Lei E' Cosi' Pesante) descrive in molto assolutamente esplicito, nonostante le sole quattordici parole utilizzate, il quasi patologico attaccamento di Lennon verso la controversa Ono. Presente nel chiacchieratissimo"Abbey Road" del 69', al pari di "Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band" per i molteplici aspetti misteriosi malcelati volontariamente nei testi e nelle copertine, il capolavoro in questione risulta essere il primo esempio della durata superiore ai canonici tre minuti fino ad ora adottati. I nostri elvetici custodi del sapere, adoperandosi tra gli otto minuti della traccia, rilasciano un prodotto a dir poco identico rispetto all'originale, tuttavia le peculiarità del nostro potente trio, aggiunte pregiate evoluzioni alla stessa come l'uso del doppio pedale e pregiati drappi pizzicati con cura, arricchisce ulteriormente un modello già assoluto. L'imperioso arpeggio che apre le danze, oscuro nel suo incedere e stupefacente per magnetismo, anticipa l'arrivo dell'azzeccatissima voce dell'ambasciatore dal violaceo mantello Ron, difatti, il suo manifestarsi, rievoca le originali sensazioni apprezzate decenni orsono anche in virtù dei supporti vocali tradotti dalla presenza di Janelle Sadler e Steve Gruden. I pochi vocaboli scelti non risultano certamente incomprensibili, poiché, sopra stilemi di chiara matrice blues, ci catapultano nel difficile rapporto tra un uomo ormai cambiato e quella che per molto tempo sembrava essere un'irraggiungibile meta. Grazie al metodico lavoro dell'ambasciatore dal violaceo mantello Ron, abile trasformista con spiccate attitudini britanniche, la frase seguente, marcando l'esponenziale ammattimento del suo ideatore, risulta eloquente nella sua estrazione etimologica. Una volta riproposto il regale arpeggio iniziale, questa volta in funzione del ritornello, dopo un veloce momento di sfavillante leggerezza dettato delle magnifiche linee vocali dei protagonisti, lo stesso evidenzia ulteriormente lo stato alterato di un rapporto "malato", quest'ultimo, forse, in grado di peggiorare incontrovertibilmente la "salute" del gruppo di Liverpool. Ad eccellere, a questo punto, è il solitario momento del pizzicatore delle sei corde Baron, difatti una volta manifestatosi in compagnia della potente doppia cassa del battitore di pelli Marquis, con spiccati stilemi rock e blues, trasporta le nostre anime in un mondo pieno di colori e privo di turbamenti. Riconsegnati ai dettami iniziali, ovvero sulla linea principale, avvicinando il suo essere al termine, attraverso andature più heavy si ripetono le allarmanti preoccupazioni capaci di scortarci per l'intera durata del sonetto, tuttavia, quando tutto sembrerebbe continuare in eterno, come se leggesse nel proprio futuro si interrompe bruscamente.
Grin (no religion remix)
Ciò che ci accoglie, rispolverando la title track dell'omonimo Grin, risulta essere un esperimento assolutamente azzeccato dello stesso componimento in chiave elettronica. Infatti dopo una veloce sequenza con protagoniste le note del menestrello Vetterli, queste effettivamente dilatate per renderle immortali, e le parole del glaciale messaggero concentrate sul titolo del brano, il sintetizzatore di Angela introduce quella che diverrà la cadenza accompagnatrice sino al termine del viaggio. Tutto, nonostante i ritmi prettamente techno, ci riporta al componimento originale, difatti sulle trame thrash dell'alfiere delle sei corde Baron, qui incastonate fedelmente, viene adagiata l'oscura timbrica del messaggero dal violaceo mantello Ron. Quest'ultima, imperiosa ed altrettanto efficace, riposiziona il nostro spirito sull'autentico percorso capace di rendere codesta favella basilare, poiché scritta per sottolineare lo spirito di rivalsa nei confronti delle plurime difficoltà presentate dall'esistenza. Sebbene la nostra vita possa incontrare avversità di natura diversa, tanto da renderci consapevoli che Nails Hurt (Le Unghie Fanno Male), solo per mezzo di un irrisorio Grin (Sogghigno) potremo continuare a contrastarle. Su questa base, trascinati da un ritmo ad onor del vero funzionale al contesto, il nostro ambasciatore riporta le rinnovate sensazioni oppressive e depressive patite dal protagonista e seppur quest'ultime risultino difficile da gestire, riaccendono quel sentimento aggressivo tanto utile al riscatto del suo spirito. Dopo una veloce parentesi techno thrash, sempre aiutata dall'imperterrita trama del barone, si manifesta nuovamente il profondo disagio interiore del malaugurato, poiché l'ultima triste confessione riguardante la sua vita, ovvero la completa assenza d'amore, oltre a rendere proibitiva la sua stessa presenze, ha creato nella sua testa la convinzione per cui la morte sarebbe stata l'unica via d'uscita. Il refrain che anticipa il ritornello, sempre a cura delle fedelissime linee del pizzicatore, sottolinea ulteriormente i dolori portati alla luce dalle succitate asperità ed il successivo oscuro selciato battuto dal sintetizzatore diviene decisamente importante per le efficaci parole del portavoce, dacché, ultimando il titolo con toni assai battaglieri, rievoca l'unica risorsa insita nell'animo del primattore capace di fronteggiare le infinite barriere poste dal destino. Sempre avviluppati dalle dinamiche iniziali, la crescente furia del nostro protagonista assume un aspetto fondamentale, difatti l'ingovernabile sentimento di collera, ormai padrone del suo essere, lo convince definitivamente perché unica fonte di sollievo. La riproposizione del refrain, incastonato per non dimenticare mai, precorre con accenti sintetizzati più intensi l'offensiva verso il venefico uso della religione, giacché molte volte adoperata per subdoli motivi ed altresì indicata come finta speranza. Le apprezzate metodiche accentate tecnologicamente e ben disposte su tutta la traccia, accompagnando il fruitore di note sino al termine del componimento con piccoli inserimenti vocali dell'ospite Paul Degayler, concludono un esempio fermamente riuscito di accostamento tra metal e techno, cosicché la splendida cavalcata finale dell'originale, quest'ultima conclusa da una simbolica mitragliata, qui è sostituita dalla sequenza ipnotica del ritornello ripetuto fino alla sua dissoluzione.
Purple Haze (cover)
Colti decisamente di sorpresa dai nostri cavalieri rossocrociati, la rivisitazione dell'ultima testimonianza inserita nel superbo Punishment for Decadence (Punizione per decadenza), ovvero la sognante Purple Haze (Foschia Viola), manifestandosi sempre in coda e con andatura assolutamente Ska, verrà ricordata come una delle tantissime dimostrazioni del maestoso utilizzo della chitarra da parte dell'americano di Seattle James Marshall "Jimi" Hendrix. Sicuramente imprescindibile per molti pizzicatori di corde, oltre ad essere stato uno dei primi ad utilizzare la distorsione ed il pedale wah wah, ha contribuito a creare quello che oggi chiamiamo heavy metal, ovviamente divenuto tale da una costola dell'hard rock. Di sicuro interesse è il presunto momento in cui venne partorita la traccia, dacché sentita come semplice esercizio dal suo produttore Chas Chendler nel back stage del locale "The Upper Cut", quest'ultimo consigliò all'axeman di svilupparne il contenuto. Successivamente, dopo una folgorante illuminazione arrivata in sogno, aggiunse il testo così a completare un prodotto semplicemente storico. Come detto in apertura, sulle dinamiche bluebeat inizia il particolare esempio di lungimiranza proposto dai nostri anche se, ad onor del vero, i primi secondi espressi con estrema leggerezza e dilatazione spirituale dal trio, riconsegnano, attraverso le poche pizzicate, il nostro spirito alla bolla sognante dove tutto si è formato. Sopra il famoso riff, accentato dalle dinamiche del mai scontato Baron, la voce, in questa occasione, calda e sussurrata dell'ambasciatore del violaceo mantello Royce si posa completamente con agiatezza e la successiva descrizione della pesante foschia intorno e nel cervello, ovviamente provata dall'originale autore tra le braccia di Morfeo, modifica fisicamente tutto ciò che lo circonda convincendolo a poter toccare il cielo. Senza mai abbandonare il selciato battuto sin dall'inizio, il nostro portavoce continua a riportare le fantasie dell'autore ed evidenziandone il potere dissuasivo rimarca le sue capacità, poiché oltre a rendere felici e tristi, risulta in grado di far salire e scendere risultando persistente nel tempo. Il solitario spazio inventato dall'alfiere delle sei corde Vetterli, sempre importante per innovazione, tecnica ed efficacia, dipinge, invadendo il volo onirico altrui, di tonalità più sbarazzine lo spazio circostante ed attraverso l'utilizzo di sessioni blues riempie di realtà il momento vissuto. Nuovamente poggiati sulla formidabile rilettura che ha fatto storia, la purpurea bruma comincia la sua opera finale, ovvero, avvolgendo gli occhi, rende incapaci di distinguere il giorno dalla notte fino a far esplodere letteralmente l'ospitante corpo. A questo punto, il secondo solitario momento posto in essere dall'alfiere, riapparso per condurci alla fine del lungo viaggio, conclude la magnifica, nonché originale proposta del nostro funzionario pubblico e con punte accentate sempre in stile blues, in punta di piedi, termina elegantemente la fantastica dimostrazione di cotanta lungimiranza artistica.
Conclusioni
Siamo giunti, amanti dell'ottima musica, alla conclusione della prima compilation divulgata dal nostro funzionario pubblico e con gioia inimmaginabile abbiamo goduto di una nuova scarica di maestria. Il magnifico corso di questo evento si è reso altresì protagonista di un piacevole salto nel passato, ovviamente per la riproposizione di quei drappi tramati con tanto costrutto e con grande sorpresa, quest'ultima mista ad una forte sensazione di sollievo, è stato possibile aggiungere qualche pregiata stoffa al mosaico appena menzionato. Chi vi scrive, ad onor del vero, non ha mai serbato in cuor suo il giusto rispetto per questa sorta di "album ricordo", poiché, molto probabilmente, malcelati nell'estrema esigenza di creare moneta, tuttavia, nella presente, le piacevoli evoluzioni inerite nel contesto, ancora una volta sublimi ed oltremodo genuine, ci regalano la possibilità di esaminare un insieme di fresche bellezze. Come anticipato nell'introduzione, il gusto nella scelta segue i dettami dell'ultima rarità dal nome Grin (Sogghigno) e ad iniziare la grande manifattura, sempre con gran gusto, Benways World (???) si presenta ai gioiosi fruitori di note. Attraverso percezioni riconducibili ad una nascita, perfettamente tradotte da un profondo battito cardiaco, si ha l'impressione che si voglia descrivere la voglia di non lasciare il meritato habitat e malgrado le avversità delineate dai frastuoni fuori campo, tutto appare logicamente conseguibile. Per suggellare il pregevole assemblaggio, The Favorite Game (Il Gioco Preferito) si manifesta in tutto il suo bagliore, dacché le ariose parentesi riconducibili a Nosferatu, oltre a creare un filo conduttore con le tematiche belliche analizzate con successo in più occasioni, in sintonia con le radiose arti manuali dell'alfiere Baron e del duo Haas-Royce arricchiscono progressivamente il tipico stile thrash del trio. Piacevolmente accompagnati dal valente battitore e dal supporto dell'altrettanta oscura ospitata ad opera di Cubello, Shifter (Colui Il Quale Cambia oppure Leva del Cambio) raddoppia subitaneamente il valore dell'arazzo, difatti sulle progressive meraviglie puntate sull'intreccio dalla regalità del combo, le tematiche di "The killing of America" riprendono un importante squarcio delle abbondanti porcherie costituenti l'America di inizio anni 80' e sul finire regalano uno squarcio devastante di presunta vita reale, grazie al dialogo tra unamadre oltremodo ferita ed il figlio appena arrestato. Snow Crystal (Cristallo di Neve) funge da ponte surreale fra diverse dimensioni, giacché attraverso l'utilizzo del solo "triangolo", acuto ed effettivamente pulito nel proferir parola, veniamo trasportati in un sorta di limbo capace di tradurre esattamente il candido stato d'animo degli autori. Costantemente in ascesa verso la perfezione, il magico composto si impreziosisce con Gliding Above While Being Below (Scivolare Sopra Mentre Si Trova Sotto). Difatti parafrasando il capolavoro del 1980 "Altared States", questo assolutamente da prendersi come un modello per le capacità di spiegare i misteri dell'evoluzione umana, la versione strumentale di quello che vorremmo sempre sentire si rivela ai fortunati possessori del condotto uditivo. In forza della suprema abilità signore del tempo Marquis, del custode delle nostre anime Royce e della presenza della Giger, il solitario spazio dell'alfiere delle sei corde Vetterli consegna all'eternità attimi superiori alla stessa concezione di gioia, poiché gli estasianti orpelli fusion rock adottati per la causa ed accentati dalla prestazione alle congas dell'ospite Val, resteranno come un interminabile eco nella memoria dell'esistenza. La perfetta conclusione viene lasciata a Golden Cashmere Sleeper part 1 (Dormiglione Dorato In Cashmere parte 1), ovvero il maestoso quadro sognante prog thrash dall'allarmante contenuto. Qui, in virtù delle suggestive pennellate dell'ammaliante Angela e dell'insieme variopinto del trio, tra cui Haas, viene immortalata una sbalorditiva fotografia animata, quest'ultima solo in apparenza riguardante una visione onirica da parte dell'infausto primattore, dacché celante l'estenuante agonia patita da quest'ultimo dopo il trapasso. Nella seconda parte, ovvero in Golden Cashmere Sleeper part 2 (Dormiglione Dorato In Cashmere parte 2), forse non ancora preparati al reale significato del quadro, la magnifica apparizione del consanguineo Chris Vetterli, ad onor del vero ben accompagnato dalle affusolate mani della Giger, dalle vibranti scosse di Val e dal signore del tempo Marquis, con suprema eleganza disegnano la via per l'altro mondo. Una menzione particolare va rivolta a Grin Nails Hurt (Sogghigno-Le Unghie Fanno Male), infatti le sue arzigogolate trame techno, quest'ultime sorprendentemente indovinate, riescono a mantenere inalterata la potenza intrinseca di una traccia divenuta semplicemente un esempio. Verosimilmente appagati dall'iperbolico risultato ottenuto, l'impagabile tessuto è ora pronto per essere ammirato e posizionato tra i prodotti d'alta scuola quindi, cari buongustai, lasciatevi coccolare dall'inestimabile valore di un articolo che seppur non riveli solo novità, vi indottrinerà come le precedenti uscite.
2) The Favorite Game
3) Shifter
4) Serpent Moves
5) Snow Cristal
6) Divine Step (Conspectu Mortis)
7) Gliding Above While Being Below
8) Der Mussolini
9) Last Entertainment
10) Reborn Through Hate
11) Golden Cashmere Sleeper part 1
12) Golden Cashmere Sleeper part 2
13) Masked Jackal
14) I Want You (She's So Heavy)
15) Grin (no religion remix)
16) Purple Haze (cover)