CORONER
Autopsy: The Years 1985-2014 in Pictures
2016 - Century Media Records
ANDREA MARTELLA
15/12/2018
Introduzione recensione
Fedelissimi lettori ed amici che, attraverso passione e grande gusto musicale, avete seguito il minuzioso lavoro dell'integerrimo pubblico funzionario attraverso parentesi cosmiche dilatate nel tempo, ritrovarvi è nuovamente un immenso piacere. Non nasconderò quel profondo senso di vuoto che ha accompagnato la vita musicale di chi vi scrive lungo questi anni dipinti d'attesa, dacché, lo spazio temporale appena menzionato, risulta essere il periodo trascorso dall'ultimo lavoro svolto dall'amato lavoratore sempre alle prese con l'oscura ed enigmatica materia. Ad onor del vero ci siamo lasciati in maniera non felice, poiché "The Unknown (Unreleased Tracks 1985-95)", compilation uscita nel 1996, per i suoi contenuti potrebbe essere facilmente dimenticata. Oggi, in pieno 2016, dopo innumerevoli corsi di aggiornamento, quest'ultimi in grado di rendere oltremodo ineguagliabile l'operato del maniacale investigatore, con grande gioia potremo nuovamente godere delle sue illimitate abilità ma, a questo punto, credo sia doveroso fare un passo a ritroso nel tempo. Malauguratamente, nonostante il proverbiale corso d'acqua non cessi mai la sua imponente andatura, esistono episodi difficili da dimenticare, tant'è che la memoria, inevitabilmente, non può che librarsi involo libera nel mondo sconosciuto per abbracciare la magica forma eterea dell'immortale Chuck Schuldiner, all'anagrafe Charles Michael Schuldiner, immenso uomo tutt'uno con la musica e fondatore dei Death, dei Control Denied e chitarrista anche nei Voodoocult. Nel maggio del 1999, a seguito di forti dolori alla parte superiore del collo, Chuck si sottopose ad una risonanza magnetica. La successiva visita diede esito positivo e, nel giorno del suo trentaduesimo compleanno, gli fu diagnosticato un neoplasma al tronco encefalico. Nell'ottobre dello stesso anno, dopo cicli di radioterapia, la famiglia annunciò che il tumore stava rispondendo alla cura e che Evil Chuck (così era chiamato soprattutto ad inizio carriera) era sulla via della guarigione. Proprio nel gennaio 2000 fu operato con esito positivo e venne rimossa l'infausta presenza, tuttavia, a causa del costo dell'operazione, la famiglia entrò in crisi finanziaria e grazie ad attività collaterali, concerti e festival, vennero raccolti molti soldi senza i quali, Schuldiner, avrebbe incontrato morte certa non potendo continuare le cure. Purtroppo, dopo poche settimane dall'intervento, i medici si accorsero che la malattia non era stata ancora totalmente debellata e durante la stesura di nuove canzoni per i Death e per i Control Denied, nel maggio dello stesso anno, l'ospite oltremodo sgradito si manifestò nuovamente facendo ammalare in modo ancor più serio il chitarrista. Sfortunatamente, a causa di nuovi problemi finanziari, durante le prime settimane non poté svolgere le normali cure e solo grazie agli aiuti giunti anche da parte di numerosi colleghi, risolse e continuò ciò che dovrebbe essere scontato per tutti a prescindere. L'iniziale giovamento, a seguito della chemioterapia a base di vincristina, lo indebolì notevolmente e dopo due anni e mezzo dalla diagnosi, alle quattro del pomeriggio del 13 dicembre 2001, il padre del death metal e del technical death spense definitivamente, a causa di una forte polmonite, la propria lungimirante luce artistica nella sua casa accanto ai suoi cari. Ancora oggi, il Suono della Perseveranza riecheggia nell'aria e senza fallo, riecheggerà per sempre. Come se non bastasse, i primi anni 2000 portano con se un'altra tragedia, quest'ultima frutto della follia umana proprio come veniva perfettamente descritta dai nostri cavalieri rossocrociati nel corso della loro esistenza discografica, infatti nel 2003 a seguito dello scioglimento dei Pantera, Dimebag Darrell Abbott assieme al fratello Vincent Paul Abbott fondò i Damageplan. Durante l'esibizione all'Alrosa Villa di Columbus, nell'Ohio, Dime, e non solo, rimase vittima di un gesto a dir poco squilibrato e per certi versi ricollegabile alla morte di Lennon, quest'ultima ad opera dell'altrettanto "malato" Mark Chapman, ovvero venne assassinato per mano del vile ex militare Nathan Gale assieme a Nathan Bray, spettatore del concerto, Erin Halk, impiegato del locale e Jeff "Mayhem" Thompson, addetto alla sicurezza del gruppo. Purtroppo, ancora oggi, risulta difficile spiegare il motivo di tale demenza, poiché furono due le versioni tenute in considerazione, difatti alla pubblica lite scoppiata tra i fratelli Abbott e Anselmo conclusasi con lo scioglimento della storica band, aggiunsero, a causa della schizofrenia che affliggeva l'omicida, la convinzione da parte di quest'ultimo che Darrell gli avesse copiato alcune canzoni. Sciaguratamente, l'unica cosa a permanere, oltre all'incertezza proposta dalla vita, è la mancanza di un altro fondamentale musicista, giacché le due perdite, oltremodo sofferte dai familiari, risultano come un'interminabile vuoto perenne e continuativo nel tempo. Inevitabilmente per sempre sconvolti, tornando ai nostri giorni ed in placida attesa verso un nuovo capitolo tracciato in studio, i nostri lungimiranti cavalieri sfornano quello che potrebbe essere considerato come il riassunto "padre" di tutta la loro carriera, quest'ultimo intitolato proprio come la parte principale del lavoro svolto dall'integerrimo funzionario pubblico. Autopsy - The Years 1985-2014 in Pictures (Autopsia - gli anni dal 1985 al 2014 in foto), si presenta in forma sia vinilica, sia futuristica infatti, oltre al tanto amato long playing, troveremo tre DVD in Blu Ray, questi capaci di memorizzare immagini in Full High Definition ed in Ultra High Definition. La copertina, nella sua semplicità, diviene importantissima, perché, su una base completamente nera, potremo gustare del magnifico nome della band in alto, mentre al centro il tanto apprezzato teschio a tre teste con i nomi dei cavalieri di Turicum (Zurigo) ed a completare la sostanza i tre autografi così tanto ricercati. All'interno, il vinile regala sempre l'appena menzionato teschio fronte/retro e conserva importantissime tracce, ovviamente, già incrociate negli album componenti la completa discografia, invece, i tre magici dischetti, riportano forma artistiche diverse. Il primo, sempre illustrante l'immenso logo poggiato su una lama dentata e circolare, attraverso le domande di Lukas Ruettimann, racconta la storia della band in quello che è da definirsi a tutti gli effetti un documentario. Il secondo, con la presenza funerea di un teschio e la scritta "Reborn Through Hate" tutto sempre poggiato su una lama dentata e circolare, per mezzo delle sue immagini rivela il tour tenutosi dopo la reunion nel 2011 più alcuni bonus. Il terzo ed ultimo, difficile da decifrare ma sempre poggiato su una lama dentata e circolare, riporta alcuni video, il live tenutosi a Berlino nel 1990 ed alcuni estratti dal "Funeral Tour" del 1995. Ovviamente tutte le idee, successivamente, divenute la copertina e le immagini sui DVD, sono opera del filosofo Marky e del fidato scudiero Mischa Good. Non resta che aprire la porta per l'infinito...
[DISC 1] Divine Step (Conspectu Mortis)
Questo magnifico pacchetto, senza alcun dubbio confezionato nella miglior creanza, apre i suoi battenti attraverso la tanto amata sala operatoria incrociata nel mastodontico Mental Vortex (Vortice Mentale). Qui, in virtù di un copione realistico montato ad arte dal pensatore Marky, dottoressa ed assistente ricorrono al proprio longevo sapere nell'intento di salvare una vita prossima alla morte ed accompagnate da un sottofondo inquietante, ovvero quella malsana melodia espressa della macchina per il monitoraggio intraoperatorio, vengono allertate dall'acuto campanello emesso dalla stessa. Le due preparate figure, spiazzate per l'involuzione della scena, dopo l'ultimo, nonché urgente utilizzo del defibrillatore, ascoltano indifese l'ultima tragica melodia. Immediatamente e senza alcun preavviso, le mistiche forme proprie delle trame elevate intrecciate dai cavalieri elvetici, avvolgendo il gaio ascoltatore, divengono protagoniste e le finiture in perfetto stile thrash, quest'ultime vestite da ponte tra la vita e la morte, si preparano ad accogliere il malcapitato primattore. Le pesanti e veloci dinamiche, queste magistralmente battute dal padrone del tempo Marquis, dal pizzicatore di corte Baron e dalla disarmante tecnica del custode delle nostre anime Royce, incontrano l'iraconda espressione verbale dell'ambasciatore oscuro Ron ed uniti da un profondo legame, traducendo l'intima riflessione del sommo pensatore, descrivono il Divine Step (Conspectu Mortis), ovvero, il Passo Divino (Prima Della Morte). L'imponente portavoce, rivolgendosi all'anima dello sfortunato, ne diviene una sorta di Caronte e con metodiche indottrinanti, costringe il succitato sfortunato ad un succube ascolto pietrificato ed in attesa dell'ultimo viaggio. La missiva, recitata con fermezza e risoluzione, diviene il freddo racconto del trapasso patito dal morente, dacché, le parole utilizzate con arguta leggerezza, ponendo l'attenzione sull'ultimo suo flebile battito cardiaco, divengono la gelida cronaca degli ultimi istanti di vita vissuta. Ancora non sazio ed assolutamente impassibile, il messaggero continua l'opera distruttiva e sottolineando il precedente momento come il primo passo verso la purificazione, annienta inevitabilmente le sue difese inabissando il malcapitato nel più intimo dramma. A questo punto, visibilmente avvolto dalla disperazione e sempre su intrecci old school, la coscienza del malavventurato primattore viene ulteriormente messa alla prova, poiché, assorbito in false preghiere, viene risvegliato dalla cruda realtà, ovvero dall'inefficacia delle stesse nelle lande del non ritorno. Ormai completamente solo nella propria disperazione, lo sfortunato è destinato ad un'importante consapevolezza, infatti, il punto d'arrivo da lui tanto temuto, si trasformerà nell'unica forma liberatoria. A questo punto, dopo l'ultima fondamentale rivelazione, si presenta per la fortuna di tutti il raggiante ritornello e quest'ultimo, sulle linee magicamente battute dal signore del tempo e sulle rinvigorenti presenze poste in essere dall'alfiere delle sei corde, ambedue in perfetto stile thrash, celebra l'ambasciata con vorace perplessità. Difatti, sempre rivolgendosi all'infausto protagonista, rincara la dose chiedendosi quale possa essere il reale significato del verbo "peccare" e, come se non bastasse, chi si celi veramente dietro la figura dell'onnipotente. Ritrovate le deliziose sfumature iniziali dipinte dal combo, al nostro figurante non viene donata una seconda possibilità e le parole del portavoce, rimarcando il significativo momento vissuto dallo sciagurato, finalmente, si adoperano con dolcezza incitandolo al definitivo ultimo passo verso il sulfureo mondo. Interamente devastato per le debilitanti vicissitudini, la nuova compagnia del ritornello si palesa efficacie come la miglior medicina, tuttavia, su impareggiabili ricami dissonanti, il trapassato viene avviluppato da un ultimo considerevole quesito, ovvero, al cospetto di sua Maestà, si chiede se verrà accolto da floridi prati in fiore o dall'eterna afflizione. Il passaggio dimensionale che fa seguito all'ultima "vitale" interrogazione, viene successivamente descritto da un immaginifico ordito "floydiano", infatti la leggerezza dell'essere tradotta dall'abilità del "divin" barone, placando repentinamente il proprio incedere, disegna il percorso ancestrale imboccato dal protagonista. Solennemente fuso con le dissonanti note precedentemente argomentate, il seguente solitario spazio, proposto dall'alfiere delle sei corde, si manifesta per dar seguito al ricamo appena lasciato ed attraverso punti old school, in un primo momento più evidenziati, chiude la porta temporale con accenti decisamente più distensivi. Riconsegnati a tutto ciò che ha dato inizio al mistico avvenimento, il racconto, serrando le fila, non precisa la meta subita dal nostro personaggio principale, tuttavia traduce l'ultima esalazione come l'unica azione in comune.
Reborn Through Hate
La splendida forma adottata dai cavalieri di telliana memoria, quest'ultima capace di dar seguito alla fascinosa introduzione creata a dovere nel primo gioiello lavorato dai suddetti uomini a cavallo, ovvero R.I.P. (Rest In Peace), continua rivelando le sue sembianze attraverso l'ormai illustre grido di battaglia Reborn Through Hate (Rinato Nell'Odio). Considerando il messaggio voluto nella copertina, quest'ultima creata dallo scatto del nostro amato teoreta, non potevamo trovare miglior accoglimento, dacché il funereo sfondo posto in essere dal desolante cimitero, filtrato da un arancione agrumato, risveglia il necessario impulso di una logica ricomparsa. Abbassato il ponte levatoio, i destrieri cominciato immediatamente l'imponete cavalcata accompagnati da un'arma forgiata dal tempo, difatti l'insieme di materiali di difficile estrazione combinati con longeva sapienza, in virtù dei neoclassici rudimenti dell'alfiere delle sei corde e dell'altrettanta scena artistica mostrata dal custode delle nostre anime Royce, rendono la summenzionata risorsa armamentaria una preziosa testimonianza musicale. La cornice temporale appena descritta, allentando la presa sul finire, poggia perfettamente la propria linea in favore della grande abilità manifestata del signore del tempo Marquis, poiché i due rintocchi chiaramente udibili ai prodi compagni, danno inizio, definitivamente, alla carica imposta dal trio. L'autorevole grandiosità successivamente proposta, risulta il miglior esempio di technical-thrash e, ad onor del vero, da precursori del genere, ciò che ne segue è un furioso saliscendi colmo di fondamentale tecnica e quando l'ambasciatore dal violaceo mantello Ron pronuncia le prime importantissime parole, tutto diviene logicamente sequenziale. Il messaggio divulgano dall'oscuro ambasciatore, ideato come sempre dal filosofo Marky, racconta il malsano scenario posto in essere dai conflitti bellici, infatti la condanna pendente sulla testa di chi, prepotentemente, affligge il mondo, risulta lapalissiana e l'avvertimento per cui si debba sempre prestare la massima attenzione, nonostante si possa scampare il pericolo, diverrà una delle argomentazioni principali. Assolutamente invasi dalla pregevole, nonché lungimirante irruenza tech-thrash dei nostri, veniamo nuovamente scossi dalla lirica, dacché la devastante paura creata dall'attesa, profondamente sconvolti dal maligno gioco mortale, fomenta il viscerale sentimento di rivalsa. Colmi di rabbia, le inutili processioni dei supremi distruttori, vengono descritte come le peggiori ipocrite copertine e sempre sulle iperboliche elaborazioni thrash, il summenzionato impulso di rivincita viene tradotto dall'ira verbale del portavoce infernale, difatti ciò che ne segue, deflagrando con energia ben più ragguardevole rispetto agli ordigni utilizzati dagli influenti disfattisti, si trasforma in un ritornello oltremodo in grado di armare le plurime coscienze pronte al decisivo contrattacco. Attraverso salienti parole incastonate con dovizia, diviene fondamentale la definitiva estinzione di tali figure, perché si possa riemergere, innocentemente pregni d'odio, con limpida purezza d'animo. La splendida parentesi seguente, risultato di metodiche macchinose sospinte da furenti motivazioni, apre la via al solitario momento indotto dal barone e quest'ultimo, diviso in due congiunture emotivamente diverse, colora le anime gentili a colpi di tecniche iperboliche mozzafiato prima, mentre in prosieguo si impadronisce delle restanti arti celeri per rimaner presente per sempre. Ricondotti agli stilemi iniziali, nuove dinamiche appaiono per fortificare un sodalizio, al primo ascolto, lungo un intera esistenza ed è a questo punto che le scale cromatiche verso l'oblio possono cosi comparire per essere montate. Non vi è dubbio alcuno sulle magnificenze proposte dalla summenzionata arma e da prima della classe, giacché origine del tutto e perché insieme di tecnicismi rivelatori, viene inserita dalla "ragione" come l'emblema della novità. L'insieme delle dissimili creazioni, intese innanzi, pone fine a quello che potremmo definire il primo atto dell'opera, tant'è che volto alla conclusione riconsegna il nostro spirito agli eventi uditi in origine, infatti le medesime trame e le identiche liriche, inesauribilmente efficaci, permettono alla dea della giustizia e dell'antica Grecia Dike, di mettere la parola fine, con due rintocchi, all'imprescindibile sentenza.
Masked Jackal
Il processo evolutivo, congeniale all'ottimo risultato, integra la propria struttura grazie ad un sostegno di gran valore storico estratto dall'impareggiabile Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), album strepitosamente colmo di tutti quegli aspetti capaci di rendere il prodotto assolutamente memorabile. In un mondo dove regna sovrana la venefica arte menzognera e dove la stessa, con disarmante sfrontatezza, modifica da sempre il sistema attraverso forzate mutazioni tinteggiate di nero, la degenerazione condannante l'umanità risulta essere la miglior legna da ardere a favore delle immensurabili figure, queste capaci di indossare le proprie maschere della vergogna. La vastità del panorama non pone limiti, poiché le argomentazioni socio-politiche su cui poggiare le summenzionate bautte, comodamente vestite da ignobili individui, mostrano Masked Jackal (Sciacallo Mascherato) come la sintesi di ciò che direttamente e indirettamente patiamo. Il componimento rivela tutto il suo fascino in virtù delle sue frecce arcanamente imbevute di technical thrash e la poesia, dettata dal profondo studio dell'essere umano ad opera del pensatore Marky, è, in modo assoluto, da definirsi come la perfetta simbiosi tra braccia e mente. Il passo cadenzato che accoglie i fortunati fruitori di note, quasi come la quiete prima della tempesta, è seguito da una magnifico aumento di battiti cardiaci, dacché la magnifica creazione pregna di confidenza neoclassica evidenziata dal barone Vetterli e l'incredibile imponenza dettata dal duo Marquis-Royce, danno inizio al tanto atteso giorno del giudizio. Le succitate frecce del "cambiamento" vengono raggiunte dalle penetranti definizioni dell'ambasciatore senza pena e grazie a queste intersezioni, i maligni bersagli personificati dalla sagoma del "leader" in tutti i settori proposti dalla vita, possono così essere trafitti in compagnia di quel dispositivo elettronico, più comunemente, trasposto con la parola televisione, giacché, entrambi, oltremodo capaci di lobotomizzare le vulnerabili e talvolta innocenti masse. Rette dalle originali partiture musicali, il messaggero dal violaceo mantello indirizza la sua mira sugli obbiettivi appena menzionati, perché l'insieme di finti dispacci divulgati con arroganza lapalissiana, prendendo forma nelle ipnotizzate teste agghindate da zombi spettatori, risultano essere un valido motivo per decretarne la scomparsa. Benché tutto si mantenga estremamente accusatorio, la lirica diviene maggiormente incisiva alle soglie del ritornello, difatti i nocivi proseliti gettati in pasto nei differenti contesti, smascherati come le stesse dita incrociate dietro la schiena, definiscono irrevocabilmente il vitale scopo adottato dall'elaborato. Il preoccupante arpeggio seguente, quest'ultimo materializzatosi improvvisamente, risulta essere la più funzionale base su cui poggiare il nuovo circolo verbale, poiché il raffazzonato insieme di inutili slogan colto direttamente da un comizio senza senso, modifica, momentaneamente, la poesia nella sua forma. La grande incisività dettata dal variopinto scenario appena congedato, rivela le malsane abitudini dei tanti sciacalli che infestano il mondo, dacché in tutti i compartimenti basilari nella nostra società, come la politica, l'economia e la religione, il gioco proposto risulta costantemente il medesimo, ovvero mangiare con vorace indifferenza quantità di promesse mai mantenute. Accantonate, con difficoltà, le scempiaggini appena citate, il replicante ritornello, affrontato nuovamente per sottolineare l'indiscutibile appannamento subito della moltitudine, annuncia l'incantato e solitario spazio del menestrello delle sei corde, il quale, con aria scanzonata, si presenta in forma smagliante. Appena accolto, irradia le nostre intimità grazie alle proprie comunicative teorie introspettive al sapore di heavy metal, poi, una volta assimilate le basilari metodologie volte ad una inarrestabile rinascita spirituale, tutto diviene imperituro grazie ad un pregevolissimo picchiettio sulle corde del tutto barocco. La neoclassica melodia diventata realtà ed in grado di abbracciare le nostre anime, a seguito del rinvigorente momento appena lasciato, accompagna, con una sola certezza, la nostra presenza al termine del poema, infatti, malgrado la genitrice di codeste sciagure sia sempre in stato interessate, prima o poi, i "nascituri" verranno accolti fra le festanti braccia del destino e quest'ultimo, sorridente dopo aver presentato il conto, non lascerà nulla al caso.
Die By My Hand
Il grande stupore dettato dalla meraviglia proposta dall'opener di un altro album decisamente fondamentale nella storia dei cavalieri elvetici, ovvero No More Color (Non Piu' Colore), nonostante riveli, attraverso il suo emblematico titolo, la radicata e sempre crescente carenza cerebrale, quest'ultima insita nel genere umano e nel caso specifico, riguardante le plurime anime perse nei meandri della propria lobotomizzazione ed ovviamente i vigliacchi e dissimulanti signori del mondo, acquista innumerevoli sfumature variopinte attraverso la coloratissima Die By My Hand (Muori Per Mano Mia). La particolarità di questo immenso componimento, gestita con arte millenaria, è riscontrabile grazie all'aumento progressivo della propria carica e questa, sublime opera firmata dalle importanti battute tribali del signore del tempo Marquis e dall'infinita capacità nel controllare le nostre anime del custode Royce, dopo l'immortale Reborn Through Hate (Rinato Nell'Odio), ci proietta ancora una volta nel bel mezzo di uno scontro epocale. Magistralmente poggiato su questo inarrestabile selciato battagliero, la corazzata resa imperiosa dall'appena menzionato duo, è subito raggiunta dall'impareggiabile portata dell'alfiere delle sei corde Baron, il quale, assumendo l'oneroso incarico di comandante a suon di scale rigorosamente in posa verso l'oblio, prepara la resa dei conti, ovviamente, in attesa del primo fondamentale attacco proposto dalle taglienti liriche personificate dal messaggero dal violaceo mantello. Partorite dal lungimirante e colto spirito di Marky, le avanguardistiche dinamiche thrash accentate da illustri stacchi rendono possibile la memorabile furia, poiché la sentenziosa timbrica dell'ambasciatore, guardando in faccia l'immobile ed impaurito nemico, diviene, per quest'ultimo, la prima mortale ferita. Difatti, l'arma letale impugnata con raziocinio dall'ariete dei vendicatori, mirando sull'ignaro simbolo della riscossa, affonda la propria avvelenata lama della rivincita nella contaminata pelle dell'antagonista. Agonizzante e prossimo al trapasso, tra le cadenze musicali originarie, viene abbandonato a se stesso, dacché la lenta e sofferta scomparsa, condita dal copioso rosso rubino, possa, nella lunga attesa, divenire un momento di riflessione. Infatti, il simbolico ed interminabile istante appena descritto, accompagnato da una parentesi più infervorata, muta la propria essenza donando alle dichiarate volontà del poema un'importanza decisamente opposta. Nonostante il vento della rivolta abbia condito sin dal principio le pagine di questa storia, la porta dimensionale, aperta con grande nozione di causa dalla penetrante doppia cassa del battitore di pelli, diviene la chiave per l'introspettiva scena successiva. A questo punto, il nostro fidato portavoce, svestendo i propri abiti combattivi incrocia nuovamente lo sguardo del morente e cambiando radicalmente le proprie vesti, consigliandolo alla calma, nel silenzio, lo rassicura, giacché verrà tratto in salvo e risparmiato dalla condanna posta in essere da una vita passata nella vergogna. Il sentenzioso ritornello seguente, manifestatosi al termine della rigenerante parentesi appena lasciata, viene investito da una fondamentale accezione filosofica, difatti, poggiato su magici sviluppi prog eseguiti dal maestro Baron, consegna ai fruitori di note la sensazione per cui, il lato oscuro e malsano celato in ogni essere vivente, possa essere debellato a favore di una rinascita spirituale volta alla comprensione del tutto. La difficile condizione psicofisica patita dai protagonisti, destabilizzante per antonomasia, viene ancora una volta sottolineata dalla seguente porta temporale aperta dall'alfiere delle sei corde, ovvero dalla lunga ascesa iperbolica lungo le spettrali ed infinite scale da lui stesso proposte. Una volta rimarcata la via del non ritorno, perché possa fungere da avvertimento, si palesa immediatamente l'incredibile solitario spazio eretto dal pizzicatore, il quale, avviluppato da arcaiche abilità e su una base risolutamente thrash, attraverso intersezioni neoclassiche condite da velocissima tecnica, chiude, irrevocabilmente, il passaggio col passato. Finalmente la via della guarigione può così trovar il meritato tempo, tuttavia la percezione per cui solo un gesto caritatevole potrà spazzare via per sempre le ombre del male permane prepotentemente ed è così che il ritornello, prendendo forma come il necessario bisogno, libera sotto ogni punto di vista il "fortunato" primattore dall'arcana stregoneria.
Sudden Fall
L'argomentazione trattata all'interno di questo componimento, già affrontata nella seminale Masked Jackal (Sciacallo Mascherato) ed anch'essa godibile all'interno dell'ormai eterno Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), prende in esame la complessa e mai abbondantemente vituperata figura del leader. Ad onor del vero, le tante indagini svolte dal pubblico ufficiale, hanno sempre toccato confini al di là della normale comprensione umana, infatti, oltre alla compagnia dell'enigmatica ed oscura materia, sono stati sviscerati innumerevoli sfondi, quest'ultimi fruibili da ciò che l'esistenza, quotidianamente, offre osservando le sue plurime tele. Come anticipato, anche qui la deplorevole figura del leader viene portata all'attenzione dei gai fruitori, ciononostante, la pregevole forma espressiva dell'amato pensatore Marky, pone, intelligentemente, il proprio pesante accento su chi, molte volte in maniera imprevedibile, viene facilmente soggiogato e tratto in inganno. Sulla base del concetto appena citato, la Sudden Fall (Caduta Improvvisa) auspicabile per la moltitudine asservita, potrebbe risultare come il primo passo verso il cambiamento, poiché possa cessare l'ossigeno, così tanto in grado di rendere infinito l'esecrabile sproloquio ad opera dei maligni burattinai. Concentrati nell'opera purificatoria, i cavalieri confederati si palesano con gran foga, difatti, in virtù di luccicanti stacchi prodotti dall'impenetrabile armatura riesumata nelle segrete di Turicum (Zurigo) e regalmente indossata dai valorosi paladini, l'asse Baron-Marquis-Royce è in grado di richiamare all'attenzione le summenzionate masse, ovviamente, nel tentativo di risvegliarle dall'eterno letargo. A seguito dell'imprescindibile momento, sviluppato come fosse un'energica presa di coscienza, il cuore pulsante dei soldati a cavallo, quest'ultimo zeppo di intensità thrash, viene reso ancor più vitale, dacché le peculiarità in grado di renderli i proverbiali paladini dell'evoluzione stessa del genere, consegnano, per la gioia dei festanti, un componimento capace di aprire l'intero insieme delle vie rifiorenti. Aiutati dalla lucentezza creta dal signore del tempo attraverso continui doppi attacchi frontali e dalle altrettante accattivanti manovre del baron pizzicatore, l'integerrimo Ron, ovvero l'ambasciatore dal violaceo mantello, personificando con longeva abilità il verbo del cervellotico pensatore, definisce, immutabilmente, la nuova condotta. Senza dubbio, la reviviscenza non può considerarsi un leggero sospiro e sempre sui selciati battuti rigorosamente con modalità terminali, diviene più incisivo l'attacco verso le lobotomizzate forme umane e più precisamente, verso la radicata mancanza di personalità mostrata da costoro, giacché rese immobili dagli sguardi pietrificanti dei propri aguzzini. Per rendere oltremodo lapalissiano il messaggio celato nella novella, con le sole due parole che lo compongono, il manifestarsi del ritornello, poiché solo il decisivo taglio dell'invisibile legame psico-fisico subdolamente ottenuto dai predicatori del nulla, questi ampiamente in grado di rende irreale un'intera esistenza, porterà a compimento l'estenuante battaglia dei nostri prodi eroi. Sotto l'impetuoso doppio tiro del battitore di pelli e delle ritmiche old school dell'asse Baron-Royce, emerge l'imprescindibile esigenza per cui, ogni singolo individuo "ospitato" dalla terra, debba godere dei basilari diritti che una società civile dovrebbe osservare, evidentemente, tanto decantati dalle infingarde figure succitate durante interminabili ed inutili vaniloqui, tuttavia dimenticati dalle stesse in favore dei soliti ed ormai malcelati giochi di potere. Nonostante il vigore racchiuso nella trama, la successiva parentesi fusion raccoglie le anime, duramente messe alla prova, in una sorta di limbo parallelamente dimensionale e per i trepidanti ascoltatori ne diviene un'assoluta magnificenza, nonché anticamera del solitario spazio affidato al menestrello. Il basilare protagonista delle sei corde, utilizzando registri composti da coloratissime sfumature heavy, modifica temporalmente il senso logico del tutto, tant'è che le emozioni affiorate originariamente, modificando la propria radice, divengono oltremisura speranzose. Sfortunatamente, abbandonata l'iperbolica tempesta passionale, il glaciale apporto del messaggero riporta sui disordinati incroci gli zoccoli dei destrieri dolcemente addestrati dai nostri, perché seppur valenti nel ridestare la moltitudine inerme e letteralmente spenta, la percezione per cui il difficoltoso compito non troverà mai fine, risulta essere, nella propria eterna dissolvenza, l'unica mortale certezza.
D.O.A. - Death On Arrival
L'accento progressivamente presente nelle opere innovative dell'amato funzionario pubblico, peculiarità accostata all'indottrinante technical thrash nel corso degli eventi, nel componimento in questione risulta prontamente valido nel creare ascensioni spirituali non indifferenti e mentre corpo e mente sono impegnati ad occupare spaziali sfere, quest'ultime oscure alla maggior parte umanamente terrestre, la piacevole invasione che ne segue può così rivelarsi come precorritrice nel tempo. Ad onor del vero, la futuristica intelaiatura proposta dal trio e presente nell'incredibile No More Color (Non Piu' Colore), è fedelmente accompagnata dal tipico disegno astrale proprio del Coroner style ed in virtù delle gigantesche manipolazioni ipnotiche dell'alfiere delle sei corde Baron e del percorso tracciato dalla voluminosa scia del signore del tempo Marquis, oltre a rendere possibile il ritorno degli imprescindibili elementi summenzionati sulla terra, annunciano l'entrata in scena dell'ambasciatore dal violaceo mantello. Ancora una volta concernente le complesse argomentazioni poste dall'enigmatica ed oscura materia e sempre risultanti il prelibato frutto colto fra i celebrali condotti dell'illuminato Marky, D.O.A. - Death On Arrival (Morte All'Arrivo) descrive l'estenuante attesa dell'immaginario protagonista incontro alla morte, il quale, in contemplazione, si rende conto di come le principali fonti energetiche, ovvero il sole, l'acqua, il fuoco e la luna, queste essenziali per il normale ciclo vitale, siano divenute, per la propria esistenza, una paradossale fonte degenerativa. L'emblematico rilievo donato al tragico momento, ovviamente complicato da assimilare, è sottolineato da un illogico desiderio, ossia provare ad assorbire l'interezza del male patito dal mondo, per poter degustare con assurda leggerezza il caldo fluido composto da secolari tentativi di suicidio non solo morale. La sontuosa base su cui poggia questa scottante verità, accolta successivamente da registri volutamente più thrash, prepara con gran tempismo l'ambasciata del preparatissimo portavoce, infatti il ritornello che ne segue, glaciale e lapalissiano, avvicinando il malaugurato primattore al termine del materiale percorso, consegna, come spesso accade, una massiccia dose di ripensamenti. Circondati da scontati cambiamenti emotivi, un balenante esercizio ad opera del barone ci trasporta nel delizioso, nonché singolare mondo delle solitarie memorie del pizzicatore e seppur questa volta non risulti eccessivamente duraturo, la sconfinata arte del maestro riesce ad incantare grazie alla creatività thrash n' heavy da sempre mostrata. Come fosse un eterno duello contro il tempo, ritrovate le ipnotiche particolarità originarie, il nostro protagonista continua il critico esame introspettivo, difatti, avvolto da un alone di lucida follia, viene invaso da un irrefrenabile desiderio capace di ribaltare le sorti della propria esistenza. Assolutamente accompagnato da energie apparentemente nascoste, ribadendo l'irrefrenabile sogno terreno, si convince di un'ultima gesto, vale a dire scovare il principio malefico, basilare interprete nel macchiare il proprio arco vitale, per poterlo estinguere per sempre. Lasciato il temerario convincimento, l'eccelsa qualità insita nel portamento musicale del custode delle nostre anime Royce, ininterrottamente presente sin dagli albori, si manifesta attraverso pennellate d'alta scuola ed oltre al considerevole lascito, apparecchia, con posateria d'altri tempi, l'illustre tavola per il secondo astrale momento eretto dall'alfiere. Risulta facile, per il sommo incantatore, avvolgerci in atmosfere lontane dalla normale concezione di assolo, poiché, tramite l'ausilio di frammenti colti dalle più lontane nebulose heavy del cosmo, prima compone un mosaico d'assoluta bellezza, poi, con trame riconducibili al maestoso silenzio universale, apre la via all'elativo frammento in pieno stile thrash. La gioia nell'ascoltare melodie equiparabili ad assolute prime serata operistiche, in verità, evidenzia tutte le inesauribili fonti estrose riconoscibili ai fondamentali del combo, dacché potrebbe risultare scontato proporre dissimili strutture armoniose, tuttavia un risultato così variegato ed oltremodo efficiente non può considerarsi appannaggio di molti. Fatte le dovute precisazioni, la parentesi celeste succitata teletrasporta le nostre anime all'origine del tutto e per merito della lirica, poggiata su costellazioni thrash n' prog, una volta rimarcati i concetti iniziali ci conduce alla fase terminale, quest'ultima, molto simile ad una live show, permette alla figura preminente di portare a compimento l'eroico obbiettivo.
Nosferatu
Dopo una serie di esempi folgoranti, l'irrefrenabile abilità del portentoso barone esprime i propri valori attraverso un esempio paragonabile all'estasi suprema, poiché le particolarità percepibili nel disegno emozionale spontaneamente elaborato dall'alfiere delle sei corde Baron, elargendo trame composte da pregiati orditi heavy e assolute sontuosità neoclassiche, consegna ai posteri l'eccellenza in modalità esclusivamente musicali. Considerando l'escalation proposta, ad onor del vero, non poteva mancare ciò che potrebbe integrare, in maniera esemplare, il maliardo cerchio artistico dei nostri amati, dacché l'universale tempra racchiusa nell'opera presente in R.I.P. (Rest In Peace) , risulta oltremodo in grado di irradiare l'intero spazio circostante. Tutto inizia in forma assai straripante, infatti le udibili ascensioni immediatamente fruibili in Nosferatu (Il Principe Della Notte), queste proprie delle inseminazioni neoclassical n' heavy, in virtù delle segmentazioni avanzate dalla signorilità nel controllare il tempo di Marquis e dall'altrettanta dote nel seguire le orme del pizzicatore di Royce, dipingono una tela equiparabile ad una cavalcata verso l'infinito e la stessa conformazione simile ad un interminabile assolo rende altresì chiaro l'intento, giacché l'estetica può, ancora una volta, accomodarsi di fianco al nostro essere. La parentesi emotiva in grado di vestirsi da pregiata anticamera per il primo effettivo solitario momento indotto dal menestrello, racconta le conclamate esposizioni technical thrash dei cavalieri elvetici i quali, interrompendo il flusso temporale qua e là, manifestano un registro completo sotto tutti i punti di vista. Così, poggiati su un tappeto apocalittico, i sentimenti del barone trovano la propria logica esposizione in due diversi momenti, il primo utilizzando impressioni risolutamente heavy idonee nel catapultarci al centro della scena, mentre il secondo, finemente sottolineato da dimostrazioni di tapping barocco ed in simbiosi con l'estro creativo del custode delle nostre anime Royce, accompagna il nostro spirito all'interno della prima fase dell'esaltazione. A questo punto, completamente avulsi da positive circostanze fin d'ora ignote, la porta della consapevolezza viene letteralmente abbattuta dal raggiungimento del successivo stadio evolutivo e la manifestazione incontrollata del seguente momento introverso, eguagliando il calore proprio della stella madre, colorando con melodie neoclassical n' heavy le pareti dei nostri cuori ci trascina nell'estasi suprema. Toccato psico-fisicamente l'assoluto, i dettami tanto apprezzati all'origine del tutto forniscono, in questa occasione, aggiuntive sicurezze volte alla proclamazione dell'eterno componimento e molto probabilmente, alludendo ai diversi micro-cosmi palesatisi, l'espiazione da peccati passati, presenti e futuri può essere accolta fra le braccia del Dio Apollo. La forma espressiva continua e con essa si avvicina il termine fissato oltre il quale tutto il resto non conta più e così...passo dopo passo, secondo dopo secondo e nota dopo nota, le ritrovate fattezze di Nosferatu, oppure come più volte citato nelle antiche novelle Conte Orlok, guidandoci alla volta finale con sfrontata contezza, assumono un compito fondamentale per l'epistolare epilogo.
Serpent Moves
Le grandi intuizioni intelligentemente sviluppate dal pubblico ufficiale lungo l'avvincente percorso della propria carriera, hanno reso possibile, nei fausti spettatori, un crescendo emozionale di non facile reperibilità, poiché le plurime vicende da esso esaminate, risultanti l'insieme di complesse sfumature oltremodo colorate, sono state sempre affrontate con spiccata rettitudine mista a splendide folgorazioni, quest'ultime dettate dalla longeva preparazione acquisita tra i variopinti sfondi appena menzionati. Una prova tangibile, innegabilmente fruibile fra le tante, è riscontrabile all'interno del glorioso ed avanguardistico Grin (Sogghigno). Qui, il processo evolutivo del nostro indagatore si fonde con i sentimenti contrastanti del soggetto protagonista il quale, devastato dagli eventi e mosso dall'infinito intelletto di Marky, si appresta al duplice, nonché profondo cambiamento essenziale atto ad una rinascita così tanto agognata. L'opera in questione, difatti, oltre a descrive la complessa mutazione cerebrale così tanto voluta dal succitato primattore, quest'ultima evidente sin dall'inizio, racconta, nella sua sostanza, l'imprescindibile e consequenziale rinnovamento del suo involucro. È proprio su queste fondamentali nozioni che Serpent Moves (Mosse di Serpenti), col suo passo sinuoso ed articolato ben enfatizzato dal duo Marquis-Royce, mostra ai fruitori di note le proprie marcate cadenze progressive in virtù delle magnifiche trame cucite con dovizia dal pizzicatore Baron. Poggiata su questa base facilmente definibile post-prog n' thrash, l'arguzia del maestro personificatore Ron può palesare la sua forma, dacché le sembianze radiofoniche adottate in apertura, a loro volta facenti parte di una sorta di radiocronaca duratura, caratterizzano, attraverso l'intelligente utilizzo delle parole, i logoranti momenti dipinti dall'alterazione corporea di una struttura dalle sembianze molto simili all'inconfondibile andatura di un ofide. Il gran valore della tela in corso di definizione, quest'ultima adagiata su un nerboruto cavalletto prog thrash e magicamente fissata da illuminanti arpeggi creati dal barone, ci consegna la proverbiale modulazione dell'ambasciatore dal violaceo mantello la quale, glaciale ed imponente, si impadronisce nuovamente di ciò che risulta essere il suo spazio preferito, ovvero la scena centrale sotto i meritati riflettori. Raggiunta la logica sistemazione, con fare estremamente scontato, la lirica diviene risolutrice, giacché, l'assoluto bisogno volto a ritrovare il necessario equilibrio tra mente e corpo, consegna al protagonista la terminale esigenza per cui abbandonare ciò che, inevitabilmente, ormai risulta essere segnato irreparabilmente dalle vicissitudini di una vita passata sempre sul filo del rasoio. In completa devozione verso l'imminente rinascita, nonostante l'impervio cammino, il processo continua la propria rappresentazione ed incontrate ancora una volta le paritetiche metodologie, squisitamente musicali, incrociate ad inizio componimento, la mutazione viene evidenziata definitivamente per non lasciare incomprensioni. Ad onor del vero, il blocco appena descritto, risulta facilmente scomponibile in due parti di egual valenza, perché entrambe le sessioni potrebbero vivere della stessa luce dedicata ad un ritornello. Convinto che ognuno di noi attribuirà il proprio gusto estetico, il manifestarsi della più che conosciuta timbrica proposta dal portavoce, qui semplicemente perfetta per definire il succitato ciclo evolutivo, viene utilizzata per ultimare il debilitante lavoro. Rivestito da intonse particolarità del tutto nuove, abbandonate le "vecchie" con disarmante facilità, il soggetto principale della nostra storia vive in completa solitudine l'avvenuta metamorfosi, poiché solo isolati ed in piena raccolta energetica è possibile raggiungere traguardi di questa portata. A questo punto, per donare il meritato sollievo soprattutto a chi si è reso capace di tale sforzo, compare l'essenza solitaria dell'alfiere delle sei corde Baron e come fosse un inno alle capacità umane, attraverso sconvolgenti tecniche hard 'n' heavy e progressive melodie in grado di purificare mente e corpo, ricopre con magiche intuizioni il nuovo corso del nostro primattore. Dopo aver rapidamente assaporato tutto ciò che ci è stato presentato all'inizio di questo basilare capolavoro, proprio in veste riassuntiva, le speciali dinamiche introspettive prog thrash originarie si fondono alle ancor più familiari voci fuoricampo summenzionate. L'ancestrale passaggio appena citato, molto simile ad interminabili e commoventi saluti, ci teletrasporta al termine dell'episodio e con metodiche analoghe al termine della corsa di un vinile, tutto cessa inesorabilmente.
[DISC 2 - DVD] Live in East Berlin
Ciò che andremo a descrivere, con grande orgoglio, risulta essere a tutti gli effetti un pezzo di storia assolutamente imprescindibile per ogni amante del metal, indipendentemente dalla propria estrazione territoriale. Il 9 novembre del 1989, la Berlino segregata nel silenzio e nell'oscurità tornava ufficialmente libera ed i suoi abitanti, circa un milione e trecentomila, riacquistavano improvvisamente tutti e cinque i sensi e con gli ormai dimenticati colori, profumi, rumori, gusti e forme...la speranza. Ovviamente anche madre musica non rimaneva a guardare, difatti oltre al concerto simbolo, ovvero The Wall - Live In Berlin (Il Muro - Concerto a Berlino), tenutosi il 21 luglio 1990 da Roger Waters, bassista/cantante e cofondatore dei Pink Floyd davanti a più di 350.000 persone ospitate nella Potsdamer Platz e comprendente decine di ospiti, qualche mese prima e più precisamente il 4 marzo 1990, Berlino, nella sua totalità, poteva finalmente rialzare la testa. Infatti, prima di quest'ultimo fondamentale evento, per la popolazione della DDR - Deutsche Demokratische Republik (Repubblica Democratica Tedesca) era impossibile poter seguire i propri beniamini e persino acquistarne i dischi ed è così che l'irrefrenabile onda della libertà, capace di frantumare ogni forma restrittiva, poteva abbattersi in compagnia di quelle realtà musicali tanto amate. Riuniti per il Thrashing East Festival, oltre ai protagonisti di quest'avventura, anche i giovani e potenti Kreator, i birraioli Tankard ed i britannici Sabbat, tutti uniti dall'indissolubile amore verso padre metallo.
Shadow of a Lost Dream (Live)
L'inestimabile testimonianza, quest'ultima insita nelle irreprensibili metodiche lavorative mostrate del nostro amato pubblico ufficiale sulla scena del crimine, riluce immediatamente in virtù di un'entrata folgorante, difatti le migliaia di anime metalliche accorse per urlare al mondo la propria voglia di vivere, a seguito di una brevissima presentazione fuori campo, entrano rapidamente in contatto con la pura e genuina linfa sgorgante da Shadow of a Lost Dream (Ombra di un Sogno Perduto), magnificenza presente nell'irrinunciabile Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza). Molto probabilmente la scelta di tale componimento evidenzia un chiaro intento, poiché considerando il tema principale dell'opera, ovvero l'amore, l'esigenza di rendere lapalissiano un sentimento per molti anni dimenticato diviene imprescindibile per l'importanza stessa dell'evento. Nonostante la composizione del combo elvetico fermi velocemente la propria conta, il numero perfetto traduce magnificamente in musica concetti profondi ed abilità infinitamente al di sopra della media, infatti dopo aver reso propri gli spazzi circostanti, la grande creatività in simbiosi con l'intima magia evidente nel testo, mette definitivamente al riparo la grande folla accorsa per l'epico momento. La tipica bellezza del thrash mostra le proprie grazie sin dal principio, dacché il pregiatissimo tappeto posto in origine, come comodo passaggio, facilita l'accesso nelle mai violate intimità più nascoste. Grazie al geniale varco appena citato, seppur delicatamente impauriti, il messaggero dal violaceo mantello Ron, con freddezza e raziocinio, prepara il grido di battaglia facendo proprie le parole del pensatore Marky. I nostri preparati cavalieri, visibilmente a proprio agio sul palco, riescono ad intervallare splendidi orditi old school con magnifiche tessiture in pieno stile Coroner e quando divengono fondamentali le argute pizzicate del barone, quest'ultime prontamente seguite dai virtuosismi del custode delle nostre anime Royce e dal signore del tempo Marquis, la rilevanza posta in essere dalla lirica si impadronisce della scena. Il protagonista di questa storia a forti tinte passionalmente rosse, visibilmente confuso, non riconosce l'amata presenza, difatti gli atteggiamenti mai vissuti e le parole sin d'ora mai ascoltate, lo rendono incapace di ricordarne perfino il nome. In completa padronanza di ciò che sembrerebbe, da sempre, essere l'habitat naturale del trio rossocrociato, i continui incroci tra le ardenti trame schiacciasassi ed i momenti di lungimirante acume tecnico prestano la propria opera alle importanti rivelazioni seguenti. Sfortunatamente, il malcapitato primattore, vive sensibilmente la lontananza da colei che ha sempre riempito le infinite distese del proprio animo ed ormai in balia di sconvolgenti attimi di rabbia, colpisce violentemente l'immaginario muro che li separa nella speranza di infrangere le pareti dell'incubo vissuto. Quando la rabbia sembrerebbe possa far esplodere, definitivamente, l'ordigno del dolore, sempre sulle sfarzose ed imponenti trame technical thrash del combo espresse a pieno regime sopra un palco divenuto dimora, una parentesi di pura chiarezza mentale consegna una riflessione al malaugurato primattore, giacché il silenzio posto in essere dall'adorata, convince il cuore infranto a domandarsi quale anatema possa aver infranto l'incantesimo che li univa. Improvvisamente, il contenuto finemente celato nella lirica manifesta le proprie intenzioni, perché l'ombra sorridente e forzatamente silenziosa in piedi di fronte allo sfortunato, rivelando l'infausta, nonché "illusoria" situazione, lacera incontrovertibilmente il principale organo pulsante dell'incantato. Ormai succube della visione onirica e pieno d'odio per le verità da essa mostrate, viene oltremodo sigillata la rottura di una relazione forse mai realmente nata, infatti l'appartato spazio del virtuoso alfiere Baron, quest'ultimo al centro dell'attenzione e sventolante l'importante chioma, con ponti di neoclassica architettura ed evoluzioni estremamente tecniche, conduce il protagonista ad una ben più che sensata rassegnazione. Incredibilmente padroni della scena, i cavalieri erranti rimarcano i concetti musicali e lirici conosciuti in origine e dopo l'ennesima costruzione immaginosa appannaggio del pizzicatore, letteralmente avvolti dalle estasiate urla degli increduli spettatori, il sipario mostra la sua veste chiudendo l'infernale tormento.
Die By My Hand (Live)
Senza interrompere la propria corsa, ovvero con l'ultima nota testimone del primo entusiasmante episodio, le palpitanti ritmiche tribali scandite dal misuratore del tempo Marquis dilatano vertiginosamente lo spazio intorno ai presenti e quando l'arguto messaggero Ron, impadronendosi del principale arco di luce, rivolge ai festanti il proprio pugno verso il cielo, raccolta la meritata ovazione comincia la furia dettata da Die By My Hand (Muori Per Mano Mia), opener del superbo No More Color (Non piu' Colore). Accompagnati da sfavillanti giochi di luce ed avvolti dai bianchi fumi della riscossa, le assolute scale verso l'oblio costruite dalla sopraffina tecnica dell'alfiere delle sei corde Baron e dal guardiano Royce, abbracciano attraverso sensazioni purissime i vincitori della serata. Le avanguardistiche dinamiche thrash proposte successivamente, quest'ultime sottolineate da pregevoli stacchi, raccolgono la meritata presenza dell'ambasciatore dal violaceo mantello, il quale, prendendo parola in maniera grandiosa, racconta ai presenti la storia ideata dal filosofo Marky. La ferocia della lirica non lascia spazio a fraintendimenti, poiché la scelta di "eliminare" ciò che di malsano affligge il mondo diviene immediatamente un obbiettivo oltremodo chiaro, difatti quando la personificazione del male si presenta, pietrificata dalla paura, dinnanzi al riparatore, la sentenza mostra la propria energetica forma. In assoluta estasi per pulizia manifestata dai nostri e ipnotizzati dalla dinamicità dell'irrefrenabile barone, l'arma impugnata dal paladino Ron, trafiggendo lentamente la pelle bianca del condannato per renderne infinito il patimento, colora con tonalità rubine l'infuocato palco. Ormai coperti dal calore del flusso venereo, i cavalieri erranti affrontano un momento di vivace compostezza, infatti le incontrastate capacità dei prodi elvetici, quest'ultimi i principali artefici della tangibile gioia degli avventori, attraverso le dinamiche dirompenti dettate dalla doppia cassa del martello degli dei, consegnano una successiva parentesi più riflessiva. Il valoroso portavoce, abbandonate le vesti combattive, avvolge il proprio corpo con tessuti purificatori e mostrando il proverbiale lato comprensivo al ritrovato avversario, consigliando il silenzio lo induce al riposo salvandolo così da una morte certa e, inevitabilmente, dalla furia menzognera malcelata dall'esistenza. La magia del ritornello seguente disegna, metaforicamente, l'incontrovertibile significato del componimento, dacché risulta chiaro l'intento volto ad eliminare la parte infestata a favore del fiore razionale, in molte circostanze, mai sbocciato nelle anime talvolta controllate dal proprio fianco oscuro. La consecutiva parentesi costruita con pregevoli accenti dal pizzicatore Baron, eseguita con grande effetto al pari della vinilica conformazione e mostrata con velleità spettrali, aiuta i fortunati fruitori di note a seguire la non facile condizione psicofisica patita dal personaggio principale ed in virtù delle ombrose trame proposte, diviene lapalissiano il caotico ed insofferente moto interiore mai facile da contrastare. Con adeguatezza simile ad un'orchestra e con effetto accertabile ai più, la dilatazione temporale manifestatasi grazie alle prime virtuose note promosse dall'isolato spazio dell'alfiere, accompagna l'intera folla nell'intoccabile cosmo introspettivo insito nel proverbiale momento e con longeva perfezione, le trame neoclassiche ed heavy definiscono l'apoteosi. Riportate le molteplici anime sulle vie purificatrici incontrate precedentemente e ancora una volta faccia a faccia col redento, la via della guarigione sembra trovar la propria luce, tuttavia, l'immagine succitata del fiore razionale, sembrerebbe non cominciare il proprio arco vitale. Difatti quest'ultimo, ancora fossilizzato dal male, attende la benevole simbiosi con un gesto memorabile, giacché solo la raffigurazione di tale segno potrà liberare il primattore dal sortilegio. Per rendere inequivocabile il concetto appena palesato, la nuova comparsa del ritornello riesce a donare il necessario momento come fosse l'inizio di una purificante magia...prima una volta, poi una seconda ed alla terza, davanti ad una folla in delirio, completa l'arcana funzione sciogliendolo dalla fattura.
No Need To Be Human (Live)
Dopo un breve botta e risposta tra il messaggero dal violaceo mantello Royce e la festante folla, lo stesso, introducendo il componimento successivo, lascia il doveroso spazio a quella che, in compagnia di altre sequenze semplicemente perfette per il significativo appuntamento, risulta essere l'ennesima magnifica testimonianza di ciò che i cavalieri propongono con lungimiranza e solerte capacità. Infatti No Need To Be Human (Non C'e' Bisogno di Essere Umani), anch'essa racchiusa nel platter No More Color (Non piu' Colore), seppur mantenga intatti i principi fondamentali del thrash, accoglie trame che renderanno inconfondibile ed unico il sound dei nostri, tant'è che la terminologia adottata sin dal primo lavoro R.I.P. (Rest In Peace), ovvero technical thrash, qui incontra progressive intersezioni capaci di rendere ancor più straordinaria la continua crescita del trio. Una doverosa premessa, valutando l'importanza delle intelligenti parole di Marky, diviene d'obbligo, poiché il valore della lirica, quest'ultima posta in parallelo con la "reclusione" patita da gran parte del pubblico, seppur non potrà in nessuna maniera risultar paragonabile, definisce l'altrettanta "costrizione" posta in essere dal lobotomizzante potere della TV. A questo proposito Pierre Bourdieu, attraverso il suo aforisma, può così suggellare il pensiero appena espresso:"La televisione ha una specie di monopolio di fatto sulla formazione dei cervelli di una parte considerevole della popolazione". Tornando al maestoso concerto, l'attacco del signore del tempo Marquis, proposto con ipnotiche teorie musicali, apre le vie ad una cristallina consapevolezza e quando i preziosismi del barone elvetico, quest'ultimi affiancati dalle altrettante magnificenze offerte dal custode delle nostre anime Royce, presentano l'ambasciata, la visione di un sistema prossimo alla conversione, prepotentemente, riempie di nuovi significati l'aria circostante. Con il pubblico completamente racchiuso all'interno della bolla creata dal magnetismo musicale, il messaggero dal violaceo mantello Ron presenta il protagonista alla nascita di un nuovo giorno. Di ritorno verso casa ed esausto a causa delle difficoltà incontrate, il nostro primattore è convinto di ritrovare ciò che aveva lasciato, tuttavia l'illusione ricollegabile all'avvenimento, per certi versi piena di nuove energie, lascerà spazio all'inequivocabile verità. Comprensibilmente avulso dall'iperbolico disegno emotivo, le argute trame dispari dell'asse Baron-Royce-Marquis capaci di esemplificare il momento ed altresì in grado di accendere i presenti, definiscono i movimenti innaturali del personaggio principale, ciononostante, incapace di fermare la propria corsa. Incontrata con gli occhi quella che vorrebbe definire casa, viene incalzato dal nuovo aspetto della comunità, dacché l'insieme dei volti grigi e muti accorsi per l'occasione, lobotomizzati e indottrinati dal sistema, si vestiranno, metaforicamente, da miccia per far esplodere l'incredibile forza immagazzinata da colui il quale chiameremo eroe. Infatti le sfumature buie riconducibili ad un unica tonalità, grazie al seguente ponte cosmico marcato doppiamente dal portavoce del filosofo, si abbandonano a colorazioni più simili a giornate in fiore e la celata volontà del protagonista, ovviamente intenta a sciogliere l'arcano anatema, riesce a dar forma al contesto risvegliando la moltitudine in stato catatonico e disegnando sui loro volti principi di sorrisi ormai divenuti un lontano ricordo. Adagiate su queste nuove evoluzioni, le magnificenze poste in essere dal barone, dal guardiano del conscio e dal battitore di pelli, accolgono la successiva poesia vestita da ritornello, perché in assenza di una reale voglia di cambiamento, considerate le avversità, sarà "l'uomo" a cessare di esistere. Al cospetto di un pubblico oltremodo festante e dopo aver riproposto il messaggio, l'arpeggio pizzicato con dovizia dall'alfiere apre definitivamente le restanti menti contratte e sulla scia dell'introspettivo momento, con il palco invaso dall'infinito, il momento indotto dall'alfiere definisce nuovi parametri di lucentezza. Sopra i tempi dispari citati in apertura, le neoclassiche alchimie inventate dal pizzicatore abbracciano le ultime anime perdute e sulla base di tecniche costruite celermente, il nostro primattore può ultimare il proprio lavoro, cosicché, soffiati gli ultimi vocaboli, i futuri corpi potranno nascere, pensare ed agire...liberamente.
Read My Scars (Live)
Solo il tempo per introdurre la successiva perla, questa sempre annunciata dall'ambasciatore, ed il maestro battitore Marquis, dopo tre modulati accenti, comincia la cavalcata verso le impervie strutture musicali e liriche del componimento scelto dal combo. In compagnia delle assordanti presenze berlinesi e di una impalcatura simile ad un gigantesco muro grondante metal, continua la presentazione del fantasmagorico No More Color (Non piu' Colore). Questa volta, il filosofo svizzero, proietta i propri pensamenti tra le fredde mura della città dei condannati e fra le appena menzionate pareti silenziose, la personificazione della colpevolezza viene studiata negli atteggiamenti e nelle considerazioni. Questa insolita prospettiva, ad onor del vero sinora mai accolta, risulta essere un arguto viaggio nelle profondità espresse dalle tante cicatrici indossate dal forzato, poiché quest'ultime, nascoste da una giustificata vergogna, esprimendo un'evidente richiesta d'aiuto trasferiscono nelle parole componenti il titolo della traccia, ovvero Read My Scars (Leggi Le Mie Cicatrici), il dolore di una persona divenuta consapevole. Accesa la miccia della redenzione, l'inconfondibile profumo di thrash saluta nuovamente la folla e l'inquietudine disegnata dalle dotate pennate di Baron può così abbracciare gli stessi. La raffigurazione delle grida di disperazione del nostro primattore, ben costruite dalla perizia dell'alfiere delle sei corde, riescono a trasferire le nostre esistenze all'interno dell'infernale luogo, ovviamente per comprendere nel miglior modo possibile le dinamiche psichiche di Marky e, conseguentemente, per poter gustare in maniera adeguata le parole profuse dal messaggero dal violaceo mantello. Accompagnato da glaciali metodiche e dalle sequenze originarie del trio, il portavoce racconta l'angosciante situazione vissuta dal protagonista, dacché le stesse urla da lui sperperate, rimbalzanti ed infinite, rendono impossibile la stessa convivenza con le altrettante figure vestite a strisce. Assolutamente coinvolti nell'intricata "esperienza" trascendentale, anche gli accorsi, per buona sorte, possono vivere un momento di palese rilassatezza, difatti la manifestazione della doppia cassa del signore del tempo in simbiosi con gli impagabili fraseggi del pizzicatore di corde, seppur per un breve lasso di tempo, si rende capace di un meritato spazio temporalmente arioso. Come appena anticipato, il breve attimo incontra ancora una volta le lancinanti urla e ridestati tra le gelide pareti, le suddette ritrovano motivazioni in apparenza dimenticate, giacché lo squarcio di luce appena abbandonato, per un istante capace di purezza, riesce ad illuminarne la coscienza. Con i nostri valorosi spumeggianti e simili ad una imperitura luce della rivalsa, il metafisico racconto prosegue e sempre su selciati tecnicamente thrash, la nuova dimensione raggiunta dal personaggio principale diviene emblematica. Infatti il chiaro deperimento fisico, da considerarsi come la logica conseguenza della propria lotta interiore, viene spalleggiato da un significativo risveglio mentale, perché la stessa coercizione dalle sembianze anguste e terminali, è divenuto l'amorevole guscio difendente lui dal mondo esterno. La conclamata mutazione sorbita dal protagonista viene oltremodo sottolineata dal ritornello, ovvero come fosse rivolta ad un immaginario "collega", indica la volontà nel carpire la natura dei tanti sfregi, tuttavia senza chiederne le spiegazioni. A questo punto una superba evoluzione del barone apre le porte al solitario spazio eretto da lui stesso costruito e mentre il signore del tempo ed il custode delle nostre anime arricchiscono, con variopinte sfumature thrash, l'aria germanica, l'introverso spazio del menestrello diffonde momenti d'epica estrazione. Un primo, ricco d'energia, estrema abilità e velocità, per poi sfociare in un secondo, sempre mostruosamente tecnico, più heavy e ricco di pathos. La neoclassica precisione seguente, frutto della vorticosa trama creata dalla prelibata accuratezza di Baron, lascia spazio alle ritmiche sulfuree ed angoscianti personificanti le ovvie paure ritrovate dal primattore e sempre con grande puntualità tradotta dall'ambasciata di Ron. Sebbene avvolto da nuove rigeneranti convinzioni, le stesse si dimostrano paradossalmente soffocanti, poiché l'utilizzo delle gambe e della vista, organi il più delle volte considerati scontati, divengono inutili in contingenze simili...come la luce, fonte di ritrovata saggezza trasformata in fuoco sulla pelle. Sulla base di queste estreme preoccupazioni tutto diventa complicato, dacché all'interno del gelido cubo ogni cosa viene dimenticata facilmente, anche la libertà, finalmente considerata un dono e quando un'ultima volta le lugubri grida accentrano la scena, con l'ultima nota lasciata imperiosamente in balia degli umori festanti, il concetto iniziale viene ripetuto per far si che la chiave della cella venga distrutta per sempre...in compagnia della tardiva redenzione mostrata dal principale occupante.
Voyage to Eternity (Live)
Senza lasciar spazio alla logica ripresa, consuetudine tra una canzone e l'altra, il filo conduttore della serata viene portato avanti attraverso un altro splendido insieme musicale e senza dubbio anche grazie ad un titolo che, posto all'interno di un momento così importante, diviene oltremodo lungimirante. Difatti dopo aver passato quasi mezzo secolo nel forzato silenzio, purtroppo seguito da una condotta oltremodo carceriera, considerando le migliaia di giovani anime cresciute in quel contesto, risulta facile percepire l'esigenza di un Voyage to Eternity (Viaggio Verso l'Eternita'). Un viaggio disegnato dalla grande voglia di scoprire il mondo ed all'eternità appena conosciuta, in grado di completare, con pennellate color arcobaleno, il magico dipinto posto in essere dalla "vita", seppur guidati da un testo palesemente improntato sull'oscura compagna di sempre. Esempio raccolto da quell'impronta technical thrash portata all'apice del successo da Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), dopo un primo attacco del padrone del tempo Marquis, gli splendidi orditi edificati dalle tecniche falangi del capacissimo Royce e dal barone, completano l'inizio sfavillante. Ormai pienamente al centro dell'attenzione e con la marea umana nell'anima, dopo le prime cadenze quasi heavy, il medesimo attacco succitato del battitore di pelli apre la via alla magnifica linfa tech-thrash giacente nei condotti venerei dei cavalieri elvetici. Ad onor del vero ed in maniera assoluta, considerando l'ottimo gioco di luci presente sul palco e la sola scritta Coroner, bianca su sfondo nero, posta come sempre dietro la batteria, potremo parlare di una realtà capace di riempire, con la grande proposta armoniosa mai ricollegata ad inutili fronzoli o effetti pirotecnici, le vaste distese umorali dei presenti. Sempre sulle appena menzionate dinamiche technical thrash, i nostri si rendono capaci di saziare gli appetiti dei fortunati spettatori, poiché le impetuose scosse costruite dal tuonante Marquis e le incisive trame tecniche puntate dall'alfiere delle sei corde Baron, queste perfettamente integrate dal genio assemblatore Royce, frantumano le restanti macerie simbolo padre dell'ignoranza. Proprio in virtù delle linee ricamate dal pizzicatore, il messaggero infernale rende proprie le parole dell'arguto Marky, il quale mostrandoci nuovamente le vesti dell'enigmatica materia, prepara il decollo che ci condurrà attraverso le immensità del cosmo, dacché il protagonista di questa affascinante storia, solitario nel portare a termine la significativa missione e da tempo lontano da emozioni fraterne, nonostante la diligenza mostrata nel controllo del proprio veicolo, è tuttavia cosciente che questa risulterà essere l'ultima rotta. L'importante velocità raggiunta dai cavalieri spaziali, simile a quella vissuta dal nostro primattore, oltre ad essere accolta con gran entusiasmo dalla fiumana accorsa per l'evento, parafrasa in maniera grandiosa le prime difficoltà anche grazie al tempismo manifestato dal messaggero. Infatti quest'ultimo, sottolineando i restanti respiri disponibili a causa del prolungamento della summenzionata esplorazione, disegna, attraverso il pensiero dell'amato filosofo, l'abissale mestizia patita dal viaggiatore cosmico immobile nel fissare il divenuto lontano puntino sferico di color blu. A questo punto, ormai con la triste realtà fissa negli occhi del primattore, il ritornello riveste le parole profuse dal sentenziante Ron con estrema rassegnazione e così il glaciale richiamo dell'eternità, frastornante come l'infinità dell'universo, può essere percepito in lontananza dal nostro sfortunato personaggio principale. Sempre padroni delle vastità poste in essere dalla saliente occasione, i cavalieri intergalattici continuano a sfrecciare rendendo distinguibile il veloce consumo e all'accensione della sciagurata spia rossa indicante la prossima fine, il portavoce infernale rielabora un vitale concetto, giacché l'isolato comandante, slacciando le cinture immobilizzanti, libera il proprio corpo per non perire nella stessa scatola mortale. Fortunatamente, per tutti i presenti, il lirico pensamento accoglie un confortante momento in virtù del solitarie pizzicate lanciate dal magnifico menestrello stellare e grazie alle interplanetarie espressioni thrash emesse dalla sei corde, quest'ultime apparse dopo intersezioni universali sempre regalate dal barone, la drastica conclusione può essere piacevolmente accolta. Nonostante si tratti di una palese tragedia, la proiezione futura desta sollievo alle anime presenti, poiché al di là del tempo, quando troveranno il silente assemblamento meccanico, il sorriso sul volto del condottiero descriverà il proprio orgoglio...sentimento udibile per sempre come lo splendido apporto del pubblico ufficiale e dell'intera folla
Absorbed (Live)
Anche in questa circostanza, dopo una veloce presentazione ad opera dell'ambasciatore del trapasso, continua la perforante spinta dell'ufficiale giudiziario e con il boato per i nostri paladini ancora ben distinguibile, il selciato ben battuto dal signore del tempo, ancora una volta paragonabile al più capace dei mangiasassi, si completa del tutto in virtù della suggestiva simbiosi tra Baron e Royce in quella che potremmo definire come la perfetta strada del technical thrash. Quest'ultimo frutto, nato da profonde abilità tecniche ormai divenute il più riuscito tra i marchi di fabbrica, riesce ad esplodere tutte le malcelate proprietà grazie alle stregate trame cucite dal duo, poiché i ricami inventati, quest'ultimi eseguiti sempre con modalità eguali alla testimonianza vinilica, a suon di virtuosismi colorati da stacchi magistralmente realizzati, ci conducono in un nuovo mondo Absorbed (Assorto). Ovviamente, il tema messo in evidenza dalla lungimiranza e dall'abbondante acume del pensatore Marky, può facilmente trovar una giusta collocazione all'interno della manifestazione corrente, dacché l'ancora palpabile sensazione si smarrimento, questa causata dalla ritrovata libertà a seguito della coatta segregazione, accende nell'animo dei tanti "protagonisti", e non solo, la medesima voglia introspettiva. Col fiato spezzato dai repentini cambi occupazionali sul palco e dalle continue complicate modulazioni espresse dal trio di telliana memoria, ad onor del vero molto presenti nel vinile dal quale è stato estrapolato il componimento, ovvero Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), veniamo travolti dall'ambasciata del portavoce assoluto Ron. Difatti, con l'ausilio dell'acclamata, nonché giudicante timbrica e delle infinite scale neoclassiche montate dal barone, il personaggio presente nell'opera è intento a vivere il passaggio da una vita oltremodo immersa nell'ingiustizia e condizionata da informazioni manipolate, a favore di una nuova prospettiva svincolata da una forza superiore al proprio volere. Sfortunatamente, come se non fosse già abbastanza, la comparsa di spaventosi fantasmi passati, quest'ultimi soggetti principali delle apparizioni nei labirinti mentali del primattore, non aiuta il processo curativo in corso, tuttavia, attraverso energie spirituali riemerse in occasione del cambiamento, si convince a donare l'eterno riposo a tale suplizio. Sempre sulle dinamiche musicali appena menzionate e con gli accorsi completamente in delirio, il messaggero continua il difficile racconto, giacché il machiavellico percorso volto alla ricerca della pace, costellato da ricordi non semplici da cancellare, presto farà segnare una prima vittoria. È così che, sull'appena citata via dell'arte dei suoni battuta da Marquis e Royce, il cammino interiore del nostro futuro vincitore abbraccia una nuova direzione, ossia quella della fermezza. Eppure l'entrata in scena del ritornello, aiutata da un insieme di vorticose intelaiature melodiche, permette alla splendida voce dell'ambasciatore di descrivere una logica, nonché ritrovata intima confusione patita dall'apparente malaugurato, perché inevitabile a causa della stressante ricerca della chiave che aprirà la porta della rinascita. Per creare le migliori condizioni, queste fermamente necessarie, viene in soccorso il fantastico solitario spazio proposto dalle memorie dell'alfiere e sulle grandi manovre composte decisamente da elementi heavy, tratteggia, con la propria attitudine proverbialmente superiore alla media, lo stato d''animo del personaggio in procinto di ritrovar la meritata pace. Ciò che ne consegue è senza dubbio una ritrovata spinta emotiva verso la completa purificazione spirituale e continuamente spinti da distinguibili colpi di natura tech thrash, quest'ultimi ben saldati con l'irrefrenabile gioia cittadina, quello che sembrava essere un varco inespugnabile pieno di orribili sfumature grigiastre, ora è divenuto il florido e coloratissimo accesso per la definitiva congiunzione astrale con la nuova e bene augurante forza interiore.
Masked Jackal (Live)
L'efficacia del maestoso gioco di luci sul palco e tra la folla, capace di sottoscrivere il principio per cui "less is more", riesce a creare la perfetta base su cui poggiare il componimento scelto per dar seguito alla magnifica serata e dopo una breve introduzione, felicemente presentata dal padrone di casa Ron, tutto continua con la stessa energia riscontrata sin dal principio. Anch'esso assolutamente riconducibile al tema principale dell'avvenimento, poiché incentrato sulla falsità e l'imposta costrizione, esplode la propria furia grazie alla lirica creata sempre dal genio compreso di Marky. Quest'ultima, incentrata sulle malsane inclinazioni appena citate, racconta l'incredibile ignominia adottata dalle plurime, nonché deprecabili figure occupanti la terra, nell'indossare la grande quantità di maschere della vergogna colpevoli di scempi senza fine. Ad onor del vero, considerando le innumerevoli menzogne che han sempre infestato l'intero globo, l'argomentazione potrebbe risultare già vissuta, tuttavia, sulla scia degli accadimenti già ampiamente esposti ed accorsi nella frazione germanica, risulterà perfettamente incastonata. Infatti, se dovessimo contemplare le summenzionate bautte e colui il quale risulta in grado di indossarle, ovvero il "leader", gli amici tedeschi capiranno, oltre ogni ragionevole dubbio, quanto Masked Jackal (Sciacallo Mascherato), tratta ancora dalla meraviglia posta in essere da Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), possa essere utile nel rivestire questo ruolo. L'attacco dei nostri, radioso in virtù dei dettami rigorosamente technical thrash, accende ancor più la sana voglia di riscossa dei presenti per la grazia desumibile dall'azione degli stessi, prima assai cadenzata e in un secondo momento perforante, difatti le iniziali dinamiche modellate con perizia dal duo Marquis-Royce, successivamente incontrano i geniali ed impetuosi inserimenti neoclassici del pizzicatore Baron. Sul voluminoso andamento appena descritto viene diramato l'accusatorio manifesto, in quest'opera, accompagnato dal quel meccanismo rivoluzionario più comunemente chiamato TV, quest'ultimo in grado di manipolare e controllare la grande quantità personificata dalle vulnerabili masse. Così le micidiali parole dell'ambasciatore cominciano la propria missione e ponendo sotto la luce inquisitoria i succitati individui, con proverbiale metodo, distrugge gli stessi intenti nel proclamare finti slogan, purtroppo, seguiti dalla moltitudine lobotomizzata incapace di sciogliere il finto ed illusorio legame. Maniacali sul quadrato musicale ed oltremodo superbi nell'arricchire nello spirito i presenti, veniamo accolti da parole sempre più significative in prossimità del ritornello, dacché le numerose nefandezze rivelate attraverso l'oggetto elettronico dalle tante personalità corrotte, si completano a causa delle stesse malcelate dita incrociate dietro la loro schiena. Con lungimiranza propria ai nostri la dinamica sposta i suoi intenti verso logiche apparizioni, giacché l'accento spettrale arpeggiato con dovizia dal barone, fantastico nel proprio incedere, riesce esattamente a trasformarsi in un appoggio per il classico esempio di confuse parole fuori campo letteralmente sputate dai padroni del mondo. Il concetto appena espresso risulta essere molto frequente nei tanti campi posti in essere dalla vita, difatti in ogni ambito, sia esso politico, religioso o economico, l'insieme dei proseliti risulterà sempre pieno di parole ma povero nella sostanza. Dopo aver lanciato, nuovamente, i fondamentali contenuti formanti il ritornello, ovviamente per sottolineare l'indiscutibile controllo mentale patito dai molteplici cervelli volubili, appare per nostro sollievo l'appartato spazio del virtuoso alfiere delle sei corde. Appuntamento ormai accolto con spasmodica attesa, sulle prime si manifesta con fare compassato e introspettivo, successivamente macina consensi in virtù di un tapping a dir poco fulminante. Il passaggio seguente, di natura barocca, rende fruibile la risoluzione del cantico in questione, perché sugli articolati incroci conosciuti lungo tutta la traccia e con il popolo unito nell'idillio posto dall'avvenimento, taluni presupposti, come quello ricordato, troveranno la meritata fine, mentre altrettanti nasceranno e sfortunatamente produrranno le ovvie conseguenze.
D.O.A. - Death On Arrival (Live)
La magia di un momento così tanto desiderato da anni, grazie al potere della musica, permette ai presenti di vivere una parentesi piena di emozionanti rivelazioni interiori, poiché dopo l'ormai classica, nonché spedita presentazione del signore dei portavoce Ron, le peculiarità del lungimirante technical style, di certo portato alla ribalta dai nostri, nella traccia in questione incontrano il gusto di una proposta progressivamente in grado di precorrere il tempo. Ciò che si manifesta agli entusiasti fruitori di note, con accattivante piglio futurista, risulta essere un mastodontico esempio di acume tecnico mai fine a se stesso ed è per queste lapalissiane motivazioni che D.O.A. - Death On Arrival (Morte All'Arrivo), estratta come una gemma rara da No More Color (Non piu' Colore), abbraccia immediatamente ogni essenza spirituale. Così, davanti ad una folla piena di nuovi intenti e sempre in movimento, i magnifici lampi del pizzicatore Baron e del custode dei segreti Royce riescono ad illuminare una notte già oltremodo piena di luce e queste, unite alle granitiche certezze modellate dal signore degli orologi Marquis, annunciano l'incipiente ambasciata. Le stupende successioni mentali partorite dal gigantesco Marky, in quest'opera, trattano un tema tanto ovvio per i "fondamentali" protagonisti scelti, quanto preoccupante al solo pensiero di un'eventuale accadimento. Infatti l'amato portavoce, in maniera fredda e risoluta, racconta la rassegnazione di uomo prossimo all'esalazione del proprio ultimo fatal respiro, dacché le normali fonti energetiche quali il sole, l'acqua, il fuoco e la luna, capaci di vita, nonostante la mai doma speranza per lui siano diventate fonte di morte. Ad accentuare oltremisura l'infausto momento, come se non apparisse già abbastanza tragico, il personaggio principale viene invaso da un nobile desiderio, giacché vorrebbe immagazzinare dentro di se tutto ciò che di negativo attanaglia il mondo, molto probabilmente, per eliminare con estrema facilità tutte le piaghe che flagellano l'intero globo. Attraverso le seguenti dinamiche marcatamente thrash, il glaciale tempismo dell'ambasciatore avvicina ulteriormente il primattore alla propria fine, sennonché un barlume di ritrovata voglia terrena, accostabile al canto della coscienza, ci trasporta alle soglie del primo attesissimo solitario spazio, quest'ultimo in grado di riportare i concetti fondamentali dell'esistenza su parallele incorruttibili. Un primo accento delle sagge capacità del barone, queste paragonabili allo spiegamento delle ali di una maestosa aquila, vengono sottolineate da una sorta di parentesi temporale abile a fermare per un attimo il tempo. Successivamente, quando la forma lascia spazio alla sostanza, il volo del rapace, pieno di manovre regali oltre la logica intuizione, viene personificato dalla creatività del nostro pizzicatore con metodologie neoclassical prog al di sopra di ogni segno distintivo. Comparsi nuovamente i dettami iniziali, veloci ed irrefrenabili, l'esame introspettivo del nostro pubblico eroe incontra verità più profonde, perché il summenzionato nobile volere, orgoglio per l'umanità, completa il proprio raggio d'azione circondando l'enormità del Male racchiusa in lui e rivolgendosi ad Esso, questa volta, avvolto da quelle stesse fonti in origine deleterie per la propria salute si prepara al glorioso attacco finale. Intenti ad assimilare il prossimo sostanziale evento, con dovuta cura, veniamo letteralmente invasi dall'altissima preparazione del custode delle nostre anime Royce, il quale, adottando tecniche maliziose, inonda i fruitori di note con arcaiche doti e prepara il sistema umorale al secondo singolar momento. Avvolgendoci in parentesi lontane dalla realtà, il sommo incantatore, per mezzo di modalità thrash style riesce ad aprire definitivamente le porte della vittoria e con l'animo decisamente provato, richiusa la porta della rivincita, le meccaniche thras n' prog conosciute ad inizio opera, ricandidano, in simbiosi con le medesime parole, la propria fondamentale aspirazione. A questo punto, dopo una prova d'assoluta rilevanza, lasciando spazio ai meritati boati tutto cessa e le nuove energie forgiate attraverso speranza e convinzione, preparano il percorso ai prossimi affascinanti contenuti.
Sudden Fall (Live)
Questa volta, con grande emozione, la ripresa viene consegnata al più che benemerito dilatatore del tempo, il quale, scandendo i battiti cardiaci degli accorsi attraverso potenti tocchi della gran cassa, unisce gli obbiettivi in un unico grande boato festante e quando viene raggiunto il picco emozionale, riposizionando la propria postura sul magico sgabello, da seguito alla visione immaginaria e in contemporanea di tutto lo spaziotempo esistente. Anche in questa circostanza, perché possa vestirsi da monito per il mondo intero, viene ulteriormente contrastata la figura del leader, d'altronde, a seguito del periodo accorso nella parte buia della splendida città teutonica, non risulterà mai sufficientemente colpito. Infatti la grande capacità illusoria mostrata, quest'ultima portata eccessivamente allo scoperto da un insieme di parole tanto ipnotiche quanto insignificanti, ha sempre reso possibile la crescita "controllata" di milioni di inutili cervelli lobotomizzati. Questo contenitore di nozioni fondamentali per preservare la propria anima e la propria rettitudine da cotanta maleficenza, indubbiamente estratti dalla miniera del sapere del filosofo Marky, descrive, con risultati assai certificati, l'azione riparatoria volta a risvegliare dal torpore le condizionate volontà degli appena menzionati volubili individui. A seguito dell'entrata succitata Sudden Fall (Caduta Improvvisa), perla contenuta nella mistica impronta recante il nome di Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), continua la propria missione attraverso un incedere formidabilmente intriso di stacchi ed intrecci technical thrash. Questi, genialmente dipinti sull'asse Baron-Marquis-Royce, valorizzano ancor più lo scopo del componimento, poiché il risultato sembra proprio richiamare all'attenzione le deboli masse cadute nell'inganno e poco dopo, abbracciate le successive tecniche puramente thrash, la suprema presenza dei battiti accelerati del signore del tempo ci accompagna al cospetto del messaggero dal violaceo mantello. La spettacolarità insita nella grande attitudine mostrata sul palco dai nostri, millenaria come il guscio della più longeva testuggine, introduce il manifesto, dacché la voglia proposta, ovvero il necessario allontanamento dai finti proclami, non comporti un prezzo troppo caro da pagare. Ben adagiato sopra il selciato appena presentato il processo coinvolge aspetti più radicati, giacché il conto salato per gli animi in questione, indefinibile ai più, non è altro che la conseguenza della stessa mancanza di personalità e di coraggio adottata dai predisposti all'obbedienza. Così, come fossimo spettatori di una mortale sentenza, il ritornello divulgato dal personificatore elvetico, con le sole due parole componenti il titolo dell'opera, rivela l'inevitabile conclusione e tutto, sulle avanguardistiche trame ideate dal trio. Sempre sotto le barbituriche segmentazioni indotte dal signore del tempo e dalle ammalianti costruzioni thrash del barone, emerge un'imprescindibile considerazione, ovvero poter godere dei basilari diritti offerti dalla società, quest'ultimi facilmente proclamati dagli ipocriti teorici del "giusto" al solo scopo di "comprar" consensi. Il seguente momento fortemente fushion eretto dai cavalieri del rinnovamento, nonostante l'ardente odio tradotto a parole dall'efficiente Ron, assegna scenari notevolmente più riflessivi al tutto e per completare la propria forma, rispondendo alla logica necessità dei presenti, i direttori d'orchestra accompagnano le isolate destrezze sotto l'incantevole luce della ribalta. Palesandosi con toni emotivi di diversa natura, i veloci passaggi preferibilmente heavy disegnati da Baron colorano la scena in modo completo e l'escalation di consecutivi rapporti intimi, questi mai profanati dall'insieme musicale, riconducono tutto all'ineluttabile fine proposto dalla stessa. Abbandonata la tempesta viscerale, il monumentale apporto dell'araldo riesce a risvegliare le memorie degli assorti e prima di portare a termine la cavalcata verso l'assoluto, attraverso l'infuocato marchio del sapere, imprime nelle memorie di tutti la pericolosa condizione di una vita decadente se prostrata ai piedi del nulla.
Reborn Through Hate (Live)
All'interno di una serata così particolare, speciale sotto tutti i punti di vista, non poteva mancare Il componimento il cui titolo avrebbe riempito l'arteria principale di tutti gli accorsi utilizzando registri ancora inesplorati. Il sentimento racchiuso nell'opera in questione, indubbiamente nato dall'esplosione di fattori mortalmente utili all'oscura ed enigmatica materia e presente su R.I.P. (Rest In Peace), racconta della non sempre spontanea rivoluzione interiore, molte volte, incentrata su avvenimenti cruciali incontrati nel corso dell'esistenza e qui, ad esprimere in modo emblematico talune vicissitudini, la pronta rinascita di una cospicua fetta della popolazione berlinese. Ormai abituati alla classica presentazione veloce, Reborn Through Hate (Rinato Nell'Odio) manifesta la propria essenza attraverso un riff divenuto parte imprescindibile del technical thrash e quest'ultimo, puro talento a tinte neoclassiche dell'alfiere delle sei corde, ultima il proprio effetto grazie alla luce creata dal custode delle nostre anime Royce e dal signore del tempo Marquis, in ciò che potremmo facilmente definire come pura magia. Dopo aver reso possibile l'impossibile, due battiti del luminoso cuore ad opera di chi controlla la ciclicità ed un fresco sentiero viene esplorato dai cavalieri rossocrociati, infatti le nuove dinamiche, sempre rigorosamente tech-thrash, si posano volontariamente per accogliere la voce aggressiva dell'ambasciatore dal violaceo mantello. La lirica, cerebralmente espressa dal lungimirante Marky, indossa tutta la pesantezza di chi ha già reso sentenza la visione dell'intero sistema, poiché viene evidenziato il pericolo indotto da chi governa il mondo, ovvero la malcelata capacità di "cacciare" le nostre miserabili vite. L'esplorazione musicale continua e gli intricati percorsi ideati dal combo, impensabili sotto molti punti di vista, lasciano spazio a mistiche trasformazioni dello stesso in fisionomie precorritrici nel tempo ed è proprio su queste viscerali operosità che trovano la meritata sistemazione le corrosive parole del portavoce, dacché la pericolosa attesa del gigantesco nemico potrebbe risultare "mortale" solo per gioco. Il seguente concetto, illuminato da dettami puramente thrash, annuncia la tanto desiderata caduta degli Dei, quest'ultima accompagnata dalla stessa marcia verso il più simbolico dei luoghi di condanna e nonostante le finte lacrime da copertina, cadute velocemente da menzogneri volti, preparano la tanto sognata implosione. Gloriosamente padroni incontrastati del palco e con i flussi emozionali dei presenti ben coordinati con la musica, il tanto agognato sentimento può trovar la giusta via di fuga ed è così che la rinascita spirituale, usufruendo di incisivi termini tanto chiari quanto succinti nella struttura, esplode tutta la propria intensità. Con l'ancor udibile scia poderosa e sempre a cavallo della stessa portata, il solitario spazio continua l'importantissimo disegno in due momenti di egual intensità, difatti il primo, utilizzando registri molto heavy, è in grado di richiamare ogni forma vivente all'attenzione, mentre il secondo, pieno di velocissime doti thrash, annienta la parte venefica in abiti carcerieri. Tutto prosegue e gli originari voli pirotecnici si ripresentano in pieno stile Coroner, mentre le metodiche utilizzate dipingono con disarmante convinzione un palese affiatamento simile a longeve conoscenze e le vertiginose scale scolpite nella roccia dal barone, apparse per poter raggiungere stadi emotivi al di la dei basilari erudimenti, si prestano all'ascesa verso il punto più alto dell'essere. La parentesi ancestrale appena descritta, comparsa per delineare la divisione dei due atti, riconsegna, per l'appunto, tutte le vitali presenze alla sequenza narrata in principio, la quale, mostrando le stesse argomentazioni, rende possibile una riscossa forzatamente rinchiusa nel tempo. In virtù delle medesime trame musicali, riapparse per rimarcare esigenze naturali, l'indiscutibile inno della ribellione, accompagnato da un doppio sentenzioso rintocco, conclude la lotta contro un supplizio epocale e la risposta delle esultanti coscienze radunate, radiosa sebbene celata nell'ombra, conferma la celeberrima vittoria del cuore sulla mente.
Purple Haze - Radio Live Cut (Live)
Dopo aver incrociati sguardi pieni d'orgoglio, i tre cavalieri della dall'animo puro coinvolgono la moltitudine utilizzando una sequenza posta come parentesi integrativa e mostrando un piglio assai incalzante, prima il portavoce della giustizia, poi all'unisono il metronomo temporale ed il barone delle sei corde, utilizzando stacchi coordinati col tempo, agganciano i presenti attraverso una prestazione corale d'altri tempi. Terminata l'unione d'intenti, dopo una brevissima boccata d'ossigeno dietro le quinte e dopo la consueta rapida presentazione, Punishment for Decadence (Punizione per decadenza) viene ancora una volta scelto per testimoniare non solo il gusto dell'alfiere delle sei corde ma, nozione conosciuta alla cerchia dei fans più incalliti, una delle fonti di ispirazione del genio svizzero, ovvero James Marshall "Jimi" Hendrix. Infatti la scelta portata in trionfo con Purple Haze (Foschia Viola), seppur preservi le classiche venature blues dell'originale, viene completata nella sostanza da spunti thrash ricollegabili alla puntigliosa doppia penetrazione di Marquis e dalle peculiarità technical thrash evidenti nelle pennate del mitologico Baron. Il riconoscimento per un simbolo in grado di modificare aspetti musicali non ancora considerati diviene obbligatorio, giacché la fusione di componenti blues, rock e psichedelia, ha reso possibile la formazione di una leggenda, inoltre, altresì basilare, è da considerarsi come l'anticipatore dell'heavy metal. Ovviamente, il tema racchiuso nella lirica, non risulta essere il frutto dello svolgimento psichico del sommo poeta Marky, tuttavia, con "acido" piacere, la materia grigia del folletto proveniente da Seattle ci ha regalato una mistica visione. Quest'ultima, a rigor di fiaba, racconta del viaggio onirico di Jim nei meandri della propria allucinata mente laddove, avvolto da una fitta foschia color porpora e sommerso da gelide acque, viene tratto in salvo dal Messia. Poggiata sopra l'illustre riff, questo ad onor del vero impreziosito dalle brillanti sfumature del pizzicatore, la timbrica spettacolare del portavoce Ron rivela l'importanza della storia, perché la pesantezza insita nella purpurea nube, ormai penetrata nei labirinti cervellotici, permette alterazioni visive in grado di raggiungere il cielo con un dito. Mantenendo la carica espressiva delineata ad inizio opera, il messaggero dal violaceo mantello continua a disegnare il surreale stato d'animo del creatore e rimarcando l'attitudine suadente del blocco etereo, poiché capace di rendere sia gai che accorati, ne accerta le altrettante abilità volte a persistere nel tempo. A questo punto l'introverso spazio immaginato dall'alfiere delle sei corde, ulteriormente ricamato con risplendenti drappi stilistici rock n' blues, aggiunge traiettorie blues al volo fantastico partorito dal pensiero altrui ed attraverso l'ordinaria dote, quest'ultima vivida nelle gesta del trio rossocrociato, catturano le memorie dei "nuovi" sognatori tramite emozionanti parabole pindariche. Tornati all'origine di ciò che, ancora oggi, è tramandato come esempio musicale, la densa bruma porta a termine il proprio compito, difatti, oscurando la vista, rende impossibile la distinzione del giorno e della notte costringendo l'involontaria implosione dell'anima del protagonista dal proprio carnoso involucro. Quando la poesia sembrerebbe volgere al termine, per la gioia dei presenti, un secondo periodo di introversa regalità contraddistingue una serata oltremodo pazzesca, tanto è vero che le particolarità disegnate dal pizzicatore futurista, sempre illuminate da radici blues, portano a compimento un grande esempio di lungimiranza artistica. Così sulla scia delle prime note componenti Last Entertainment (Ultimo Intrattenimento), ovvero l'azzeccatissimo tappeto d'altissimo valore annodato a mano dal talentuoso Rispin, nonché fantasticheria colma di contenuti compresa in More Color (Non piu' Colore), termina, attraverso mille sfavillanti magie colorate caratterizzanti i fuochi d'artificio, una delle date più importanti della storia del metal. Adesso la luce può essere restituita a qualità umane volontariamente celate nella penombra dalla prepotente ignoranza e l'incredibile potere della vita può librarsi, come essenza eterea, in quel flusso canalizzante proprio della speranza.
Masked Jackal (Music Video)
Finalmente, esclusivamente per piaceri fini, il profilo così tanto maligno del corruttore incappucciato si presenta sotto forma di visione reale, cosicché le immagini create per logica conseguenza dalle nostre menti, ovviamente ascoltando con attenzione i pensieri divenuti imprescindibili lezioni di vita di Marky, riescono a definire il tassello mancante. L'opera, infatti, esprime la propria essenza attraverso la principale estensione sviluppata dai nostri amati cavalieri elvetici, dacché la presenza sul palco, quest'ultima costruita con intelligenti inserimenti visivi, riesce a sottolineare la giusta importanza attribuibile al componimento. Grazie alle metodologie adottate dal prode funzionario pubblico, Masked Jackal (Sciacallo Mascherato), direttamente da Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), comincia la propria forma distruttiva nei confronti delle due minacce tanto abili nel tenere sotto scacco l'intero sistema mondiale, ovvero la figura del "leader" e la "TV". Per completare un disegno assolutamente fantasmagorico, l'indispensabile presenza posta in essere dalle migliaia di persone accorse per il memorabile evento, queste unite al semplice, nonché magnifico allestimento scenico, poiché il tanto amato nome della band, adagiato dietro le pelli del signore del tempo Marquis e scritto in bianco su uno sfondo profondamente nero, evidenzia inevitabilmente la potenza del messaggio proposto. Aperta la porta della mistica comprensione, le sublimi dinamiche technical thrash partorite dal combo, incontrate sin dal principio, aumentano la propria sensibilità in virtù delle nozioni neoclassiche integrate nel sapere dell'alfiere Baron e quando la personificazione del male si presenta ai nostri occhi vestita con il proverbiale bianco colletto, l'altrettanta efficacia dettata dall'asse Marquis-Royce prepara l'entrata dell'imperterrito messaggero infernale. Quando l'emblematica stretta di mano del gruppo viene immortalata dalle immagini attraverso tecniche subliminali, lo scopo malcelato nella lirica esplode la propria ira ed i succitati bersagli, descritti per mezzo di giustificate violenze verbali, possono cominciare la propria inesorabile implosione, giacché l'arroganza utilizzata nel divulgare inutili slogan, questi sempre assorbiti da lobotomizzate masse talvolta innocenti, risulta sufficiente per sancirne la fine. Nonostante l'elaborato conservi esplicite accuse, tutto diviene ancor più incisivo in prossimità del ritornello, infatti, coadiuvato dalle imponenti coralità del pizzicatore, l'ambasciatore Ron sotterra le finte dichiarazioni divulgate principalmente dal mercenario del potere, questo condannato alla stessa stregua delle dita incrociate, dallo stesso, dietro la schiena. L'arpeggio che segue, avvolto da inquietanti emotività, introduce la massima espressione insita nella deplorevole figura appena citata, poiché la musica, simbioticamente fusa con l'arrogante mimica facciale di quest'ultimo, rende comodamente accessibile lo sproloquio offerto, con sconfortante nonchalance, dal supremo burattinaio. Indubbiamente, la trama or ora abbandonata e delineata non solo a parole dal superlativo trio rossocrociato, comunica in maniera lapalissiana le malsane abitudini dei plurimi sfruttatori intossicanti l'intero globo, perché analizzando tutti i fondamentali modi di agire nella nostra società, come la politica, l'economia e la religione, l'illusione proposta risulta, con cognizione di causa, sempre la stessa, ossia la famelica esigenza volta a divorare innumerevoli impegni mai realmente osservati. Lasciate le stupidaggini appena diffuse, il ripetersi del ritornello si pone come spazio risolutivo per il filtrante momento suggerito dall'ammaliante alfiere delle sei corde, il quale, esponendo la propria chioma al gioioso pubblico, manifesta capacità forgiate dall'assoluto. Immediatamente l'insieme sgorgante di puro heavy metal, invade le coscienze dei fruitori di note, successivamente, immagazzinati i basilari indottrinamenti, le magie barocche fissate attraverso le preparatissime falangi del maestro, permettono la ripresa spirituale. A questo punto le brillanti fotografie regalate dal cantico e riguardanti le prime pagine di conosciuti quotidiani, rimarcando ancora una volta l'esistenza di un sistema corrotto, chiudono definitivamente il cerchio costruito con longeva regalità dal combo e la figura abbandonata al proprio destino, quest'ultima caduta inesorabilmente al suolo priva di vitalità e collegata all'ignobile ghigno dell'ormai riconoscibile sciacallo, mostra un unico conclusivo pensiero...nonostante la vergogna troverà ancora terreno fertile, inevitabilmente, prima o poi, il destino compirà il proprio corso.
I Want You (She's So Heavy) (Music Video)
La seconda firma audio-visiva ad opera dei nostri fedelissimi, questa tutta da vivere, vede materializzarsi la "femme fatale" del perpetuo cantautore, polistrumentista, paroliere, attivista e attore cinematografico britannico John Winston Lennon, quest'ultimo autore della traccia presente in "Abbey Road" del 1969 dei Fab Four di Liverpool. Ovviamente stiamo parlando di I Want You (She's So Heavy) Ti Voglio (Lei E' Cosi' Pesante), canzone parzialmente riadattata ed inserita dai cavalieri di telliana memoria nel grandioso Mental Vortex (Vortice Mentale). Il componimento, considerato da molti critici come il primo pezzo heavy metal della storia, esprime nella musica e nella lirica qualcosa di facilmente accostabile ad una vera e propria ossessione per la summenzionata, infatti Yoko Ono, entrata nella vita del favoloso il 9 novembre 1966 durante un'esibizione artistica della stessa all'Indica Gallery di Londra, oltre ad averne stravolto l'esistenza, si è vestita da musa ispiratrice per una serie infinita di testimonianze "follemente" amorose. Inutile nascondere le tensioni che, molto probabilmente, hanno portato i Beatles allo scioglimento, tant'è che la presenza dell'ormai odiata, durante le registrazioni, rendeva oltremisura difficile il lavoro dei quattro mitici musicisti e come se non bastasse, rivolgendoci alle anime non proprio limpide dei baronetti dell'Ordine dell'Impero Britannico, la convivenza, pian piano, celava sopportazioni indipendenti dalla nascitura nipponica. Tornando al tema principale, l'incredibile perizia del combo si evince sin dal principio, dacché le immagini, immediatamente, raccontano un gruppo formidabilmente abile nel mutare il proprio aspetto a favore del tema trattato, riconoscendone indiscutibilmente l'importanza. Tutto comincia senza inutili fronzoli, poiché l'ammaliante arpeggio, questo impreziosito da finiture create ad hoc dal pizzicatore del presente, del passato e del futuro, in simbiosi con la visione felpata dei sublimi arti inferiori della protagonista, caratterizza evidentemente il pacchetto proposto dal programma "Headbangers Ball" in onda su "MTV". Siamo al cospetto di una versione, come detto in apertura, minuziosamente articolata anche nella forma, giacché le ridotte pelli utilizzate dal signore del tempo Marquis e l'oscura tonalità del colletto proposto dall'ipnotico alfiere delle sei corde Baron, completano l'immensa teatralità offerta dal potere impenetrabile del messaggero Ron, il quale, con la chioma raccolta, riporta con notevole incanto la lirica di Lennon. Le quattordici parole utilizzate, scelta tanto stravagante quanto geniale, sottolineano l'innaturale legame psico-fisico nei confronti della prediletta e poggiate su un morbidissimo drappo rock blues, incontrano, inevitabilmente, metodiche inconsce capaci di rapire la logica del buon senso. Per rendere più esplicito il concetto appena espresso, attraverso una disarmante semplicità, il testo consuma l'ennesimo squilibrio, perché il crescente impazzire del proprio ideatore, mentre scorre la splendida bellezza della primattrice, lo costringe ad una consapevole alienazione dal mondo terreno. La meraviglia posta in essere dall'arpeggio iniziale, qui ripresentatosi per allietare umori contrastanti e per introdurre il ritornello, diviene oltremodo significativo grazie alle poche parole utilizzate, giacché, nonostante l'ottima fattura vocale mostrata dai nostri, definisce l'abissale pesantezza del simbiotico vincolo affettivo. Ancora una volta, in un momento dove luci ed ombre giocano con il gaio fruitore di video note, il solitario spazio divulgato dal barone si manifesta per rendere memorabile un prodotto già fenomenale, difatti i dettami rock blues sviluppati dal mostruoso pizzicatore, quest'ultimi adagiati sopra un vincolante doppio attrito concretizzato dal padrone della perseveranza, regalano accessi legittimi verso l'inimmaginabile. Lasciata alle spalle l'elevata emotività, per non dimenticare la gravosa presenza, si presenta nuovamente il barbiturico elemento accompagnato da grandi visioni oniriche dell'adorata e nonostante questa versione non conservi la stessa lunghezza, in virtù di una surreale dissolvenza abbandona la propria carica emotivamente distruttiva.
Last Entertainment (Music Video)
L'ultimo esempio della grande lungimiranza dei nostri prodi cavalieri, per ciò che concerne questa serie di testimonianze visive, non poteva che ricondurci a quell'emblematico ornamento tecnologico così tanto in grado di rendere l'essere umano un elemento prescindibile della nostra società, poiché il tubo catodico, elemento autore di mastodontici scempi, in questa occasione diviene un principio oltremodo disfattista. Fortunatamente l'insostituibile prontezza del guardiano della logica Marky, luminescente come il più virtuoso coleottero, nel componimento in questione prende in esame un argomentazione assai pericolosa, ovvero l'abuso di potere ad opera delle forze dell'ordine americane e più precisamente della serie televisiva "Cops", dialettica comunicativa ideata da John Langley e messa in onda dal canale statunitense Fox. Così Last Entertainment (Ultimo Intrattenimento), presente nel geniale No More Color (Non piu' Colore), racconta uno dei tanti episodi tanto disprezzati da chi guarda il mondo con candida purezza d'animo. L'eccelsa bravura del lungimirante pubblico ufficiale viene sottolineata sin dal principio, dacché le plurime strutture plastificate contenenti le orribili versioni del contingente sopra citato, quest'ultime accompagnate dall'intuitiva immagine del nostro filosofo in preda alla più intima disperazione, abbracciano la raziocinante metodologia adottata per consegnare agli integerrimi fruitori di note attimi di verità assoluta. Infatti l'inquietate forma recitativa attuata dell'ambasciatore Ron e ripresa in formato live, nonostante regali dettami differenti dal classico stile thrash, dona ai fortunati ascoltatori, attraverso dinamiche spettrali, momenti di riflessione assoluta, ovviamente senza dimenticare l'estro creativo insito nell'infinito dimensionale dell'epocale gruppo in questione. Immediatamente l'angosciante lavoro di Rispin si impadronisce della scena e l'imponenza adottata dal messaggero dal violaceo mantello, colossale come il Dio Helios, può così scagliare in primo piano la propria ira sulle attività poco lecite dei suddetti predicatori del deserto, giacché l'azione discriminante adoperata nei confronti nelle classi meno fortunate, massima espressione della corruzione mondiale, accantona volontariamente i misfatti generati dai massimi poteri. Poggiata sopra sostanziali fotografie rivoluzionarie, la lirica condanna irrevocabilmente i dipartimenti accondiscendenti al format e con loro, come fossero le più scarse ombre cinesi, i fondamentali arti, in sofisticate divise, autori di tutto questo sfacelo. Fortunatamente l'ausilio del memorabile mentore delle sei corde Baron, pizzicando le corde dell'estensione del proprio essere, si manifesta per guarnire un'atmosfera divenuta inevitabilmente lugubre e grazie a questa parentesi al di sopra delle parti, proprio come fosse argilla da modellare, il portavoce infernale definisce verbalmente l'abuso di potere e la mancanza di rispetto nei confronti dei basilari diritti dell'essere umano. Senza dimenticare le innumerevoli menti lobotomizzate talvolta complici del sistema, mentre scorrono i volti vendicatori dei cavalieri elvetici, la rappresentazione di una docile fanciulla intenta a raggiungere la libertà viene incalzata da un registro palesemente doom metal e quando sembrerebbe scontato far cullare il nostro ego dal candido calore espresso dal contesto appena citato, le porte della disapprovazione ci riconsegnano al decadente sonetto tanto caro all'alfiere delle sei corde. E' così che l'emblema della saggezza, ossia l'elefante, viene coinvolto per esprimere la caduta delle facoltà umane, perché possa risultare lampante l'immobilizzazione progressiva dei cervelli mondiali. Sorbiti sia fisicamente che psicologicamente, ancora annebbiati dagli effetti umorali di Rispin, il poema visivo abbandona la propria potenza con la fuga del trio dal disastro cerebrale e sebbene tutto mostri parvenze longeve nel tempo, il pericolo che la noia possa procurare grattacapi incontrovertibili nelle morie mortali gestisce oltremisura sensazioni complicate. Per questo motivo, apparentemente intricato, risulta semplice desumere l'estenuante imbarazzo nel condurre una vita normale e una volta riproposto l'allegorico ritratto del metodico padre di questa produzione, con sottile rassegnazione, tutto cessa con spasmodica attenzione, indubbiamente, pronti a rispondere con grande solerzia alle immani prevaricazioni a cui l'uomo dovrà sempre far fronte.
Conclusioni
Sinceramente non avrei mai voluto scrivere ciò che segue, tuttavia ogni storia riserva un inizio ed una fine. Ebbene si! Siamo arrivati alle conclusioni finali di una magica favella iniziata nel 1986 tra le mura di Turicum (Zurigo) e con le lacrime grondanti dal viso che ha potuto vedere, nella forma e nella sostanza, un progetto che si è reso capace di riscrivere il thrash, la speranza che tutto possa continuare, presumibilmente con un nuova testimonianza musicale, riesce a rallentare la corsa di quella che sembrerebbe rivelarsi una depressione acuta. Quando l'ombra dell'enigmatica ed oscura materia, dopo l'uscita del primo fondamentale demo Death Cult (Culto della Morte), ha rivelato al mondo intero le ancora acerbe, ma evidenti, capacità del nostro amato funzionario pubblico, ovviamente, nessuno avrebbe potuto immaginare un percorso di tali proporzioni artistiche. L'appena citata conformazione estetica, splendida non solo per la profonda copertina piena di teschi su uno sfondo completamente nero, si è vestita da prologo per l'intera avventura affrontata dai cavalieri elvetici i quali, grazie al prezioso aiuto di Tom G. Warrior (Thomas Gabriel Fischer) in veste di cantante, oltre ad ottenere i primi imprescindibili consensi da parte della critica, hanno potuto affrontare particolarità discografiche assolutamente sconosciute per ovvie ragioni. In seguito ai riscontri positivi derivanti dal primo saluto al mondo metal, nel 1987 esce R.I.P. (Rest In Peace) e con esso la prima impronta di technical thrash, dacché le grandiose trame espresse dalle eleganti virtù, anche neoclassiche, dell'alfiere delle sei corde Baron, in simbiosi con l'altrettanta preparazione del custode delle nostre anime Royce e del signore del tempo Marquis, sono riuscite a donar vita a complesse composizioni ancora celate all'uomo. Chiaramente, anche in questo caso, l'immagine posta come premio visivo continua il discorso precedente, infatti lo sfondo di un cimitero, questo immortalato con modalità avviluppanti di color arancione, danno seguito al tema fondamentale trattato. Proprio in virtù di questa intesa psico-fisica con l'intero cosmo, la prima grande inseminazione, oltremodo pregna dell'originale lungimiranza di Padre metallo, donava speranza all'utero accondiscendente di Madre musica in quello che diverrà un "rapporto" prolifico nel tempo. In seguito al gran responso, soprattutto critico, i cavalieri confederati si convincono delle reali certezze ricollegabili al proprio estro e così, nel 1988 Punishment For Decadence (Punizione Per Decadenza), rimarca, con notevoli completamenti, le infinite qualità del trio, quest'ultimo assolutamente in grado di portare avanti e aggiungere espressività al pacchetto. Risulterebbe superfluo fingere sulla palese efficacia delle copertine, giacché, per motivi differenti, vedono la luce due versioni estremamente significative. La versione originale, ad opera del pittore e scultore francese Auguste Rodin, riporta l'immagine della scultura incompiuta La Porte de l'Enfer (La Porta dell'Inferno), senza dubbio di grande effetto, perché, l'imponente struttura in bronzo, prende spunto dall'inferno descritto dal Sommo poeta nella Divina Commedia e molto probabilmente, pensata come auspicabile meta per i protagonisti delle intelligenti storie narrate dal messaggero infernale Ron. Sulla base di questa perspicace intuizione, perfetta nella sostanza ma eccessivamente filosofica per il genere musicale proposto, viene pubblicata anche la degna sostituta, ovvero quella che può definirsi come l'ispirazione al Der Tod als Wuerger (La Morte come Wuerger) del pittore e disegnatore Alfred Rethel. Raffigurante la suprema Mietitrice intenta a suonare una tibia come fosse un violino, esprime, in tutta la propria forma, l'incontrastata prima attrice contornata da una tangibile potenza. Ormai nel pieno delle proprie facoltà, No More Color (Non piu' Colore), assoluta gemma del 1989, oltre a rendersi indelebile nel tempo grazie a partiture tech-thrash al di là della comprensibile valenza umana, abbelliscono ulteriormente la propria grazia attraverso magnificenze progressivamente esposte. Ad onor del vero, per sottoscrivere ogni legittima appartenenza, l'immagine nominata per dar seguito ad un'esistenza già oltremodo sintomatica, ovvero il rilevante scatto del filosofo Marky con le mani sul volto, accresce i contenuti del tema, quest'ultimo non più concentrato esclusivamente sulla Morte, bensì completato da argomentazioni riconducibili alla futilità dell'uomo di fronte a ciò che di marcio la vita propone. Per portare su livelli ancor più alti la consacrazione di una band destinata ad essere ricordata oltre la logica temporale, Mental Vortex (Vortice Mentale), perla rara del 1991, incontra le plurime menti capaci con un disegno zeppo di variopinte sfumature regali, poiché le classiche singolarità insite nei dettami musicali del gruppo, qui, perfezionano la propria essenza con accenti progressive sempre più evidenti. L'esponenziale forma comunicativa, in questa circostanza, è manifestata dall'ennesima illustre ideazione accertabile dalla copertina, dal momento che la scelta di proporre al mondo la l'immagine di Norman Bates, direttamente dal capolavoro di Alfred Hichcock "Psycho" del 1960, allunga, considerando le tematica sempre intrise di enigmi mortali e di nuovi aspetti psicopatici malcelati nei protagonisti, la lista dei complimenti attribuibili al combo svizzero. Mai abbastanza assuefatti da tali squisitezze, purtroppo nel 1993, il magico cerchio incontra la propria massima luminescenza in coincidenza con quella che oggi risulta essere l'ultimo stadio evolutivo del sapere musicale umano. Il riferimento è volto al magnum opus dei maestri rossocrociati, ovvero Grin (Sogghigno), dacché l'esaltazione della forma e della sostanza, concetto mai fine a se stesso e mai venduto per il vile denaro, in virtù di evoluzioni solo percettibilmente accostabili alle radici nate nella Bay Area in California, espande spontaneamente tutta l'energia progressivamente accumulata nel corso degli anni in un maestoso incantesimo impossibile da sciogliere. L'ultimo aspetto da menzionare, lasciato in fondo solo perché carico di accezioni positive, ricama le proprie iniziali sulla totalità delle fantastiche liriche regalate ai fortunatissimi fruitori di note e come se non bastasse, fatta eccezione per quest'ultima, sulla scelta delle copertine, difatti il dotato acume risiedente nei coloratissimi condotti cerebrali del pensatore Marky, ha reso possibile la divulgazione di rappresentazioni mentali ricche di contenuti. Come anticipato nell'introduzione, il pacchetto comprende il racconto, direttamente dalle parole dei protagonisti, di un'epopea assolutamente inarrivabile, infatti, davanti alla sacralità del fuoco di un camino, tra immagini di vita vissuta e parole d'elogio espresse da musicisti della portata dell'amico di un'intera vita Thomas Gabriel Fischer e Martin Ain (Celtic Frost), Max Cavalera (Sepultura/Soulfly) e Mille Petrozza (Kreator) tra gli altri, si porta a compimento qualcosa di veramente incredibile e con la speranza rivolta ad un possibile nuovo episodio, amici di vecchia data, salutandovi mi auguro di ritrovarvi prossimamente al varco.
2) Reborn Through Hate
3) Masked Jackal
4) Die By My Hand
5) Sudden Fall
6) D.O.A. - Death On Arrival
7) Nosferatu
8) Serpent Moves
9) [DISC 2 - DVD] Live in East Berlin
10) Shadow of a Lost Dream (Live)
11) Die By My Hand (Live)
12) No Need To Be Human (Live)
13) Read My Scars (Live)
14) Voyage to Eternity (Live)
15) Absorbed (Live)
16) Masked Jackal (Live)
17) D.O.A. - Death On Arrival (Live)
18) Sudden Fall (Live)
19) Reborn Through Hate (Live)
20) Purple Haze - Radio Live Cut (Live)
21) Masked Jackal (Music Video)
22) I Want You (She's So Heavy) (Music Video)
23) Last Entertainment (Music Video)