CORONER
About Life
1991 - Noise Records
ANDREA MARTELLA
18/05/2018
Introduzione recensione
Fortunati avventurieri dal gran senso dell'estetica, vi porgo nuovamente i miei più cordiali saluti. Dopo il clamore suscitato da un album incredibile come No More Color, i nostri amati cavalieri confederati superato, in maniera esemplare, lo scoglio del famigerato terzo album, decidono di consegnare ai trepidanti fruitori di note un anticipazione di quello che ne diverrà il successivo, ovvero Mental Vortex. Questa volta, a differenza del trittico anticipatorio rilasciato prima del capolavoro menzionato in apertura, saranno due le singolar uscite che andranno ad evidenziare le ormai conclamate capacità del nostro amato funzionario pubblico, altresi in grado di mostrare al mondo le proprie lungimiranti evoluzioni stilistiche. Diviene importante, a questo punto, porre l'accento su un decennio non sempre in grado di regalare emozioni, difatti entrati negli anni 90' e più precisamente nel 1991, non saranno molte le uscite discografiche in grado d'essere ricordate. Il concetto appena espresso, assolutamente non concernente i fedelissimi rossocrociati, è da ricollegarsi all'ascesa di un genere controverso, ovvero il grunge. Quest'ultimo, in realtà sorto a metà della decade precedente e di chiara estrazione rock, oltre a non dover essere considerato come una ramificazione del metal, costringe la stragrande maggioranza delle thrash metal bands a riscrivere il proprio sound. Il cambiamento di rotta appena citato, da ricollegarsi alle "nuove" esigente di mercato, potremmo più facilmente tradurlo nell'esplicito desiderio, ovviamente malcelato dalle case discografiche, di espandere le capacità del proprio portafoglio a discapito della parte più importante da sempre e per sempre...la MUSICA. Nonostante le premesse non benauguranti, oltreoceano a Los Angeles, gli Slayer invadono i padiglioni auricolari degli esterrefatti ascoltatori con il secondo live album "Decade of Aggression", registrato tra il 1990 e il 1991 in tre differenti luoghi, ovvero la Wembley Arena di Londra in Inghilterra, l'Orange Pavilion di San Bernardino in California e il Lakeland Coliseum della stessa cittadina di Lakeland in Florida. Anche a San Francisco, gli Exodus rilasciano, in questo caso, il primo live album della propria storia dal titolo "Good Friendly Violent Fun", quest'ultimo registrato nel 1989 al The Fillmore nella stessa città californiana, risulta essere l'insieme di otto tracce tra cui la cover"Dirty Deeds Done Dirt Cheap" dei mitici AC/DC. Prendendo spunto dalla precedente uscita, sempre in California e sempre nella città degli angeli, i Dark Angel con "Act of Contrition" anticipano il discorso che, da li a poco, prenderà forma nel grandioso e lungimirante "Time Does Not Heal". Una parentesi, ad onor del vero, non molto piacevole, diviene obbligatoria per i concittadini del gruppo appena menzionato, poiché' i Metallica, con "Enter Sandman", precorrono l'inizio della personale caduta artistica successivamente racchiusa nel "Black Album". Qualche migliaio di chilometri più in là, a New York, gli Anthrax sono protagonisti di un'uscita, per l'appunto, "singolare", difatti in compagnia del gruppo rap Public Enemy e con la loro canzone"Bring the Noise", vengono inclusi, dalla rivista Rolling Stone, al 162esimo posto nella classifica delle 500 canzoni più belle di tutti i tempi. Nella confinante terra dalle infinite distese, ovvero il Canada, gli Annihilator con "Never, Neverland" e "Stonewall", posticipano, con fare particolare, ciò che precedentemente si e' vestito con grande stile, ossia il full-length "Never, Neverland". Tornati nel cuore pulsante europeo attraverso la devota porta dimensionale, in Germania, i Sodom raccolgono tutte le proprie energie sfornando il loro secondo live ed il singolo "The Saw Is The Law". Per quanto riguarda il primo pezzo di storia, assolutamente per collezionisti e tutto racchiuso in una musicassetta, viene registrato al Poaon di Atene in Grecia ed oltre alla registrazione di sole quattro canzoni tra cui "Iron Fist", cover dei Motorhead, è presente un'intervista al chitarrista Micheal Hoffmann, quest'ultimo in formazione nel solo"Better Off Dead". Per ciò che concerne il secondo, vengono riprese due tracce del lavoro appena menzionato e "The Kids Wanna Rock", inusuale scelta poiché cover del canadese Bryan Adams. A questo punto possiamo finalmente rientrare in Svizzera e qui i Coroner, immaginifici cavalieri di telliana memoria, con "About Life" iniziano la personale doppietta. Come nel precedente Die By My Hand la mancanza di una copertina elimina notevoli spunti riflessivi, tuttavia il formato, ancora una volta nella sua futuribile conformazione, regala nel dischetto la stampa di una fantastica lama circolare dentellata. Sopra quest'immagine, in alto è riportata la scritta dell'invincibile combo, mentre in basso il titolo del singolo. Sul retro del CD, invece, nuovamente il nome della band e la classica scritta in 3D dell'amica di sempre Noise Records, ovvero la casa produttrice berlinese. Non rimane altro che immergerci nelle articolate argomentazioni concernenti la vita.
About Life
Il tema proposto, con assoluta cognizione di causa, dal nostro amato filosofo Marky, in questa traccia risulta facilmente desumibile dal titolo stesso, quest'ultimo ricollegabile non solo alla sua personale esistenza, evidenzia tutto ciò che di deplorevole è stato commesso soprattutto in campo politico, religioso ed economico. Sfortunatamente le metodiche volte al controllo generale della vita di ogni individuo, hanno consegnato per millenni scempi di natura diversa, difatti se la politica, sempre macchiata da indecenti corruzioni, ha condannato la vita di milioni di persone di differenti etnie e l'economia e' sempre stata controllata per limitarne le crescenti speranze, la religione ha reso possibile cio' che potrebbe essere definito come immorale, ovvero consegnare falsi storici per soggiogare le vite di un numero infinito di "credenti". Molto probabilmente la sequela di misfatti ridicoli e ridicolizzanti, quest'ultimi oggetto di disamina lungo il fantastico percorso creato nelle liriche dal pensatore e nella musica dai nostri prodi cavalieri, hanno reso possibile questo momento introspettivo per cui riflettere About Life (Sulla Vita). Subito, in virtu' delle potenti battute proposte dal signore del tempo Marquis e delle trame neoclassical thrash pizzicate dal barone Vetterli, entriamo nel minuzioso disegno proposto dalla mente dell'autore. Oltremodo calati in uno scenario tipico del genere l'abilità nell'impartire somme lezioni di vita è subito tradotta dal messaggero dal violaceo mantello il quale, non dimenticando le altrettante capacità nel seguire le vie offerte dal barone, si scaglia con violenza sui principali motivi di tale strazio. Attraverso le sue conclamate peculiarità descrive chiaramente i pensieri del suo creatore e quest'ultimi, volti verso un mondo saturo di nefandezze, creano la certezza per cui non esista niente di più infausto e la convinzione, che le sole anime realmente innocenti possano urlare il proprio sdegno. In pieno regime old school viene evidenziata la sensazione dell'eterna lotta in difesa dei basilari diritti umani, dacché' sommersi da un sistema adottante la guerra come forma espressiva e la religiose per moltiplicare l'odio fra i popoli. Abbracciati dal seguente movimento progressivamente thrash, infinito punto di riferimento dei nostri, l'innocente esigenza di un totale rifiuto cresce verosimilmente e donando il verbo alle anime succitate, l'ambasciatore attraverso il semplice contenuto di una frase declama in sintesi il manifesto del filosofo Marky. Infatti rivolgendosi in maniera del tutto "singolare" verso chi a reso invivibile la nostra permanenza sulla terra, sottolinea come l'ignoranza possa portare alla sola distruzione. Tornati sulle antiche vie iniziali non viene risparmiata l'intera classe abbiente, quest'ultima solo in grado di nascondersi dietro luccichii e segreti di longeva esistenza ed in egual maniera l'intrattenimento televisivo, poiché' interessato a divulgare morte come fosse uno spettacolo da prima serata. Dopo una sottile parentesi nuovamente thrash prog, sempre magistralmente costruita, il solitario spazio dell'alfiere delle sei corde si presenta a sollevar il morale e dopo un primo attimo di superba tecnica unita a velocissimi passaggi molto heavy, le successive intersezioni, più introspettive, con metodiche assai cadenzate ci proiettano ancora una volta al ritornello. Senza dubbio costruito per scolpire nella mente un dogma inequivocabile, riesce a mantenere alta la soglia d'attenzione e quando l'ultima porta dimensionale viene aperta con l'ausilio progressivamente accentato dal barone, il componimento cessa al pari del più furente anatema.
Conclusioni
Ancora perturbati dalla musica e preoccupati dalla lirica, giungiamo al termine della prima parte di una splendida singolar doppietta. In un periodo dove la metamorfosi è divenuta protagonista, quest'ultima, ad onor del vero, non sempre di natura lungimirante, il nostro fedele funzionario pubblico, a differenza di molte altre entità, mostra il verbo appena citato con disarmante efficacia. Il segreto di tale risolutezza, senza ombra di dubbio, va' ricercato nel senso d'appartenenza e dal rispetto mostrato dai nostri nei confronti della musica, difatti ogni evoluzione stilistica è sempre stata la logica conseguenza di una naturale ricerca, questa, mai condizionata da fattori esterni. Purtroppo le malsane esigenze di un mercato discografico sempre più corrotto dal dio denaro e la nascita del grunge, oltre ad aver creato mostri di ogni tipo, ha generato sentimenti autodistruttivi nel cuore e nello spirito di artisti capaci di scrivere la storia di un genere ad dir poco sublime. Per consolidare questa tesi basterebbe pensare ai Metallica, difatti la band proveniente dalla Bay Area, in compagnia di altre realtà fondatrice del thrash metal, col "Black Album" si allontana dal tipico sound di un genere fin troppo chiaro, approdando in terre notevolmente più commerciali. Forse non sapremo mai le reali motivazioni per cui una band, cosi seminale, possa aver innestato la retromarcia con fare oltremodo interrogativo, tuttavia le dinamiche economiche non sembrerebbero essere le uniche giustificanti al mistero proposto. Difatti, al contesto, potremmo inserire un palese calo creativo, quest'ultimo, ovviamente, iniziato dopo il fantastico "...And Justice For All..." e certamente la collaborazione con Bob Rock, produttore di stampo sicuramente piu' "popolare". La prospettiva cambia, per esempio, analizzando i co-fondatori Slayer, Megadeth ed Anthrax; i primi sempre in grado di mostrare la solita granitica faccia, mentre la band di Mustaine e Ian, accantonate un paio di estemporanee cadute, non hanno mai abbandonato l'essenza che li ha resi quel che ancora sono. Tornando ai nostri confinanti eroi e al lavoro, qui, esaminato, a differenza di ciò che è stato appena espresso, troviamo nell'intero componimento un'importantissima testimonianza non solo musicale. I portavoce del technical thrash, in grado di aggiungere capitoli fondamentali nel panorama metal, attraverso la lirica partorita dalla conclamata arte filosofica di Marky, dipingono con grande perizia la devastante situazione in cui versa il mondo ed uno dei suoi piu' longevi protagonisti, ovvero l'uomo. Le già lapalissiane miscele artistiche adottate dai nostri, attraverso l'utilizzo progressivamente accentato dalle intelaiature proprie di un genere mirabolante, nel presente componimento si vestono con colori primari per irradiare lo sfogo del nostro pensatore. Molto probabilmente l'insieme di argomentazioni trattate nel corso dei precedenti capitoli, unendosi con disgusto, hanno reso possibile una sorta di analisi conclusiva nei confronti di quei fondamentali aspetti che, per millenni, hanno impoverito con fare millantatorio le vite di ogni individuo. Difatti lo" scacco matto" imposto da religione e politica, ambedue spine del medesimo rovo, costringono l'autore all'emblematica sintesi: "You don't know nothin'" (tradotto in: Tu non sai niente). Rivolgendosi alla figura del leader, la sua forma, in realtà, evidenzia come tutto sia il prodotto di uno schema senza tempo, ovvero la circospezione dell'essere umano per mezzo di continue menzogne. Anche le trame costruite dal trio, seguendo le intelligenti parole, riescono a sottolineare ciò che viene tradotto a voce dal messaggero, ovviamente in virtu' del tipico thrash sound a marchio Coroner, quest'ultimo perfettamente legato alle iperboliche evoluzioni del barone, un incredibile e inscindibile unione tra potenza, tecnica, intelligenza, feeling e quella già citata follia, inconfutabilmente presente con modalità accentuata in tutte le tre menti. Il solitario spazio nascente, per logica conseguenza, aggiunge ulteriore efficacia al brano, poiché diviene con le sue dinamiche una vera e propria medicina riparatrice per l'anima. Infatti i primi attimi del tutto classicheggianti, aprendo le porte del cuore all'invasione rabbiosa, proiettano l'attenzione dell'ascoltare verso l'annientamento definitivo del male, i seguenti momenti più riflessivi, ormai fortificati grazie al precedente spazio, aiutano la nostra anima a comprendere le difficoltà proprie dei due perenni conflitti. Non poteva chiudersi in maniera migliore questa singola uscita ad opera dei cavalieri confederati, dacché piena di elementi, come sempre, lungimiranti, questi sempre montati con criteri al di là di tutto, soprattutto dei soldi e delle mode. I magnifici tre, competenti e assolutamente non costruiti, con la sola forza della musica e delle idee hanno illuminato la scena non solo dei primi anni novanta, quest'ultima purtroppo nella sua peggior versione artistica e tutto questo, perché' solo grazie a virtu' non in vendita risulta possibile entrare nel cuore delle persone. Quindi in attesa di ciò che ci riserveranno nell'imminente futuro, amici lettori, non rimane che far nostro tutto quello che saggiamente ci è stato proposto e sicuri che le pagine di questa fantasmagorica storia non sono state ancora completate...stay tuned!