CANNIBAL CORPSE

The Wretched Spawn

2004 - Metal Blade Records

A CURA DI
FRANCESCO PASSANISI
14/02/2013
TEMPO DI LETTURA:
7

Recensione

Dopo 16 anni di carriera, i Cannibal Corpse possono essere definiti come la band più rappresentativa della scena brutal death metal mondiale. Chiunque, che segua o meno questo particolare genere o che li abbia ascoltati veramente o meno, conosce i 5 macellai di Buffalo forse anche solo per le controversie legate alle copertine e ai loro testi che, prendendo in prestito un termine cinematografico, potremmo definire dal contenuto molto splatter. Lungo questi 16 anni, i cadaveri cannibali hanno portato avanti la loro missione musicale passando attraverso censure, commissioni parlamentari e perfino dei veri e propri esili da nazioni come la Germania e l'Australia, dove le vendite di certi loro cd sono addirittura vietate in quanto "Ledono la pubblica morale". Anche dal punto di vista strettamente musicale i 5 americani hanno continuato dritti sulla loro strada lasciandosi alle spalle mode, novità, contaminazioni di ogni sorta rilasciando ben 8 compendi di pura brutalità, facendo particolarmente felici i metalhead più oltranzisti. Ma anche la ricetta migliore del mondo dopo un po' comincia a stufare e a mostrare le prime crepe, soprattutto nel mondo della musica che è un'arte in continua evoluzione (se così non fosse, saremmo ancora a battere femori di gazzella su una pietra) ed infatti il precedente "Gore Obsessed" mostrò una cronica mancanza di idee, una specie di minestra riscaldata che macchia la carriera di un gruppo che ha sempre mantenuto alti livelli qualitativi. Pieni di dubbi ci approcciamo a "The Wretched Spawn", nuovo parto della band americana... "Gore Obsessed" fu un isolato caso di poca creatività o anche i Cannibal Corpse faranno la fine di molte band che, munite di paraocchi di dimensioni enormi, non si accorgono che la strada finora percorsa è finita e stanno camminando contro un muro non andando da nessuna parte? "Severe Head Stoning" apre l'album con la solita mazzata, linea ritmica velocissima e un bel riff in slide interrotto da un velocissimo assolo che fungono da base per un George "CorpseGrinder" Fisher in grande spolvero, che mostra un growl molto migliorato soprattutto nell'articolazione delle parole senza compromettere la gutturale brutalità alla quale ci ha abituato. "Psychotic Precision" segue la stessa linea tracciata da "Severe Head Stoning", con una ritmica velocissima che si alterna a breakdown più rilassati portandoci dritti all'assolo tritaossa di Jack Owen. Il riffing è accompagnato da una tecnica cristallina messa in luce da un'ottima produzione, ma ancora una volta la sensazione di "già sentito" si affaccia nella mente di un ascoltatore più scafato ma senza inficiare una traccia che si prepara a diventare uno dei cavalli di battaglia per i live della band. Esattamente prima che la mia mente finisca di formulare l'idea che "Son bravissimi in quello che fanno, ma fanno sempre la stessa cosa", mi devo inchinare alla genialità di "Decency Defied", il cui testo nasce da un sogno fatto da un amico dello stesso Fisher dove il suo tatuaggio veniva brutalmente rimosso in un'operazione chirurgica molto "amatoriale" e senza anestesia. Leggendo tra le righe del testo, che a prima vista può essere letto come la solita storia del serial killer che raccoglie il suo trofeo, possiamo leggere anche un'allegoria della società perbenista che impera sul mondo. Sarà capitato a molti di essere giudicati a prima vista per un tatuaggio, dei capelli più o meno lunghi ecc. Il serial killer non è altro che la società che strapperebbe il tatuaggio perchè offende la pubblica decenza. Anche musicalmente il pezzo mostra diverse novità; La sezione ritmica rallenta la sua corsa per buona parte del pezzo in favore di un'atmosfera più morbosa che ben si sposa all'immagine principale che il pezzo ci vuole dare. La ritmica più lenta e il muro di suono meno forte del normale ci permette di notare la maiuscola prestazione di un Alex Webster, uno dei pochi bassisti di genere estremo che può veramente dare del tu al basso, che si divide tra armonizzazioni e semplice ritmica con una poliedricità disarmante, soprattutto in un genere dove il basso viene spesso considerato solo un riempitivo per cassa e chitarra ritmica. "Frantic Disembowelment" riporta l'album su binari più canonici per i Cannibal Corpse e ci riesce con una classe e una chiarezza d'idee che mancava dal bel "Vile", nonostante il comunque ottimo "Bloodthirst" targato 1999. "Frantic Disembowelment" si snoda in uno schizofrenico alternarsi di tremolo picking e riff in palm muting che mostra la classe di Pat o'Brien e Jack Owen, i due Axemen della band, sempre pronti a tenere fede letterale al termine "Axemen" (traducibile con "Uomini con Ascia"), usando le loro sei corde per mutilare l'ascoltare con colpi potenti e precisi. "The Wretched Spawn" porta finalmente un carico di novità nel sound della band. Le ritmiche si fanno più lente ricreando, questa volta con maggiore convinzione, quell'atmosfera morbosa appena accennata in "Decency Defied" e nel precedente album "Gallery of Suicide" e riportandoci alla mente gli echi dei primi album dei grandi Morbid Angel, soprattutto quanto le ritmiche morbosamente lente lasciano il posto ad una sfuriata di Chitarre, basso e batteria che annichilisce il sangue nelle vene dell'ascoltatore, aiutata da un Corpsegrinder che si divide ottimamente tra growl e scream. "Cyanide Assassin" ci riporta su binari più affini ai Cannibal Corpse con un brano devastante dove Corpsegrinder conferma di essere entrato pienamente nelle meccaniche della band diventandone un ingranaggio fondamentale con la brutalità che riesce ad imprimere nelle sue linee vocali che amplifica la sensazione di trovarsi veramente di fronte ad un pazzo assassino pronto a mutilarci ed ucciderci nei modi più malati possibili. L'opprimente intro di "Festering on the Crypt" ci introduce uno dei pezzi più evocativi e malati dell'intero album. La lentezza esasperante della ritmica ci dona proprio quel senso di claustrofobia tipico delle cripte mentre Corpsegrinder riversa tonnellate di veleno nelle nostre orecchie raccontandoci nei minimi dettagli la nostra decomposizione all'interno della suddetta cripta. "Nothing left to mutilate" riprende la linea "melodica" di "Festering in the crypt" velocizzandola ed alternandola con vere e proprie sfuriate di devastazione sonora che massacrano i nostri timpani ma, nonostante tutto, niente riuscirà a prepararci a quella mazzata in testa rappresentata da "Blunt Force Castration", traccia devastante come un treno in corsa che ci investe in tutta la sua potenza raccontandoci di particolarissimi metodi di castrazione con una brutalità che affonda le sue radici dritte dritte nella cinematografia splatter italiana ed americana. Si capisce subito che Corpsegrinder e soci sono cresciuti a pane e Grindhouse, quei cinema di serie B dove si proiettavano vere e proprie maratone di film horror al prezzo di un singolo biglietto. In questo contesto "Rotten Body Landslide" rappresenta una piccola eccezione, le violente immagini che hanno ispirato le lyrics non vengono purtroppo dalla fantasia di qualche regista, di qualche scrittore o dello stesso Corpsegrinder, ma è un'immagine che si può ritrovare anche nei libri di storia, a dimostrazione che la realtà sarà sempre più brutale e malvagia della fantasia. Gli schizofrenici cambi di tempo di "Slain" iniziano un lento massacro che ci portano attraverso "bent Backwards and Broken", traccia dove veniamo martoriati da chitarre che assumono la consistenza di un martello da fabbro per poi sbarcare a "They Deserve to Die", forse la traccia migliore dell'album, con un Corpsegrinder che si mostra un growler con la G Maiuscola seminando qui e lì anche degli scream violentissimi, accompagnato da strumentisti di prim'ordine. Paul Mazurkiewicz si trasforma in una macchina da guerra dietro la sua batteria, seminando pattern intricatissimi a velocità spaventosa mentre Webster condisce la linea ritmica con ottime armonizzazioni che aggiungono complessità al sound della band e si esibisce perfino in un breve assolo che lo conferma come uno dei migliori bassisti estremi attualmente in circolazione mentre Owen e O'Brien creano linee di chitarra letteralmente devastanti, un bombardamento a tappeto sulle nostre povere orecchie che ci lascia devastati e sconfitti, ancora una volta dilaniati dal sound dei 5 macellai di Buffalo.
Ancora una volta i Cannibal Corpse ci regalano un grande esempio di Brutal Death Metal, aggiungendo finalmente anche una punta di novità che gli evita di fossilizzarsi su un sound già ripetuto, tentando di svecchiarlo come una "Vecchia Imbellettata" di Pirandelliana memoria. Non ci troviamo di fronte ad un capolavoro o a uno stravolgimento completo del suono, ma questo onestissimo album farà girare molte teste.

 1) Severed Head Stoning
 2) Psychotic Precision
 3) Decency Defied
 4) Frantic Disembowelment 
 5) The Wretched Spawn
 6) Cyanide Assassin  
 7) Festering in the Crypt  
 8) Nothing Left to Mutilate 
 9) Blunt Force Castration 
10) Rotted Body Landslide
11) Slain   
12) Bent Backwards and Broken
13) They Deserve to Die

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