CANNIBAL CORPSE
The Bleeding
1994 - Metal Blade Records
ANDREA FUMAGALLI
08/12/2017
Introduzione Recensione
Correva l'anno 1994 ed i Cannibal Corpse, a due anni di distanza dal magistrale "Tomb of the Mutilated" (nonché ad un anno dalla pubblicazione dell'Ep "Hammer Smashed Face") tornavano sul mercato discografico con un nuovo album, intitolato "The Bleeding". Un album il quale segna una decisiva svolta nella storia dei Nostri, in quanto primo disco a presentare ufficialmente in formazione il chitarrista Rob Barret nonché l'ultimo con Chris Barnes, il quale già dopo "Tomb..." aveva manifestato dissapori piuttosto marcati con il resto della band. Pietra dello scandalo: il troppo tempo che il vocalist stava concedendo al suo side project fresco di fondazione, quei Six Feet Under fondati nel 1993 che il frontman dei Cannibal Corpse portò anche all'attenzione della stessa "Metal Blade", chiedendo un contratto discografico anche per la seconda incarnazione della sua foga iconoclasta. Un atteggiamento che il resto dei Cannibali mal digeriva, soprattutto in virtù degli impegni di band che Barnes stava iniziando paurosamente a snobbare, in nome di questa sua nuova passione musicale. Ciò non inficiò comunque sulla buona riuscita del prodotto "The Bleeding", in quanto il disco fu decisamente ben accolto dalla critica e si dimostrò un più che degno successore del capolavoro "Tomb...". Un disco che si presentava, tanto per cambiare, con una copertina cruenta di seguito censurata: il disegno originale mostrava infatti un insieme di zombie, mutilati e scarnificati, mentre nella versione "per tutti", quella che andava a presentare ufficialmente l'album in versione cd, ci si concentrava su un dettaglio della rappresentazione; un lembo di pelle rancido e sanguinolento, posto in primo piano. L'effetto è comunque raccapricciante, al tutto viene aggiunta la leggendaria targhetta "Parental Advisory: Explicit content", un must per i dischi dei Cannibal Corpse che sembra abbiano battuto ogni record in fatto di censura. Inutile aggiungere quindi quanto la brutalità della copertina si accompagnasse a quella di musica, titoli e testi dei pezzi, in un autentico turbine di gore, violenze d'ogni tipo e perversioni omicide sfogate in maniera del tutto plateale. Pensiamo solo alla leggendaria "Fucked with a Knife" e a "Force Fed Broken Glass", due titoli che danno subito l'idea del contenuto delle liriche, senza che il gruppo senta la necessità di utilizzare la benché minima metafora; anzi, la violenza tout court, grezza e senza freni, sembra essere il perno centrale delle liriche dei nostri. Come ci avevano abituato sin da "Eaten Back to Life", dopo tutto. Tornando al discorso di pocanzi, non sarebbero stati altrimenti una delle band più censurate d'America! Problemi con i seguaci di Tipper Gore a parte, "The Bleeding" presenta, oltre al grand guignol contenutistico, anche diversi aspetti sonori da non sottovalutare: una produzione grezza e a volte un po' spenta, soprattutto per quanto riguarda i suoni di batteria, connota dunque l'ascolto dell'opera, rendendo il tutto decisamente diretto e per nulla artefatto, schietto e genuino. Il disco venne registrato ai Morrisound Studios sotto l'egida guida di Scott Burns, in quegli anni ormai un veterano delle produzioni death metal americane. Proprio grazie a lui, questa produzione ovattata e scura in certi frangenti donò ulteriore oscurità ai riff del gruppo, che in quest'opera risultano essere atonali e dissonanti. La voce di Barnes invece, rispetto alle precedenti prove, risulta più intellegibile e possiamo seguire i testi praticamente senza l'utilizzo di alcun libretto o testo stampato davanti agli occhi. Le chitarre risultano compatte riuscendo, assieme al basso di Webster, a creare, nonostante alcune pecche, un gradevole muro di suono. Per quanto riguarda poi l'opera in generale non possiamo fare a meno di notare come quest'ultima segni il definitivo spartiacque tra quelli che sono stati considerati i "primi" Cannibal Corpse, aventi a capo Chris Barnes con la sua voce profonda e marcia fino al midollo, ed i "nuovi" Cannibal Corpse", quelli di George Fisher, che hanno saputo continuare imperterriti sulla via tracciata agli esordi, piazzandosi in una posizione d primo rilievo nella scena death mondiale e in una posizione di grande importanza nel metal in generale. Ricordiamo infatti come in pochi non abbiano sentito parlare dei Cannibal Corpse, anche gli ascoltatori che proprio non sopportano certi tipi di musica hanno udito qualche loro pezzo. Spezzando una lancia in favore di ognuno, potremmo così riassumere la querelle: ogni cantante ha una propria personalità, ogni fan non può fare a meno di confrontare i due singer e prendere atto di come, a dispetto di quello che si dice comunemente dei Cannibal Corpse, la proposta del gruppo sia cambiata con l'arrivo di Corpsegrinder; magari non nella forma, ma è inevitabile udire delle differenze tra i primi quattro album e i successivi del gruppo di Buffalo, differenze che si amplificano con il passare del tempo. Una dipartita storica e attuale già dalle registrazioni di "The Bleeding" è quella del chitarrista Bob Rusay, sostituito come già detto da Rob Barrett, che si affianca a Jack Owen per l'occasione. Motivo della dipartita è un litigio tra Rusay e il resto del gruppo, di cui abbiamo già parlato in un precedente articolo.
Staring Though The Eyes of the Dead
Cominciamo alla grande con "Staring Though The Eyes of the Dead (Osservando attraverso gli occhi di un morto)". Tralasciando qualsiasi introduzione di sorta, il gruppo non perde tempo precipitando l'ascoltatore in un mondo surreale e infernale, dove la realtà e la fantasia si fondono senza soluzione di continuità. Le chitarre e il basso disegnano in prima istanza riff macabri e malati, giocando molto su arpeggi diminuiti tanto usati dalla band e in generale nel death metal. Nella prima parte il basso è valorizzato alla gusta maniera, non si limita a sostenere le chitarre ma si pone quale strumento autonomo nell'economia del pezzo. Il brano procede con lentezza, senza perdere tuttavia un briciolo di potenza, chiaramente non mancano gli spazi riservati a fulminei tupa - tupa, dove la voce di Barnes si fa frenetica. C'è spazio anche per diversi assoli, tutto sommato ben congeniati. Barnes si fa narratore dei terribili orrori raccontati dal gruppo, ci ritroviamo in questo primo pezzo in una stanza mortuaria, ove un soggetto sdraiato su di un freddo lettino di metallo riflette sulla sua condizione. Condizione che, come dicevamo, ha dell'incredibile nonché del macabro: egli è clinicamente morto... tuttavia, è ancora in grado di provare sentimenti e sensazioni. Il cadavere non capisce e non vuole credere alla sua morte, di fatto avvenuta in circostanze anche abbastanza truculente. Pur non respirando, pur non riuscendo più a muovere neanche un arto, il corpo riesce a vedere quello che gli accade intorno. Osserva dottori freneticamente a lavoro, impugnanti ogni tipo di strumento affilato, pinze e quant'altro. Lembi di carne gli vengono asportati, letteralmente scoperchiato e sventrato, i suoi organi vengono rimossi ad uno ad uno senza che lui possa battere ciglio. Vorrebbe urlare, vorrebbe dirgli di fermarsi... eppure, non riesce. Nonostante voglia, nonostante frema in lui la volontà di alzarsi e muoversi, egli rimane sdraiato senza possibilità di movimento. L'autopsia ha inizio e bisturi e coltelli lacerano la sua carne... ora però i coroner possono vedere le lacrime del "morto". Eppure, non si fermano, andando avanti con il loro lavoro. Il protagonista è come imprigionato nel suo stesso corpo, la sua anima non riesce a uscire dalla carne, un destino atroce lo aspetta.
Fucked with a Knife
Se l'apertura dell'album è stata affidata ad un insieme di riff cadenzati e opprimenti, il secondo pezzo del platter è una vera e propria scheggia dove ogni strumento viaggia in maniera frenetica, non lasciando all'ascoltatore modo di respirare. "Fucked with a Knife (Fottuta con un coltello)" inizia infatti scattando da subito, interrompendosi solo per un fulmineo stacco di basso. Successivamente i chitarristi riprendono a macinare riff con precisione e furia, è iniziata così la prima strofa. Dopo questa abbiamo uno stacco condotto dalle chitarre, sempre ben sostenuto da una batteria veloce e precisa. Ecco la seconda strofa e un secondo stacco. Siamo pronti per il macabro refrain del pezzo. Le chitarre suonano il medesimo riff andando però ad armonizzarlo su ottave differenti, dando spessore al tutto. Ecco che si arriva ad un'ultima sfuriata finale dove il tenebroso scream di Barnes spezza l'atmosfera e ci conduce alla conclusione, netta, del brano. Un brano veloce, diretto, tirato, che offre all'ascoltatore la possibilità di fomentarsi a suon di sano e violento Death Metal. Niente fronzoli e niente accorgimenti, quel che abbiamo davanti è solo pura violenza, un'eruzione di cui i Cannibal Corpse divengono i principali aizzatori. Per quanto riguarda le liriche, poi, non sarebbe sbagliato affermare il fatto che stiamo forse parlando di uno dei testi probabilmente più disturbanti dell'intera discografia del gruppo. Si narra la storia, in prima persona, di un maniaco, uno stalker che segue le sue vittime, approfittando dell'oscurità della notte. Un vero e proprio predatore capace di attendere in agguato per ore e ore, vagliando con attenzione ogni singola e papabile vittima, scegliendo con cura ed anche un pizzico di sdegnosa schizzinosità. Quando l'attacco ai danni della malcapitata si consuma, ecco il predatore non lascia scampo alla sfortunata di turno, brutalizzandola in maniera atroce. Il suo coltello incide nella sua carne, penetrando in ogni orifizio, specialmente quelli genitali. Simulare un rapporto sessuale utilizzando la lama anziché il pene è la passione del mostro, deviato all'inverosimile. Le urla della vittima e le suppliche vengono intese come urla di piacere dal maniaco che, oppresso dalla malattia mentale, prende la sua vita per soddisfare il suo istinto omicida. Una vera e propria bestia, il cui spirito primordiale fuoriesce in modo violento e in modo assolutamente innaturale.
Stripped, Raped and Strangled
Un deciso stacco di chitarra da inizio al terzo pezzo della release, "Stripped, Raped and Strangled (Spogliata, stuprata e strozzata)". La voce filtrata di Barnes dà inizio alla strofa, introducendoci ancora una volta nel mondo malato e grandguignolesco del gruppo di Buffalo. Nella prima parte del pezzo i ritmi cadenzati e i riff oscuri dominano la struttura del brano, rendendolo opprimente e soffocante quant'altri mai. Il basso svolge ancora una volta un ruolo fondamentale per la band, costruendo riff e muovendosi autonomamente, supportando contemporaneamente in maniera magistrale le due asce. La doppia cassa affronta l'ascoltatore senza cedere di un millimetro nella sua potenza, ed ecco che si arriva alla prima sfuriata: il basso sostiene questa volta le chitarre le quali disegnano un riff fulmineo e frenetico. La voce di Barnes, prima cavernosa e profonda, per il refrain si trasforma in una sorta di scream diabolico e malato. Altro brano violento e senza troppi fronzoli, costruito per fare del male e per aggredirci senza lasciarci nemmeno il tempo di capire cosa sia effettivamente successo. Cantore del tutto il demoniaco Chris, decisamente perfetto nel ruolo di truculento banditore, di cronista della vita disturbata di un folle. La sua narrazione ci porta infatti nella mente del mostro, parodiando le confessioni di un serial killer, un pazzo che ha l'abitudine di violentare e strangolare le sua vittime, nascondendole poi e cancellando le loro (oltre che le sue) tracce. La polizia pensa di essere sulle tracce delle persone scomparse, ma tutto quello che sanno è che "a lui piace uccidere". La sfida per gli investigatori è una sola, trovare il maniaco prima che un'altra vittima venga ritrovata, con la faccia girata verso terra, il corpo distrutto e le prove danneggiate dalla decomposizione. Ecco un altro rallentamento e un nuovo stacco. Il gruppo riprende il riff più cadenzato, si riprende poi a martellare senza pietà sulle tempie dell'ascoltatore per arrivare al pre - refrain, anche se la dinamica del pezzo viene portata alle stelle per il ritornello effettivo. Si riprende con una nuova strofa, si arriva poi al riff iniziale e ai primi versi che chiudono il pezzo. Un brano dal titolo quanto meno eloquente, se non altro. Parlavamo di dinamiche d'uccisione; quali sono dunque, questi modus operandi? Più semplice di quel che si creda: il maniaco ha un solo obbiettivo, braccare la sua vittima, denudarla, violentarla e strozzarla nel mentre, finché ella non muoia fra atroci sofferenze ed umiliazioni. Una mente malata in grado di provare piacere sessuale solamente attraverso la violenza, un mostro da fermare ad ogni costo prima che qualche altra donna cada fra le sue grinfie.
Pulverized
Un riff dissonante e una batteria martellante danno il via al pezzo successivo, "Pulverized (Polverizzato)". La voce di Barnes irrompe subito sull'ensemble degli strumenti, dopo i primi versi abbiamo un rallentamento che ci porta ad una nuova accelerazione basata sul medesimo riff. Ecco qui un cambio di registro, è appena cominciato il refrain. Si riprende il riff portante, i ritmi si fanno cadenzati, la batteria di Mazurkiewicz conduce il gruppo senza fretta prima di esplodere ancora una volta in un insieme di furiosi blast beat. Durante il refrain, i ritmi si fanno vorticosi fino ad arrivare ad un coinvolgente stacco che conferisce al pezzo groove e pesantezza. Si riprende poi ancora una volta la strofa, il punto forte del pezzo è proprio l'avvicendarsi di rallentamenti e sfuriate di batteria, variazioni costruite sempre sul riff principale; il gruppo gioca quindi molto sulla dinamica del pezzo rendendolo vario, evitando di annoiare l'ascoltatore con maestria, evitando comunque al contempo di proporre troppe o continue variazioni dei fraseggi, che spesso hanno l'effetto di far perdere il filo all'ascoltatore invece di tenerlo incollato alla sedia. All'interno del testo si va a narrare la storia dell'ennesimo maniaco e, attraverso la narrazione in prima persona, è possibile andare a visualizzare i tremendi orrori da lui perpetrati. Una malattia gli impedisce di pensare e ragionare lucidamente, lo porta a uccidere senza che abbia la possibilità di fermarsi. I corpi delle sfortunate vittime vengono praticamente polverizzati, fatti a pezzi dalla furia omicida del folle. Il macabro gusto di togliere la vita alle persone riempie la sua anima vuota, priva di gioie o di emozioni degne di nota. Egli non ha mai trovato, nella vita di tutti i giorni, un motivo per andare avanti. Viceversa, con un coltello in mano sente di poter dominare la sua realtà, rendendosi assoluto padrone di essa. Come un dio pazzo e perverso, sceglie chi deve vivere e chi no. Coltellate e colpi di mannaia si abbatteranno sugli sfortunati designati, mettendo fine alle loro vite nella maniera più cruenta possibile. Percosse violente polverizzeranno ossa ed organi interni, picchiando senza pietà, distruggendo per sempre corpi che mai più avranno un nome, che mai più verranno ritrovati. Non ci sarà pace per delle povere anime costrette al'oblio, al dimenticatoio più totale.
Return to the Flesh
Chitarre oscure e nere come la pece, un basso convulso e una batteria lenta e opprimente introducono la successiva "Return to the Flesh (Ritorno alla carne)". Durante la prima strofa troviamo un bel riff, roccioso e cadenzato, dotato di quella pesantezza tipica dei Cannibal Corpse, il tutto rimane comunque ben assimilabile. Si riprende il riff di apertura per poi continuare con la strofa. Le chitarre si rincorrono in continue variazioni del medesimo tema, ed ecco un'accelerazione dove il gruppo ritorna a premere il piede sull'acceleratore. Si fanno strada due assoli di chitarra, si riprende poi quello che ormai possiamo considerare il refrain. Un'ultima accelerazione, basata sugli ormai noti riff in tremolo picking ci conduce alla conclusione del pezzo, abbiamo però tempo per un'ultima sfuriata dettata da un cambio dei riff e un rallentamento finale. La profonda voce di Barnes si fa ancora una volta narratrice di orrori inimmaginabili: questa volta, il vocalist impersona un uomo morto che, per qualche strano motivo, è in grado di pensare e riflettere. Una sorta di non - morto chiuso in una tomba dopo il suo omicidio. Egli non riesce a raggiungere l'aldilà e rimane intrappolato nella tomba, fredda e vuota, riprendendo il tema già trattato nell'open-track. Forse, parliamo proprio dello stesso soggetto, ora rinchiuso in una cassa dopo la violenta autopsia affrontata a mente "lucida". Egli riflette ancora una volta sulla sua condizione, chiedendosi cosa stia effettivamente succedendo. Come mai è rinchiuso in quella piccola scatola? Come mai non riesce a muoversi? Il tanfo del legno umido e vecchio inizia a dargli la nausea, eppure non può sfogare questo suo malessere, risultando incapace di muovere anche un singolo muscolo. Bloccato ed intrappolato, non può far altro che pensare e pensare, fino alla fine dei tempi, finché il suo cervello non marcirà del tutto sancendo la sua fine definitiva. La sua anima abbandonerà il suo corpo solo quando esso sarà ridotto ad un cumulo di cenere... tanto vale accettare la propria condizione ed aspettare con pazienza che la natura faccia il suo corso, attendendo la morte, unica fonte di autentica salvezza.
The Pick-Axe Murders
Un riff coinvolgente ed assolutamente assimilabile dà il via a questo nuovo pezzo, "The Pick-Axe Murders (Gli omicidi del piccone)". La batteria si muove veloce, tra tupa - tupa rapidi ed andando a sostenere un primo assolo di sei corde. Dopo uno stacco di chitarra ha inizio la prima strofa, anche qui il gruppo si mantiene su ritmi ben cadenzati e rocciosi. Ecco però un'accelerazione, un riff dissonante e massacrante, tagliente come un rasoio si fa strada verso l'ascoltatore. La voce di Barnes irrompe cavernosa e terribile, narrando la storia di uno zombie assetato di sangue che, dopo la sua resurrezione, torna a cercare vittime, togliendo loro la vita con un piccone. Una storia dell'orrore senza fine, le vittime si accumulano senza che nessuno possa fermare questa demoniaca entità. I corpi vengono poi sottoposti a sevizie, quasi come se la morte non fosse abbastanza e qualcosa di ancora più terribile possa capitare ad una persona. Ecco un bello stacco dove basso e batteria riprendono il main riff, si torna alla strofa con i suoi ritmi convulsi. Una nuova martellata sui denti ci attende, la batteria dà inizio ad una serie di cambi di ritmo che vengono seguiti magistralmente dai musicisti in un intreccio di grande efficacia che ci conduce fino alla conclusione del pezzo. Si ritorna, dunque e liricamente parlando, a temi più "horror" che "reali", come altri già affrontati in questo tema. Se molti brani, infatti, recano in sé racconti che sembrano direttamente usciti fuori dagli archivi della polizia, "the Pick-Axe..." stempera la realtà introducendo il tema degli zombie, figure tanto care al cinema ed a b-movie di vario tipo. Proprio come le "riflessioni da vivo" poste alla base del primo brano e di quello precedente, si stempera quindi l'aura di macabra realtà andando a narrare una storia dell'orrore, mitigando in un certo senso la sequela di atrocità fino ad ora descritte con perizia, attingendo da storie realmente accadute. Non ché uno zombie armato di piccone non possa in qualche modo farci pensare ad un pazzoide in carne ed ossa, tanti serial killer hanno adoperato il fatidico strumento per uccidere. Eppure, una figura "cinematografica" rende il tutto un semplice incubo, una "paura di sogno" come direbbe Lucio Fulci, destinata a finire con il nostro risveglio. Altri incubi, invece, come quelli di "Stripped..." sono destinati a non concludersi - forse, purtroppo - mai.
She Was Asking For It
L'inizio del pezzo seguente, "She Was Asking For It (Lo aveva voluto lei)" è molto nervoso, con un riff dissonante sorretto da una veloce batteria. Anche qui un assolo irrompe nelle casse prima che il gruppo riprenda il riff inziale. Ecco la prima strofa, un nuovo riff, più roccioso e pesante, permette a Barnes di narrarci un altro degli orrori del combo di Buffalo. La strofa è inframmezzata solamente da una variazione nell'impianto dei riff e viene seguita subito da un'altra strofa. Si riprende il riff iniziale e su questa sassata Barnes continua a cantare con rabbia a aggressività. Si riprende poi il riff della strofa anche se la batteria non dà cenno di voler diminuire la velocità, ecco uno stacco dove l'atmosfera torna a farsi pesante e oscura. La voce diabolica di Barnes fa capolino dal muro sonoro generato dagli strumenti, si riprende poi ancora una nuova il riff portante per una nuova sequela di versi, si continua con uno dei riff più cadenzati fino ad arrivare alla fine del pezzo. La storia raccontata narra quelle che possono essere le confessioni di un killer, colpevole di aver ucciso una donna, presumibilmente a lui legata da stretti vincoli sentimentali; se non proprio la sua ex moglie. L'omicidio è stato consumato in maniera terribile, mentre la vittima cercava di resistere al soffocamento l'assassino tremava ed aveva i brividi. Il protagonista tuttavia riesce a giustificare il proprio comportamento, nonostante la voce della vittima che continua a martellargli in testa, espressione della follia che si fa strada, strisciando nella sua mente. Presumibilmente dopo un litigio, l'uomo ha infatti afferrato la gola della compagna, quasi per porre fine una volta per sempre a tutti i problemi che minavano la loro relazione. Un modo di intendere il sentimento malato e deviato, che lo ha dunque portato a compiere un gesto inenarrabile. La giovane calciava e cercava di urlare, lui colmo di lacrime ed adrenalina continuava a premere sulla sua gola; fin quando il collasso di lei è stato definitivo. Con la fidanzata - moglie morta fra le braccia, il pazzo ha dunque modo di realizzare cos'abbia appena fatto. Totalmente annebbiato dai fumi della sua stessa pazzia, all'arrivo delle forze dell'ordine non riesce a dire altro se non: "me lo aveva chiesto lei", come se una persona potesse davvero scegliere, in maniera lucida, di risolvere un problema uccidendosi o facendosi uccidere.
The Bleeding
Il brano qui proposto, la titletrack "The Bleeding (Emorragia)" ha inizio nel segno della pesantezza e della lentezza. L'atmosfera si fa tesa grazie ad un riff roccioso, in certa misura orecchiabile, che permette a Barnes di dare inizio ad una nuova storia. Si ritorna a stemperare il clima simil cronaca nera con un'altra storia dai tratti horror pacchiani e meravigliosamente gore; parliamo infatti di zombie assetati di sangue che, dopo essere risorti in circostanze a dir poco misteriose, danno inizio ad una caccia senza tregua di umani. Il loro corpo freddo si muove come trascinato da una forza invisibile, l'umanità andrà quindi incontro ad un terribile destino. La doppia cassa sostiene le chitarre per portarle ad un rallentamento strisciante e inquietante, proprio come la carica dei non morti. Dopo la prima strofa le chitarre continuano sul medesimo giro, la batteria rafforza però il muro sonoro, dopo una sfuriata di blast beat ecco una nuova strofa. L'intensità aumenta progressivamente, con le chitarre che rafforzano la loro presenza attraverso la tecnica del tremolo picking. Ecco una nuova sfuriata della batteria, sempre martellante e dritta. Si riprende il main riff sino ad arrivare ad uno stacco che permette al gruppo di cambiare completamente registro. Si continua infatti con un riff quasi thrash, dopo qualche verso si riprende con quel andamento convulso e strascicato sino ad arrivare all'ultima sfuriata del pezzo che segna anche la sua conclusione dopo un'ultima variazione portata avanti dalle chitarre. Dicevamo quindi dell'orrore, della paura di sogno: in questo senso, gli zombie rappresentano un ideale più che mai rappresentativo di un certo tipo di immaginario, coinvolgendo subito l'ascoltatore. Una massa informe di non morti, probabilmente gli stessi della copertina originale, si aggira per le strade in cerca di vittime. Non è ben chiara la natura di queste creature; sembrerebbero quasi dei vampiri in putrefazione, in quanto escono solo di notte e risultano assetati di sangue... benché siano comunque ricoperti di piaghe purulente e si muovano in maniera affannosa, proprio come gli zombie. Vampiri o meno che possano essere, queste "cose" non provano sentimento alcuno se non la voglia di uccidere e di sfamarsi. Chiunque capiterà sotto le loro grinfie, sarà destinato a fare una brutta fine. Non uscite di casa dopo il tramonto!
Force Fed Broken Glass
La velocità segna l'inizio di "Force Fed Broken Glass (Costretta ad ingoiare cocci di vetro)", che comincia proprio con una serie di blast beat e riff di chitarra convulsi e veloci, in tremolo picking. Uno stacco di chitarra dà inizio alla rima strofa, ed il gruppo torna a macinare riff dotati di gande groove, estremamente coinvolgenti. La band torna alla velocità, le chitarre si mantengono dirette e compatte, lasciando alla batteria il compito di condurle in questa corsa che porta ad uno stacco lentissimo e pesante. La voce di Barnes diventa qui la protagonista del pezzo, il suo acido scream trova spazio prima che il gruppo torni ad accelerare. Un nuovo rallentamento ci porta ad un ultimo stacco di chitarra seguito ad una nuova accelerazione, tra furiosi blast beat arriviamo ad un ultimo rallentamento e ad un assolo di chitarra, costruito sopra un arpeggio oscuro e inquietante, che si spegne piano piano con tutti gli strumenti fino alla conclusione del pezzo. Il titolo è già in grado di dirci molte cose sul contenuto del testo, si va a narrare di un maniaco che tortura le sue vittime facendo loro ingoiare dei cocci di vetro. La trachea delle vittime viene distrutta e la carne inizia a strapparsi dopo il passaggio di acuminati e taglienti vetri, la morte sopravviene per soffocamento, in un'agonia atroce per la vittima. Un testo se vogliamo scarno, ma in grado di suscitare nell'ascoltatore immagini in maniera nitida, comunicando disgusto ed inquietudine. Tanto più se la tortura avviene nel mentre di un rapporto orale, nel quale la vittima è costretta, oltre che ad ingoiare i cocci, anche ad essere violentata dal mostro, il quale desidera ardentemente questo tipo di trattamento. Egli prova un piacere inaudito nell'infilare il suo membro negli orifizi orali delle povere malcapitate, tanto più ama anch'egli provare dolore sentendo la pelle del fallo urtare contro le spine di vetro. Una sorta di ossessione-compulsione, un sadico e masochistico rituale in cui il protagonista è l'apparato orofaringeo dei cadaveri, ormai ridotto ad un colabrodo, smembrato in tanti pezzi.
An Experiment in Homicide
Con decisione il gruppo dà inizio all'ultimo pezzo di questo "The Bleeding", "An Experiment in Homicide (Un omicidio sperimentale)", contraddistinto nella sua prima parte ancora una volta da ritmi lenti e cadenzati. La seconda parte della strofa invece scorre veloce, la voce di Barnes continua imperterrita a narrare orrori sino ad arrivare ad un rallentamento che dà al pezzo modo di farsi ricordare. Si continua poi tra ritmi cadenzati e incursioni di doppia cassa, senza dimenticare occasionali accelerazioni che fanno come da ponte, tra le variare sezioni del pezzo, dove regna invece la pesantezza e l'oppressione generata da riff grossi e rocciosi. Il pezzo scorre bene sino alla sua conclusione, mettendo di fatto la parola fine ad un album particolarmente intenso e tirato, del quale "An Experiment..." rappresenta un più che degno commiato. Siamo qui giunti all'ultimo testo del disco, in qualche modo riassumente ogni tematica narrata sino ad ora, esagerato all'inverosimile, portato verso livelli di fantasia gore da guinnes dei primati. Anche qui ci concentriamo sul serial killer di turno, l'esperimento condotto al quale il gruppo fa riferimento nel titolo ha a che fare con le modalità attraverso le quali l'omicidio viene consumato. Non siamo infatti dinnanzi ad un normale assassino, egli è decisamente un cultore dell'omicidio ed un appassionato esecutore di variegate torture / metodi di terminazione della vita. Coltello, mannaia, pistola... per lui, uccidere è come trovarsi in un immenso parco giochi, scegliendo di volta in volta su quale attrazione salire, godendosi un bel giro. Talmente appassionato da aver inventato addirittura metodi alternativi per far morire le sue vittime, un folle privo di catene che vive per procurare la morte, ed uccide per vivere. Egli non può negarsi al suo destino: ucciderà sempre più, ogni volta in maniera differente. Il protagonista ama infatti la sperimentazione, dopo le prime vittime, mietute giusto per il gusto di farlo, si è dato da fare alla ricerca di metodi sempre più crudi ed atroci. Cos'accadrà dopo? Cosa succederà? Solo la sua mente malata può saperlo... preghiamo di non scoprirlo mai.
Conclusioni
Tirando definitivamente le somme, il quarto capitolo della discografia dei Cannibal Corpse può essere definito senza dubbio come un album sicuramente imprescindibile per i fan della band e per tutti gli amanti del genere; anche se, a differenza del predecessore ed ultra-blasonato "Tomb of the Mutilated", inizia a mostrare qualche (seppur piccolo e assolutamente soprassedibile) segno di debolezza. Se il terzo album infatti mostrava a sua volta una manciata di pezzi assolutamente compatti, in grado di tenere l'ascoltatore sul filo del rasoio dalla prima all'ultima nota, questo "The Bleeding" a volte si perde un po', soprattutto verso la fine con le non esaltanti "Force Fed Broken Glass" ed "An Experiment in Homicide". Due brani che personalmente reputo sul filo del "filler", riempitivi di lusso ma pur sempre riempitivi. Come se i nativi di Buffalo, dopo una corsa estenuante durata otto brani, avessero voluto rifiatare proprio negli ultimi due, mostrando un proverbiale "fiatone" non certo preoccupante ma nemmeno troppo da passare inosservato. Situazioni da imputare, a mio avviso, a più fattori: primo fra tutti, il peso e l'eco che "Tomb..." ebbe. Dopo un capolavoro, ripetersi sui medesimi livelli è oggettivamente difficile se non impossibile. In seconda battuta, non scordiamo dei problemi personali ai quali la band stava andando contro, proprio durante la lavorazione ed il conseguente rilascio di "The Bleeding". Un Chris Barnes ormai lontano con il fisico e la mente dai Cannibal Corpse, sempre più orientato verso i Six Feet Under; un nuovo chitarrista da adattare a nuovi schemi... e così via. Chiaramente, non possiamo far pesare ai Cannibali delle colpe alla fine non certo malsane e velenose, per quel che riguarda la riuscita di questo platter. Un disco, dicevamo, comunque considerato importantissimo all'interno dell'intero movimento Death, un album al quale molti nostalgici guardano tutt'oggi con occhi carichi di ricordi, il bel tempo che fu. Un cabaret di violenza e torture nel quale troviamo delle chicche senza tempo come "Fucked with a Knife", "Stripped, Raped and Strangled" e "The Pick Axe Murders". Una manciata di ottimi brani come "Pulverized", " Return to the Flesh" e la title - track "The Bleeding" completano il quadro. Il gruppo aveva raggiunto in quegli anni un livello tecnico invidiabile, l'abilità del singolo non era certo in discussione: se Mazurkiewicz è perfettamente in grado di condurre i nostri attraverso continue accelerazioni e stacchi mozzafiato, una menzione particolare deve andare sia ad Alex Webster, bassista versatile e dotato di gran gusto nei suoi interventi, non esagerati o strabordanti ma in grado di dare un valore aggiunto al pezzo, sia alla coppia di chitarristi che non esagerano certo nel proporre riff e assoli fuori dalla norma, riuscendo tuttavia nell'arduo compito di mantenere alta l'attenzione dell'ascoltatore, attraverso passaggi sempre ispirati e continue variazioni nella dinamica del pezzo. Dunque, nuovo chitarrista promosso... ricordate il suo nome, torneremo a sentirne parlare! Ritornando alla qualità dei pezzi, ci sentiamo quindi di consigliare vivamente l'acquisto del disco, sia perché storicamente "The Bleeding" è un disco importantissimo, essendo l'ultimo registrato dall'ugola di Chris Barnes, sia perché contiene perle di grande valore. E sì, giusto un paio di pezzi lievemente sotto tono non andranno certo a rovinarvi il gusto di ascoltare questo piccolo gioiello targato Cannibal Corpse. Il quartetto storico è così completato, l'appuntamento è rimandato al prossimo articolo... nel quale indagheremo il nuovo corso, proprio quel nuovo sentiero che la band stava in quel preciso momento battendo; la gola ferina del licantropo Barnes avrebbe di lì a poco lasciato spazio al macinatore di cadaveri, al mostruoso Corpsegrinder, la cui imponente ombra era già ben stagliata lungo il futuro dei Cannibal Corpse. Presto, un terremoto avrebbe scosso le fondamenta dei nativi di Buffalo... un terremoto che ancora oggi continua a far sentire la sua terribile eco, mediante continue scosse. Giusto per ricordare a tanti quanto la creatura antropofaga sia sempre viva e vegeta, sempre desiderosa di nuove carni da sbranare e disossare.
2) Fucked with a Knife
3) Stripped, Raped and Strangled
4) Pulverized
5) Return to the Flesh
6) The Pick-Axe Murders
7) She Was Asking For It
8) The Bleeding
9) Force Fed Broken Glass
10) An Experiment in Homicide