CANNIBAL CORPSE

Red Before Black

2017 - Metal Blade Records

A CURA DI
DALILA DRAGONE
23/08/2019
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Nel 2017, dopo 13 album all'attivo, ecco che i Cannibal Corpse decidono di donare un successore a "A Skeletal Domain", del 2014: "Red Before Black", un album che va a confermare il percorso che i Cannibal Corpse hanno intrapreso da ben trent'anni, oggi. Nel corso di questi anni sono stati in grado di ispirare numerosi gruppi, basti pensare all'ultimo album degli italiani Fulci, "Tropical Sun", dichiaratamente influenzato anche dai loro lavori. Il filo conduttore è lo stesso che li ha da sempre caratterizzati: le sonorità lasciano trasparire la violenza contenuta nei testi, facendo sì che anche chi è più affezionato ai primi lavori possa sentire un po' meno la nostalgia. Dal primo secondo all'ultimo non si ha via di scampo, ci si imbatte in un sound che porta quasi all'asfissia, senza un attimo di tregua. Dodici tracce di pura brutalità. Anche quest'album è stato pubblicato con la Metal Blade Records, che può essere definita quasi un "marchio di fabbrica" per i Cannibal Corpse, avendo pubblicato tutti i loro album con questa label. Ad oggi, e dopo praticamente trent'anni di collaborazione, si può ritenere il rapporto di collaborazione fra la band e l'etichetta californiana un qualcosa quasi senza eguali nel mondo della musica: del resto, non è certo un segreto l'amore di Brian Slagel per i Cannibal, ritenuti per molti aspetti anche una sua creatura. Tornando però alla band in senso stretto, la formazione è quella che li accompagna ormai da "Kill": alla voce George "Corpsegrinder" Fisher, al basso Alex Webster, alle due chitarre Pat O'Brien come solista e Rob Barrett, dietro le pelli Paul Mazurkiewicz. A seguito della fuoriuscita di questo album hanno avuto luogo, sia nel 2018 che nel 2019, due tour, uno americano e uno europeo. In entrambi i tour europei c'è stata una data in Italia: nel 2018 a Milano e nel 2019 a Parma. Sfortuna ha voluto che Pat O'Brien non abbia potuto prendere parte ai tour del 2019 in quanto il 10 dicembre 2018 è incorso in problemi di natura legale. Il suo posto, momentaneamente, è stato preso da Erik Rutan, che aveva già precedentemente lavorato con loro come produttore per gli album "Kill" nel 2006 e "Evisceration Plague" nel 2009. Un nome, quello di Rutan, che di certo non vale poco! Attualmente cantante e chitarrista nel gruppo Death Metal "Hate Eternal" e in passato membro dei "Morbid Angel". Un degno sostituto, insomma. A causa delle copertine che lasciano poco spazio all'immaginazione e per i testi ritenuti troppo violenti ed espliciti i Cannibal Corpse sono andati incontro a parecchi problemi con la censura, basti pensare che in Germania ancora oggi non possono suonare nessuna canzone dei loro primi tre album. Probabilmente, per colpa di queste complicazioni, i Cannibal Corpse hanno optato a partire da "Kill" per copertine meno cruente. L'artwork di "Red before Black" è decisamente meno spinto se paragonato ad esempio a quello di "Butchered at birth" (dove Vincent Locke ci ha resi spettatori di una scena in terza persona lasciandoci ammirare il lavoro dei carnefici sulla loro vittima). Qui in copertina vi è solo il seviziatore, se così vogliamo definirlo, circondato da schizzi di sangue e rappresentato con tutta la sua veemenza. Chi viene ucciso però, purtroppo, non è visibile. Visto l'andazzo non ci si poteva aspettare altro, ma chi è affezionato alla cara e vecchia violenza senza filtri delle primissime copertine, visionando le ultime le rimpiangerà con rammarico. Nonostante tutto, la copertina ci dà tuttavia un assaggio di ciò che andremo ad ascoltare. L'ascolto dell'album in cui ci cimenteremo durerà 46 minuti per dodici tracce complessive: i brani più celebri del full sono probabilmente la title track "Red Before Black" e "Code of the Slahers", di cui come più tardi ribadiremo sono state anche realizzate delle videoclip. Quella di "Code of the Slashers", dopo neanche due anni dalla pubblicazione, ha realizzato oltre un milione e mezzo di ascolti, numeri certamente di primissimo rilievo per il panorama metallaro ma che, considerando la grandezza del nome della band, non ci lasciano del tutto sorpresi. Sperando che questo album ci e vi piaccia, vi auguro buon ascolto e buon headbanging: è tempo di raccontarvi il disco con il nostro track by track.

Only One Will Die

Come far partire un album in grado di macellarti in mille pezzi? Proprio con "Only One Will Die" (Ne morirà solo uno), primo pezzo di "Red Before Black". In questa canzone all'ascoltatore vengono presentati due nemici, entrambi con la smania di uccidere, con un odio reciproco incentivato da bugie celate per anni. Solo la morte di uno dei due potrà porre fine al conflitto. Gli eventi vengono descritti minuziosamente in un susseguirsi di ossa che si rompono, denti che si frantumano e sangue che defluisce copiosamente. I tempi della canzone scorrono in maniera piuttosto veloce, solo ad un certo punto si rallentano per dar spazio a uno stacco dove l'unica parola gettata nel mezzo di una chitarra che in sottofondo scandisce il ritmo è "Die", ma tutto torna presto come prima con Paul Mazurkiewicz che non si pone limiti nel picchiare duro la batteria. La chitarra è tagliente. Un breve assolo ci accompagna "dolcemente"alla fine della canzone. Alla voce Fisher ci va giù pesante, come sempre, anche con l'ausilio di Erik Rutan nelle backing vocals, in questa canzone però le parole sono pronunciate in una maniera leggermente più comprensibile del solito. Il basso c'è, non sarà particolarmente distorto come siamo stati abituati a sentire, ma sicuramente il buon vecchio Alex Webster non ce lo farà mancare nelle prossime canzoni.

Red Before Black

Seconda traccia che è anche title track: "Red Before Black" (Rosso prima del nero). Una canzone sanguinaria sotto ogni punto di vista: dal testo scritto da Pat O'Brien e Paul Mazurkiewicz, alla parte strumentale. Il sangue, rosso, è ciò che precede l'oscurità portata dalla morte e dalla quale non vi è ritorno. Le modalità per raggiungere questo stato di estasi mista a dolore sono la violenza, i coltelli e le torture, tutte citate nel testo che è probabilmente uno dei testi a tratti più filosofici di questo album. L'assolo di Pat O'Brien fa sentire l'ascoltatore quasi perseguitato, come se dietro di lui ci fosse chi è già pronto a sviscerarlo a mani nude. Sarà sicuramente questo l'effetto che volevano ottenere e ci sono riusciti! Qui non troviamo nemmeno un secondo d'aria: tutti gli strumenti procedono in sintonia in un crescendo che parte dall'inizio e man mano diventa sempre più veloce fino a raggiungere l'apice aprendo con la strofa iniziale. Questo è stato il secondo pezzo, dopo "Code of the Slashers", a cui è stato dedicato un video ufficiale che si rifa all'immaginario presente nel primo video di un brano estratto da questo album. Scene gore che si sposano alla perfezione col testo e che si alternano a scene di una performance live dei Cannibal Corpse. Una canzone non adatta a chi soffre di emofobia, quindi!

Code of the Slashers

Conviene non finire nell'occhio del mirino dei maniaci omicidi di cui si parla qui, in "Code of the Slashers" (Il codice degli accoltellatori), terzo brano in cui ci imbattiamo durante l'ascolto di "Red Before Black". Dotati di un piano sistematico, i serial killer sanno molto bene come muoversi per porre fine a chiunque capiti sulla loro strada nella maniera più dura che si possa pensare, spinti dall'istinto predatore. Nulla riuscirà a salvare i loro bersagli, nemmeno le mani che indubbiamente cercherebbero di usare come scudo. Il sangue verrà versato ugualmente. Questa canzone è stata presentata prima della fuoriuscita dell'album attraverso un video, che si attiene completamente a quello che è il testo, per dare un assaggio ai fan di ciò che sarebbe spettato loro a breve! Il video è stato diretto da Zev Deans già conosciuto per aver diretto "Dance Macabre" dei Ghost, dall'album "Prequelle". Nel video due ragazzi, dotati di un visore ciascuno che fa sì che vedano le immagini in rosso e nero, sono alla guida di un furgone, che sul lato reca la scritta "Cannibal Corp.", alla folle ricerca di qualcuno da uccidere. Riescono dunque ad individuare due ragazze e un ragazzo, così ha inizio l'inseguimento. Il primo a morire è il ragazzo, brutalmente trafitto da una parte all'altra del petto da quello che sembrerebbe un coltello da macellaio. Ovviamente neanche le due ragazze riescono a salvarsi dalla furia omicida dei due serial killer, venendo accoltellate. Andando avanti nella visione si comprende l'intento dei due che è quello di produrre carne umana che andrà poi venduta nei banconi frigorifero dei supermercati. La canzone si potrebbe dire suddivisa in tre sezioni ben individuabili ad orecchio: la prima, quella iniziale, è caratterizzata da un riff di chitarra molto lento e cadenzato accompagnato da una batteria che segue il tempo; la seconda parte proprio dopo la prima strofa ed è qui che tutto si risveglia, a partire proprio dalla chitarra e dalla batteria che diventano molto più tirate; la terza equivale a un ritorno al riff di apertura. La voce di Fisher è lineare in tutta la canzone, non ci sono accenni ai suoi scream caratteristici con cui è solito arricchire qualche canzone qui e là.

Shedding My Human Skin

Quarto pezzo, il cui testo è stato scritto da Paul Mazurkiewicz e Pat O'Brien, riconoscibile da un intro dove finalmente è possibile sentire meglio un basso che è quasi totalmente rimasto nella penombra fino ad ora. E' qui, in "Shedding My Human Skin" (Mutando la mia pelle umana), che finalmente Alex Webster decide di "alzare la cresta"creando comunque un equilibrio con una chitarra che ha tutto il suo dovuto spazio, come nell'assolo vicino al termine della canzone. Il lavoro di Paul Mazurkiewicz è sempre impeccabile e stessa cosa possiamo dire di Fisher che continua a non risparmiarsi dal gettare i suoi growl letali. Il titolo ci lascia immaginare senza troppe difficoltà ciò che ci apprestiamo ad ascoltare: una canzone che parla di mutazioni che avvengono su un corpo che poi tanto umano non è. Qui si parla di una creatura che non proviene dalla terra che abitiamo tutti, costretta ad indossare un'uniforme di pelle e sangue che non le appartiene e a vagare in un mondo designato ai deboli. La salvezza, simbolica, è comunque vicina grazie a questa trasformazione disumana che consiste nello strappare completamente via la pelle. Presto il vero volto verrà scoperto e finalmente avrà piede quello che nel testo viene definita un'invasione demoniaca di una gerarchia dominante.

Remaimed

Ulteriore collaborazione tra O'Brien e Mazurkiewicz nella scrittura del quinto brano: "Remaimed" (Ri-mutilato). Vicini alla metà dell'album i Nostri ci donano una canzone dalle tinte un po' sbiadite in grado di portarci indietro nel tempo. Questo pezzo, grazie ai cambi di tempo, fa sì che l'album complessivamente non risulti monocolore. L'intro di chitarra è così lento e pesante che vagamente ricorda "Festering in the crypt"da "The wretched spawn"del 2004. La batteria va ad unirsi in una maniera quasi sfumata, un crescendo che parte dall'intro dove viene accennato solo un leggero sfiorare di crash fino ad aumentare preparando l'ascoltatore al growl selvaggio di Fisher che in questa canzone, quasi come un cantsastorie, racconta le vicende grottesche che avvengono in un villaggio. Qui ciò che avviene è ben al di fuori di ciò che può essere percepito come "normale: le donne vengono violentate e tutti i bambini massacrati, i corpi sono deformi e storpi in quanto una precedente ondata di violenza li aveva già mutilati... Una volta, però, non è bastata, infatti proprio questi vengono ri-mutilati tra macabre risate finchè non raggiungono la morte. Solo così, forse, otterranno la pace.

Firestorm Vengeance

Sesta canzone che segna la metà di quello che ad ora è risultato, nell'ascolto, un album sanguinario: "Firestorm Vengeance" (Vendetta della Tempesta Infuocata). Anche qui non si va a smentire quello che è il fil rouge che ci ha accompagnati fin qui. Testo scritto da Alex Webster che qui decide di mettersi in primo piano con un basso marcato e molto più facile da individuare ad orecchio. La chitarra all'inizio esplode in un riff micidiale e dai tratti affilati! La tempesta di fuoco infernale di cui si parla qui travolge chiunque: le persone crudeli e quelle dal sangue avvelenato, i tiranni, tutti quelli che non hanno mai porto l'altra guancia. Nessuna pietà. È questo il ritorno di tutti i crimini che hanno compiuto in vita e che si verifica solo dopo la morte: il contrappasso. Le fiamme dell'inferno li divorano fino alle ossa e nemmeno le loro lacrime sono in grado di porre fine a questo supplizio.

Heads Shoveled Off

Torna lo spirito creativo di Paul Mazurkiewicz nella stesura del testo per la settima canzone: "Heads Shoveled Off" (Teste Svangate Via), il cui titolo stesso rimanda all'atto di decapitare tramite una vanga. Una canzone che indubbiamente, inserita nella scaletta di un loro live, aprirebbe quello che potrebbe ritenersi un pogo violento. Fisher alla voce ci va giù pesante senza fermarsi per quasi due minuti colmi di riff di chitarre, basso e batteria. Una pausa c'è solo verso metà canzone, quando i tempi rallentano per dare spazio a un assolo da brividi. In quale dei tanti scenari ci catapulteranno i Nostri questa volta? Nella mente malata di un assassino, probabilmente un soldato, che tornato in Vietnam uccide un uomo con una vanga, decapitandolo. Da quel fatidico momento la voglia di decapitare cresce sempre di più dentro di lui fino a raggiungere l'apice della follia: le sue vittime vengono seppellite con la testa da fuori, ancora in vita, per poi essere decapitate. La scena viene descritta anche attraverso i loro poveri occhi, che sgranati, osservano la vanga avanzare verso il loro collo finchè la testa non si stacca completamente dal corpo. Gli occhi vedono ancora ma il cervello muore lentamente. L'incavo del collo, senza più nulla sopra, imputridisce e una volta mangiati occhi e cervello tutto ciò che rimane, ovvero il teschio, finisce nella sua collezione.

Corpus Delicti

Ottavo brano dalle sfumature stranamente più scientifiche del solito. Si parla di "Corpus Delicti" (Corpo del reato), il principio secondo il quale un crimine deve essere provato prima che una persona venga accusata di averlo commesso. Le strofe sono tre e si ripetono tra di loro. In apertura viene descritta una scena del crimine dove la violenza è percepibile ma vi è stato un vano tentativo di camuffamento delle prove. Il Luminol, un composto chimico che durante la reazione rivela macchie di sangue seppur "ripulite", mostra la verità: nonostante del corpo non ci sia traccia, quella che hanno davanti è una stanza degli omicidi. Il testo è stato scritto da Rob Barrett che è stato in grado di creare il connubio perfetto tra splatter e scientificità. Qui di nuovo, musicalmente parlando, i tempi subiscono una rallentata rispetto alle tracce precedenti. La batteria rimane comunque martellante in concomitanza al basso che dal riff iniziale a quello finale accompagna la chitarra in questi suoni da scapocciate infernali. L'assolo va a toccare le note più alte della chitarra e si pone come punto di contrasto fra quelle che nel corso della canzone invece sono sempre gravi.

Scavenger Consuming Death

Eccoci giunti al nono pezzo: "Scavenger Consuming Death" (Morte Consumante Rovistatrice). In italiano il titolo non renderebbe tanto bene quanto in inglese, riusciamo però ad intendere che si parlerà di una persona ossessionata dal cibarsi di cadaveri, un necrofago quindi. Alex Webster ci dona un'intro di basso macabra tanto quanto il testo di questa canzone scritto da Mazurkiewicz che alla batteria spara dei blast beats veloci come proiettili. Dopo una fantastica intro di basso si cede la scena alla chitarra che dà inizio al massacro, alla batteria il doppio pedale pesta a pieno ritmo e George Fisher è colui che dà voce alle atroci gesta di un serial killer che ricordano quelle di Jeffrey Dahmer, il cosiddetto "cannibale di Milwaukee". In questo testo torna una tematica ormai cara ai Cannibal Corpse: la necrofagia. Nulla di pretenzioso, come d'altro canto siamo già stati abituati, semplicemente la descrizione minuziosa di uno o più omicidi che precedono il pasto di un pazzo cannibale. Taglia le gambe e le braccia, divora la carne lasciando solo le ossa e il tutto prima che il corpo ovviamente cominci a decomporsi. È così che riacquisisce la vita. Cibandosi di cadaveri la cui morte è stata procurata da lui.

In The Midst Of Ruin

Nella stesura di "In The Midst Of Ruin" (Nel mezzo della rovina) che è la decima canzone Mazurkiewicz si sposta dalle classiche tematiche gore e dai suoni rozzi incentrati solo sulla violenza dando spazio a un testo che tratta di un futuro distopico, che invece di andare avanti torna indietro al passato, senza alcuna traccia della tecnologia moderna tornando agli invivibili secoli bui, definiti così anche nel testo in quanto talmente distanti dalle odierne abitudini da far sì che gran parte della popolazione smetta di esistere. Brano tanto distante dalle solite tematiche quanto profondo, mostrando un lato dell'umanità incapace di resistere senza la tecnologia. Dove vige la legge del più forte, quello in grado di sopravvivere. Ci ritroveremo nel mezzo della rovina, proprio come presagisce il titolo. In questo brano i suoni che ci vengono proposti sono leggermente più ricercati e temperati, più ammorbiditi rispetto ad esempio alla precedente "Firestorm Vengeance". La voce di Fisher è senza ombra di dubbio aggressiva, senza alcuna alterazione paragonata alle tracce ascoltate fino ad ora.

Destroyed Without A Trace

Dopo la "pausa riflessiva" che ci è stata offerta con "In The Midst Of Ruin" ritorna il caos con l'undicesimo brano che ci accompagna a quella che sarà la traccia di chiusura: "Destroyed Without A Trace" (Distrutto senza alcuna traccia). Qui Mazurkiewicz torna a puntare il mirino su ciò che i loro fan si aspettano da loro: violenza, l'annichilimento totale di qualsiasi forma di vita, la morte. Un viaggio dai tratti extra-sensoriali, se ci si concentrasse solo ed esclusivamente sul testo, non risulterebbe difficile immaginare il fetore di corpi in decomposizione e la diligenza con la quale essi vengono mutilati. Le vittime vengono riunite per un'esecuzione e così inizia il massacro: uccisi giorno dopo giorno, ognuno viene privato della vita, senza alcuna pietà. Inizialmente sembra quasi di percepire degli spari interrotti, perfettamente ricreati da un coordinamento di strumenti impeccabile. Va poi a prendere piede il growl animalesco di Fisher. Durante tutta la canzone vengono ripetute parecchie pause fino a raggiungere la fine che viene chiusa quasi a troncatura dopo un blast intenso e un giro di chitarra.

Hideous Ichor

Va a chiudere quello che a tutti gli effetti si è rivelato un album sanguinario una canzone altrettanto efferata: "Hideous Ichor" (Icore Orrenda) il cui testo è stato scritto da Alex Webster. L'icore orrendo, la secrezione purulenta proveniente da un tessuto ormai in cancrena. Ascolteremo una canzone che parlerà di arcobaleni e fiori appena sbocciati? Assolutamente no. In questo brano si parla di necessità folli: quelle di profanare tombe per la semplice voglia di travasare quel sangue putrescente proveniente dalle ferite necrotiche di un cadavere. Trascinato in un cimitero dal desiderio macabro di nutrirsi dei corpi dei cadaveri in putrefazione che lo osservano attraverso uno sguardo vuoto. Ma saranno davvero morti? Ci viene lasciato il beneficio del dubbio. Il tempo è un alternarsi continuo tra ritmi lenti e veloci. All'inizio della canzone i tempi sono lenti e anche a tratti funerei, prima che Fisher irrompa e distrugga questa sorta di quiete con la sua tempesta di growl! Dopo un po' di caos si ritorna alla lentezza iniziale con un assolo di chitarra accompagnato dalla seconda chitarra, dal basso e dalla batteria. Così termina l'album.

Conclusioni

Andando a tirare le somme possiamo dire che indubbiamente il livello tecnico dei Cannibal Corpse ha ormai da tempo raggiunto l'apice per il genere e che quest'album conferma ormai l'intero percorso che la band si porta alle spalle. Non una sbavatura, non una singola imperfezione. Ma, forse, proprio questo potrebbe risultare una pecca alle orecchie dell'ascoltatore nostalgico e affezionato ai loro primi lavori. Infatti, non in pochi hanno constatato che da un po' di tempo a questa parte i cinque ragazzi abbiano intrapreso una strada meno "marcia" rispetto ad album precedenti come "Bloodthirst". Non c'è del resto da sorprendersi che i fan della band, considerati nome e storia del gruppo, si aspettino un'implacabile attitudine ed un'estrema devozione alla causa. Non è tuttavia semplice mantenere, dopo trent'anni in cui nel mondo musicale tutto è cambiato, lo stesso identico sound, ed è tuttavia senza dubbio ammirevole la coerenza e la costanza dei Cannibal nel consegnare agli amanti della band album sempre degni di nota e che non tradiscono quello che è da sempre stato il loro intento: "Red Before Black", anche se accostato a lavori leggendari come il debutto "Eaten Back To Life" o il terzo "Tomb of the Mutilated", riesce a non sfigurare. Non vi è dubbio alcuno: i Cannibal Corpse meritano ogni onore perché non hanno mai tradito, sotto nessun aspetto, ciò che i loro fan e gli ascoltatori in genere si aspettassero da loro. In questa fattispecie, sarebbe stato un buon album anche con due o tre canzoni in meno ma, in ogni caso, il lavoro si lascia ascoltare in maniera scorrevole e senza creare particolari difficoltà, anche nonostante le dodici canzoni; e, la line-up consolidata, ha sfornato pezzi in grado di far ancora impallidire chiunque. Ragguardabili le tematiche che spaziano dal classico gore, pensiamo a "Heads Shoveled Off" fino a temi più seri come in "In The Midst Of Ruin". In questo modo il gruppo riesce a mantenersi fedele alla propria linea anche dal punto di vista delle liriche, togliendosi però lo sfizio di trattare, all'occorrenza, anche di qualcosa di più "filosofico" e per certi aspetti "politico". Ogni canzone è posizionata perfettamente all'interno della scaletta ed in modo che i cambi di tempo rendano l'album leggero e fluente, mai asfissiante alle orecchie dell'ascoltatore: ebbene sì, anche generi come quello suonato dai Cannibal meritano considerazioni a riguardo! Dal punto di vista vocale, in questo lavoro Fisher ha deciso di rendere il cantato più comprensibile, il che si discosta da quello che era il suo cantato qualche anno fa. Le parole vengono scandite per bene e si capiscono senza troppa difficoltà. Dal punto di vista batteristico, beh, non vi è da sorprendersi che Mazurkiewicz dietro le pelli si confermi ancora una volta implacabile, così come Webster al quattro corde. Nota dolente a parer mio, come già accennato all'inizio, è l'artwork che è fin troppo poco cruento. Siamo tutti al corrente di ciò che è in grado di fare Vince Locke con le loro copertine, e da una cover dei Cannibal Corpse ci si aspetterebbe sempre il massimo della violenza visiva. Di certo non un album da buttare, anzi, è consigliato l'ascolto ai fan del genere e a chiunque voglia, ovviamente, crearsi una propria opinione in merito: perché i Cannibal Corpse non ne sbagliano una, non ci sono dubbi. Ma per chiunque dovesse approcciarsi a loro per la prima volta consiglierei di non partire da questo bensì di seguire le uscite in ordine cronolgico in modo da riuscire a notare le differenze e i progressi fatti da loro in trent'anni di carriera, nonché i cambiamenti di cui accennavamo. Ora non ci resta che aspettare che ritornino in studio per donarci il quattordicesimo album che, presumibilmente, sarà sempre targato Metal Blade Records.

1) Only One Will Die
2) Red Before Black
3) Code of the Slashers
4) Shedding My Human Skin
5) Remaimed
6) Firestorm Vengeance
7) Heads Shoveled Off
8) Corpus Delicti
9) Scavenger Consuming Death
10) In The Midst Of Ruin
11) Destroyed Without A Trace
12) Hideous Ichor
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