BRUCE DICKINSON

Accident Of Birth

1997 - CMC International

A CURA DI
DONATELLO ALFANO
09/10/2011
TEMPO DI LETTURA:
9

Recensione

Si può passare nel giro di dodici mesi da una grande delusione ad una piacevole e per certi versi inaspettata sorpresa? Se consideriamo il percorso artistico tra il 1996 ed il 1997 di Bruce Dickinson la risposta è decisamente affermativa. Skunkworks, terzo album della carriera solista dell'allora ex singer degli Iron Maiden aveva lasciato perplessi critica e pubblico per quelle sue atmosfere pesantemente influenzate dall'alternative rock di marca statunitense, si faceva non poca fatica ad accettare che quella era la stessa voce di masterpieces leggendari come The Number Of The Beast, Piece Of Mind e Powerslave; purtroppo anche i suoi ex compagni soltanto qualche mese prima avevano provocato l'amaro in bocca ad una buona parte dei loro adoratori con il discusso The X Factor (inciso con il nuovo cantante, Blaze Bailey). In fondo però tutti sapevano che si trattava di un progetto nato con il preciso intento di proporre un sound differente dai classici canoni metal, era evidente che quella intrapresa dalla sirena del metal non era una strada senza ritorno. La primavera del 1997 infatti venne marchiata a fuoco da Accident Of Birth, un disco che ci riconsegnava il miglior Bruce, quello più potente ed orgogliosamente metallico; avvalendosi nuovamente del contributo di un ottimo elemento come Roy Z (musicista,compositore e produttore, i due avevano già collaborato in Balls To Picasso) i risultati non potevano che essere eccezionali ma le sorprese non finivano qui; per completare il quadro in maniera strabiliante Dickinson decise di chiamare come chitarrista nientepopodimenoche Adrian Smith! La commozione era dietro l'angolo, sembrava un sogno rivedere insieme dopo sette anni la coppia che aveva composto immortali classici maideniani come Flight Of Icarus o 2 Minutes To Midnight. La ciliegina sulla torta era rappresentata dalla copertina firmata da Derek Riggs, l'artista che ha legato indissolubilmente il suo nome ad alcune delle più belle ed indimenticabili cover degli Irons, l'immagine comunque è molto diversa rispetto a quelle che eravamo abituati ad ammirare con Eddie come protagonista; qui troviamo un beffardo jolly con tanto di mazza chiodata insanguinata ed un costume caratterizzato dai colori della bandiera inglese mentre esce dallo stomaco del malcapitato di turno, un artwork degno dei più inquietanti fumetti horror... Cosa ci si può aspettare quindi dall'ascolto di un platter come Accident Of Birth? Risposta semplicissima: solo puro ed incontaminato heavy metal con il cuore ancorato al passato ma con la mente proiettata verso il presente! L'opener Freak fuga ogni dubbio; quattro minuti e quindici secondi di autentica goduria per le nostre orecchie, si parte con un riff diretto ed incisivo a cui segue una sezione ritmica precisa e spaccatimpani ad opera di Eddie Casillas e David Ingraham (rispettivamente basso e batteria, anche loro con Bruce già ai tempi di Balls To Picasso) appena entra il leader con il suo inconfondibile timbro vocale l'esaltazione arriva ai massimi storici, se a tutto questo aggiungiamo il guitar work pressochè perfetto di Smith e Roy Z possiamo sostenere che si tratta di una festa appena cominciata! Toltec 7 Arrival è un breve intro misterioso e spaziale pronto a preparare il terreno a Starchildren, granitico mid tempo contraddistinto da passaggi chitarristici particolarmente ispirati ed accompagnato come sempre da una performance canora da dieci e lode! Delicate sonorità acustiche alternate a rocciosi momenti elettrici costituiscono il punto di forza di Taking The Queen, una traccia particolarmente suggestiva e sognante e con un assolo breve ma di un'intensità con pochi eguali. Darkside Of Aquarius è molto di più di una semplice canzone, è un vero e proprio viaggio metallico; melodie meravigliose sempre in primo piano, fantastici e ripetuti cambi di tempo ed un refrain da annoverare tra i migliori in assoluto nella discografia solista di Dickinson la rendono uno degli highlights dell'album, personalmente fin dalla prima volta che l'ho ascoltato ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte ad un brano che avrebbe fatto la sua ottima figura nella tracklist di un monumento come il sopracitato Piece Of Mind. Si torna a suoni più diretti e veloci con Road To Hell, uno dei due pezzi composti con Smith, qui non c'è tempo di riflettere ma soltanto lasciarsi trasportare completamente da una freccia di adrenalina pura dotata di un ritornello che una volta ascoltato sarà impossibile dimenticare, da segnalare la presenza nel testo di tre parole (brave new world) alquanto profetiche...Un fragoroso temporale introduce la bellissima Man Of Sorrows,  ballad piena di pathos e malinconia sorretta da delle struggenti note di pianoforte, tutti quelli che attendevano l'erede della sublime Tears Of The Dragon sono stati accontentati con uno degli episodi più emozionanti di tutto il cd. La title track e The Magician ci riportano nel metal più classico, altro splendido esempio di come si possono creare due pezzi senza fronzoli ma che centrano subito il bersaglio grazie a delle melodie accattivanti ed alle due chitarre che fanno letteralmente fuoco e fiamme! La successiva Welcome To The Pit (anche qui ritroviamo la firma di Adrian) è heavy all'ennesima potenza, il suo andamento cadenzato e nervoso rievoca atmosfere tipiche dei leggendari Black Sabbath, Bruce ci mette molto del suo per ricreare in maniera pefetta un mood fortemente settantiano. Il passato nei Maiden torna prepotentemente in Omega, song dall'incedere ipnotico e ammaliante ma che nel break strumentale si trasforma nella classica cavalcata metal ricca di fantastici assoli costruiti con il gusto melodico dei più grandi, l'emotività raggiunge vette elevatissime grazie ad un'altra straordinaria interpretazione di Bruce. Il mitico frontman si congeda con la delicata Arc Of Space, un triste ed introspettivo lento acustico; ad un primo ascolto potrebbe sembrare una traccia piuttosto semplice ma la sua particolarità risiede nei pregevoli arrangiamenti sinfonici che contribuiscono a rendere l'atmosfera ancora più drammatica. Termina così Accident Of Birth, il disco che ha riportato definitivamente Dickinson su sentieri a lui più consoni, sono bastate queste dodici (grandissime) tracce per riappropiarsi del titolo di "voce del metal" per eccellenza, personalmente l'ho considerato come il primo passo del clamoroso ritorno (insieme ovviamente a quello di Smith) nel 1999 tra le fila della Vergine di Ferro, per concludere permettetemi un'ultima considerazione, sono sempre stato convinto di una cosa: anche se non l'ammetteranno mai sono sicurissimo che all'epoca anche quattro signori di nome Steve, Dave, Janick e Nicko avranno apprezzato parecchio questo disco...



 



 



 



 



 


1) Freak
2) Toltec 7 Arrival
3) Starchildren
4) Taking the Queen
5) Darkside of Aquarius
6) Road to Hell
7) Man of Sorrows
8) Accident of Birth
9) The Magician
10) Welcome to the Pit
11) Omega
12) Arc of Space

correlati