BLUVERTIGO

Zero - ovvero la famosa nevicata dell'85

1999 - Mescal

A CURA DI
MARIKA LUCCIOLA
12/03/2020
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Sapevo che volevo fare una trilogia di questo tipo. La prima cosa da evidenziare sono le iniziali dei titoli che si ricollegano all'alfabeto: "a" e "b" di "Acidi e basi", "m" di "Metallo non metallo", che sta in mezzo e tra l'altro è un disco speculare e simmetrico, e adesso "z" di "Zero". Secondo me questi tre dischi sono molto simili tra loro dal punto di vista sonoro e credo che abbiamo quasi esaurito la nostra ricerca in quella direzione. Sono dischi sui generi e lo è ancora di più questo nuovo album. "Zero" è un disco all'insegna della circolarità".

- Morgan

Zero - ovvero la famosa nevicata dell'85, ovvero il momento in cui Morgan decise di fare il musicista, è il terzo e ultimo - sigh! - album dei Bluvertigo. Viene pubblicato a due anni di distanza da Metallo Non Metallo, e rappresenta una svolta rispetto alle precedenti produzioni, non solo nel contenuto evidentemente differente, ma anche per i principi cardine da cui prende vita: Acidi e Basi e Metallo non Metallo giocavano sul tema della chimica, con Zero invece si fa riferimento alla matematica. Il progetto iniziale prevedeva che ogni brano seguisse una sorta di Dogma musicale, ricalcando l'idea cinematografica di Lars Von Trier e Thomas Vinterberg (Dogma 95). Qui Morgan decide di abbandonare il cinismo retorico da studente del liceo classico per dedicarsi ad un vero e proprio inno al digitale, e lo fa partendo dallo Zero: unico numero del sistema binario assieme all'1, oltre che inizio e principio di tutti i numeri. Lo Zero fu il fenomeno che sconvolse l'intero modo di pensare di tutta una comunità per via della sua non-forma: se tutti gli altri numeri potevano essere quantificati con gli oggetti - una pietra, due penne ecc. - lo zero non poteva trovare una manifestazione fisica. Ma la sua importanza nella matematica fu incommensurabile, nonostante fosse la rappresentazione del nulla. E come lo zero è un numero-non-numero, il bianco è un colore-non-colore, non è un caso che dopo le copertine più colorate dei precedenti dischi, questa volta i Bluvertigo abbiano optato per qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto fatto in passato. Il bianco è l'equivalente dello zero, in matematica, come la sintesi di tutti i colori concentrati nella loro massima espressione. E poi, certo, è il colore della neve, che rimanda al titolo del disco. Due cose sono chiare già da prima dell'ascolto: in primis, che i quattro di Monza si riconfermano gli eruditi tra gli eruditi, quegli arroganti intellettualoidi capaci di un citazionismo fuori dal comune. In secondo luogo, che quelli che da sempre abbiamo identificato come Bluvertigo, in realtà non erano che un'estensione del genio creativo di Marco Castoldi. E qui probabilmente guadagnerò l'antipatia di molti, perchè so bene che il gruppo non è stato "solo Morgan", ma una sinergia di musicisti/tecnici più che validi che hanno apportato il loro contributo in modo più o meno significativo ai Bluvertigo, come Livio Magnini, Sergio Carnevale o Andrea "Andy" Fumagalli. Ma già il fatto che il sottotitolo dell'album sia frutto della personalissima esperienza del solo Morgan, la dice lunga sulla democraticità del gruppo e sul peso di ogni singolo componente al suo interno. Zero, come i precedenti lavori, è figlio dell'era in cui è nato. Siamo nel 1999, appena prima del millennium bug e poco dopo l'avvento di internet. La parola più in uso del tempo è la "digitalizzazione". Questa ondata di innovazione tecnologica travolge il sound dei Bluvertigo, portandoli ad abbandonare il suono più grezzo, più tradizionale, per far posto ad elettronica e correnti di sintetizzatori. Se Acidi e Basi è il disco più rock, e Metallo non Metallo la perfetta commistione tra rock e sperimentazione elettronica, con Zero non abbiamo più dubbi: si tratta dell'album più "informatico" del gruppo. C'è però da dire che nonostante il "nuovo che avanza", Morgan e soci restano ancora prepotentemente ancorati ai grandi miti del passato. E quindi ecco il tripudio di tastiere alla Kraftwerk, il glam-rock del duca bianco, la new wave di New Order. Com'è che si dice? Non si esce vivi dagli anni'80.

Versozero/Zero

L'album si apre con il criptico messaggio raccontato dalla voce remota di Versozero, per lasciare poi spazio alla prima vera traccia del disco: Zero, per l'appunto. Già dal breve intro, è ben chiara la svolta elettronica del gruppo. Tutto quello che nei precedenti lavori era stato appena abbozzato, ecco che qui prende forma, in un brano che non è solo il title track di un ottimo disco, ma il vero e proprio manifesto della nuova natura dei Bluvertigo. Zero ha una durata - non trascurabile - di 5.10 minuti - ma nonostante ciò, mantiene in botta per tutta la sua lunghezza. I primi '50 secondi si aprono con un instrumental che può suonare familiare a chi è fan dei Subsonica, perchè ho il sospetto che metà della loro discografia sia partita da lì. L'intero brano è cadenzato dal sottofondo dei sintetizzatori per quasi tutta la sua durata, ma è solo verso la coda, al minuto 3.35, che parte il pezzo più apprezzabile dell'intera canzone. E' in questo punto che il sound claustrofobico, accompagnato dalla voce meccanica di Morgan, ci da l'impressione di stare ascoltando non una canzone, ma un messaggio extraterrestre lanciato dallo spazio. Verso il finale, ritornano le chitarre, che si intrecciano efficacemente con i synth presenti fin dall'inizio. Questo fino all'urlo finale di Morgan, spezzato con immediatezza dopo pochi secondi, che mette il punto al brano. Il testo è dei soliti a cui Morgan ha abituato fin qui, una mescolanza di frasi no-sense che prese singolarmente potrebbero dare l'impressione di essere geniali, ma che dopotutto, nel complesso, non significano nulla. Queste si sommano alle massime dei grandi pensatori: "io è un altro" (RImbaud), "Lo zero non esiste" (Kaplan), "Niente è nulla"(Parmenide), "Tutto è mio (Sgalambro) e sul finale "Il messaggio è conservare bottiglie vuote" (Zelig, Woody Allen). Certe frasi come Ti dispiace essere un mio sogno erotico? poi, le vedrei bene come didascalia di qualche banale selfie su Instagram. Su una cosa però non potrei che essere più d'accordo con loro: Senza un'idea non ci si alza dal letto, purtroppo.

La Crisi

Quando sento La crisi mi chiedo ancora adesso come abbiamo fatto.

- Andy

La seconda traccia dei Bluvertigo, La Crisi, è molto più soft e meno incazzata della prima. È il classico pezzo che tutti avrebbero voluto scrivere, per la sua semplicità ipnotica. È un buon pezzo pop rock, di quelli di cui ormai Morgan e soci sono veri e propri ambasciatori. Il testo descrive in maniera particolarmente veritiera tutte le dinamiche connesse ad un periodo di crisi, dove con crisi si intende un qualunque momento in cui le cose non vanno come vorremmo. E cosa succede quando si è in crisi? Si resta distanti, si cerca l'isolamento, ci si prende una pausa da scuola/lavoro nei casi più estremi e riaffiorano nella mente ricordi che credevamo fossero sepolti. Ma, allo stesso modo, la crisi può rappresentare un buon momento per ragionare sulle cosa da una nuova prospettiva. Quindi non si tratta solo di un momento negativo, malgrado lo sembri: potrebbe essere il punto di partenza per una rinascita. Mi domando se La Crisi di Zero non abbia una sfumatura autobiografica, facendo riferimento, chessò, ad un'ipotetica crisi artistica che Morgan e soci si sono trovati a vivere nella creazione del disco. Dopotutto, il dover abbandonare le care melodie del passato per imboccare un nuovo percorso più impervio, tutto dedicato al digitale, avrà fomentato dei malumori personali e all'interno del gruppo. Se la formula precedente era stata così efficace, perchè virare la rotta e cambiare tutto? Il punto è che una crisi è sempre frutto di due anime intestine: da un parte la necessità di crescere, di spingersi oltre; dall'altro, il senso di destabilizzazione che crea la rottura con il passato e con tutto ciò che c'è stato fino a questo momento. Quel che è certo, è che la Crisi dei Bluvertigo è un esperimento ben riuscito, e ancora oggi è forse il brano più apprezzato della band.

Sono=Sono

Sono=Sono è tra i punti più alti del disco. Funziona in tutto, nel testo come nella melodia. Se provaste a chiudere gli occhi, isolandone il riff, vi sembrerà addirittura di ascoltare un qualcosina di Specchio, contenuto nel penultimo album dei Subsonica. I dischi dei Bluvertigo sono sempre stati un po' difficili da assimilare , e vi parlo dal punto di vista di un'appassionata fan del gruppo. Nei primi due lavori l'impressione era quella di un gruppo di musicisti con un'identità ancora poco definita e con una miriade di idee in mente. Ma nella foga del dire tutto, il più delle volte il risultato era ostico e confusionario. In Zero invece i Bluvertigo sembrano aver trovato finalmente la propria strada, sia nel lirismo, più immediato, che nelle melodie, meno barocche. Tutto ciò è ovviamente ravvisabile in SONO=SONO (che si legge Sono come Sono). E' una canzone semplice con un ritornello confezionato per stamparsi nella mente di chi lo ascolta, anche se per una sola volta. Il suono è tipicamente Kraftwerk con qualche pennellata più funk qua e là: perchè si, va bene l'elettronica, va bene il synth, ma i Bluvertigo non si allontanano mai troppo da sé stessi. E poi c'è il testo, forse tra i più divertenti che la dotta mente di Morgan abbia mai potuto ingegnare. Il suo significato ruota tutto intorno alla domanda: chi sono veramente? E partono così tutta una serie di riflessioni, che non ho dubbi possano esser state realmente elaborate dalla stessa persona che le canta. Di che tipo? Sul calcio, in particolar modo sul portiere, che è quello che si distingue dal resto della squadra per abbigliamento e perché, a differenza degli altri, stava fermo. O sul fatto che avrebbe voluto comunque distinguersi dalla massa, in un modo o nell'altro. Che è un pensiero abbastanza comune, diciamolo. Sentiamo il bisogno di differenziarci e finiamo per fare cose per cui nemmeno siamo portati, nel tentativo di dimostrare qualcosa agli altri, o forse a noi stessi. Il punto è che spesso ci ritroviamo a percorrere dei sentieri già tracciati da qualcun altro, ed è il risultato non può che essere disastroso. E quando non riusciamo, ci interroghiamo sul "di chi è la colpa? Non mi sarei potuto impegnare abbastanza? Non avrei potuto finire gli studi?". A queste domande, la band dà la sua risposta nel ritornello: siamo quel che siamo, io sono quel che sono. E, nel caso dei Bluvertigo, loro non sono eclettici, nè grunge, nè industrial, nè niente altro: semplicemente, sono quel che suonano.

La Comprensione

Il primo pezzo "romantico" di Zero lo troviamo in La Comprensione. Le incursioni di archi e pianoforte rendono il brano di una nostalgia disarmante, che nemmeno il ritornello più ritmato o la batteria scandita riescono a mediare. Verso la coda poi, c'è un momento musicale squisitamente Bowiano, in cui finalmente ritorna il suono di Sax che tanto piace ai Bluvertigo. La particolarità de La Comprensione sta proprio nell'uso delle tastiere: non è un solo un accompagnamento musicale, ma ha una vera e propria personalità espressiva, quasi come una seconda voce. E poi c'è il cantato di Morgan, mesto ed esasperato, che si sposa alla perfezione con l'aria della melodia. Avendo il vantaggio di poter indagare anche la linea temporale successiva alla pubblicazione di Zero, è chiaro come La Comprensione sia frutto dell'estro artistico che Morgan approfondirà qualche tempo dopo nella sua carriera solista, in quel capolavoro che è Canzoni Dall'Appartamento. Il testo è delicato in ogni sua parte: niente voli pindarici, nessun giro di parole. Sembra descrivere una storia ormai agli sgoccioli, tra due persone che hanno evidenti problemi di comunicazione tra loro. Gli elementi della crisi ci sono tutti, e sembrano mostrare una coppia che non solo non ha più voglia di parlare, ma nemmeno di provare a capirsi. Sono insieme per abitudine, o forse perchè un briciolo di ciò che era li tiene ancora indissolubilmente legati. Forse non è nemmeno più di amore, ma di affetto che si parla, e lei continua a fare affermazioni che, a quel punto, suonano come una presa in giro. I due si muovono sulle macerie di una storia già finita, e sebbene nessuno di loro abbia il coraggio di mettervi un punto, il messaggio è forte e chiaro: è necessario comprendersi, per quanto utopico possa sembrare.

Finché Saprai Spiegarti

Essere grande significa essere incompreso, diceva Ralph Waldo Emerson. E si ricollega al contenuto di Finchè saprai spiegarti, la traccia più citazionista dell'intera carriera dei Bluvertigo. Se al vostro primo ascolto l'intro vi suona come qualcosa di già sentito, non preoccupatevi: è perchè è praticamente identico a quello di "Don't You Forget About Me" dei Simple Minds. Incluso l'urletto iniziale di Jim Kerr. Ma la storica band scozzese non è l'unica ad essere bonariamente saccheggiata: c'è anche una bella infarinatura di Bowie (tanto per cambiare) che Morgan non dimentica di ringraziare saggiamente nel testo, insieme ad una lunga sfilza di personaggi di cui il cantante condivide pensieri e cultura. Per quanto riguarda il testo, "Finchè saprai Spiegarti" è una canzone molto ironica, nelle parole quanto nella melodia. Morgan descrive degli incontri immaginari con quelli che, molto probabilmente, sono gli artisti che più di tutti hanno influenzato il suo percorso musicale e non: Amanda Lear, Madonna, sua madre, i Duran Duran, Geroge Orweel, David Lynch, Chopin ecc. "Finchè saprai spiegarti, ti seguiranno, finchè saprai spiegarti, ti riterranno sano", canta nel ritornello il leader dei Bluvertigo. Ancora una volta, come nella traccia appena precedente, ritorna il tema della comprensione, questa volta però con una diversa accezione. A proposito di comunicazione e interpretazione, intervistato a proposito dei suoi testi, lo stesso Morgan spiegava in questo modo la necessità di avere sempre il parere di terzi: "Trovo che se i livelli di interpretazione possono essere molteplici, l'intenzione che si vuole comunicare non può invece essere fraintesa. Se io voglio fare ridere devo riuscire a capire se quella cosa fa effettivamente ridere, ed è la stessa cosa se voglio commuovere. Non posso non centrare l'obiettivo. Mi piace quindi sottoporre quello che scrivo all'attenzione di chi mi fido". La parte simpatica è che, ad esclusione di quei due versi nel ritornello, l'intero brano è in lingua inglese. E decidendo di cantare in una lingua diversa dalla propria, ma soprattutto diversa da quella dei suoi ascoltatori, il risultato non può che essere una mancata comprensione del suo significato. 

Sovrappensiero

In Sovrappensiero il suono industrial alla Nine Inch Nails ritorna in maniera più prepotente, rispetto a quanto già fatto in Metallo non Metallo, e si sposa con un tripudio di effetti così numerosi da essere difficili da identificare. Ci sono tutti gli elementi del digitale: suono meccanico, voce robotica e massiccio uso di synth e percussioni. E se il testo fosse stato inglese, probabilmente avremmo potuto credere che si trattasse di un nuovo brano dei Depeche Mode. Questo è sicuramente la punta di diamante del disco insieme a La Crisi. SI muove in un'atmosfera onirica, in cui la voce di Morgan assume toni e sfumature differente in ogni parte della traccia. Come se non bastasse, vanta al suo interno una collaborazione sicuramente non trascurabile, quella del maestro Battiato, la cui è ombra è sempre stata presente - in senso figurato - nei lavori dei Bluvertigo e che questa volta interviene concretamente nel brano, sia con i cameo vocali che nella coda, con il corale di Bach. Ma è abbastanza evidente che l'artista catanese non si sia limitato solo a questi sparuti interventi, ma abbia affondato le mani nell'intero brano, che per melodia e lirismo potrebbe essere un suo figlio non riconosciuto. Il testo ruota intorno a quello che potremmo definire Overthinking, se volessimo utilizzare un termine più moderno di "Sovrappensiero". Che è qualcosa che, bene o male, capita a tutti, quando siamo così immersi nelle nostre riflessioni da distrarci dal resto del mondo. Il lirismo si presta ad una marea di interpretazioni. I Bluvertigo sembrano volerci dire che con la mente, possiamo arrivare, metaforicamente, ovunque. Possiamo tracciare dei sentieri da seguire, possiamo essere in un sacco di posti contemporaneamente. E se poi utilizzassimo il nostro pensieri critico in ogni aspetto della nostra quotidianità, potremmo anche renderci conto che ogni nostra discussione, ogni nostro atto, come quello dell'andare in chiesa ad assistere ad un matrimonio, funerale o battesimo, in realtà non è vissuto con la piena percezione dell'evento, perché' la nostra mente viaggia altrove. Per cui potrebbe essere facile fraintendere il contenuto di una conversazione apparentemente normale, se ci concentrassimo veramente sul significato di ogni singola parola. Allo stesso modo, i nostri pensieri ci portano talvolta ad elaborare dei giudizi frettolosi o poco curati anche sulle persone o sulle cose di cui non conosciamo nulla. Tutto quello che succede nella nostra testa, non trova una rappresentazione con le nostre azioni, in particolar modo una: la nostra morte. Prendendo in prestito il pensiero dei grandi filosofi del passato, Morgan ci dice che fin quando sarà in vita, non potrà mai vivere la morte, e fino al momento in cui verrà, non potrà che essere un pensiero. Insomma, una parafrasi moderna della più antica massima di Epicuro: "Non temere la morte, perchè quando c'è lei non ci sei tu, e quando ci sei tu non c'è lei". Il testo comunque è tipicamente "Battiato", il meno digeribile del disco, se confrontato a quelli ascoltati fino a questo momento. Ma nonostante il suo contenuto più astruso, ogni parola racchiude in sè una musicalità tale da renderle oltremodo incantevoli all'ascolto. Qui si toccano i punti più alti dell'album, indubbiamente.

Forse

Siamo arrivati a Forse, la canzone più lunga dell'intero album. Anche qui, come in altri punti dell'opera, l'influenza del Kraturock e della new wave è evidente, anche se in maniera più morbida e soft rispetto ad altri brani. È meno dark, meno industrial, e lascia più spazio ad un ambient ben ponderato in stile Brian Eno. Anche qui siamo di fronte ad una piccola perla del disco, ed è l'unico brano dove il cantato graffiante di Morgan viene sostituito dalla più dolce voce di Andy. Durante un'ormai storica intervista alla rivista "Tutto", alla domanda su come fosse stato interpretare un testo di Morgan, Andy rispose: Devo dire che il grande imbarazzo è stato cantare in italiano, e non solo per la mia pronuncia brianzola. Mi ritrovo molto nel testo scritto da Morgan, è come cantare delle cose che penso realmente. É una canzone molto differente dalle altre dei Bluvertigo e quindi andava forse messa in risalto anche a livello vocale.  É come un omaggio a Martin Gore dei Depeche Mode, il mio artista preferito in assoluto. A mio parere, "Forse" è un ottimo brano per tutta una serie di motivi. Il primo, è che si differenzia in modo netto dagli altri presenti nel disco perchè è l'unico in cui ascoltiamo una voce diversa da quella a cui siamo abituati, ed il risultato raggiunto oltrepassa ogni aspettativa. Secondo, perchè trovo che sia una di quelle canzoni il cui testo parla a più persone, ognuno delle quali vede nelle sue parole un significato diverso. E che cos'è la musica, se non un linguaggio "umano" universale? Si tratta sicuramente di un racconto autobiografico, in cui il protagonista sembra descrivere sè stesso come una di quelle persone che difficilmente riesce ad esprimere pareri positivi sulle cose, ma che sicuramente resta colpito dalla loro diversità. L'impressione è quella di vedere un sè, al di fuori di sè, e il racconto prosegue su un'infinita autoanalisi e autocritica piuttosto malinconica, dove non mancano spunti riflessivi e rimpianti dolorosi. Sul finale la promessa di diventare migliori di quel che si era. "Forse" è un brano inafferabile, il cui senso sembra cambiare a secondo dello stato d'animo che viviamo nel momento in cui lo si ascolta. Ed è proprio questo il suo grandissimo pregio.

Autofraintendimento

A questo punto dell'ascolto, abbiamo già un 3 o 4 pezzi preferiti che riascolteremmo volentieri più d'una volta. E Autofraintendimento si aggiunge a questi senza troppi sforzi. Il bello dei Bluvertigo è che riescono ad omaggiare praticamente in ogni loro lavoro le proprie muse ispiratrici, e lo fanno in modo talmente rispettoso e attento da trasformare un tributo in una sorta di culto ad una divinità. Per Autofraintendimento, è abbastanza evidente che Morgan e soci abbiano masticato parecchio Japan, di nuovo Kraftwerk, Ultravox e derivati. Lo si nota da la melodia e all'arrangiamento, in cui coesistono tutti gli elementi squisitamente elettronici presenti anche negli altri brani del disco, con la differenza che qui la batteria è veramente enorme. E anche dal ritornello robotico, che si mescola alla seducente voce di Morgan. Per quel che riguarda i temi trattati, la matrice di partenza è sempre la stessa: si parla di incomprensione, non solo nei confronti degli altri - come in Finchè Saprai Spiegarti - ma anche verso sè stessi. E ritornano i grandi interrogativi sulla natura umana: i Bluvertigo prima ci dicono che Sono quel che Suono - Suono=Suono - e poi rettificano qualche traccia più in là dicendo che spesso ci crediamo quello che non siamo. Il testo poi è particolarmente tagliente, e riprende argomenti già accennati qualche brano più su. Verte tutto sull'incapacità, delle persone, di capire i propri simili. Non per cattiveria, sia chiaro, nè per un particolare sadismo, ma semplicemente per i limiti che la nostra mente ci impone. L'essere umano è abituato a giudicare tutto, quello che conosce e quello che non conosce, ed ogni giudizio o parere viene formulato sulla base di un personalissimo metro che differisce da persona a persona. E la cosa veramente sbagliata, è ritenere che questi giudizi siano unanimamente riconosciuti, senza accorgerci di quanto siano in realtà frutto delle nostre percezioni. I concetti accennati diventano poi non solo un brano da canticchiare distrattamente in auto, ma un vero e proprio spunto di riflessione: quante volte le persone ci vedono per quello che la loro mente percepisce e non per quello che siamo realmente? Riassunto in 3 parole: è tutto relativo.

Lo Psicopatico

La canzone-personaggio è sempre stata nelle mie corde, dagli inizi: nel primo disco dei Bluvertigo c'era L'eretico, nel secondo L'eremita, nel terzo Lo psicopatico.

- Morgan

Siamo arrivati alla decima traccia dell'album, lo Psicopatico. Già dai primi secondi, i Bluvertigo ci sbattono in faccia questa heavy guitar gigantesca, che più che suonare pare ruggisca. Il brano resta rabbioso per tutta la sua durata, non limitandosi alla sola partenza sprint, ma adottando lo stesso spirito per tutto il brano. La chitarra è accompagnata da una tastiera aggressiva più o meno allo stesso modo, a far intendere quanto si possa essere cattivi anche con un buon uso delle distorsioni e dei synth. Ciò premesso, a questo punto non abbiamo dubbi che il brano affondi le sue radici nella musica di Marylin Manson, oltre che chiaramente in tutti i lavori di Trent Reznor. Il testo segue la stessa linea della melodia, e sputa in faccia - o meglio, nelle orecchie - degli ascoltatori una serie di sentenze in pieno stile Bluvertigo. Niente di tutto quello che viene detto è riconducibile alla figura dello psicopatico, almeno non a quell'immagine con cui si identifica lo psicopatico nello scenario collettivo. Sarà perchè quando scrivo la parola "psicopatico", nella mia testa si stampa il sorriso di Norman Batec, cioè di un individuo capace di assumere atteggiamenti devianti che il più delle volte sfociano in comportamenti aggressivi. In realtà, citando la Treccani, il termine psicopatia è usato per descrivere un'alterazione psichica che, pur inducendo una condizione di comportamenti anomali e di sofferenza soggettiva, non costituisce di per sé una malattia mentale. È Morgan, che viene dagli studi classici, questo lo sa e si percepisce da questo testo, in cui descrive degli atteggiamenti ambigui che possono esser letti come stranezza da chi non li vive o non li comprende. Ma ritorniamo sui soliti discorso già affrontati in altre salse, che non portano a nulla di più di quanto elaborato fino ad ora.. Dirò di più, se non fosse per il sound incazzato, boccerei in todo Lo Psicopatico, che ha tutta l'aria di essere un riempitivo buttato lì con lo scopo di dimostrare la poliedricità del gruppo.

Always Crashing In The Same Car

La cover di Bowie è un po' per dichiarare questa nostra affezione. Il Bowie di Berlino, cioè dei tre dischi più importanti, della famosa trilogia chimica, che ha fatto insieme a Brian Eno e a Robert Fripp, diciamo che sono i dischi che ritengo forse più entusiasmanti del rock 'n' roll. Ed è come vedere questo brano di Bowie letto alla luce dei primissimi brani di Bowie come "Space Oddity" e "Life from Mars".E l'album si chiama "Zero", ricordiamo che è proprio un discorso sulla circolarità, sul "loop" sull'eterno ritorno, sullo zero come vero tre, cioè come soluzione alla dualità: e "Always?", il titolo del pezzo è "Always crashin' in the same car", per cui sbattere sempre con la stessa auto, è veramente un manifesto del ripetersi.

- Morgan, intervista a "Tutto" (1999)

Always Crashing In The Same Car non è solo un tributo, ma un sincero ringraziamento nei confronti di chi ha ispirato non soltanto l'ultimo Zero, ma anche i precedenti album della band. È innegabile come la musica di David Bowie abbia illuminato il percorso musicale dei Bluvertigo, specialmente in questo disco. In genere le cover sono sempre delle mosse azzardate: il risultato sperato non si avvicina mai all'originale nemmeno lontanamente, e il più delle volte diventano una profanazione più che un tributo in tal senso. Non è questo il caso, però. I Bluvertigo dimostrano di conoscere David Bowie più di qualsiasi altra band che abbia avuto l'ardore di inserire una sua cover in un disco. Anzi, il loro non è solo un omaggio da fan e appassionati, ma è frutto di un vero e proprio studio del personaggio, della musica e dei testi. Per cui non deve stupire il fatto che "Always Crashing In The Same Car" sia un tributo più che riuscito, quasi al pari dell'originale del duca bianco - già di per sé caratterizzato da un sound che pare ancora futuristico, a decenni di distanza. Il brano originale è contenuto nel fortunato "Low", del 1977. Fu una delle canzoni per cui Bowie si dannò di più, visto che cambiò arrangiamenti e strofe talmente tante volte da pensare addirittura di non inserirla più nel disco. Il testo, poi, è particolarissimo. Il suo vero significato non è mai stato spiegato: qualcuno crede sia legato alla sua esperienza da tossicodipendente, altri che sia semplicemente una fotografia di un evento accadutogli. Parla della frustrazione che si prova nel ripetere gli stessi errori, il tutto rappresentato dal narratore che continua a sbattere con la macchina nello stesso punto di un garage di un hotel, mentre una certa Jasmine lo osserva. C'è chi dice inoltre che Jasmine altri non fosse che Iggy Pop.

Sax Interlude/Porno Muzik

Siamo ormai giunti verso la fine di questo meraviglioso esperimento musicale che è Zero. Fino a questo momento, il disco ha dato molte soddisfazioni e siamo piacevolmente colpiti già dal primo ascolto da ogni sua traccia. A questo punto, forse per alleggerire un po' il tono, o solo per puro divertissment, i Bluvertigo decidono di inserire la strumentale elettronica Porno Muzik, introdotta dalla brevissima Sax Music. Non aggiunge nè toglie nulla all'album, e mi chiedo quali siano state le ragioni che li abbiano spinti ad inserire questo momento puramente musicale in un disco che se fosse terminato due tracce più su, sarebbe stato sicuramente più apprezzabile. Forse la solita arroganza dei Bluvertigo, che in un album prettamente dominato da synth e digitale volevano dimostrare di essere ancora in grado di imbracciare gli strumenti - come il sax - in un onanismo continuo di virtuosismi tecnici. O più semplicemente, si tratta di un banale riempitivo come Lo Psicopatico più sopra. Niente di particolarmente rilevante.

Niente x scontato

Nonostante la svolta digitale, i Bluvertigo si mostrano ancora fortemente legati ai giri di basso più cari al funk. Niente per scontato ne è la prova lampante. Dal punto di vista della melodia, si parla di un brano che è piuttosto piatto in tutta la sua durata. Le stesse battute si ripetono nel corso dell'intero brano, dove non è solo il suono ad essere ripetitivo, ma anche il cantato, più vicino ad un rap che ad un melodico,a dirla tutta. L'impressione è di ascoltare un testo di Morgan su una base di Lorenzo Cherubini. D'accordo, è un disco votato al digitale, e sì, è palese che si tratti di un omaggio alla nuova era, ma ahimè siamo ancora troppo indietro con i tempi per poter apprezzare come si deve un brano tanto robotico, nella musica e nel lirismo. Il testo è un elenco di cose "da non dare per scontato", e per quanto mi sforzi di trovarne un senso nascosto,, davvero mi sento limitata perché non riesco a comprenderlo (se c'è). Sarà perchè più che un testo mi sembrano una serie di riflessioni, sarà quel rappato quasi fastidioso, ma faccio davvero fatica a trovare un significato intrinseco a quello che c'è scritto. Non lo so, leggo Bluvertigo, canto il loro testo, ma a grandi linee mi sembra un moderno Modugno che in Meraviglioso ci invitava a non dare per scontato la vita, apprezzandone ogni sua sfumatura. La differenza con quest'ultima sta nel fatto che i Bluvertigo ci riportano su dimensioni più terrene, indicandoci come alcune cose siano giudicate in un certo modo, pur non avendo certezze su di esse. Riassumendo tutto con una semplice domanda: ma siamo sicuri che...?

Ad ogni modo, si tratta di un brano dinamico in ogni sua parte; come dei moderni Marinetti, i Bluvertigo sembrano inneggiare un ritorno alla velocità in un mondo più meccanico, ma il risultato è piuttosto scadente. Ad essere onesti, penso sia il pezzo più insulso dell'intero disco.

Numero

Se la bellezza è il minimo comune denominatore

Allora io sono un numero indivisibile

Zero è un disco "matematico" non solo per il suo contenuto, ma anche per la sua ragionata simmetria. Infatti, si apre e chiude in modo speculare: la prima e seconda traccia (Verso Zero e Zero) rimandano al mondo della matematica, esattamente come la penultima e l'ultima. In Numero c'è un'inaspettata esplosione di archi che rende la canzone esasperata e claustrofobica. La voce di Morgan è sommessa e si lega perfettamente all'accorato suono del violino di Marco Pagani, già presente in Autofraintendimento. Rispetto all'industrial e al ritmo incalzante che fino a questo momento ha animato l'intero lavoro, qui sembra quasi che i Bluvertigo vogliano diminuire la tensione introducendo dei brani più calmi, almeno a livello compositivo. Questa placidità però è solo accennata, visto che violino, voce e piano intrecciati in questo modo, generano più uno stato d'angoscia che di tranquillità. Il testo è molto essenziale e si risolve in pochi e semplici (si fa per dire) versi, legati sempre all'algebrico. Parliamo di otto affermazioni ripetute, per essere più precisi. Il suo significato è molto criptico, e incatena la matematica alla natura. Come un moderno Fibonacci quindi, Morgan tenta di rappresentare la vita di ogni individuo con i numeri, come se in qualsiasi situazione esistessero degli schemi precompilati. E lo fa attraverso l'arte, attraverso la musica, che è quanto di più lontano possa esistere dal rigore scientifico.

[...] Si tratta un numero (Zero, ndr) che ha un casino di significati. L'album è stato concepito come un vecchio album in vinile, con un lato A e uno B. Si tratta di un tipo di struttura formale che serve a razionalizzare quelle che sono delle emozioni. Visto che ho iniziato con la musica classica, trovo che uno degli aspetti più interessanti ed evoluti di quel tipo di musica definita colta è proprio il fatto di formalizzare, di ragionare sulla forma.

- Morgan, intervista a "I racconti del cuscino" (1999)

Punto di non arrivo

L'utilizzo delle parole è forse il punto centrale della vita, dell'esistenza, cioè come si usano le parole, ma perché si usano, per quale scopo si usano, quali sono queste parole. Abbiamo mai riflettuto sul nostro vocabolario, ad esempio, che non è un fatto di elenco, io conosco più parole di te, no; che tipo di vocabolario è e che repertorio di termini ci sono, quanti significati hanno le parole. Più sono complicate le parole meno sono i significati che c'hanno dentro queste parole, più sono semplici, le parole, comprensibili, e più sono sterminati i modi di applicarla, di utilizzarla, quindi qual è lo spessore di questa parola. Per cui qua mi viene da pensare che il grande poeta è colui che usa parole semplici, invece il piccolo burocrate userà delle parole ridondanti, no? Da burocrate. "Eccoci finalmente arrivati al punto di (non) arrivo del disco. Qui la digitalizzazione dei Bluvertigo si fa estrema più che mai, in un'atmosfera musicale così grottesca da generare quasi uno stato d'ansia durante l'ascolto. Per capirci meglio: se Punto Di Non Arrivo fosse un film, il suo regista sarebbe Alfred Hitchcock. La canzone inizia con il messaggio di una conversazione con quello immagino possa essere Ronald McDonald. Non il vero eh, quello di plastica a grandezza naturale seduto sulle panchine del fast-food. E già così abbiamo toccato vette altissime, perchè è facile citare personaggi viventi, ma per quelli inanimati quanto oltre bisogna spingersi? Sorvolando il momento riflessivo, il brano si assesta su un sound in pieno stile Depeche Mode di Construction Time Again, attraversato da un continuo Beep di sottofondo che ricorda quello delle macchine ospedaliere. Chiaramente riprende il discorso cominciato con Numero, è rappresenta l'ennesimo tentativo di sperimentazione tra elettronica e rock pop. L'unica momento di apparente calma è rappresentato dal ritornello,in cui ritorna la chitarra in acustica e la voce di Morgan è più rilassata. Il testo è la testimonianza di una presa di coscienza. E di un arrivo/ non arrivo alla destinazione. Dopo questo lungo percorso, emotivo quanto musicale, sia i Bluvertigo che i loro ascoltatori hanno realizzato una serie di consapevolezze. Il modo in cui ci siano riusciti però resta sconosciuto.

Conclusioni

Metallo non metallo" del '97, "Acidi e basi" del '95. Prima parlavamo di stringhe, mi piacerebbe evidenziare come una delle stringhe possibili, e irrazionali, sia il nostro alfabeto, che inizia con la A e prosegue con la B, "Acidi e basi". Nel centro dell'alfabeto troviamo - e quindi mi sembra all'undicesima posizione, sono ventuno le lettere, quindi l'undicesima è il centro esatto, 10-1-10 - la M, e "Metallo non metallo" è infatti speculare, metallo-non-metallo. "Non" ha uno zero al centro, arriviamo all'ultima tappa che è la zeta di Zero, però lo zero comprende tutto, è il simbolo dell'infinito: ecco come si può interpretare la trilogia, dal punto di vista alfabetico. La vera essenza della trilogia è quella chimica, così si chiama: "Trilogia chimica, proprio perché... non sto a spiegare perché "Acidi e basi" è qualcosa di chimico o "Metallo non metallo" è qualcosa di chimico o non chimico... "Zero" è qualche cosa di chimico solo se l'acqua, a zero gradi, diventa neve, in quel caso.

- Morgan

Possiamo finalmente trarre le nostre conclusioni. Zero è il vero capolavoro dei Bluvertigo, l'album con cui si sono meritatamente guadagnati un posto nell'olimpo musicale italiano da qui a cento anni, anche se, all'epoca, non fu immediatamente capito dal pubblico perché giudicato troppo difficile. "Finchè saprai spiegarti, ti seguiranno": a questo punto suona come un messaggio profetico vero e proprio. Sono passati ventuno anni da allora, e posso affermare senza timore di smentita che Zero sia un album pazzesco, un'opera unica che, ascolto dopo ascolto, è capace di regalare spunti diversi e nuove citazioni e rimandi da cogliere. La sua grandezza risiede in tante piccole cose che nei precedenti lavori non ho trovato: compostezza, riflessione e sperimentazione. Il vero problema di Morgan e soci risiedeva nel fatto che nella foga di voler dire tanto, finivano per essere sconclusionati e ridondanti. In Acidi e Basi c'era la rappresentazione musicale di un gruppo interessante, alla ricerca di un pubblico e di uno strumento per divulgare i propri messaggi. Con Metallo Non Metallo, hanno tentato di incanalare le riflessioni rabbiose in un disco che potesse essere più misurato del precedente, ma anche lì non erano stati in grado di dare un'organicità al proprio lavoro. Ma in Zero, finalmente, i Bluvertigo diventano consapevoli; non hanno più bisogno di infiniti giri di parole, cripticismo, citazionismo estremo e virtuosismi musicali, per dimostrare quello che già dal primo momento in cui sono apparsi sulle scene era ben chiaro: sono gli eruditi tra gli eruditi. Tant'è che si tratta di un album pulito, senza sbavature e obiettivamente distante per spessore e contenuti dai precedenti. Qui finalmente i Bluvertigo trovano la propria dimensione in quello che suonano, e non in quello che sono. Non ha più senso tentare di inscatolarli in un genere o cercargli un'etichetta che possa calzargli a pennello, perchè finalmente rivelano la propria identità musicale attraverso il loro ultimo lavoro. Citando i Bluvertigo stessi: "Se l'uno è la verità, il due è la materia, il tre è "tutto ciò che senso ha". Il risultato è un piccolo capolavoro tutto Made In Italy, un disco che assorbe tanto dall'era in cui nasce quanto dal passato. Morgan e soci sono capaci di guardare all'indietro puntando in avanti, individuando negli elementi musicali della new wave anni '80, del krautrock e dell'industrial, gli stessi aspetti dominanti nella cultura pre-anni 2000. Zero è dunque un ottimo disco, la cui unica pecca probabilmente è l'eccessiva lunghezza: se fosse terminato in 11 tracce, il risultato sarebbe stato ancor più grandioso. D'altra parte però, gli ultimi brani danno al disco quel senso di compiutezza "tematica" per cui, se prende il via con l'argomento matematico, deve terminare simmetricamente allo stesso modo. Che dire, un pezzo di storia immancabile nelle librerie musicali degli italiani.

1) Versozero/Zero
2) La Crisi
3) Sono=Sono
4) La Comprensione
5) Finché Saprai Spiegarti
6) Sovrappensiero
7) Forse
8) Autofraintendimento
9) Lo Psicopatico
10) Always Crashing In The Same Car
11) Sax Interlude/Porno Muzik
12) Niente x scontato
13) Numero
14) Punto di non arrivo
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