BLUVERTIGO
Metallo Non Metallo
1997 - Mescal
MARIKA LUCCIOLA
22/01/2020
Introduzione Recensione
"La trilogia è nata sin dall'inizio come tale. Avevo capito che con il primo disco non sarei riuscito ad esprimere tutto il potenziale di anni di incomprensioni, rinunce e aspirazioni. 'Acidi' rappresentava l'infanzia a-problematica. 'Metallo' fu il distacco, l'adolescenza. 'Zero' è il superamento dialettico di tutto questo. Una liberazione, non un annullamento nichilista. L'ideale chiusura di un cerchio. Ma per poterlo davvero inscenare avremmo dovuto avere sessant'anni e una carriera alle spalle, quindi questa saggezza è stata solo ipotizzata".
- Marco "Morgan" Castoldi
Siamo catapultati nel 1997. L'esordio discografico dei Bluvertigo, "Acidi e Basi", pubblicato solo due anni prima, vide la luce in un contesto culturale in cui regnava prepotentemente la scena grunge. Con Metallo Non Metallo, invece, ci troviamo in una scena rock-pop decisamente più fertile e in fase di rinnovamento, almeno per quel che riguarda la piccola realtà dello Stivale. Quindi ecco spuntare nomi come Timoria, Subsonica e C.s.i., di stampo simile (ma non troppo) agli ormai noti Bluvertigo. Il pubblico ora è un po' più attento alle novità musicali, a tutto ciò che è più spiccatamente avanguardista rispetto alla musica "di consumo" generalmente trasmessa dalle emittenti radiofoniche. Premesso ciò, non è una sorpresa quindi che "Metallo Non Metallo" sia stato il vettore capace di trasportare l'immagine e la musica dei Bluvertigo in alto nelle classifiche in poco tempo: vanno agli Mtv Europe Awards e vendono 400.000 copie. Il successo raggiunto, di contro, non ha sempre convinto la critica, che vedeva nell'album di mezzo un'ossessiva ostentazione della loro infinita cultura musicale, che spazia dagli italianissimi Battiato e De Andrè, fino agli internazionali Depeche Mode, David Bowie e derivati (per elencare solamente i nomi più grossi). Addiritura, nei ringraziamenti presenti all'interno del libretto, vengono citati fra gli altri: Alfred Hitchcock, Stanley Kubrick, David Cronenberg, K. Kieslowski, F. Truffaut, Bach, Angelo Badalamenti, Kraftwerk, Japan, Tom Waits, Nine Inch Nails, Devo, Italo Calvino, Visconti, Dalì e tanti altri ancora. Naturalmente, anche la copertina evidenzia un'attenzione particolare nei confronti della cultura, ma pure ad una sua feroce decostruzione: il soggetto è una fittizia radiografia del dettaglio centrale dell'affresco sulla volta della Cappella Sistina. Il particolare della scintilla divina trasmessa da Dio ad Adamo dipinto da Michelangelo, tra i maggiori simboli della cultura e dell'arte occidentale tutta, è qui rivisto in chiave post-modernista e dissacrante. A ben vedere è già tutto in quest'immagine: la tradizione, presa di peso e capovolta, la sfacciataggine, l'ironia algida e cerebrale, il moderno che si sovrappone al vecchio. Cultura che quindi non si limita solamente alla sfera musicale; già la sola alternativa "Metallo Non Metallo", titolo del disco, sembra voler riprendere la summa Aut-Aut del filosofo danese Kierkegaard. L'Aut-Aut impone una scelta inconciliabile tra vita estetica e vita etica, ed è proprio l'obiettivo che Morgan si propone con la sua musica: il ritorno all'arte, all'evoluzione mentale e sociale.
"Il pop potrebbe essere un terreno molto fertile, vi si può buttare dentro la letteratura e anche la scienza. Non può essere solo divertimento o protesta. Ma spesso viene sprecata l'occasione di dire qualcosa con i testi. Si cerca solo il birignao poetico. Io ho ovviato ai problemi della lingua italiana, così spigolosa e dura, con la prosaicità e tenendo in massima considerazione il significato di ciò che canto".
Il Mio Mal di Testa
Metallo non Metallo comincia come se fosse la continuazione di quanto già detto e lasciato in Acidi e Basi; tant'è che Il Mio Mad di Testa, nella struttura e nella lirica, potrebbe andarsi a sommare senza troppi problemi ai 10 brani del precedente lavoro dei Bluvertigo: nessuno riuscirebbe a notare un qualche tipo di discontinuità. Qui troviamo un sound tipicamente grunge, seppur, cronologicamente parlando, ci troviamo già nel declino del genere che dominò in larga parte gli interi anni '90. L'intro di chitarre ricorda nemmeno troppo vagamente gli amici Pearl Jam e Nirvana e tutto il resto del brano non presenta una struttura particolarmente interessante. Neanche le piccole intuizioni elettroniche e stumentali che costellano la canzone, riescono ad eliminare la sensazione di già sentito.
Vorrei poter dire qualcosa che sia un minimo significativo sulle liriche, ma, ahimè, mi è davvero difficile. Il testo fa un elenco di tutti quei fenomeni che alimentano il "mal di testa" dell'autore (che poi, come sempre, è Morgan): guardare la televisione, tornare da Milano all'ora di punta, la relazione con una ragazza, le lezioni che subisce (interessante scelta di parole) a scuola. Nient'altro oltre a questo. Cosa abbia voluto dirci lo sa solo l'autore, ma in questo brano più che in altri Morgan dà l'impressione di voler per forza dar voce a tutto il suo ego fornendo gli ascoltatori e la critica di opinioni non richieste. L'idea di risolvere - o meglio, "illudersi di risolvere" - problematiche che sono esistenziali e figlie della contemporaneità attraverso i farmaci, è piuttosto attuale ma, forse, l'idea generale è ancora troppo precoce per poter essere più di un involontario abbozzo. Nel complesso, il cantante fa un po' quello che faceva Franco Battiato nel suo "Bandiera Bianca", dando voce al suo disgusto per tutta una serie di tipi umani e situazioni, molte frutto di una modernità percepita come grottesca e caricaturale. Un tantino presuntuoso da parte sua, ma dopotutto, stiamo pur sempre parlando dell'ideologo della band: Marco Castoldi.
Fuori dal Tempo
Ecco l'evoluzione musicale dei Bluvertigo. Non hanno inventato nulla, sia chiaro. Ma Fuori Dal Tempo indica la diversità della band rispetto al panorama musicale italiano del 1997. Nonostante siano stati da sempre additati come rock band, i Bluvertigo sono lontani anni luce dalla definizione classica del termine. Anzi, per certi versi, rappresentano addirittura l'antitesi del rock.
Fuori Dal Tempo è un pezzo tipicamento bowiano. Sembra un messaggio proveniente dallo spazio: voci metalliche, massiccio uso di synth e tanta tanta elettronica. Qui spariscono i riff di chitarra e dominano le tastiere. A circa metà della sua durata, il brano trasporta l'ascoltatore in un'atmosfera onirica molto anni '80, dove il suono più meccanico dei sintetizzatori è accompagnato da un malinconico violino, il quale finirà per dominare l'intera canzone nel suo finale. Il testo parla dei famigerati "3 giorni" di visite militari, tanto temuti dagli adolescenti per via di tutto il folklore legato ad essi: prove imbarazzanti, medici invadenti e giù di lì. In realtà, la storia dei tre giorni è più una metafora per indicare tutto ciò che è convenzionale, "normale", finanche banale e, tutto sommato, oramai anche inutile orpello d'un passato dimenticabile. Dopotutto, Morgan preferisce "chi è insano di mente" ai bravi ed efficenti soldatini. La potenza del brano, che resta tra i più celebri dell'album, sta anche e soprattutto nel suo videoclip: ai tempi, i Bluvertigo riuscirono a cavalcare l'onda di Mtv. È così che "Fuori Dal Tempo" finì per essere tra i video di punta del canale. Niente di eccezionale, chiariamoci: il video mostra i 5 di Monza in preda ad una buffa danza in stile Battiato; ma ciò che colpisce del video, nella sua semplicità, è il palese rifiuto dei Bluvertigo delle pose stereotipate tanto care al classic rock. Un'estetica che ricalca più che altro certo post-punk (dal cui calderone derivano comunque un gran numero di correnti anni '90), ma in chiave ironica, derivativa e - per così dire - "italica":
VertigoBlu
"E l'esperienza comincia ora a prendere forma"
Letteralmente! Non possiamo che essere d'accordo con quanto affermato da Morgan in VertigoBlu, che a conti fatti rappresenta il manifesto ideologico dei Bluvertigo, e non solo per il suo titolo. Qui, concentrati in 4.08 minuti, troviamo quella che dovrebbe essere la vera essenza del gruppo. Le influenze sono praticamente dichiarate, visto che al primo ascolto l'impressione è di sentire una versione italianizzata - e con un sfumatura leggermente funk - di un pezzo che potrebbe trovarsi nel fortunato Hot Rats. Questo perchè la sua ritmica, confusa nel suo controtempo, resta un po' eccessiva, e nel suo stile ricorda vagamente Frank Zappa. A tratti, a dire il vero, l'intrecciarsi di chitarra e basso creano un effetto quasi cacofonico. Forse Morgan e soci questa volta hanno fatto il passo più lungo della gamba, esasperando un sound che vorrebbero gli appartenesse, ma che in realtà non gli calza proprio bene. Citando "l'arte dei miscugli", "in ogni minima opera d'arte che si rispetti, c'è tutto: tutto è tutto, quindi c'è anche il brutto". Più che onesto. E se il suono è confuso e cacofonico, il testo non è da meno:
Consideriamo il fatto che la scuola nel paese / è un istituzione alquanto reazionaria, repressiva / reagisce alle reazioni, non stimola interessi / non produce cultura ma propone da cent'anni / Le stesse vecchie storie di sposi in riva al lago / Gli stessi schemi mentali, obsolete concezioni
In più, la critica a un certo tipo d'uomo, di artista, il riferimento a una Milano vissuta con esasperazione, mettono in luce forse una velata autocritica, o forse un tentativo di guardarsi allo specchio per esorcizzare una sorta di doppelganger. Allo stesso tempo, pare di ascoltare una dichiarazione d'intenti da parte di chi adesso inizia davvero a vivere la parte "importante" della scena, e deve farci i conti. In gran parte, dunque, niente di diverso da quanto espresso già in Salvaluomo. Pensiero deboluccio già in "Acidi e Basi", figuriamoci ora.
Cieli Neri
Cieli neri, già da solo, è un ottimo motivo per ascoltare l'intero disco almeno una volta. I Bluvertigo dimostrano di essere particolarmente abili nel raccontare le più strazianti intimità dell'anima. Rispetto ai precedenti brani, questo suona in maniera diversa, meno aggressiva, sia nel sound che nel lirismo. Il passaggio però non è brusco, visto che è intramezzato dalla dolce pausa musicale di Tele Cinesi, brano di 1:25 minuti appena, dominato da un romantico pianoforte, qualche distorsione in sottofondo e nulla più, ad introdurci a quel capolavoro che è "Cieli Neri". La canzone, che ha la struttura della ballad romantica, ha tinte orientali, dovute in parte alla presenza del flauto traverso dell'ex Premiata Forneria Marconi Mario Pagani, in parte al video che accompagna il brano, che vede come protagonista il mimo giapponese (Kabuki). Tale video, realizzato dal regista berlinese Barry Purves con la tecnica dello stop motion, è tratto dal cortometraggio conosciuto come "Screen Play". Qui niente è fine a sè stesso e ogni elemento è concatenato agli altri: il videoclip anticipa quello che sarà il contenuto del testo, dove assistiamo all'amore tormentato tra due individui, impossibilitati a vivere la propria storia perchè contro ogni legge del "regno" nominato più volte nel testo. Stavolta, Morgan sostituisce la sua poetica "didascalica" e diretta con una quasi ermetica, caratterizzata da brevi ma significative strofe, poche parole cariche di significato ed enfasi emotiva.
Di lacrime poi si bagnò / Il regno che ho chiesto a te / Non è solo un racconto di una storia d'amore: è la storia del dolore legato al sentimento dopo la sua fine / Ho i ricordi chiusi in te / La tristezza dentro me / Tra due mani, le mie / Sono i cieli neri che, io so / Non si scioglieranno più
Come a dire che il ricordo più profondo di quello che è stato, non è più l'amore, ma lo sconforto dovuto alla rottura.
Oggi hai parlato troppo
Superata la parentesi melanconica di Cieli Neri, ricomincia l'esaltante suono della chitarra. Oggi Hai Parlato Troppo è un pezzo talmente basilare, nelle sue basi rock, talmente e volutamente tagliato con l'accetta, che farne un'analisi dettagliata è perfino antitetico alla sua stessa natura. Apprezzabilissimo questo malinconico ritorno al passato, alla linea grunge, all'iraconda furia delle percussioni, del basso e della chitarra. Ma, di fatto, non aggiunge nulla al disco. Non è una pausa riflessiva, nè una digressione studiata. Il testo parla della figura arrogante ed irritante del "tuttologo": l'onniscente moderno che tutto sà e che tutto conosce. E dette da Morgan, certe affermazioni non solo sembrano un po' ipocrite, ma anche autoreferenziali. A ben vedere (o meglio, a ben ascoltare), si direbbe nulla più che una parentesi autoironica e disimpegnata, un piccolo "autodafè" da parte di chi, come Morgan, ha parlato e straparlato esibendo la propria cultura e la propria visione del mondo, e che ora voglia alleggerire i toni con una canzoncina poco impegnativa, gradevole e grintosa. È anche un modo per prendere un po' in giro il suo stesso pubblico, oltre ai suoi già tanti detrattori.
Se continuo rischio di annoiarti / Se Smettessi potrei risparmiarti
...che sia proprio un'ammissione di colpevolezza? Probabile, ma è anche un'inutile e sgraziata parentesi post-ironica che spezza una continuità che iniziava a funzionare.
Il Nucleo
Ecco la piccola perla decadente del disco: Il Nucleo. Le sonorità fredde e robotiche esaltate dal massiccio uso delle distorsioni e della prepotenza della batteria, portano alla creazione di un industrial sound sempre e solo accennato all'interno del disco e mai approfondito. Il brano è diviso in due parti: la prima, più ritmata e incalzante, che strizza l'occhio al sound crucco nella quale, ad un certo punto, la voce sparisce per lasciare il posto a tutta la graffiante rabbia del basso; la seconda, posta a circa due terzi dell'opera, in cui gli estremi filosoici ripetuti (apparentemente) a casaccio nel testo, sembrano trovare compimento, fondendosi ad un sound squisitamente ambient\downtempo alla Brian Eno. Il lirismo qui è piuttosto sconclusionato. Quello che è chiaro, è che ci troviamo nel mezzo del disco. Ma non abbiamo la minima idea di cos'altro Morgan volesse comunicarci.
"Ciò che sta nel mezzo in genere è virtù" ma "?può essere anche mediocre" ci avvisa ad un certo punto. E non possiamo che essere d'accordo. Essendo "Il Nucleo" il perno centrale dell'intero album, lenta e distesa pausa di riflessione tra la premessa e dell'opera ed il suo futuro epilogo, possiamo benissimo immaginare la natura meta-testuale di questa canzone. Tuttavia, tale natura è anche il pretesto per celebrare l'importanza fondamentale del cammino rispetto all'arrivo, della corsa rispetto al traguardo, della crescita materiale e spirituale rispetto alla presunta maturità. Quasi sette minuti che nella loro prima esplosiva, poi ipnotica semplicità, sembrano due e che scorrono come scorre la vita nel bel mezzo tra la nascita e la morte: troppo veloce.
Ebbrezza Totale
Subito dopo l'esplosione metallica de "Il Nuclo", i Bluvertigo ci regalano una ventata di inaspettata dolcezza (a tinte dark, eh, altrimenti non sarebbero loro). Ebbrezza Totale si apre con un intro delicato che ricorda il suono di un carillon. Dopo qualche secondo, il cantato di Morgan in questa gotica nenia ci convince anche più di quando si cimenta nei suoi filosofici voli pindarici. Ma è sempre dei Bluvertigo che stiamo parlando, e ovviamente i riferimenti ai grandi pensatori del passato non possono mancare, nemmeno in quello che pare essere un pezzo dall'anima innocente.
Già dal primissimo verso, "Questi fiori blu ci deviano", è chiaro quanto Ebbrezza Totale metta in evidenza già dai primi istanti la passione di Morgan per il decadentismo. Perchè? Beh, l'espressione "Fiori Blu" è sicuramente presa in prestito da Baudealire, per dirne una. L'espressione indicava con un punta di ironia la nostalgia di una purezza perduta. Ed è forse il motivo per cui il pezzo si apre con il suono di un carillion a tinte fosche. Ma potrebbe anche far riferimento al romanzo di Queneau, autore di Fiori Blu. Tutto il romanzo si basa su abili giochi di parola fuori dagli schemi convenzionali della scrittura... un po' come fa Morgan con i proprio testi. Con questa geniale ironia ed irriverenza, Queneau affronta in modo completamente nuovo, riflessioni sui tempi e la società che lo circondano?.esattamente come Morgan.
Nonostante la lunghezza anche considerevole, il brano nel suo insieme rappresenta una piacevole divagazione o, più concretamente, una ripartenza dopo la pausa concettuale rappresentata da "Il Nucleo".
Altre Forme di Vita
Superata ormai da un po' la metà del disco, ci troviamo di fronte al brano più conosciuto e apprezzato dei cinque di Monza. Tra l'altro, è anche il pezzo che - assieme a "Cieli Neri" - Morgan continua imperterrito a riproporre nei suoi live come solista. Se il primo ascolto vi dà l'idea di qualcosa di già sentito, è perché "Altre Forme di Vita" non è che la sintesi di quattro celebri gruppi: Kraftwerk, Bauhaus, Adam & The Ants e Duran Duran. Fu lo stesso Morgan, ai tempi, a dichiararlo pubblicamente. Anche se in fin dei conti sarebbe bastato guardare il videoclip per rendersi conto del palese omaggio a "Planet Earth" dei Duran Duran - tanto fare l'esempio più lampante. E dopo averla ascoltata, capirete quanto i Subsonica abbiano preso in prestito dai Bluvertigo, e come il capolavoro dance in 7/4 di Disco Labirinto abbia la stessa intensità di Altre F.D.V.
Il testo resta orecchiabile e interessante, nella sua semplicità. Morgan porta in campo quelli che sono tra i più grandi interrogativi dell'uomo moderno: siamo veramente soli nell'universo? E dopo un breve ripasso della storia naturale, in cui non si può fare a meno di citare le divisioni darwiniane della specie, la conclusione è che : È praticamente ovvio che esistano altre forme di vita. Anche perchè sarebbe "limitante, e forse un po' cattolico" pensarla diversamente, solo perchè non si è in grado di immaginare qualcosa di diiverso rispetto a quello che conosciamo. Dopotutto... se non esistessero i fiori, i pesci e funghi, riuscireste comunque ad immaginarli? In Altre F.D.V. più che in altri brani, è ravvisabile l'estrema versatilità di Metallo non Metallo. Il motivo? Sta nel fatto che l'album parla un po' a tutti: al pubblico meno attento, ormai sazio e indifferente alla staticità del panorama pop italiano, che apprezzava divertito le stravaganti apparizioni di Morgan e soci nei videoclip di Altre Forma di VIta e Fuori dal Tempo, canticchiando i ritornelli ipnotici senza dar troppo peso ad altro; e all'ascoltare più colto, che alla ricerca di un'evasione dal piattume musicale e culturale del tempo, si entusiasma per un lirismo così poetico, dimostrandosi capace di cogliere le citazioni colte e i continui rimandi ai mostri sacri del passato.
(Le arti dei) Miscugli
A questo punto pare del tutto evidente che il meglio è stato lasciato alla fine. Il brano è introdotto dal preludio, una cacofonia di archi insieme inquietante e triste chiamata Cultipagani. Meno di due minuti il cui senso è quello d'introdurre uno dei cavalli di battaglia dell'album: (Le arti dei) Miscugli. Senza concentrarsi troppo sul testo, il suono è un funky disinteressato e leggero, che dà una ventata di leggerezza al disco, dove, tra suoni robotici e innesti new wave, sentivamo proprio il bisogno di respirare un po' di aria fresca. Certo, basta poi tendere un attimo l'orecchio alla lirica che capire che "Miscugli" tutto è, meno che un brano disimpegnato. Contrapponendosi alla freschezza della superficie sonora, nel testo in realtà i Bluvertigo affrontano le grandi contraddizioni insite nella natura umana. Fallibile e imperfetta, non a caso. Quindi giù di citazionismo ed eclettismo esasperato, come quando Morgan recita:
Agatodemone e Cacodemo / Si scontrano in me
Mi ricordo che da giovane adolescente con formazione scientifica, restai sbalordita: era la prima volta che sentivo un verso del genere in una canzone, ma soprattutto, non avevo idea di cosa significassero certi termini. Fortunatamente il buon Morgan decide di spiegarlo in seguito ai meno dotti, come me:
Un demone buono e un demone cattivo / si scontrano in me
Ah, ecco chi sono Agatodemone e Cacodemone. Il pensiero a cui si rifà nel lirismo ricorda molto la teoria dei contrasti di Eraclito, per cui niente esisterebbe se non esistesse anche il suo opposto, contemporaneamente. Cosa fanno quindi i Bluvertigo ne "(Le arti dei) Miscugli"? Ripropongono - in chiave moderna - una dottrina antica, filtrandola attraverso l'immediatezza di una melodia che non si prende troppo sul serio. Davvero apprezzabile. E coraggioso.
Idea Platonica
Sei qualcosa d'impossibile da raggiungere / ma è soltanto una questione di tempo / sei come l'ideaplatonica di bellezza ma / non riesco a toccarti, io non so perché
Insieme a "Cieli Neri", Idea Platonica rappresenta la seconda digressione romantica del disco. A differenza della prima, dall'atmosfera più straziante e esasperata, questo pezzo può meglio indossare l'etichetta di "ballad" classica. Il brano, nella sua parte iniziale, sembra muoversi sulle melodie di un pezzo dei Cure, soprattutto per quanto riguarda il basso, che sembra imitare servilmente quello di Gallup. La seconda parte, invece, ha come protagonista gli archi (suonati da una tale Roberta Castoldi, la sorella di chi?) e i continui rimandi alla musica classica, compreso un elegantissimo pianoforte che farà da coda al termine del brano.
C'è da ammettere che ogni canzone più intima dei Bluvertigo è un sentimento vissuto fino all'estremo. Il lirismo si presta a diverse chiavi interpretative, vista la sua densità, e ha tutta l'aria di essere un'opera autobiografica. Idea Platonica al suo interno nasconde un intero universo, musicalmente e liricamente pennellato al limite dell'espressionismo, nostalgico e onirico allo stesso tempo. Qui, Morgan ha voluto toccare tre grandi temi: l'alienazione dell'individuo, la consapevolezza della propria fallibilità e l'incapacità di comunicazione. Quanto è difficile riuscire a conoscere tutte le cose del mondo, soddisfando la propria sete di conoscenza? E quanto effettivamenete capiamo, o meglio, siam convinti di capire di tutto ciò che pensiamo di conoscere? Il paradosso, spiega Morgan, è il rendersi conto di non aver capito per primi, e di essere incapaci di comunicare agli altri.
Dopotutto, il paradosso è l'essenza del cantante
"Io ho detto vaffanculo a me stesso mille volte perché mi detesto, mi vergogno".
(Intervista a La Repubblica)
So Low (L'Eremita)
"La solitudine può essere una tremenda condanna o una meravigliosa conquista", recitava Bernardo Bartolucci. Su questo verte l'intero testo di So Low (L'Eremita), la cui pronuncia anglofona richiama il nostro "Solo" italiano, non a caso. Qui finalmente Morgan posa l'ascia da guerra, dice basta alla retorica spicciola e alla prosa poetica, per comunicare un pensiero tanto profondo quanto immediato: È stupendo conquistare la certezza che / La solitudine è un valore / Mi sembra poco seria / l'illusione dell'unione / Tra persone differenti
È entusiasmante il messaggio che lancia: non solo per il suo significato, ma soprattutto per la sua immediatezza. Era ora che i Bluvertigo decidessero di esprimere una riflessione di tutto rispetto con meno fronzoli linguistici possibili. E tutto ciò, utilizzando come mezzo la potentissima forza comunicativa del rock. Tant'è che se fino ad ora la chitarra aveva ricoperto un ruolo marginale all'interno del disco, eccola presentarsi con cattiveria verso la sua fine. Non è solo colpa del povero Livio Magnini, sostituto del precedente chitarrista, Marco Pancaldi; la verità è che "Metallo Non Metallo" è un album fortemente sperimentale, vicino a quelle correnti novantiane che hanno voluto scardinare (tra le altre cose) il predominio che la chitarra aveva stabilito in due decenni di musica dura. Qui i Bluvertigo hanno dimostrato in più passaggi cosa significhi fare musica in un certo modo: ricerca dei suoni, arrangiamenti di melodie passate, innesti tra più generi, arrivando addirittura a fondere la classica con l'elettronica.
In "So Low (L'eremita)" invece, c'è un ritorno all'anima passata dei Bluvertigo, come ne "Il Mio Mal Di Testa". È inaspettatamente rock, in tutto e per tutto: nel testo, nella rabbia cieca del basso, negli assoli di chitarra. E nonostante il contorno più marcatamente elettronico, non ci dispiace nemmeno un po'.
Troppe Emozioni
Troppe Emozioni è la quindicesima ed ultima traccia del disco. Ed è così debole e scarna che avremmo davvero preferito che non ci fosse. Il classico pezzo che alla fine di un album ci spinge a premere "next", per ricominciare ad ascoltare il disco dalla prima traccia. Non proprio tutto tutto è da buttare, sia chiaro; è piacevole il suono di chitarre che si alterna al cantato, e sono piacevoli pure le percussioni che aiutano a rendere l'atmosfera più dark, ma il pezzo, purtroppo, non ci convince nel complesso. Neppure con le incursioni di sax alla David Bowie e il violino al termine del brano. Meravigliosa, però, la voce di Alice, la quale in quegli anni terminava il suo tour europeo e partecipava a un gran numero di collaborazioni.
Sarà il testo, sarà che dopo un'ora e più di menate intellettuali anche il più caparbio degli ascoltatori ne avrebbe abbastanza, ma niente, è un brano poco significativo. A differenza del titolo che porta, il suo ascolto ci priva di ogni emozione, in un piattume musicale a cui fa da contorno il fastidioso ritornello. Ma forse, tutto sommato, l'intento è ancora una volta meta-testuale: celebrare l'insensibilità alle emozioni dopo un massiccio assorbimento delle stesse, costringere l'ascoltatore ad un ascolto piatto che parla di emozioni ma vuol essere "dis-emotivo", ipnotico, cerebrale senza essere intellettuale.
troppe emozioni rendono insensibili / troppe emozioni rendono impassibili / troppe emozioni / troppe emozioni
Il brano dura poco meno di sei minuti, ma il finale vero e proprio è una ennesima, piccola paraculata: quasi tre minuti e mezzo di silenzio e parte una traccia fantasma chiamata "Notte dopo un'esplosione", completamente strumentale. Nella migliore tradizione di chi proprio non si arrende ai format predefiniti ma, alla fine, ci deve per forza sguazzare dentro.
Conclusioni
"...con "Metallo non metallo" siamo entrati in classifica molto dopo la sua uscita. É un disco molto fuori dagli schemi commerciali. A livello di marketing siamo stati un esempio originale e quindi diventiamo un modello di gestione. Abbiamo conquistato del terreno passo dopo passo, gustandoci ogni piccolo momento e soprattutto restando sempre lucidi".
- intervista a Morgan, da "TUTTO" N°12, dicembre 1999
Arriviamo alle considerazioni finali. Possiamo affermare che Metallo Non Metallo, riletto in chiave moderna, e riascoltato dopo più di 20 anni dalla sua pubblicazione, non sembra essere di quella portata innovativa che tanto decantavano i fan dell'epoca. Ovviamente. Tuttavia, è comunque innegabile che il perno del lavoro dei Bluvertigo, come per il precedente disco, sia la rottura degli schemi tipici. Una scelta estremamente coraggiosa. I quattro di Monza si collocano al di fuori di tutta la sfera tipicamente pop, nonostante il disco venga inserito all'interno del genere. Sia chiaro, non inventano nulla di nuovo, ma attraverso uno studio approfondito dei cult della new wave/techno pop degli anni '80, Morgan e soci tentano di portare un suono diverso in Italia, che da questo momento in poi verrà sempre attribuito a loro. Molti hanno gridato al capolavoro, ai tempi, ed è comprensibile. È stato addirittura inserito tra i migliori 100 dischi di sempre secondo Rolling Stones. Si trattava evidentemente di una novità, di una ricerca musicale tanto progressista da suscitare un'ammirazione quasi iconica nei confronti degli unici che, in italia, avevano avuto l'ardore di elevare il concetto di pop music ad arte, e non più a mero intrattenimento musicale. A distanza di tanti anni però, si può affermare senza timore di smentita che si tratta dei lavori meno convincenti dei Bluvertigo: di brano in brano infatti, "Metallo..." assume i connotati di un arrogante snobismo intellettuale, più che di un disco fatto di arte per omaggiare l'arte. Le divagazioni sonore sì, sono interessanti, ma il più delle volte suonano confusionarie, come se nella foga di voler mostrare tutto il proprio virtuosismo tecnico e le decine di citazioni musicali si perdesse il senso del pezzo. È un disco barocco, ma ci teniamo a precisare una cosa: l'eccessiva ricerca dei suoni non è per forza un difetto. E solo che in alcuni punti, i concetti di cui si fanno portavoce i musicisti, sono così densi e astrusi che si tende a perdere il filo. In una famosa intervista, Morgan dichiarò che: "fare dei dischi non deve (significare) limitarsi a scrivere e produrre canzoni, perché sarebbe un limite. Ogni disco, video o copertina è una occasione per espanderci creativamente e mettere in pratica quella che è il nostro desiderio e la nostra visione dell'arte. Considero i Bluvertigo più un laboratorio che una band, e questo ci permette di andare in varie direzioni".
Che dire... citazioni colte e rimandi alla classica non ci dispiacciono, anche perchè i BLuvertigo si sono sempre distinti per il loro livello di preparazione e cultura, è solo che forse avremmo preferito qualcosa di più diretto e meno astrale, che è al tempo stesso il punto di forza e il punto debole della band: questa estensione quasi febbrile all'arte a tutto campo.
Metallo non metallo è un po' oscuro. È anche un po' scuro, come suono (Morgan, intervista a La Repubblica)
2) Fuori dal Tempo
3) VertigoBlu
4) Cieli Neri
5) Oggi hai parlato troppo
6) Il Nucleo
7) Ebbrezza Totale
8) Altre Forme di Vita
9) (Le arti dei) Miscugli
10) Idea Platonica
11) So Low (L'Eremita)
12) Troppe Emozioni