BLOODBATH

The Arrow Of Satan Is Drawn

2018 - Peaceville Records

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
24/11/2018
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Riprende oggi il nostro viaggio nella discografia del super gruppo svedese Bloodbath, un'istituzione del death metal moderno, ma dai connotati fortemente vecchia scuola. Avevamo lasciato i Nostri con il precedente "Grand Morbid Funeral" del 2014, disco che rivoluzionava la line up introducendo come cantante Nick Holmes dei Paradise Lost, e anche il suono, tramite coordinate più gotiche e dalle tinte doom, capaci di evocare atmosfere oscure e sepolcrali. Nonostante qualche critica nei confronti della voce del nuovo cantante, ben diversa dai precedenti Mikael Åkerfeldt (Opeth) e Peter Tägtgren (Hypocrisy), dotati di maggiore violenza ed aggressività, il disco conosce un discreto successo grazie ad un suono che da una parte evita eccessivi elementi ostici o lo-fi, non alienando quindi il pubblico meno underground, dall'altra evita le derive ultra-tecniche o troppo commerciali, dando spazio anche ai nostalgici del periodo di fine anni ottanta ed inizio novanta, pur con un'originalità dovuta a certe soluzioni non scontate apportate dalla band. Dopo quattro anni, torniamo quindi a parlare dei Nostri, ora formati sempre dal cantante Nick Holmes, dal bassista Jonas Renkse (in passato chitarrista), Anders "Blakkheim" Nyström (chitarra, in passato basso), Martin Axenrot (batteria) e dal nuovo arrivato Joakim Karlsson, chitarrista della band black metal Craft. Quest'ultimo è un'aggiunta molto importante, che influenza largamente alcune sezioni del nuovo parto della mente del gruppo, ovvero quel "The Arrow Of Satan Is Drawn - La Freccia Di Satana È Scoccata" che andiamo ad analizzare; il disco è infatti dotato di connotati death metal vecchia scuola sia svedese che americana, mischiati con elementi black nei suoni di chitarra più freddi e dal songwriting più arioso, mantenendo tuttavia quei piccoli accorgimenti moderni che hanno da sempre caratterizzato il suono dei Bloodbath. Andiamo però con ordine per capire di cosa stiamo parlando, ricapitolando la storia, le origini, l'evoluzione, del super gruppo che dal 1998 ha rielaborato le radici del death metal secondo un'ottica personale, ma allo stesso tempo fedele ad esse. Nati una sera, quasi come un gioco, grazie a Mikael Åkerfeldt, Anders Nyström, Jonas Renkse e Dan Swanö, quest'ultimo vero e proprio tuttofare della scena death svedese, attivo in band come Edge of Sanity, Diabolical Masquerade, molti altri progetti, e come solista, nel 2000 pubblicano l'EP "Breeding Death", ancora acerbo e più semplicistico nelle sue soluzioni, ma già d'impatto, e nel 2002 il primo album "Resurrection Through Carnage". Quest'ultimo aggiusta il tiro con un songwriting più organizzato e vario, pur rimanendo sulle coordinate del death old-school più morboso, con elementi svedesi e statunitensi pescati dalla storia del genere. Il buon successo del debutto fa in modo che il progetto vada avanti, anche se vissuto più come un gioco tra amici, piuttosto che come una band ordinaria; ecco quindi che il successivo "Nightmares Made Flesh" del 2004 vede il già citato Peter Tägtgren alla voce, offrendo alcune soluzioni più moderne e dall'orientamento groove, ed alcune hit che rimarranno nel repertorio storico dei Nostri. Il successivo " The Fathomless Mastery" del 2008, anticipato dal EP "Unblessing The Purity" e dal live "The Wacken Carnage", vede il ritorno di Åkerfeldt alla voce e la dipartita di Swanö, presentando un suono che non riesce a raggiungere i livelli del passato, ed a tratti stanco nel suo riproporre modelli old-school senza l'inventiva mostrata in precedenza. La nuova dipartita del cantante e il lungo silenzio di sei anni sembra aver messo fine alla storia della band, ma ecco che all'improvviso nel 2014 la nuova formazione con Holmes viene presentata con l'album già citato "Grand Morbid Funeral", rinnovo e rinascita del gruppo sotto forma di qualcosa di sentito più come un progetto stabile, e con un'immagine più seria, dai connotati oscuri e curati. Arriviamo quindi ad oggi, con un prodotto che sposta ancora una volta leggermente il tiro, senza ripetere il passato, ma anche senza estraniare gli amanti del death più greve e mortifero: ora parti black, death segaossa, groove più moderni, lontani però da qualsiasi astrusità tecnica, trovano casa in canzoni che seguono una precisa direzione, pur nella loro identità distinta. La voce del cantante inglese continuerà a dividere molti, diversa da quella dei cantanti passati, meno d'impatto e più legata ad uno stile sotterraneo e strisciante, che ben si presta al suono raggiunto, più evocativo e in qualche modo malsano. La versione deluxe del disco prevede due tracce bonus, ovvero "Ride The Waves of Fire" e ""Wide Eyed Abandon", qui regolarmente analizzate per una maggior completezza. 

Fleischmann

"Fleischmann - Uomo Di Carne" ci accoglie con dei rullanti di batteria, presto sottolineati da un riffing tagliente e severo dai connotati black, poi scosso da bordate circolari potenti e senza scampo; ecco arrivare la voce cavernosa e sepolcrale di Holmes, dedito alla narrazione del testo, seguendo le tradizioni del death metal nel fare vari riferimenti ad un'entità demoniaca e non morta, con frasi legate a rituali blasfemi ed orrori corporei, lasciando all'immaginazione dell'ascoltatore il compito di creare una qualche trama da film di serie z. Uno stupro mentale rancido e dalla revulsione blasfema, destinato alla possessione, un invasore proveniente da un luogo sacro, ma anche un macellaio degenerato, che incorona la propria divinità da oltre la tomba. Marasmi cacofonici fatti di tempeste di chitarra distorta e doppia cassa martellante fanno da perfetta colonna sonora per lo scenario illustrato, in un songwriting diretto e dai tempi compulsivi, nel quale la voce malevola e gracchiante del cantante trova perfetta collocazione. Viene ora evocato in un sacrificio uno dei sei demoni, in un'oscurità demenziale nella quale viene chiamato con reverenza usando il nome presente nel titolo del pezzo. Seghe elettriche musicali attraversano il brano, pronto poi ad esplodere in cascate di chitarre che sembrano un fiume in piena, coadiuvate da corse frenetiche e trascinanti motivi; un tormento abissale si manifesta con genuflessioni ed atti di urofagia, il tutto in nome del viso de diavolo. Contorcendoci dal disgusto vediamo l'altare che si gira, mostrando il parossismo del morto sconsacrato, un sacramento marcio che viene concepito dentro un vessillo umano. Ecco che le dissonanze si moltiplicano, raggiungendo poi rallentamenti evocativi, dalle cesure ricche di assoli notturni dalle scale altisonanti, sottolineati da piatti cadenzati e riff circolari, in una costruzione ben congegnata. Andiamo a collimare con giochi ritmici sostenuti e loop di chitarra senza pace, in una nuova tempesta che taglia l'etere come un coltello affilato, sempre arricchita dai suoni gutturali della voce di Holmes; l'atmosfera è perfettamente vecchia scuola, ma allo stesso tempo è innegabile una certa influenza black che offre suoni più freddi, i quali concorrono all'evocazione di una narrazione severa dove gli orrori risaltano, in un'unione tra intento tematico e sfondo musicale che rispetta il così detto "metallo della morte". All'improvviso la cavalcata si ferma, lasciando spazio ad un fraseggio caotico, prolungato da feedback e sample inquietanti, in una tensione che porta nel suo finale la canzone. Un biglietto da visita che mette in chiaro la natura del disco, diretto e senza fronzoli, ma allo stesso tempo suonato con perizia ed offrendo momenti esaltanti.

Bloodicide

"Bloodicide - Sanguicidio" parte con un suono tagliente e distorto di chitarra, presto seguito da un trotto robusto fatto di fraseggi severi e drumming combattivo, sottolineato da piatti spaccaossa. Ecco che il muro di suono va ad infrangersi contro una cesura strisciante fatta di colpi cadenzati e sospesi, pronta a proporci magistrali chitarre rocciose e dissonanti, sulle quali il cantante ospite, ovvero Jeff Walker dei Carcass, dispiega le sue vocals cavernose e maligne, mentre il testo fa riferimento all'ennesima entità omicida non meglio definita, con frasi che sanno di vendetta, maledizioni, e massacro senza fine, evocando trame oscure e paesaggi da film horror. Strangolati fino alla morte, la nostra vita è tutta nelle sue mani, mentre una massa dimenticata, da sempre disprezzata, implora di rinascere; ora una nuova corsa ci trascina, mostrando sani toni old-school che non lasciano tempo ad eccessivi abbellimenti, dando enfasi alle parole qui esposte. Batteria pestata e giri circolari a motosega innalzano il livello di tensione,k mentre il cantato sepolcrale segue il suo corso;  non c'è via di fuga, è un genocidio inumano, un vero è proprio stillicidio di sangue. Assoli notturni s'innalzano nella composizione, dipingendo scenari gotici e tetri con le loro scale squillanti, in un' ennesima manifestazione di gusto vecchia scuola, unendo suggestioni svedesi con un certo grind britannico, non a caso data la presenza del rinomato cantante inglese, che si accompagna in alcune parti con Karl Willetts dei Bolt Thrower e John Walker dei Cancer. I suoni ammalianti si prodigano in atmosfere nebbiose, lasciando di seguito il passo a nuovi montanti taglienti e colpi secchi. Un assalitore mascherato, che attacca i malcapitati che gridano di voler morire, e di non essere mai nati, questa la visione orribile che ci troviamo davanti agli occhi; una cesura preparatoria dal gusto thrash raccoglie energia mentre bordate rocciose e grida ci portano in un trotto devastante, sul quale viene annunciato il "sanguicidio" umano. Tornano gli assoli spettrali, in una trama sonora capace di offrire estasi metal, ma anche attacchi veloci, come quelli che seguono, dove scale tecniche di chitarra e vocals in screaming si uniscono in una coda perfettamente orchestrata. Una cattedrale oscura reclama le anime dei morti, dove si sentono grida spezzate di strozzamento e dolore, mentre affoghiamo soffrendo nel sangue, denudati e sanguinanti. Nuove motoseghe sonore tagliano l'etere, come se lo stessero facendo con le nostre carni, supportate da doppie casse senza pietà. Vediamo solo mutilazione, orrore, qualcosa di inumano, ed intanto ritornano le strutture melodiche nere come la notte, in una riproposizione ormai familiare che offre delle parentesi atmosferiche. La salvezza del mostro equivale alla nostra morte, ora la massa sedata desidera morire, per poi tornare sotto forma di esseri non morti rinati nel sangue; l'unica via di fuga è il sanguicidio. Nuovi galoppi dalla ritmica devastante e giri circolari ci trascina, portandoci verso peripezie di chitarra. Il gran finale ci stordisce con sottintesi da film horror, che amplificano l'effetto macabro della frenetica cavalcata da tregenda che investe tutto: terrorizzati nel dispiacere, abbiamo solo un tramonto eterno e grida silenziose, la morte si risveglia mentre i morti possono sognare, nell'inferno che è il luogo del riposo. Ultime scale di ottima fattura ci danno l'addio, mentre toni maligni concludono con versi prolungati il nero racconto.

Wayward Samaritan

"Wayward Samaritan - Samaritano Imprevedibile" s'inoltra con bordate rocciose ripetute, le quali poggiano su fraseggi distorti ripetuti, creando l'idea di una serie di scosse elettriche; ecco che una volta raccolta abbastanza energia, si parte con una corsa death fatta di giri circolari a motosega e drumming dai rullanti pesanti, evocando il lato più devastante del genere. Il cantato di Holmes, cavernoso ed aspro come sempre, ci illustra la storia di un assassino psicopatico, una sorta di buon samaritano deviato, convinto di aiutare le sue vittime nell'ucciderle. Egli riconosce un uomo spezzato dalla vita, capisce da dove viene, il suo dolore causato da ciò che è diventato. Vedono le cose in modo simile, capendo entrambi che le speranze ed i sogni sono solo menzogne; sente quindi che sia suo dovere aiutarlo a fuggire da questo orrore, a fare in modo che non viva in questo modo, ed è per questo che gli taglierà la gola ed i polsi, e gli scaverà la faccia con i pugni. La raggelante psicopatia delle parole si traduce in musica, offrendo muri di chitarra rumorosi e freddi, che uniscono gravità death e pulsioni black in un suono sicuramente violento ed ossessivo, perfetto completamento dell'atmosfera piena di tensione. Le teste colpiscono il cemento, producendo un suono stupendo, mentre il maniaco sente un fremito ed il cuore battere, sentendo che non c'è nulla di meglio dell'aiutare i bisognosi, cosa che però per lui si traduce nel trucidarli, convinto in questo modo di farli fuggire dal dolore, di liberarli. Galoppi decisi e loop taglia ossa si promulgano in corse appaganti, sulle quali troviamo ritornelli crudeli sui quali Holmes si da a toni ancora più gutturali e demoniaci: si dichiara come un altruista, e ci chiede di non preoccuparci di quanto sanguiniamo, e ci intima in modo decisamente più minaccioso di non lamentarci, perché ci sta solo aiutando a dormire. Un crescendo distorto non ci da tregua, in un episodio dai tempi veloci e frenetici, che indicano l'innalzamento della follia da parte del soggetto narrante, che mostra sempre più la sua vera natura omicida, nascosta dietro le sue scuse/illusioni. L'uomo spezzato lo è doppiamente, sia dalla vita, sia da una lama, e lui sa che le sue vittime mentono, ed anche che per lui due torti creano una ragione. Ecco quindi che li battezza immergendoli nel sangue, rendendoli nulla, mentre le sue parole fanno scorrere lacrime. Gli attacchi di chitarra e i colpi di batteria proseguono senza sosta, in un assalto sonoro degno del death più violento e dai muri cacofonici in rimo piano, lontano da ogni abbellimento moderno in chiave celebrale o troppo tecnica. Allo stesso modo, ormai non c'è più freno alla sete di sangue del maniaco, i corpi senza vita sono per lui una visione bellissima, convinto che Dio abbia a lui dato un dono che fa terminare ogni sofferenza, e per lui non c'è nulla di meglio dell'aiutare i bisognosi, perché non si può soffrire, se non si può più sanguinare. E' un altruista, che cura malattie e perversioni, con un modo molto facile per uscirne, ovvero far cessare le vite. I toni taglienti conoscono anche cesure dalle ritmiche concentrate e brevi assoli spettrali, ma presto torniamo alle corse senza freno, poi a loro volta interrotte da fraseggi distorti, liberati da nuovi assoli squillanti e panzer sonori rocciosi, in una marcia dal gusto thrash che esalta, e che va rallentando sempre di più, chiudendo il pezzo con una digressione finale.

Levitator

"Levitator - Levitatore" inizia con una mortifera marcia dal gusto doom, pachidermica e segnata da suoni stridenti ed imponenti, misurati da cimbali combattivi;  la struttura contratta e distorta si arricchisce dei toni cavernosi di Holmes, il quale ci narra di un rituale occulto, votato al'evocazione di una terribile entità non morta, la quale porterà morte e disperazione, creando un'armata di zombie destinati a spargere sangue. Un ennesimo scenario da film gore, perfetto per l'intenzione dei Nostri di ricreare i riferimenti musicali e tematici del death vecchia scuola. Di conseguenza, la musica si adatta al tema, offrendo connotati qui più gotici, richiamando il precedente "Grand Morbid Funeral"; il nostro dio è una febbre che discende, un cadavere spettrale appeso, che si muove, una presenza non morta sulle tombe.  Ora i toni si fanno leggermente più combattivi, mantenendo però un passo pesante e controllato, capace di trasmettere un senso di imponenza trionfale ed inquietante. Vediamo un cumulo da sepoltura infetto, una sofferenza estasiante, che trascende fino all'aldilà, in modo tale da poter incoronare il nostro vile re. Esplodo ora bordate distorte, mentre il cantato si fa gutturale e sepolcrale, richiamando, non a caso, i versi di esseri non morti che si danno ad una cantilena, in adorazione della loro maligna divinità: viene evocato il Levitatore, in modo tale che risponda ai nostri orribili incantesimi, e che ci faccia ricevere l'incanalamento, in maledizioni che libereranno un'antica piaga che tormenta l'umanità. Suoni secchi e taglienti si muovono strisciando, in un potenza rocciosa che ci schiaccia sotto i suoi passi; un fraseggio dai suoni circolari fa da cesura, preparandoci per l'improvvisa cavalcata in doppia cassa che esplode, travolgendoci come un fiume in piena. Ora i suoi segni sono sulla nostra pelle, mentre prosciuga le nostre menti, e privi di vita rimaniamo aperti, assecondando sogni di cremazione. La furia forsennata prosegue, delineata da suoni squillanti e cambi di tempo contratti, con un gusto ora più vicino al death vecchia scuola più dissonante e cacofonico; ma il songwriting è qui mutevole, e presto ci ritroviamo nuovamente su coordinate monolitiche, mentre Holmes ripete i versi precedenti come in un mantra oscuro che funge da evocazione, coadiuvato da accordature grevi e movimenti asfissianti, in un ritornello sepolcrale che esalta ed inquieta allo stesso tempo. Strisciamo in estasi, rapiti, mentre la nostra fragile vita viene abortita, e la magia ci penetra, facendoci riconoscere la nostra morte infernale, mentre la morte imbevuta di sostanze sorge, giurando di conquistare ogni forma di vita. Chitarre distorte e dissonanti ci guidano verso una marcia militante fatta di bordate decise, sulla quale assoli dalle scale altisonanti ed anti-melodie trovano posto, regalandoci uno dei momenti migliori di tutto il disco, ed addirittura della carriera dei Nostri. I versi cavernosi e i montanti segaossa non trovano quiete, con un'ossessione che ben da forma al tema del pezzo, rievocando di continuo un rituale blasfemo. Proseguiamo su queste linee, con un oppressione sonora sempre ben presente, sottolineata dai rullanti cadenzati; una cesura cacofonica blocca il nostro corso, portando ora il brano alla sua conclusione improvvisa.

Deader

"Deader - Ancora Più Morto" ci illustra la storia di un folle occultista, il quale a causa di un vago rituale entra in contatto con un'entità da lui servita, destinato ad essere posseduto ed a trasformarsi in un non morto, manifestazione dei terribili poteri che porteranno all'estinzione dell'umanità. Per fare questo vengono impiegati suoni malevoli dalla caratura forsennata e massacrante, fatti di chitarre distorte e colpi veloci e decisi: ecco quindi in apertura un suono ronzante, presto scosso da bordate nervose, promulgate dopo una cesura in galoppi dalla batteria devatsante e dai giri circolari compulsivi, in una frenesia dal forte impatto. Dopo l'ennesimo rallentamento, fatto di scale altisonanti e suoni sospesi, prende piede una marcia bellica sulla quale si posiziona la voce aspra di Holmes; siamo infestati dai legamenti demoniaci, mefistofelici, in combutta con tutti gli elementi, mentre le fauci dell'abisso divorano le nostre menti, e la nostra colonna vertebrale è radicata dalla radice al ramo, luciferiana. Un rumore bianco fa andare al contrario la nostra voce, mentre venti fatti di piaghe prosciugano la nostra vista. Intanto un passo a media velocità si apre a cavalcate improvvise, alternando fraseggi squillanti e mitragliate in un movimento contratto che si ricollega al death old-school con il suo songwriting non lineare, pur senza eccedere mai in costruzioni troppo tecncihe, e mantenedo un percorso ben delineato. Nuove tempeste sonore evocano un'atmosferra fredda e tagliente, offrendo chitarre con alcuni elementi più vicini al black più cacofonico e maligno; un'apparizione dall'aldilà si mostra, Sua Maestà Infernale incoronata, una collisione imbrigliata tra cielo e terra, che fa in modo di liberare un'orda di non morti.  Atmosfere esaltanti creano una tetra melodia evocativa grazie ai fraseggi in sottofondo, perfetta per le apocalittiche visioni ora prospettate: come in un Maelstrom che gira sempre, dal vuoto nella notte, alla periferia del cielo, vengono espanse le tracce del vuoto, come scritto nella quercia dell'apocalisse. La corsa da tregenda ci travolge come un fiume in piena, andando poi a collimare con galoppi dai rullanti decisi e dai riff contagiosi, sui quali viene ruggita l'alba dei morti, annuncio dell'imminente catastrofe in corso.  Riprendiamo quindi con le marce a media velocità. delineate come sempre da suoni squillanti ed attacchi ritmici di piatti improvvisi. Vediamo i pilastri in rovina della creazione divina, ridotti in frammenti di cenere leggera, grazie ad abilità acquisiti oltre questo piano, mentre buchi neri vengono usati come armi occulte, e l'ombra nella rotativa del demonio è giroscopica, e l'asse rovinato dell'umanità cede, la Terra viene conquistata dall'usurpatore del clima, del tempo, e della gravità. Un assolo dal gusto classico si accompagna a suoni di tastiera eterei, in una sessione onirica che presto lascia il posto ad una corsa dai suoni taglienti, tornando però in un gioco trascinante, che spazza via quello che trova sul suo cammino; siamo posseduti, nel delta delle nostre vene velenose, e la nostra immunità si sforza, ridotti ad un mezzo demoniaco, ossessionati, e con peccato desideriamo la nostra morte, mentre la follia invade il nostro ultimo respiro. In tutto questo siamo ormai giunti tra assoli deliranti, che traducono il caos del tema in suoni dissonanti, mentre il gran finale è lasciato a cavalcate fatte di chitarre e piatti, sottolineate da suoni freddi ed evocativi, portate avanti fino alla conclusione con colpi duri.

March Of The Crucifers

"March Of The Crucifers - La Marcia Dei Crocifissori" è un brano il cui testo ci parla di torture e vessazioni, protratte fino alla morte, nei confronti di un prete, compiute da un culto demoniaco in nome del male e dell'opposizione nei confronti di ciò che è considerato sacro e legato al bene. Un suono distorto di chitarra deliena architetture rocciose, ripetendosi svariate volte, mentre di seguito piatti cadenzati e rullanti dilatati s'intersecano tra suoni minacciosi. Un panzer monolitico prende piede, muovendosi tra suoni squillanti e striature, in una marcia giocata su chitarre a motosega e rullanti ritmici. Holmes interviene con il suo cantato cavernoso, completando perfettamente il brano e la sua atmosfera da parata trionfale; osserviamo il gatto a nove code, che tormenta la schiena di coloro che presto saranno morti, inizialmente non letali, torture fatte giocosamente, preparando l'anima della vittima per il carnefice. Bordate death di fattura robusta si muovono tra ruggiti grevi, mentre muri di chitarra imponenti creano il substrato sonoro per un ritornello altezzoso e trascinante, dando già la caratura di uno degli episodi più riusciti di tutto il disco: nel nome dell'inferno spogliamo la croce dell'arciprete, e prendiamo la corda per impiccarlo in alto, e per far questo andiamo dove si trovano i cappi, pronti a celebrare una festa morbosa, fino alle fiamme di una pira funeraria. Suoni taglienti e doppie casse veloci si scatena in una corsa dissonante, trascinandoci con loro in un cmabio di tempo perfettamente in linea con le tendenze death vecchia scuola, in un gioco appagante e ben orchestrato.  Trascendiamo le percezioni del passato, usando i modi per provocare una morte atroce, una palpitazione virtuosa annienta l'anima perduta, mentre impostori incalliti vengono  bruciati nella mente, con onde nelle arterie che ci fanno percepire la bestia furiosa che si risveglia. Ormai il delirio sonoro rende quello del testo, in un'energia che va a scontrarsi con un brevissimo silenzio, mentre ritroviamo la marcia militante fatta di riff segaossa e drumming lento, ma pestato. Ci viene chiesto di prendere parte alla parata, la marcia dei crocifissori, con suoni di tamburello davanti all'altare della morte, intrappolatoti della fede, un movimento notturno nell'eterno, che inebria di omicidio e  risveglia la tempesta. Bordate e muri di chitarra ci riportano alle esaltazioni precedenti, con suoni decisi e duri, che poi si prodigano in scale vertiginose ed assoli dalle strutture lunghe ed evocative, creando atmosfere orchestrali da film horror, perfette per la traccia, Andiamo poi incontro a linee sincopate, in giochi di lasciate e riprese, preparatori per il proseguimento della processione senza pietà: in un estasi dissidente macchiamo la loro messa in scena, strangolando la voce di Dio. Ed ecco che all'improvviso il brano si ferma, lasciandoci nel silenzio, quasi a volerci dare l'idea della vita spezzata senza preavviso.

Morbid Antichrist

"Morbid Antichrist - Anticristo Morboso" funge da sorta di evocazione di un morboso anticristo, continuando i temi di blasfemia occulta ed opposizione alla fede, così come i riferimenti ad immani torture e rituali cruenti. Un fraseggio spettrale, dilungato, apre il nostro viaggio sonoro, mentre di seguito bordate ritmiche e chitarre taglienti orchestrano una marcia fragorosa. Ecco quindi una tempesta di cimbali e riff circolari, in un raccoglimento di forze che trova il suo naturale cambiamento in una corsa accompagnata dai evrsi gutturali di Holmes; egli ci illustra come urla, come un discepolo glorioso che si trova nel profondo, mentre impara dalla persistenza dell'indottrinamento, mentre brucia la feccia e libera il fuoco della furia, bruciando egli stesso lentamente. Si tratta di un vero e proprio assalto alle legioni depravate del morboso anticristo, che vogliamo veder morire. I versi cavernosi si accompagnano a dissonanze ossessive e galoppi con rullanti e muri di chitarre distorte, regalandoci poi rallentamenti cadenzati; un groove strisciante arricchisce il brano, mentre alcuni versi vedono addirittura cantilene evocative con voce rimbombante. L'energia spinta è la musa della tracca, che non mette da parte le sue atmosfere malsane ed ipnotiche, giocatre su saldi loop di chitarra di matrice death. Siamo preda di un derelitto psicotico, mentre la tirannia fa infuriare i nostri dei, la visione si altera e la morte si attiene ai suoi modi; il regno satanico è giunto.Nuovi fraseggi notturni sottolineato un'ennesima serie di bordate, scenario per un cantato da orco: assistiamo a torture orribili nell'impero della morte, in nome dell'anticristo morboso. Toni grandiosi si liberano in costruzioni più elaborate, ricche di scale dalle dinamiche moderne e vocals apsre e sotterranee, che illustrano un mondo che degenera e dove la profanità dilaga, quasi rigurgitando, e dove è giunto il momento di raggiungere l'aldilà, con un cuore amputato ed ammaliati dai riti morbosi. Una tregenda sonora ci investe con vortici di batteria e chitarre epocali fatte di violenza dissonante, mentre di seguito assoli tetri annunciano una marcia imponente dove riprende il groove spezzato; qui il songwriting ci da un fulgido esempio di come i Nostri siano capaci di unire in modo totalmente non forzato tratti vecchia scuola ed intuizioni ricavate dal death moderno, creando uno stile subito riconoscibile, che è proprio del combo svedese. Rifiutiamo i cieli che stanno sopra di noi, e serviamo solo la bestia dentro di noi e tutta la sofferenza, mentre lentamente bruciamo ciò che è debole e diamo sfogo al fuoco della rabbia, permettendo che nascano eterni i figli delle tenebre. Suoni rocciosi e colpi devastanti lasciano spazio ad una brevissima cesura rumorosa, che subito evolve in una corsa sfrenata, fatta di suoni dissonanti e piatti combattivi, portandoci all'ultima ripetizione di contrazioni, sottolineate nella conclusione da un assolo interrotto da bordate. 

Warhead Ritual

"Warhead Ritual - Rituale Della Testata" ci parla di un mostruoso signore della guerra, forse un essere non umano, votato allo sterminio globale tramite armi e truppe assassine, in uno scenario apocalittico dove non c'è alcuna speranza. Suoni che evocano un'atmosfera da dopo-bomba si elevano, creando un'aria inquietante dal gusto cinematografico; essi seguono la propria linea dark ambient fino all'arrivo di un fraseggio ritmato e dai connotati death'n'roll, scandito da colpi duri di batteria e bordate taglienti: ecco quindi una corsa con piatti veloci e giri di chitarra stordenti e distorti, in una struttura che poi si apre a dilatazioni squillanti. Holmes interviene dopo qualche secondo, ma non prima di una cesura preparatoria con rallentamenti e rullanti ben calibrati; la sua voce maligna ci descrive rovine e massacri dovuti a malattie, in un labirinto di carne dove si avvelena il pozzo del coraggio con armi del disgusto, quando ormai è deciso che l'uomo deve morire per l'estasi del signore della guerra, in un genocidio malato dove l' Armageddon vede l'odore di morte e di vomito che si decompone. Lo scenario violento trova corrispondenza nei suoni duri e veloci, giocati su loop segaossa e drumming ossessivo, perfetto territorio per i toni da orco del cantante. Dissonanze squillanti delineano il movimento compulsivo, mentre il ritornello viene creato usando bordate rocciose e monolitiche, sulle quali il Nostro tesse una sorta di evocazione da guerra: è il rituale della testata, esultanza di una mente morte e corrosa fino al midollo, un giuramento di massacro verso più di un milione di vittime. L'atmosfera asfissiante si mantiene anche dopo una brevissima cesura,  anzi forse la velocità è anche maggiore, dandoci un vortice affilato come una lama, mentre le vocals vengono arricchite da effetti in eco. Legioni di mercenari vengono mandate ad uccidere le tracce rimaste dell'umanità, in un incubo gore fatto di fosse scoperte e piene di cadaveri. Il delirio ormai è senza freni, in un'immagine tanto orribile da non potersi quasi credere, ed ecco che la musica ci da la cifra della follia tramite assoli squillanti e dalle scale alte, lanciati in giochi tecnici, ma senza togliere brutalità alla musica. Proseguiamo sulla corsa senza freno, dove cascate di chitarre distorte e colpi duri di batteria creano un'onda sonora che investe l'ascoltatore. Non esiste nessun monumento per i morti, prosegue la narrazione, e nelle fogne vengono scaricati i resti di quella che una volta era la vita.L'ultimo atto vede un rallentamento basato su giochi ritmici e di chitarra, pronto ad evolvere nel ritornello bellico, sempre costruito su bordate e piatti pestati, il quale mette fine a questa scheggia death veloce e senza pietà. 

Only The Dead Survive

"Only The Dead Survive - Solo I Morti Sopravvivono" ci illustra l'ennesimo rituale blasfemo, il quale da il via a terribili ripercussioni, tra esseri non morti e visioni di sofferenze senza nome. Un suono di piatti cadenzati introduce il brano, seguito subito dopo da una marcia strutturata su bordate distorte, sulle quali si delineano le vocals rocciose di Holmes: attirati da un assaggio, evocando la strega, la nostra mano viene incisa per il figlio prediletto, mentre privo di restrizioni, un incantesimo demoniaco si libera, senza colpa, con follia, imprigionati in fosse senza nome. Le scariche di chitarra elettrica evocano mitragliate improvvise, incastrandosi tra ritmiche convulse in un trotto deciso. Assoli spettrali intervengono in sottofondo, amplificando l'aura maligna della canzone, senza però fermate il movimento militante, che anzi suona come rinforzato da questa aggiunta. La voce si fa ancora più demoniaca, amplificando l'effetto degli andamenti ritmici serrati: affogati ed impiccati, la prova ormai è stata conclusa, e solo i morti rimangono in questo massacro. Quseat la nera lezione del ritornello dalla cantilena sacrilega, con effetti d'ecoruggenti. Seguono distorsioni magistrali dai muri di chitarra ben presenti e dal drumming possente, seguite da fraseggi squillanti, giocati su scale elaborate. I morti si rivelano, lasciando l'eterna verità della morte nelle loro tombe, e di conseguenza la musica si fa protagonista di una nera epicità, evocando immagini di eserciti non morti che si levano dalle tombe, pronti a portare calamità e malattie, creature dell'inganno, che provocano dentro di noi un terrore che ci fa snetire soli e senza speranza, in balia dei mostri che oltrepassano ormai i cancelli dei cimiteri. Notiamo nelle fredde anti-melodie il ritorno di certe influenze black, ma i riff a motosega che si ripetono, ribadiscono l'essenza death dei Nostri. Ecco quindi bordate ripetute in un loop devastante, arricchito da piatti serpeggianti e brevi incursioni di dissonanze ben distribuite; holmes ripete i primi versi del brano, come in un rito ipnotico che richiede la sua riproposizione affinché si possa adempiere, raccontandoci di come i resti vengano distrutti, bruciando in un dolore senza vergogna. Le scariche nervose sono sempre protagoniste, pronte  a proseguire fino ad una cesura ritmica improvvisa; ora rallentiamo con suoni sospesi, pronti però a regalarci fraseggi fragorosi pieni di un'essenza trascinante ed entusiasmante, scanditi da rullanti decisi e piatti cadenzati. Si aggiunge il cantato cavernoso, insieme al ritorno dei motivi più freddi, dandoci per l'ennesima volta un'oscura epicità che accompagna le terribili parole. Il nostro spirito viene divorato, e il mostruoso narratore snete che ora siamo collegati con lui, mentre il dolore rifiuta i nostri desideri, e la nostra mente si frantuma nella pervessione subita. Scale articolate s'intromettono tra i riff circolari, creando una bellissima sequenza vecchia scuola, la quale collima in suoni tetri e malinconici di pregiata fattura. L'atmosfera è ormai grandiosa, perfetta per le scene finali descritte: nella cappella di sangue il fardello ormai stancante viene eliminato, in una febbre decadente che consuma, mentre gli spiriti vengono riesumati, perchè la fame del mostro non ha limiti, e la sua oscura salvezza, equivale alla nostra piaga. Un tripudio di elementi ci investe, in un groove dai connotati quasi rock, che va a scontrarsi con un'improvvisa cesura evocativa, fatta di suoni lontani. A grande sorpresa, e mostrando l'inventiva dei Nostri in termini di songwriting, si librano sul substrato sonoro scariche potenti, mentre Holmes si da a declamazioni come al megafono, ricordando in parte lo stile declamatorio dei Behemoth; ecco vortici sonori trascinanti, conditi da bordate sempre più massacranti, in una coda finale dal grande effetto, perfetto finale per uno dei brani migliori del disco. Infine, marce dai rullanti sempre più distanti e suoni squillanti si perdono nell'etere. 

Chainsaw Lullaby

"Chainsaw Lullaby - Ninna Nanna Della Motosega" è l'ultimo brano della versione standard del disco, il quale ci narra la storia di un folle omicida che sembra uscito direttamente da uno slasher americano (film horror, spesso dai connotati splatter, con protagonisti esseri mostruosi e/o serial killer senza pietà), dedito all'utilizzo della motosega per le sue violenze senza freno o ragione. E' quindi semplicemente più che adatto l'intro con rumori di motosega che viene caricata, seguita da un suono stridente in levare, e dai primi ruggiti di un Holmes cavernoso e crudele; uno spasmo violento, un suono che avanza, enunciano un terrore meccanico che ci da la caccia, una sorta di alloggio per cadaveri, molto sarcasticamente. La musica esplode con una serie di montanti granitici e distorti, creando una tempesta maligna perfetta per lo scenario qui mostrato dalle parole del testo. Ora il delirio anche tematico avanza, tra minacce di squartamenti che rendono le persone come gemelli siamesi ed attacchi nel letto a chi sta dormendo beatamente, destinato ad essere fatto a pezzi in una trappola notturna dettata da un destino crudele, uno scacco matto. I loop di chitarra evocano il motore della motosega, mentre il passo viene delineato da parti stridenti e dai rullanti cadenzati della batteria ossessiva. Ecco il ritornello da orco, una cantilena malsana che descrive le attività preferite del maniaco, non molto sorprendenti: si tratta del scarnificare, fendere, tagliare, sviscerare, lacerare, mutilare, ed altri verbi efferati. Dissonanze imperanti si fanno strada, mentre le parole vengono ripetute con veemenza. Seguono muri di chitarra contornati da piatti pestati e bordate da tregenda. Holmes deliena con il solito fare greve nuovi orrori narrativi: la catena e la sega saranno legge, basta tirare la corda per incominciare una vicenda fatta di terrore, e richiamare gli orrori del gore più nefasto alla nostra porta, mentre la lama canta la ninna nanna della motosega. Chitarre frenetiche ci trascinano con i loro suoni squillanti, in un fraseggio  secco che ci conduce ad un nuovo ritornello, ora creato tramite colpi ancora più duri e ritmati. Deridiamo, malediciamo, disprezziamo, ci scuotiamo, emettiamo versi, sbaviamo, mastichiamo, sputiamo, in un delirio malformante. L'atmosfera è satura e distorta, pronta ad aprirsi ancora a passi da parata trionfante, scossi da una batteria potente e da rallentamenti dal gusto monolitico; vengono ripetuti dei versi precedenti, reiterando le perversioni omicide tanto orribili, quanto lucide nella loro follia descritta con precisione, che trova complemento nei suoni violenti, ma chirurgici del comparto musicale. Mentre una breve cesura crea un intermezzo di pseudo-quiete, subito dopo si torna ai riff ipnotici e distorti, mentre il cantato da orco prosegue con il suo racconto. C sono arie rumorose, una sorta di fanfara malata, mentre cremiamo un affare del diavolo, una macchina severa che si muove in modo osceno, dotata di un vaccino fatto di gasolio, mentre l'olio scorre, così come il sangue sulla polvere, in un desiderio da negromante verso la morte a motore. Per l'ennesima volta si ricrea la cantilena delirante del ritornello, condita come sempre da chitarre taglienti e dissonanti, in un mantra omicida che cresce di potenza ad ogni ripetizione. Ecco quindi una coda caotica con grida, suoni di motosega, e suoni dilatati, mentre mura distorte si levano. Abbiamo l'onore di accomiatarci senza la pelle sulla faccia, e viene constatato, con malato sarcasmo, come un carnivoro elettrico non sia una cosa noiosa, mentre gli arti professano la ninna nanna della motosega. Ed è sulle vocals ora cavernose, ora da megafono,  che si chiude questo ennesimo esempio di violenza sonora e tematica. 

Ride The Waves of Fire

"Ride The Waves of Fire - Cavalca Le Onde Di Fuoco" è la prima delle due tracce bonus contenute nell'edizione limitata del disco, delle quali non esistono purtroppo dei testi ufficiali; non è difficile però immaginare temi demoniaci ed infernali, tra fuochi devastanti e creature dell'aldilà che consumano tutto, proprio come fa la musica. Ecco quindi un suono ronzante e caotico, che si espande nell'etere, presto però sostituito da colpi cadenzati e chitarre graffianti, in una sequenza preparatoria dove piatti e giri circolari diventano una cosa sola. Prendiamo velocità, in una marcia rocciosa e distorta, dal chiaro sapore vecchia scuola, potente e ritmata. I loop si ripetono con ossessione, trascinando con loro l'ascoltatore, come un un mantra fatto da una motosega. Un rallentamento improvviso fa da cesura, lasciandoci in compagnia di fraseggi elaborati e squillanti, scolpiti da marce intransigenti; sulle scariche di chitarra prende posto la voce da orco di Holmes, intento a narrarci in modo implacabile e cavernoso le parole che accompagnano la musica. Ritmi quadrati e distorsioni appassionanti sono gli elementi principali di questo brano dalla struttura death abbastanza lineare, e un ascolto attento può farci intuire i temi del cantato, tra riferimenti a Lucifero e a rituali empi. Il ritornello centrale vede la ripetizione del titolo con vocals piene di eco, mentre le chitarre assumono toni death'n'roll pieni di groove e cascate distruttive giocate su suoni stressanti e delineati da striature. Il risultato è appagante, offrendo un suono dai connotati forse meno evocativi rispetto ai pezzi standard (e per questo possiamo pensare la traccia sia stata presentata come un bonus), ma non certo priva di attrattiva e di un animo sempre fedele alla filosofia dei Bloodbath. Al secondo minuto e tredici incontriamo una nuova cesura, fatta di suoni discordanti e rocciosi, pronta ad aprirsi subito in un'enensima marcia fatta di piatti, riff marziali, e voce abissale. Essa parla di malattie, tenebra e terrore, dipingendo scenari apocalittici perfettamente adatti alla musica; nella nostra mente si creano visioni di orde di dmeoni che portano morte e distruzione, accompagnati da un fuoco infernale che investe ogni cosa. L'intensità si apre a montanti devastanti, mentre assoli notturni si aggiungono con le loro scale elaborate ed evocative. Segue l'ormai familiare ritornello, sul quale le vocals diventano sempre più maligne e ruggenti, un'ultima esalazione prima della chiusura brusca, fatta di piatti cadenzati e feedback che si perdono nell'etere. 

Wide Eyed Abandon

"Wide Eyed Abandon - Abbandono Ad Occhi Aperti" è l'ultima traccia bonus, aperta da suoni monolitici e distorti, tra chitarre pachidermiche e dissonanti, e piatti striscianti uniti a cimbali altrettanto serpeggianti. Grida e giri squillanti ci portano verso assoli grevi, i quali poi diventano protagonisti insieme a rullanti marziali. Su questa nuova base parte il brano vero e proprio, tra loop di chitarra sferragliante e vocals sempre cavernose e profonde, come da abitudine per  Holmes.  I suoni toni sono qui particolarmente profondi e distorti, simili ad un demone rabbioso, perfettamente adatti per la musica più lenta e dai tratti doom, che ci rimanda alle atmosfere sepolcrali del disco "Grand Morbid Funeral". Ci muoviamo quindi tra scale squillanti in sottofondo e riff di chitarra distorta, in una linea ricca di violenza e sinistra malinconia, in un'unione tra tratti vecchia scuola ed ipnotica violenza moderna. Possiamo osare un'interpretazione del testo, immaginando scenari occulti indescrivibili ed esperienze tanto orribili da non poter essere narrate, che ci lasciano sconvolti, scioccati e con gli occhi sbarrati. Qui la malignità non viene quindi trasmessa tramite attacchi veloci o cavalcate, preferendo invece i modi di quel death dai connotati doom e mortiferi, tanto caro a nomi quali Autopsy ed Asphyx. Il ritornello vede toni sempre più caotici, ma controllati, che degenerano in parti piene di riverbero, mentre il substrato musicale prosegue con le sue ossessioni a motosega, arricchite dallo screaming malsano; a sorpresa abbiamo delle parti ancora più serrate, dotate di una sorta di anti-melodia insita proprio nelle distorsioni fredde, creando dei groove di buona fattura. Anche la ritmica è ora più vivace, in una coda dal gusto thrash/death sulla quale il cantato assume connotati black, regalandoci un songwriting abbastanza mutevole ed originale, per un episodio che non avrebbe sfigurato per nulla insieme ai brani standard del disco, sia per bontà della composizione, sia per atmosfera e composizione. I suoni notturni proseguono con le loro scale altisonanti, così come i colpi pestati e cadenzati di piatti e i giri distorti di chitarra, in un mantra che va ad infrangersi contro una breve cesura fatta di bordate: qui ora abbiamo fraseggi dissonanti, sui quali proseguono i colpi di chitarra, vere e proprie scariche rocciose, mentre in sottofondo versi infernali con effetto a megafono e giochi ritmici si moltiplicano. La conclusione vede i familiari toni iniziali ripetuti, fino all'improvvisa chiusa che lascia posto a suoni di tormenta e a strani effetti cigolanti. 

Conclusioni

I Bloodbath continuano la loro saga sonora votata a un death fedele alla linea vecchia scuola, ma allo stesso tempo dai tratti moderni in certe soluzioni e nelle commistioni tra motivi diversi. "The Arrow Of Satan Is Drawn" parte da dove il precedente "Grand Morbid Funeral" era terminato, smorzando i toni doom e gotici qui presenti, anche se non eliminando del tutto suggestioni riconducibili a tali elementi, ed aggiungendo momenti black metal a un death old-school feroce, ma allo stesso tempo ben congegnato e trascinante. Ritmi serrati e distorsioni segaossa s'intersecano con tempi mai troppo tecnici, ma con un minimo di dinamismo, mentre il songwriting si adatta di brano in brano, presentando sfuriate selvagge, spesso quasi orchestrali, o corazzate fatte di bordate distruttive e movimenti da marcia imperante. Ancora una volta il dosaggio di soluzioni diventa fondamentale, permettendo l'incursione di groove più moderni, senza scalfire però l'identità del suono della band. Holmes, a dispetto di critiche e dubbi nati sin dalla sua precedente introduzione, è voce perfetta per le atmosfere severe ed oscure ora raggiunte, e per l'impianto più serioso rispetto ai dischi precedenti a quest'era, grazie alla sua voce cavernosa e profonda, dotata di una gravità solenne ed inquietante. Questo non per dire che prima non si facesse sul serio, o che ora i Nostri non suonino prima di tutto mossi dal dievrtimento e per l'amore per un certo tipo di sound, nello specifico il death svedese ed americano dei tempi andati, ma è chiaro che con l'arrivo del nuovo cantante, i Bloodbath abbiano da tempo deciso di essere qualcosa in più che un super gruppo che si riunisce casualmente nel tempo. Ora vi è un'identità ben definita, più oscura e misteriosa, che si incarna tanto nella grafica e nelle immagini promozionali, quanto nei suoni e nei testi che si muovono tra occulto, scenari splatter e perversioni, sondando orrori tanto "umani", quanto mostruosi e legati ad un certo immaginario. Andando nello specifico sui brani, notiamo un lavoro più vario sui riff, e se non mancano i loop a motosega, ora abbiamo strutture più varie, dove si fa un maggior utilizzo di elementi che possiamo definire orchestrali, integrati da assoli spettrali ed epici, utilizzati in modo dosato in certe situazioni, perfetti per sottolineare alcuni passaggi chiave. Vi è un senso di "narrativa musicale" più definito, dove i suoni scolpiscono scenari sonici che si adattano alle parole e descrizioni dei testi, convogliandone il senso di terrore, minaccia, follia, o sbigottimento. Come nella migliore tradizione del così detto metallo della morte, troviamo minacce non morte che vengono dall'aldilà, destinate a massacrare il genere umano, maniaci assassini, entità innominabili evocate da occultisti privi di senno. Joakim Karlsson dimostra di essere un nuovo elemento decisivo, ma che sa anche non strafare e seguire la natura del progetto: la sua chitarra dona dei tratti black ad alcuni brani, senza però poter parlare di blackened death metal, usando invece la cosa per potenziare la fredda malinconia oscura che a volte viene evocata. Con i dovuti distinguo, questo ci porta in mente i Dissection, anche se naturalmente è solo una parte dei suoni adoperati. In definitiva siamo davanti ad una conferma, che riesce a spingere le cose in avanti, pur rimanendo fedele al concetto di base dei Bloodbath, ovvero un riadattamento del death old-school usando i mezzi di produzione e gli accorgimenti moderni; non tutti i fan della prima ora probabilmente accetteranno i cambiamenti, avvenuti comunque quattro anni fa, ma in realtà qualsiasi analisi priva di pregiudizio non può che confermare una band più robusta e dal focus stabile, che suona in modo coinvolgente un suono sentito che dà agli ascoltatori quello che vogliono, senza però cadere nella semplice copia e ripetizione fatta con l'auto-pilota. 

1) Fleischmann
2) Bloodicide
3) Wayward Samaritan
4) Levitator
5) Deader
6) March Of The Crucifers
7) Morbid Antichrist
8) Warhead Ritual
9) Only The Dead Survive
10) Chainsaw Lullaby
11) Ride The Waves of Fire
12) Wide Eyed Abandon
correlati