BLOODBATH
Breeding Death
2000 - Century Media Records
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DAVIDE PAPPALARDO
05/01/2015
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Recensione
Inizio del nuovo millennio: a due anni dalla sua formazione, il super gruppo Death Metal Bloodbath pubblica il suo primo lavoro, l'EP "Breeding Death - Generando Morte" costituito da tre tracce che mettono in chiaro la natura del progetto, in un suono che riprende tutta una serie di stilemi old school legati alla scena svedese e non solo; il nome stesso della band è preso da un pezzo dei Cancer, gruppo Death inglese molto apprezzato dai cultori del genere, contenuto nel debutto "To the Gory End". Non si tratta però di una semplice band composta da persone alle prime armi: in realtà i componenti del gruppo sono personaggi importanti della scena del Death più melodico scandinavo, ovvero la così detta corrente legata alla città di Gothenburg; troviamo quindi alla voce Mikael Akerfeldt degli Opeth, Anders "Blakkheim" Nyström e Jonas Renkse dei Katatonia rispettivamente alla chitarra e al basso, e infine Dan Swanö degli Edge Of Sanity alla batteria e alle tastiere, nonchè dietro il banco della produzione (ricordiamo che aveva già assunto questo ruolo con il primo lavoro dei Dark Funeral, ed ha partecipato al mixaggio di band come Asphyx e Dissection). Il tutto nacque come una sorta di svago rispetto al suono dei loro gruppi principali, dando la propria versione del Death Metal più sanguigno coniugando la scuola svedese più melodica e atmosferica, ad alcune delle tendenze più brutali e dirette del Death americano, precisamente della Florida; i riferimenti del suono dei nostri sono quindi diversi, tra i già citati Cancer, i Carcass, gli Entombed, Dismember, i primissimi Hypocrisy, i Vomitory e i Carnage, con alcune parti ricavate da colonne statunitensi quali Autopsy, Morbid Angel ed Obituary. Il songwriting è quindi legato alla vecchia scuola, con un largo uso di chitarre a sega elettrica, growl brutale, alcune sezioni "Ambient" con l'uso delle tastiere caro alla scuola svedese, un basso udibile, ma non protagonista, e una batteria belligerante che crea il supporto ritmico sul quale si delineano le trame in melodia atonale; la produzione però mostra la vera età del lavoro, pur ricreando in parte il tipo di suono grezzo tipico dei veri lavori di inizio anni novanta, essa risulta comunque moderna e più pulita, facendo capire all'ascoltatore che si trova davanti ad una riproposizione di un certo sound da parte di protagonisti della scena più moderna e melodica, piuttosto che una riproduzione al cento per cento fedele a tutti i dettami di un disco dell'epoca. Questo ha sin dall'inizio (e sempre più con il tempo) diviso le reazioni del pubblico Metal nei confronti del progetto: da una parte alcuni sono stati al gioco ed hanno apprezzato il gruppo per quello che è godendosi i loro pezzi in base al risultato senza farsi molte domande sull' effettivo status underground dei nostri; dall'altra molti puristi hanno visto tutta l'operazione come un bieco tentativo di raccogliere guadagni da parte della frangia più legata al Death più oldschool che non segue le band principali dei nostri, tentativo che inoltre plastificherebbe e scimmiotterebbe un suono che era spontaneo e non edulcorato sia nei contenuti sonori, sia in quelli tematici. Come spesso accade, la verità probabilmente sta nel mezzo: i Bloodbath non rivoluzionano certo la scena Death, e non sono al livello delle leggende a cui si rifanno, il loro suono è in certi frangenti un po' un "travestimento" del Death moderno sotto spoglie vecchia scuola grazie ad elementi e parti posizionate con calcolo all'interno dei pezzi per ottenere un certo effetto; questo però non toglie la godibilità dei loro brani, fatti per il puro divertimento proprio e degli ascoltatori, senza tecnicismi spinti e senza grosse originalità, con un gusto melodico e legato al ritornello che si farà sempre più vivo con l'evolvere della loro discografia. Insomma, questionare la loro validità usando il paragone diretto con la produzione a cui vogliono rendere omaggio significa un po' perdere il punto e sopravvalutare le intenzioni dei nostri, che soprattutto nella prima fase (non sapendo neanche se la cosa sarebbe continuata) pensavano più che altro a sfogare il loro bisogno di staccarsi un po' dal suono Melodeath delle loro band principali. Tematicamente troviamo come detto tutto un mondo più che familiare a chi ascolta il Death Metal, e che lo caratterizza praticamente da sempre nelle sue forme più pure: non morti, festini di sangue, sbudellamenti, blasfemie, resurrezioni seguite da atti di cannibalismo, torture, massacri, insomma tutto uno scenario non certo filosofico nato dai film horror di serie z, carissimo ai musicisti e ai fan del genere.
"Breeding Death - Generando Morte" non cerca indugi di sorta, e anzi apre l'album con un rifting tagliente che prosegue in un continuo montare mentre i growl cavernosi di Åkerfeldt prendono posto come versi animaleschi prodotti da un essere non morto; esso delinea una melodia atonale decisamente oldschool la quale si ferma momentaneamente al quindicesimo secondo con un effetto evocativo di synth ad opera di Swanö: parte quindi una tetra cavalcata in tremolo dove il buzzsaw è protagonista, coadiuvato dai colpi secchi di batteria, non però troppo potente e un po' sepolta nel mixaggio rispetto alle chitarre. Riparte poi al ventiquattresimo secondo il cantato aggressivo in growl, questa volta lanciato in veloci reiterazioni che creano oscure filastrocche maligne, mentre i riff circolari ossessivi proseguono, ora più violenti, ora più evocativi nelle loro solenni emanazioni più dilatate; al quarantaquattresimo secondo esse lasciano spazio all'andamento precedente più serrato, in un songwriting abbastanza basilare che si basa sulla ripetizione delle sessioni principali in un gioco di stop and go mutuato dalla scuola americana, unito con le fredde melodie in tremolo della scuola nordica. Al cinquantatreesimo secondo prende posto un fraseggio incalzante di chitarra dai forti connotati Thrash, il quale spinge in avanti la composizione in una serie di giri chirurgici sottolineati dai blast ben dosati di batteria, mantenendo il dinamismo delle dinamiche del brano; il loop che si viene a creare procede senza intoppi sovrastato dai ruggiti sgolati del cantante, con una perfetta atmosfera brutale ed inumana che domina il pezzo. Al minuto e tredici abbiamo una nuova cesura con arpeggi circolari ripetuti che dominano al scena come seghe elettriche bloccate, creando scale di melodie atonali più tecniche, sottolineate dal fido drumming competente e mai invasivo rispetto allo strumento a corda; presto i ritmi tornano ad essere accelerati, con doppia cassa e rifting ossessivo e sega ossa che proseguono ad oltranza in una corsa forsennata. Al minuto e trentaquattro troviamo un rullo di batteria dopo il quale le chitarre si fanno ancora più rocciose mentre il growl di Akerfeldt assume toni ancora più grevi e profondi, adatti alla sua narrazione da oltre tomba; al minuto e quarantaquattro parte una sequenza di giri in tremolo glaciali che spingono in avanti la composizione in maniera serrata ed incalzante. Essi vengono supportati dai colpi di batteria e dai gridi cavernosi ed improvvisi del cantante, in un tetro andamento veloce familiare a chi segue il Death da diversi anni e sa cosa aspettarsi da un certo tipo di songwriting e composizione; presto però abbiamo un nuovo rallentamento che richiama lo stile Death/Doom degli Autopsy e degli Asphyx, in una serie di fraseggi taglienti sotto i quali si staglia un assolo in scala melodica che al secondo minuto e tre sale in superficie e prende il posto principale con le sue note. Riprende poi il gioco di fraseggi atonali estranianti, nel quale s'inserisce anche una toccata di basso, nel quale il growl lento continua a narrare il suo testo conoscendo anche momenti "sdoppiati" più striduli, sottolineato dalle scale improvvise della chitarra; il loop creatosi continua quindi ossessivo nelle sue alternanze striscianti per buona parte del brano fino all'improvvisa digressione del terzo minuto e nove. Essa viene accompagnata da rulli incalzanti di batteria e da un feedback, sfociando poi in una calcata a media velocità dai riff massacranti e dal drumming veloce, dove anche le vocals si fanno nuovamente più concitate; è al terzo minuto e mezzo però che i ritmi tornano ad essere veramente veloci, lanciati in una nuova corsa senza controllo, condita da bordate improvvise di chitarra che sottolineano gli andamenti del growl durante il ritornello. Infine al terzo minuto e quarantaquattro torna il momento più incalzante e Thrash con arpeggi rocciosi di chitarra e batteria cadenzata; esso sfocia poi in un'ultima corsa in tremolo freddo e solenne che crea vortici sonori in doppia cassa trascinandosi fino alla conclusione improvvisa e brutale del pezzo. il testo è legato ad uno degli immaginari più classici del Death Metal: la descrizione in prima persona della "non vita" di uno zombie, il quale descrive nei dettagli più truculenti il suo stato, e le sue orribili azioni nei confronti dei viventi. Dopo la morte e la sepoltura, il nostro risorge nella sua nuova condizione ("I seem contorted, a victim of death, Corrupt reality, a poisoned breath, From beyond the grave, a sight of gore, Rise from the crypts, life no more - Sembro contorto, una vittima della morte, Realtà corrotta, un respiro avvelenato, Da oltre la tomba, una visione di orrore, Sorto dalle cripte, senza vita.") realizzando sin da subito qual è il suo destino e cosa gli sta succedendo; subito dopo parte la descrizione dei suoi assalti notturni, conditi da descrizione tra il macabro, il grottesco, e anche il volgare, dando forma ai suoi massacri; nel ritornello "I see death evocation, I see undead dispair, I see decapitation, In the wake of pain, breeding death - Vedo l' evocazione della morte, vedo disperazione non morta, vedo la decapitazione, nel risveglio del dolore, generando morte." viene reiterato il concetto in una morbosa propagazione mortale senza fine, dove il non morto assalta anche il becchino del cimitero deridendo la sua fede e compiendo l'ennesimo omicidio prima di sparire nuovamente sottoterra, in attesa di una nuova vittima. Niente quindi di particolarmente elaborato, ma anche qui come nella musica l'obbiettivo è semplicemente quello di divertirsi richiamando un certo tipo di estetica. "Ominous Bloodvomit - Vomito Sanguinolento Ed Infausto" ci accoglie con una bordata di chitarra e batteria, alla quale segue dopo un suono gutturale del cantante un rifting tagliente in tremolo devastato dalla doppia cassa; esso s'interrompe momentaneamente al decimo secondo lasciando spazio al growl del cantante in riverbero, prima di riprendere con le sue bordate cadenzate e veloci in una struttura incalzante e concitata che richiama momenti da pogo cari ai metallari della vecchia scuola. Al ventottesimo secondo i ritmi rallentano e un fraseggio sinistro prende piede instaurando una serie di riff controllati accompagnati da colpi secchi e dilatati di batteria, che proseguono facendo da base per le vocals vomitate di Åkerfeldt che vengono sottolineate da scariche di chitarra non dissimili da colpi di mitra in un andamento dal grande effetto solenne; al cinquantaduesimo secondo abbiamo una nuova cesura con relativo rallentamento dove una digressione di chitarra sottolinea il cantato momentaneamente in solitario. Si aggiungono poi nuove bordate marziali in un crescendo imponente che si blocca al minuto e sei lasciando il posto al drumming cadenzato che crea la linea ritmica seguita dalle vocals; infine al minuto e nove abbiamo un'esplosione che riporta la velocità sotto forma di riff taglienti e freddi e di batteria belligerante in doppia cassa che sottolineano i ruggiti del cantante. Dopo la pausa con bordate del minuto e ventisei la corsa prosegue ancora più fitta nei suoi vortici di drumming e chitarre lanciate a tutta potenza, creando un effetto adrenalinico e vorticante che investe l'ascoltatore; riprendono poi posto rallentamenti con bordate e giochi di batteria meno lineari e più "tecnici", continuando il dinamismo del pezzo basate su continui stop ed accelerazioni dimostrando anche qui l'influenza americana sul songwriting dei nostri, accompagnata alle melodie scandinave in un suono ibrido che fa dell'oldschool il suo riferimento più in un'idea piuttosto che in una riproposizione totalmente fedele del suono di allora. Al minuto e cinquanta dunque riprende la corsa a media velocità dai toni apocalittici, che prosegue con i loop di chitarra e i blast di batteria cadenzati, mentre il cantante ripete ossessivo il ritornello in growl con un effetto ipnotico; al secondo minuto e diciotto cambia ancora lo scenario e il protagonista è un fraseggio solenne dal gusto Thrash che delinea la melodia atonale incalzante in scale sottolineate prima da bordate, poi da colpi di batteria e dalle grida ululanti e cavernose del cantante. Il crescendo ottenuto è costante e prosegue in un loop continuo che al secondo minuto e quaranta si fa ancora più cadenzato grazie al veloce ritornello cantato come in una violenta filastrocca con una forte enfasi, lanciato in una corsa folle tempestata dalla batteria e dai riff meccanici; una serie di bordate di chitarra accompagna poi rullanti di drumming serrato, prima della ripresa del movimento su una media velocità dove prosegue il cantato inumano e il rifting solenne in tremolo accompagnati dai colpi di batteria e dai suoi rulli che sottolineano il ritornello declamato dal cantante, accelerando poi sempre più nel gran finale dove si inserisce la doppia cassa creando un potente effetto che perdura fino all'improvvisa conclusione del brano. Anche in questo caso il testo non gioca sul sottile e continua a descrivere orrori e mutilazioni: qui il protagonista è la vittima di un folle che lo sta massacrando tramite orribili torture che lo portano lentamente verso alla morte in una lunga agonia; "Stomach slashed open, he wields his blade, Obsessed with flesh from evil he was made, In my own blood soon my killer will wade, Puts glass into my mouth, a diet grim, Fills me up with pain above the brim - Lo stomaco squartato, tiene la sua lama, Ossessionato dalla carne dal male è stato creato, Presto il mio assassino sguazzerà nel mio sangue, Mette vetro nella mia bocca, una dieta tetra, Mi riempie di dolore fino allo sfinimento." ci viene narrato, esprimendo tutto l'orrore della situazione dalla quale non vi è fuga, se non nella morte che però tarda a giungere, lasciando il nostro in balia del dolore insopportabile e continuo. Il ritornello ripetuto diverse volte anche in questo caso reitera il concetto ("Vomit of blood, ominous sign, Puts my health on a steady decline, Terrifying scum, bastard of the earth, Life turns into torture amid its darkened mirth - Vomito sanguinolento, segno nefasto, Mette la mia salute in un decadimento costante, Feccia terrificante, bastardo della terra, La vita diventa tortura nel suo gioco oscuro.") analizzando la decadenza della salute del nostro, manifestata nel vomito di sangue che da il titolo al brano, naturalmente un segno non positivo, e le impotenti ingiurie verso il proprio aguzzino che come in un gioco perverso deforma la sua vittima e la mutila fino a portarlo a diventare un non morto che gode della propria tortura in una perversa corruzione morbosa tipica anch'essa dell'immaginario splatter qui evocato. "Furnace Funeral - Funerale Nella Fornace" parte diretto ad azione già cominciata con il suo rifting a sega elettrica accompagnato dai colpi ossessivi di batteria in in loop tagliente prolungato; su di esso al quattordicesimo secondo si aggiunge la voce di Åkerfeldt, qui più "abbagliata" nelle sue cavernose declamazioni. Al ventiquattresimo secondo abbiamo la prima pausa con un fraseggio incalzante di chitarra, il quale continua instaurando un momento più Doom dove anche il cantato assume connotati più lenti e striscianti; esso prosegue con i suoi suoni rocciosi facendosi ancora più cadenzato verso il quarantaquattresimo secondo grazie ai blast di batteria dilatati che creano un crescendo imponente ed esaltante. Al cinquantaseiesimo secondo troviamo una nuova cesura con arpeggi taglienti di chitarra accompagnati da bordate improvvise, la quale poi lascia spazio ad una corsa con drumming serrato e riff circolari in loop; si delineano con esse anche il ritornello del cantante in un growl cavernoso a cui si aggiungono grida aggressive in sottofondo, e sotto il quale le chitarre si fanno ancora più stridenti. Al minuto e quaranta tornano ritmi più cadenzati delineando il movimento sincopato del brano anche questa volta giocato su stop e riprese come d'uso per i nostri, sviluppati tramite feroci montanti di chitarra e drumming cadenzato; essi sfociano al secondo minuto in una cavalcata a media velocità tempestata dai colpi di batteria e sorretta dai giri taglienti delle chitarre in tremolo di Nyström. Quest'ultima prosegue senza indugio accompagnando le declamazioni in growl del cantante e sottolineando tramite bordate secche di chitarra momenti topici del testo; al secondo minuto e ventitre la sua ritmica assume toni ancora più incalzanti con giri potenti dello strumento a corda in bella vista che sovrastano anche la batteria, la quale è comunque presente con i suoi colpi precisi. Bisogna attendere il secondo minuto e quarantasette per avere un nuovo cambiamento, ovvero il ritorno dei ritmi più lenti giocati su bordate serpeggianti e giri in tremolo; essi però presto accelerano di nuovo in un'ennesima cavalcata a tutta velocità, riprendendo il ritornello con urla e freddi giri in tremolo solenni. Essa si sviluppa fino all'improvvisa digressione del terzo minuto e trentacinque, la quale crea un falso finale; esso presto si svela grazie ad una bellissima melodia evocativa di tastiera, sulla quale poi s'inseriscono i colpi di batteria e i fraseggi di chitarra dilatati e controllati in un andamento più malinconico legato decisamente alla scuola svedese che prosegue fino ad una nuova digressione al quarto minuto e trentacinque. Quest'ultima viene bombardata da bordate improvvise di chitarra che poi lasciano posto ad un ultima corsa in rifting tagliente e batteria in doppia cassa, lanciata atutta furia verso il finale in cui per l'ultima volta viene ripetuto il ritornello martellante chiudendo il tutto con il growl che urla l'ultima parola, lasciando poi posto al silenzio. Il testo tratta di un'altra sfortunata vittima, questa volta cucinato vivo in una fornace da degli esseri cannibali, forse non morti, la quale descrive nei minimi particolari il suo dolore e l'effetto sul suo corpo del processo in atto: "Temperature's increased, searing my skin, I start to realize I'm the last of my kin, Acrid devastation in the furnace of fate, Bubbles on my body, I know it's far too late - La temperatura cresce, abbrustolisce la mia pelle, incomincio a capire che sono l'ultimo della mia specie, Acre devastazione nella fornace del fato, Bolle sul mio corpo, so che è troppo tardi " narra il nostro, prendendo sempre più consapevolezza, con orrore e sentendo il suo corpo che si sfalda, che la fine e giunta e ora sarà divorato dai suoi aguzzini folli e cannibali, forse l'ultimo rimasto della razza umana dopo un'apocalisse che ha portato al suo genocidio da parte di questi esseri deformi e dementi. Dopo esser stato quindi cucinato, egli continua a narrare da morto il suo orribile destino, e a descrivere il banchetto cannibale tenuto dai suoi assassini ("They sit around the table, those ugly fucks, Served as a three-course dinner, yucks! - Siedono intorno al tavolo, quei brutti pervertiti, Servito come un pranzo a tre portate, gasp!") augurandosi che almeno soffochino mentre lo divorano e chiamando in causa il loro essere il risultato di incesti, richiamando l'immagine di film come "Non Aprite Quella Porta" e di famiglie cannibali e deformate che massacrano le proprie vittime.
Concludendo la nostra analisi, questo EP svolge egregiamente quello che è il suo ruolo prefissato, ovvero creare tre pezzi legati alle influenze dei partecipanti, in una sorta di vacanza dai loro progetti principali. All'epoca ancora i Bloodbath non erano un'entità sicura e la cosa al momento poteva anche fermarsi li, complici anche gli impegni con gli altri gruppi; forse anche per questo dovranno passare altri due anni prima della pubblicazione del debutto "Resurrection Through Carnage" che darà una precisa consistenza al progetto. I brani contenuti non hanno pretese innovative, ma sono suonati con perizia pur conservando una certa linearità voluta nel songwriting giocato su classiche alternanze tra rallentamenti ed accelerazioni, e nelle melodie in tremolo che non raggiungono mai vette tecniche complicate, ma anzi preferiscono basarsi su loop minimali ripetuti; come anticipato si sente che non è un lavoro dell'epoca, ma un album del nuovo millennio che si rifà a quei suoni. E' difficile dire il perché, dato che anche la produzione usata è lo - fi ed evita effetti troppo moderni, probabilmente il fatto è che le composizioni sono a volte fin troppo precise e seguono un songwriting fin troppo strutturato secondo un modello per poter dare quella sensazione di immediatezza e spontaneità dei primi lavori Death Metal; inoltre all'orecchio di un appassionato la commistione tra scuola svedese e americana suona come "creata in laboratorio" e distante anche da quanto fatto dagli Hypocrisy, che all'epoca avevano effettivamente trapiantato le influenze della Florida nel suono svedese, ma con un processo naturale che qui è invece creato a tavolino con una precisa volontà. Per assurdo sarà il lavoro più effettivamente vicino al oldschool da parte dei nostri, ma anche quello un po' più rigido e privo di una vera personalità, che invece incomincerà poi ad emergere quando la band abbraccerà il suo essere un progetto moderno, ma con rimandi al passato, e giocherà ancora di più su melodie e ritornelli, territori familiari ai partecipanti qui presenti legati alla scena Melo Death; detto questo è un buon biglietto da visita che si fa ascoltare con piacere, a patto di non cadere nel tranello dei paragoni e nel vivisezionare i pezzi durante l'ascolto, cosa che spezza facilmente la magia perché naturalmente i nostri non sono, e qui non vogliono, essere al livello dei maestri, ai quali semplicemente volevano rendere omaggio divertendosi; siamo in un periodo nel quale ancora non era insorta la ripresa dei suoni e dell'immagine oldschool in maniera seria da parte dell'underground, la quale invece oggi domina buona parte della produzione odierna di un certo tipo e ha portato anche a capolavori moderni, per cui ogni velleità anacronistica di instaurare un serio percorso autonomo è qui assente. Negli anni poi come detto il progetto si svilupperà cambiando anche i componenti a fasi alterne e raggiungendo una forma più consolidata, ma di questo tratteremo a tempo debito.
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1) Breeding Death
2) Ominous Bloodvomit
3) Furnace Funeral
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