BLIND GUARDIAN Twilight Orchestra
Legacy of the Dark Lands
2019 - Nuclear Blast Records
CRISTIANO MORGIA
26/12/2020
Introduzione recensione
L'album orchestrale dei Blind Guardian era quasi una leggenda, una di quelle cose di cui si parla come se dovessero arrivare da un momento all'altro, ma che piano piano svaniscono nello scorrere degli anni, diventando sempre più astratte e attese come un messia di qualche profezia. Potrebbe arrivare, chissà, ma forse sarò morto quando infine arriverà. Effettivamente, è dai tempi di "Nightfall in Middle-earth" (1998), ma anche da prima in realtà, che se ne parla, da quando, quindi, i Bardi di Krefeld cominciavano ad avere dimestichezza con produzioni complesse ed enormi. All'epoca, e anche negli anni a seguire, si parlava di un album orchestrale a tema Tolkien, quasi per seguire la scia del suddetto album, ma, per l'appunto, non se n'è mai fatto niente, e la band ha sfogato le pulsioni orchestrali qua e là nei vari album che si sono susseguiti. Che poi, a ben vedere, e almeno a sentire André Olbrich, la scrittura di questo famoso album orchestrale non è iniziata e finita all'improvviso, si è protratta negli anni, e mentre la band vi lavorava ha imparato meglio ad usare sinfonie ed elementi orchestrali: "And Then There Was Silence" sarebbe un esempio di questo, un risultato del lavoro dei Bardi sull'album orchestrale. In ogni caso, è solo da poco che l'idea di ascoltare questo sforzo abnorme è diventata concreta. Precisamente a marzo 2019, quando è stato svelato un primo teaser e il concept. Niente "Signore degli Anelli" dunque, bensì una storia ambientata nel 1600 (precisamente durante la Guerra dei Trent'anni), basata a sua volta sul racconto "Die Dunklen Lande" di Markus Heitz, il quale è uscito mesi prima dell'album, in modo da porsi come prequel. Non siamo comunque alle prese con un concept di stampo storico, per chi è rimasto totalmente deluso dal fatto che non ci sia più traccia di Tolkien, poiché anche qui c'è traccia di fantasy! Non poteva mancare. Il racconto di Heitz, infatti, è incentrato su Aenlin Kane, la quale è la figlia addirittura di Solomon Kane, personaggio nato dalla penna di Robert E. Howard (il creatore di Conan il Barbaro). In ogni caso, la nostra Aenlin si mette in viaggio verso Amburgo con la sua amica persiana di nome Tahmina, proprio per cercare l'eredità del padre Solomon. Tuttavia, non sarà, ovviamente, un viaggio semplice e tranquillo, dato che le due verranno ingaggiate dalla Compagnia danese delle Indie Occidentali e in più dovranno vedersela con alcuni demoni. Nello scrivere il concept i Blind Guardian sono stati aiutati dallo stesso Heitz, così da avere una continuità con il libro uscito prima dell'album. Album orchestrale dicevamo, già, non c'è traccia di metal qui, le uniche tracce stanno nel nome di chi l'ha composto, e anzi, in verità l'album esce a nome dei Blind Guardian Twilight Orchestra, così da creare da subito la sensazione di sentire qualcosa di completamente diverso dai "semplici" Blind Guardian. Una scelta condivisibile, in quanto molti potrebbero avvicinarsi a quest'album vedendolo come il nuovo album della band, quando in realtà è qualcosa di diverso, un progetto a parte. Basti pensare che è il primo album dei Bardi in cui non compare Marcus Siepen (attivo sin dal primo album), non compare il batterista Frederik Ehmke (con loro dal 2005) e lo stesso Olbrich non imbraccia la sua 6-corde, dedicandosi esclusivamente alla composizione e alla produzione. Troviamo però altri volti noti, oltre ad Hansi ovviamente, ovvero il produttore Charlie Bauerfeind (che ha già lavorato con loro in passato) e, a sorpresa, Norman Eshley e Douglas Fielding. Visti così questi due nomi potrebbero non dire molto, ma basta ascoltare le loro voci per collegarli subito alle narrazioni di "Nightfall?". Niente metal quindi, qui è la Filarmonica di Praga a dominare le scene. Stiamo parlando di un esperimento riuscito? Scopriamolo.
1618 Ouverture
Non si può iniziare un'opera orchestrale senza un'ouverture, ecco quindi che, dopo anni e anni di attesa, la prima traccia di questa nuova impresa ha il suo inizio. Si chiama "1618 Ouverture", e questo ci fa capire subito in che epoca ci troviamo. Il 1618 è l'anno di inizio della Guerra dei Trent'anni, la quale, iniziata con la Defenestrazione di Praga, terminerà nel 1648 con la pace di Vestfalia. La canzone però non dice niente di tutto questo, si presenta, almeno nei primi secondi, con dei rumori poco distinguibili e delle voci sussurranti. È come ci fosse una coltre di fumo, scaturita dai fuochi delle prime battaglie. Da questa coltre, però, comincia ad emergere qualche suono più chiaro, e gli strumenti a fiato e gli archi fanno la loro comparsa con un volo leggero sull'Europa pronta a esplodere. Una calma che tradisce delle forti tensioni, che infatti si fanno sentire non appena le percussioni iniziano a battere colpi e i cori a sovrastare tutto. Un'introduzione piacevole, anche se piuttosto breve e semplice. Si ha, inoltre, la sensazione che i suoni siano un po' troppo ovattati, ma proseguiamo.
The Gathering
Con The Gathering (Il Raduno), abbiamo il primo pezzo narrato del disco, il primo dove possiamo apprezzare nuovamente le voci di Douglas Fielding (nei panni di Lucifero) e Norman Eshley (nei panni di Conquista), i quali in "Nightfall?" erano rispettivamente Sauron e Melkor. I due personaggi si ritrovano a dialogare, e ciò ricorda molto da vicino proprio l'inizio dello stesso "Nightfall?" con "War of Wrath", soltanto che lì si sentivano chiaramente il clangore delle armi e il rumore dei passi, qui invece è tutto un po' più confuso, come se Lucifero e questo Conquista si trovassero in un'altra dimensione, che è sì collegata con la nostra, ma c'è comunque un velo a separarle. I due parlano di un passato lontanissimo, in cui il ruolo del Male era tangibile, mentre ormai "siamo un mito, niente più che un mito", come dice Conquista. Tuttavia, Lucifero, con la sua caparbietà, decide che ora di farsi sentire nuovamente e sprona il suo alleato: "Vai, maledici il mondo".
War Feeds War
La prima vera canzone dell'album è "War Feeds War" (Guerra Chiama Guerra), che è stata anche la prima canzone estratta dall'album e il primo e unico videoclip. Gli archi iniziali sono soffusi e carezzevoli, come se ancora una volta facessero una specie di panoramica dall'alto, lenta e descrittiva. Dopo non molto però i cori si aggiungono, e anche gli archi si fanno più esuberanti, senza però diventare mai pomposi o trionfanti. Lo stesso Hansi si inserisce su questo tessuto senza strafare, restando anzi molto pacato anch'egli. Non passa molto, però, che la musica si fa decisamente trionfante, le linee vocali di Hansi sono più alte e vengono pure accompagnate da cori in sottofondo. Ci si palesano campi di battaglia che devastano tutta l'Europa, e non sembra esserci fine: è come se i sette sigilli dell'Apocalisse fossero stati aperti, e come se non bastasse, come recitano dei cori che non emergono mai del tutto: "Guarda c'è un cavallo bianco, il quarto appare". Ora anche i quattro cavalieri dell'Apocalisse hanno fatto la loro comparsa, con la Morte a guidarli. Le sinfonie però non cercano di trasmettere questo momento, restano in realtà sempre abbastanza soffuse e "da sottofondo", con solo qualche accento qui e lì, dato anche dalle percussioni. Su tutti svetta sicuramente Hansi con il suo vocione. Il cantante riesce a regalarci qualche linea vocale interessante, ma è soprattutto nel finale che il lato orchestrale si rende interessante, con il suo incedere veloce e concitato, che finalmente ci fa pensare ad una situazione caotica. In più, gli ultimi versi del brano sono abbastanza eloquenti: "Arrivano tutti strisciando, il nero sciame giunge lentamente. Dall'aldilà l'antico nemico discende." È arrivato anche Satana.
Comets and Prophecies
Eccoci subito alla seconda narrazione, che risponde al nome di "Comets and Prophecies" (Comete e Profezie). Qui non troviamo però i due personaggi con cui si era aperto l'album, bensì Keplero e Wittgenstein. Il primo è il famoso Johannes Kepler (da noi meglio conosciuto per l'appunto come Keplero), il famoso astronomo sostenitore del sistema copernicano e istitutore delle leggi di Keplero, che cambiarono il modo di vedere lo Spazio. Il secondo nome ricorda il filosofo del '900, ma con le tempistiche non ci siamo, quindi quasi sicuramente è un personaggio inventato. I due discutono del passaggio di una cometa, citando anche Shakespeare, ma Keplero crede che non si tratti di una cometa, bensì di demoni infuocati o angeli. In ogni caso, la visione di questo corpo con tanto di scia nel cielo non porta niente di buono, è sicuramente un cattivo presagio: "Questi segni sono malvagi, non conquista, bensì fame, poi guerra e infine morte".
Dark Cloud's Rising
L'inizio di "Dark Cloud's Rising" (L'Ascesa della Nuvola Oscura) è rassicurante, nonostante il titolo, una sorta di "Il Mattino" di Grieg, ma poi la calma dell'alba si trasforma nell'allegria del giorno che viene. Il pezzo ha proprio le sfumature tipiche dell'allegro, con Hansi che si inserisce molto bene su queste sfumature, sfornando una prestazione vocale molto delicata e pulita, anch'essa gioviale, eppure misurata. Tuttavia, questo non dura molto, visto che piano piano il Sole di una nuova era fa capolino sempre di più e il suo calore diventa più forte: le sinfonie lo seguono e diventano più preponderanti, con i cori che circondano Hansi e danno vita a quello che possiamo considerare a tutti gli effetti un ritornello: "Questa strada va avanti per sempre, questa strada va avanti, per sempre avanti". Sembra quasi di sentire Bilbo Baggins. In verità è Aenlin Kane che si mette in viaggio per cercare l'eredità del suo celebre padre. La strada va avanti, dice lei, e vediamo paesaggi campestri e verdi, un po' da Contea effettivamente. Il pericolo è lontano, la musica infatti continua ad essere rassicurante e gioviale, ma ecco che circa a metà brano l'atmosfera diventa un po' più oscura. La strada va avanti e prima o poi porta fuori dai confini di casa, portando verso luoghi sconosciuti. Qui troviamo anche un personaggio, una sorta di guida, che parla alla protagonista mettendola in guardia: "Hai bisogno di consigli, devi affrontarlo. Ti porterò in posti in cui non ti piacerebbe stare. Incontra uno spaventoso nemico, terribile e oscuro, guarda, quel nemico è vicino". In un attimo passiamo da atmosfere calorose ad altre che trasmettono preoccupazione, ma durano poco per fortuna, perché gli archi tornano a tessere le melodie distese e ariose del ritornello finale, e il momento cupo è solo un ricordo.
The Ritual
Nuova narrazione con "The Ritual" (Il Rituale). Anche qui ci sono solo le voci e incontriamo due nuovi personaggi, ovvero Joost e il Congiuratore. Siamo nella Guerra dei Trent'anni, è vero, però è un po' diversa quella reale, visto che gli elementi soprannaturali sono parte integrante della storia qui. In questa narrazione si racconta di un rituale, in cui Joost manda giù negli Inferi il Congiuratore, il quale, con la sua voce demoniaca, recita anche una formula magica per far sì che il passaggio avvenga alla perfezione.
In the Underworld
"In the Underworld" è un pezzo che inizia in modo sommesso e guardingo, quasi cauto mentre ci porta lentamente Negli Inferi. Ciò significa che il rituale avvenuto nel dialogo precedente ha avuto successo, e come se non bastasse i primi versi in cui ci imbattiamo recitano: "Bruceranno all'Inferno". Le orchestrazioni da caute acquistano via via maggior vigore, venendo aiutate anche da cori in sottofondo che però non sono mai esagerati o in primo piano, come se le fiamme che circondano il percorso dei malcapitati ancora non siano così ustionanti ed enormi, dopotutto è solo l'inizio. La voce di Hansi è quasi dolce a tratti, andando quindi a contrastare di molto con questi picchi più enfatici, anche se quest'ultimi cominciano a farsi sentire sempre più e farsi addirittura battaglieri. Le percussioni, in effetti, prendono un piglio quasi marziale, ed ecco che le orde infernali si parano davanti, dietro, di fianco alle vittime del sacrificio. I demoni e i dannati li osservano, li squadrano da capo a piedi, vedono come sono solo delle giovani anime, ma anche per loro è arrivato il momento di affrontare il loro destino. I cori, sempre abbastanza pacati, allora cominciano a ripetere quasi ossessivamente: "Incontra te stesso, libera i tuoi demoni". Un bel momento che ha tutte le fattezze di un invito a lasciarsi andare alla vita del mondo sotterraneo. Il brano è un continuo alternare momenti in cui la musica è calma ad altri in cui le orchestrazioni sono più concitate e pompose. Forse non è un caso che uno dei momenti più riusciti, anche di tutto l'album, è proprio quando possiamo apprezzare un climax, verso metà pezzo, che vede pure Hansi virare su vocalità più graffianti e disperate che testimoniano la voglia di uscire dall'Inferno, anche se, come dice egli stesso: "Non c'è via d'uscita". Da questo momento in poi il lato pomposo pare prendere il sopravvento. Le fiamme divampano contente di aver trovato nuova carne da bruciare, però ecco che ritorna la quiete. La calma soffoca le fiamme e una voce emerge da esse, la voce di Lucifero in persona. Dopodiché, fino alla fine, si continua con altri sali e scendi musicali, che non sono male, però risultano anche un po' pesanti essendo tutti diversi tra loro, senza che ci sia un vero filo conduttore. La canzone dura anche quasi sei minuti, e i vari cambi di atmosfera e tono, anche repentini, alla lunga possono essere pesanti.
A Secret Society
Ormai è il copione possiamo dirlo assodato, e infatti dopo la canzone arriva puntuale il dialogo. "A Secret Society" (Una Società Segreta) ci mostra dei personaggi nuovi, ovvero il Cavaliere del Tempio, Eve e Nicholas. Sono soltanto 26 secondi, e non raccontano molto effettivamente. Tuttavia, possiamo sentire il Cavaliere particolarmente giocondo dell'aver mandato delle persone all'Inferno, e quindi questo avviene probabilmente poco dopo la traccia "The Ritual". Eve arriva sulla scena quasi con il desiderio di voler liberare i suoi amici ormai sottoterra, ma ecco che sentiamo Nicholas sorpreso. Chi è costei?
The Great Ordeal
L'inizio di "The Great Ordeal" (La Grande Prova) ci porta all'interno di una corte sontuosa e preziosa, con nobili e servi che riempiono ogni angolo sfarzoso della tenuta. Le orchestrazioni infatti ci riportano proprio a questi suoni quasi settecenteschi, e ovviamente contrastano molto con la canzone che è finita da poco. Anche le linee vocali di Hansi sono diverse, in quest'occasione hanno un retrogusto quasi natalizio, con tanto di coretti in sottofondo che non fanno altro che aumentare questo tipo di atmosfera. Il prosieguo non è molto diverso: come sempre le sinfonie hanno momenti in cui virano verso sonorità più pacate, ma si capisce che l'andamento principale è quello più pomposo, tanto che ad un certo punto le linee vocali di Hansi si intrecciano con altre sovraincisioni, creando quasi un effetto Savatage che fa da trampolino per l'arioso ritornello. I fiati qui sono ben evidenti e rendono il tutto più enfatico e glorioso, in più, per un attimo pare di ascoltare un refrain dei "veri" Blind Guardian. Basterebbe infatti mettere delle chitarre e una batteria e il risultato non sarebbe troppo diverso dagli ultimi due album dei Bardi. In ogni caso, i versi anche sono positivi, come se delle grandi porte dorate si aprissero per dare il benvenuto al nuovo entrato a corte, anche se poi la realtà è diversa: "Benvenuto nel grande ignoto, diventa una luce nell'oscurità. Tutto il male è sconfitto, sii uno con la tempeste, sii uno con la macchina della guerra, sii coraggioso quando i muri cadranno, sii uno col destino". Più che un'entrata a corte sembra l'entrata in qualche setta, in cui l'entrata coincide con una qualche prova da superare. D'ora in avanti il nuovo discepolo si troverà sempre su un percorso che lo porterà a delle scelte, le quali faranno in modo che il suo destino si dipani insieme alla bellezza del mondo. Le strofe continuano a susseguirsi, e qui e lì si sente anche qualche alternanza nella presenza degli strumenti, per esempio ad un certo punto gli archi si sentono molto di più, e questo per un momento fa pensare ad una distensione, ma ecco che improvvisamente il resto degli strumenti (e anche la voce) tornano a circondare tutto. Tutte queste alternanze fanno sì che ci siano sempre tante sfumature, ma è anche vero che ad un certo punto si sente il bisogno di stabilità. Per fortuna c'è il ritornello, che dà, per così dire, un senso a tutto e ci dà un buon appiglio. Banalmente, ciò è utile anche per la memoria, perché ci permette di ricordare meglio il brano. Questa traccia, inoltre, ha il pregio di avere comunque vari momenti melodici che hanno una vita propria e risultano riusciti, come per esempio il finale, che è a tutti gli effetti un gran finale in cui la specie di setta di cui sopra afferma tutta la sua importanza: "Troveremo un altro modo, l'ordine resta vivo, brillerà!".
Bez
Rieccoci dunque ad un nuovo intermezzo. Questo qui è intitolato "Bez", ed è ancora più scarno degli altri, essendo formato soltanto da una voce che parla, quella di Bez per l'appunto. Dunque, non è neanche un dialogo, è una sorta di monologo in cui il personaggio sembra lievemente innervosito, o forse è semplicemente pazzo. La cosa che incuriosisce è che si domanda se loro abbiano qualcosa, ma cosa? Poco dopo sembra volerlo dire, ma nella sua ansia di parlare sembra che si mangi le parole e non ce lo svela più.
In the Red Dwarf's Tower
Una delle canzoni più lunghe dell'album è "In the Red Dwarf's Tower" (Nella Torre del Nano Rosso), che supera di poco i sette minuti. Questo ci fa subito pensare ad un pezzo più articolato degli altri, con molte variazioni e atmosfere diverse, che è una cosa già comune ai pezzi più corti. Come "The Great Ordeal", anche qui l'inizio è piuttosto solare, non rilassato e disteso magari, perché conserva comunque delle punte quasi orgogliose, ma comunque lascia sensazioni positive. Inoltre, le linee vocali di Hansi, il quale qui interpreta il nano rosso, sono degne di un musical: saltellanti e briose, proprio come quelle dei musical insomma. I cori ripetono più volte il nome di Solomon, ricordandoci che il concept parla comunque di sua figlia, ed è un momento che riesce a rimanere impresso. Come dicevamo, è il nano a parlare, e in alcuni versi mostra tutta quanta la sua gioia, e orgoglio, di trovarsi nella sua bella torre: "Qui nella mia torre sarai da solo, qui nella mia torre sarai da solo, qui nella mia torre." Per lui sembra essere una cosa bella, ma letto così è quasi una condanna, come se questo nano rosse avesse degli atteggiamenti da psicopatico. La canzone stessa pare non seguire, come avevamo presagito, uno schema ben preciso, e le melodie si alternano repentinamente, così come gli strumenti che le accompagnano. O meglio, l'orchestra è sempre quella, però ora sentiamo meglio uno strumento, ora un altro. C'è anche spazio per un breve intermezzo in cui sentiamo le voci degli attori che impersonano i personaggi della storia, i quali non sembrano così contenti di stare nella torre del nano, hanno paura che possa ingannarli in qualche modo. Un punto importante è sicuramente la voce di Hansi, che risulta davvero essere in gran forma, riuscendo infatti a raggiungere anche note parecchio alte. Il nano, comunque, continua a starsene nel suo angolo a godere del suo potere e della sua posizione, presentandosi nuovamente come una figura pericolosa: "Potrei essere il tuo incubo più oscuro, potrei portare la verità più profonda, potrei essere il tuo incubo più profondo, potrei essere la tua sorte". Dopodiché c'è un nuovo momento dedicato ad una narrazione, e forse è proprio il nano a parlare, e se è così non sembra una figura così oscura, forse cerca soltanto di fare del bene a modo suo. Si susseguono poi altre strofe e altri cori che incitano Solomon, ai quali segue una lunga coda strumentale. Tutto molto gradevole, ma la verità è che anche qui, alle lunghe, si sente un po' di stanchezza, si ha la sensazione che le strofe siano affiancate l'una all'altra in una sorta di collage. Fortunatamente c'è qualche momento che resta leggermente impresso, come, per l'appunto i cori.
Into the Battle
"Into the Battle" (Nella Battaglia) vede un certo Jaecklein parlare, il quale si rivolge a Tahmina, la compagna di Aenlin Kane in questo viaggio. Jaecklein si rivolge a lei dicendole che il suo desiderio è stato esaudito, e che le verranno garantiti dei giganti per la battaglia, la quale è sempre più vicina e pronta a scoppiare. Quindi, usciti dalla torre del nano rosso, i personaggi non hanno molto tempo per rilassarsi, devono prepararsi allo scontro.
Treason
Se l'ultimo brano era alquanto movimentato, "Treason" (Tradimento) ha invece le caratteristiche quasi di una ballata. Già dai primi secondi, infatti, è un dolce tappeto di archi ad avvolgerci, con tanto di voce carezzevole di Hansi. Subito viene descritto uno scenario in linea con la musica: "Oltre il pallido orizzonte, lontano da questo luogo oscuro, lì giace la nostra speranza". La speranza, nonostante sia lontana, trasmette alla musica un senso di ottimismo, e infatti man mano che passano i secondi, le orchestrazioni si fanno più maestose e imponenti, dando così vita a quello che è forse il momento più riuscito della canzone, ovvero quando Hansi canta della stella appena nata. Tuttavia, l'atmosfera cambia subito, giacché, come avevamo visto, la guerra è alle porte, e quindi improvvisamente veniamo catapultati in mezzo ad un esercito in marcia. Riusciamo ad immaginarcelo proprio grazie all'orchestra, che grazie ad un incedere tipicamente marziale permette ciò. La marcia continua, e ancora una volta le linee vocali e le sinfonie ci deliziano con momenti particolarmente riusciti che sono un vero e proprio crescendo di intensità. Ora possiamo osservare benissimo l'inizio della battaglia, con il comandante che aizza le sue truppe e indica le strategie: "Non c'è nessuno lì, attraversate l'acqua, poiché loro non possono attraversare il confine. Il libero arbitrio difendiamo, poiché c'è altro da perdere". Anche questo crescendo, che culmina con le melodie che già abbiamo sentito, e che abbiamo considerato come tra i momenti migliori della traccia, e con il ritornello, il quale porta con sé la firma Blind Guardian. Dopo tutto questo crescendo pomposo e magniloquente, tutti gli accordi si acquietano, lasciandoci spersi su un campo di battaglia ormai devastato e pieno di morti. Non ci sono più fanfare intorno, niente più vessilli lucenti al vento, soltanto grigiore e desolazione. La traccia si conclude dunque così, con suoni molto più pacati e distesi, che lasciano un senso di calma, anche se proprio negli ultimi secondi assistiamo ad un ultimo breve crescendo.
Between the Realms
"Between the Realms" (Tra i Regni) è un dialogo più lungo del solito, visto che raggiunge quale il minute di durata. Una voce misteriosa parla con Nicolas, il quale si trova, per l'appunto, perso tra i regni. La voce gli dice che però c'è un muro magico e alcuni cancelli lasciati sguarniti, forse è lì che si può passare per tornare indietro. Non c'è tempo da perdere, perché la meretrice di Babilonia sta per far realizzare la profezia.
Point of no Return
Si procede con un altro brano che ha avuto l'onere di essere presentato come singolo, cioè "Point of no Return" (Punto di non Ritorno). C'è da dire che appena è stato presentato non ci sono stati molti commenti entusiastici e già si poteva palpare una sensazione di delusione nell'aria, ma non solo verso il singolo. In ogni caso, il pezzo si apre con accordi giocosi e dall'aria buffa, sui quali si inserisce immediatamente la delicata voce di Hansi e dei cori che ogni tanto fanno la loro comparsa. La voce del cantante tedesco è comunque sempre molto in evidenza, a volte, si ha la sensazione di sentire un brano a cappella, con Hansi e cori che fanno tutto il lavoro. In realtà ci sono anche altri strumenti sotto, ma sono piuttosto in sottofondo. Per un attimo possiamo apprezzare una sorta di crescendo in cui l'orchestra si gonfia e la musica diventa più maestosa, ma dopo poco tempo si sgonfia nuovamente per dare spazio al cantante. Una cosa interessante è che nel testo viene citata una supernova: "La tempesta è passata, questa supernova definisce un'età d'oro, l'alba di un secondo sole segnerà il mio giorno di morte". Ebbene, all'inizio del concept troviamo Keplero come personaggio narrante, e fu proprio lui a studiare una supernova nel 1604, la quale fu poi chiamata col suo nome oppure semplicemente SN 1604. Viene anche chiamata "secondo sole", il che non è un semplice espediente poetico, visto che questa supernova fu effettivamente visibile a occhio nudo per ben 18 mesi, ed era più brillante di ogni stella visibile in cielo. La canzone prosegue comunque senza troppi scossoni, salvo un ennesimo crescendo che stavolta si fa sentire per davvero e trasmette sensazioni da colonna sonora o grande opera. Sotto sotto speriamo che il crescendo porti ad un cambiamento nella struttura del brano, ma torniamo all'andamento buffo e alle melodie e linee vocali già trovate all'inizio. I personaggi devono trovare lo stregone adesso, com'è tipico in pressoché ogni storia Fantasy che si rispetti: "Vieni, seguimi, incontreremo lo stregone. Vieni, vieni con me, egli è il portatore di luce". Finalmente, da questo punto in poi il crescendo musicale sembra stabile e ci porta fino al pomposo ritornello, che è sicuramente uno dei più memorabili del CD e uno di quelli che più ricordano lo stile dei Blind Guardian "metallici". Come recita il testo, questo è il punto di non ritorno, visto che ora dalla canzone ci aspettiamo soltanto di ascoltare nuovamente il ritornello, senza troppi indugi. In effetti, a un certo punto tutte le tantissime strofe cantate da Hansi ci sembrano quasi noiose e vogliamo solo che si arrivi al refrain, che verso il finale viene ripetuto più di una volta. Anche questa canzone, quindi, soffre di alcuni problemi già riscontrati nelle altre, e il ritornello è ancora una volta una sorta di ancora di salvezza.
The White Horseman
L'intermezzo che ci apprestiamo ad ascoltare porta un titolo che dice molto: "The White Horseman" (Il Cavaliere Bianco). Non lasciatevi trarre in inganno dal colore puro del cavaliere, perché in realtà sono ben evidenti i richiami all'Apocalisse. In più, come se non bastasse, in cielo appare un buco nero che però perde via via d'intensità, trasformandosi in un cavaliere vestito di bianco e che monta sopra un cavallo bianco. Questo è il primo dei cavalieri dell'Apocalisse ad apparire secondo le scritture.
Nephilim
Un altro pezzo che riesce senza dubbio a colpire è "Nephilim". La parola è di derivazione ebraica e si trova in antichi scritti sia cristiani sia giudaici, con addirittura alcuni riferimenti nella Bibbia. Non è ancora chiaro a cosa si riferisca e ci sono molte teorie a riguardo. C'è chi vede nei nephilim gli angeli caduti, chi invece i giganti che un tempo camminavano sulla Terra e chi vede in loro un riferimento ai superstiti di Atlantide. Molte teorie, alcune anche parecchio affascinanti, ma che purtroppo sarà molto complicato confermare. La canzone si apre in modo molto accattivante, con sinfonie degne di una colonna sonora e cori che quasi ricordano i canti gregoriani. La musica evoca paesaggi incontaminati e selvaggi, portandoci in un mondo antico e che si perde nel mito. Diciamo che sicuramente il titolo scelto ha la sua parte in tutto ciò. La voce di Hansi, vero e proprio strumento, è calma e rilassata, in continuazione con le orchestrazioni iniziali, e questo non fa che confermare un certo andamento da ballata epica. Ma cosa c'entrano i nephilim? Non appena la musica comincia a calcare di più sul lato enfatico, riprendendo anche le melodie iniziali, Hansi ce lo dice: "Quindi cammina con me, quando il fuoco viene giù. Angelo caduto, figlio dell'Uomo, trova la strada, un barlume di speranza". Qui il nephilim viene indicato come figlio dell'Uomo, il che contrasta con quanto si legge nelle antiche scritture, dove invece vengono definiti proprio come figli di Dio. In ogni caso, il crescendo orchestrale è davvero riuscito e il ritornello attira l'attenzione, in quanto è impreziosito da linee vocali maestose e ariose, impreziosite dai cori in sottofondo, i quali sembrano quasi timidi e non vogliono uscire troppo allo scoperto. Di contro, però, anche le orchestrazioni improvvisamente sembrano essere timide e lasciano così molto spazio alla voce di Hansi e agli stessi delicati cori, che quindi risultano in primissimo piano. Gran parte della parte centrale è costituita da un andamento dai tratti quasi marziali e si respira un'aria epica e magniloquente, anche se si ha spesso anche un retrogusto di malinconia (che non guasta). In effetti, viene descritta una situazione pressoché disperata, in quanto si leggono cose come il fatto che la vita sia solo un sogno in cui non si sa chi è il sognatore, che la strada percorsa è solo una bugia e, per concludere in bellezza, che siamo tutti condannati. C'è però nuovamente un crescendo che ci riporta al ritornello, il quale stavolta è cantato in modo più deciso e vagamente arrabbiato da Hansi, e questo ci fa domandare come suonerebbe con degli strumenti metal sotto. Comunque, da questo punto in poi possiamo affermare di trovarci direttamente al culmine del crescendo orchestrale, ed è un bene anche perché non ci sono troppe strofe che diluiscono l'attenzione. Anzi, dopo non troppo torna anche il ritornello conclusivo, anche se in una veste e un testo leggermente diversi dal solito. Ciò che conta è che il nephilim pare essere visto come una sorta di salvatore: "Grazia salvifica, vecchio nephilim, redimi le nostre anime, redentore di anime".
Trial and Coronation
Nel brevissimo intermezzo intitolato "Trial and Coronation" (Processo e Incoronazione) sentiamo la voce del Re Dorato incoronare la nuova regina, la quale altri non è che Eva. Lei è il leader dei cherubini, protettrice della luce e delle stelle, guardiana degli inferi e portatrice di saggezza. Ora anche regina. Il concept dei Bardi continua quindi ad arricchirsi di elementi biblici, anche se romanzati.
Harvester of Souls
Improvvisamente comincia "Harvester of Souls" (Mietitrice di Anime) e accade qualcosa di inaspettato. La sinfonia che comincia a dipanarsi lentamente la conosciamo, all'inizio è solo una sensazione, potrebbe soltanto somigliarle, ma basta un attimo per capire che in verità stiamo ascoltando qualcosa che già conosciamo. Ebbene sì, la canzone che già conosciamo non arriva da molto lontano, non è un vecchio classico della band, risale infatti a "Beyond the Red Mirror" ed è "At the Edge of Time". Non parliamo solo di una somiglianza, è proprio la stessa identica canzone, cambia solo il testo. Il perché di questo? Difficile dirlo. Mi viene da pensare che forse c'era soltanto la volontà di creare una variazione di quel pezzo, visto che era anche il più sinfonico del suddetto album. Tuttavia, appena ascoltato ci sono rimasto un po' male, visto che non mi piacciono molto cover e cose simili messe in mezzo alla scaletta. Ma soffermiamoci sulla traccia. L'inizio è quasi carezzevole, anche se condito da una certa dose di mistero, ma cresce via via sempre di più con orchestrazioni molto belle e suggestive che accompagnano in continuazione Hansi svolazzandogli intorno come delle farfalle. Tutto è narrato in prima persona, e sembra quasi un monologo. Forse è proprio Eva, introdotta nell'intermezzo precedente, a parlare, e pare come se si sia svegliata all'improvviso dopo un lungo sonno e non capisce bene dove si trova, dando vita a sentimenti sconfortanti: "Perché sono ancora qui? Sei tu, oh mio amico caduto, niente può salvarmi, sono persa in questa torre. Un universo, esso morirà mio caro". Per quanto riguarda l'orchestra, il solito crescendo arriva in occasione del ritornello, che è leggermente tagliato rispetto a quello di "At the Edge of Time", presentando solo la pomposa parte finale. La canzone prosegue poi con fare molto allegro e frizzante, con le linee vocali di Hansi che si inseriscono alla perfezione su questo tessuto, essendo veloci e con un leggero piglio teatrale che permea tutte le numerose strofe che dividono i due ritornelli. Quest'aria allegra però contrasta con il testo, il quale fa chiari riferimenti a qualche avvenimento distruttivo che sta per avvicinarsi. Ed è proprio in questi momenti che la musica trasmette una certa ansia unita al clamore delle armi che cominciano a scintillare. Eva poi ricorda il suo passato mentre osserva il presente: "Niente è cambiato da allora, l'Uomo è caduto in disgrazia, essi amano essere dannati". Eva pare quindi essere una sorta d'incarnazione della Morte, o della Mietitrice di Anime, come recita il titolo. È lì che osserva tutto e si prepara a fare bottino, visto che, come si legge verso la fine concitata e sempre più enfatica, la Guerra dei Trent'anni porterà alla fine di tutto, e ogni cosa è cominciata con una defenestrazione. Un miracolo, a sentire la Mietitrice.
Conquest is Over
Dopo moltissimi intermezzi cortissimi, "Conquest is Over" (La Conquista è Finita) rappresenta l'eccezione con il suo minuto e ventisette secondi. Ma non è solo questa la differenza, visto che stavolta abbiamo anche un tappeto musicale in sottofondo. In più ci sono anche tre persone a dialogare. Assistiamo quindi al dialogo tra Nicolas e quella che lui pensava essere la sua amata, ovvero Magdalena/La Regina del Sud, la quale gli rivela che quello non era amore. Nicolas molto probabilmente è stato solo usato dunque, ma ora la conquista è finita e non c'è più niente da dire. Il terzo personaggio è il Re Dorato, che si sente parlare soltanto alla fine.
This Storm
Ci avviciniamo alla fine con "This Storm" (Questa Tempesta), una canzone dal titolo eloquente e che ci porta dritti all'interno della battaglia che attendevamo da tempo. Non c' tempo da perdere dunque, ed ecco che in effetti la canzone ci immerge subito in mezzo ai fumi degli spari e ai terreni calpestati dai soldati in marcia, con la Morte che come un'ombra abbraccia tutto: "Attenti! Attenti! La Morte si avvicina, fareste meglio a scappare, fareste meglio a nascondervi, ma anche così, è solo una questione di tempo". La musica è più concitata rispetto a quella delle tracce precedenti, le orchestrazioni sono agili e vivaci, mentre Hansi cambia spesso registro, passando da vocalità pulite ad altre leggermente più aggressive e basse, cantate come se stesse ringhiando. Insomma, siamo in mezzo alla tempesta. Come recita il ritornello, che come da copione segna il culmine del crescendo, Morte e Marte si sono allineati, e questo è decisivo per le sorti degli uomini. L'ultimo verso del ritornello, comunque, ricorda moltissimo un verso, anche qui, di "At the Edge of Time" di "Beyond the Red Mirror", e non credo sia solo una coincidenza. Si procede poi con le solite strofe multiformi, che se da un lato rendono il suono molto ricco e variegato, dall'altro lasciano un po' spaesati. Per esempio, c'è un momento in cui l'orchestra si acquieta improvvisamente, c'è una certa atmosfera decadente e malinconica, con tanto di organo in sottofondo, ma è letteralmente un momento, visto che in un attimo cambia tutto nuovamente. Ecco, questo può essere positivo per chi cerca sfumature innumerevoli, ma negativo per chi cerca delle sinfonie un po' più lineari con dei motivi ricorrenti su cui è facile far presa. Mentirei se vi dicessi che non c'è neanche un punto di appiglio, visto che fortunatamente c'è il ritornello (che comunque viene cantato e suonato soltanto per due volte), che con quel verso finale simile a un pezzo già conosciuto riesce in qualche modo ad entrare in testa più facilmente. Nonostante tutto, il brano riesce comunque a trasmettere una certa vivacità anche grazie a tutta questa ricchezza musicale che presenta, e sembra quindi di stare davvero su un'altura ad osservare la battaglia finale che si appresta ad iniziare. Abbiamo visto che c'è la Morte pronta a mietere le sue vittime, anche le forze del Bene però hanno il loro campione, ed è parlando di lui che la canzone termina con pathos: "Vaghi nell'oscurità, protettore dell'Uomo, guerriero, faresti meglio a stare attento".
The Great Assault
Se "This Storm" rappresenta l'inizio della battaglia, "The Great Assault" (Il Grande Assalto) è lo svolgimento. Stiamo però ascoltando un intermezzo, ed è il narratore a dirci che l'assalto è iniziato, anzi, è un assedio vero e proprio. I nemici si accalcano sulle mura cercando di fare breccia o di scavalcarle, è un momento disperato, e sebbene la difesa stia reggendo con fermezza, le speranze sembrano affievolirsi sempre più.
Beyond the Great Wall
Con Beyond the Great Wall (Oltre il Grande Muro) raggiungiamo l'ultima canzone dell'album, e ci aspettiamo quindi un vero e proprio gran finale. L'inizio fa ben sperare, visto che è abbastanza diverso da tutto quanto abbiamo sentito finora. Non sono di certo mancati i momenti pacati in cui l'orchestra suonava ad un volume basso e Hansi cantava dolcemente, ma qui l'atmosfera è del tutto diversa, con l'orchestra che sì non esagera e si mantiene bassa, però trasmette mistero e angoscia, per non parlare di Hansi e dei suoi sussurri rauchi. I cori poi non fanno altro che incrementare il retrogusto gotico e nebuloso. Man mano che i secondi passano, però, le percussioni si fanno marziali e trasportano con loro anche tutti gli altri strumenti, immergendoci quindi nel solito crescendo che vede ovviamente anche la partecipazione del cantante. Le linee vocali si fanno sempre più emozionanti, le sinfonie sempre più enfatiche, e sembra sempre che il culmine sia lì dietro l'angolo. Eppure, i Blind Guardian ci tengono ancora in sospeso, come per farci trattenere il respiro fino all'ultimissimo secondo. Il che mi piace, va bene così, il momento è importante, c'è il destino in gioco: "Il primo della linea adesso, non essere sciocco, il mondo cade a pezzi, ecco perché il destino sta chiamando". Una sinfonia tronfia e orgogliosa ci porta così al ritornello tanto atteso, che risulta sorprendentemente semplice e immediato, diversamente da molti altri dell'album. In più, viene ripetuto anche un'altra volta a brevissima distanza, e anche dopo che è finito si continua a sentire la sua melodia portante che continua a suonare sotto le strofe che seguono. Insomma, è tutto molto enfatico e pomposo, anche se non manca un breve momento di pace, che però è, per l'appunto, breve e non riesce a fermare l'ardore che ormai sembra fuoriuscire dall'orchestra. La guerra finale è terminata ed è stata vinta, anche se non si è mai certi di aver sconfitto il Male definitivamente: "La battaglia è vinta, ma ci sarà pace?" Ciò che è sicuro è che il ritornello fa nuovamente la sua comparsa proprio sul finale. Ormai non ce l'aspettavamo quasi più, ma sentivamo la sua presenza lo stesso, ed ecco quando ormai manca poco lui ritorna, ma stavolta non c'è Hansi, che lascia il palco ora che l'opera è finita, è tutto infatti affidato ai cori, che qui sono più presenti che mai e riescono a dare piuttosto bene quella sensazione di gran finale.
A New Beginning
È davvero finita dunque? Come si intuisce dall'ultimissima narrazione dell'album, non proprio. Tuttavia, il narratore suggerisce al guerriero, probabilmente Nicolas, di riposarsi ora che può fregiarsi dell'appellativo di "protettore dell'Uomo". Non sarà un riposo lungo però, visto che sempre il narratore lo incita a finire la sua opera e continuare a far soffrire il nemico. L'album si apre con Lucifero e Conquista che parlano, ebbene, adesso è Nicolas Conquista.
Conclusioni
Dopo un'ora e un quarto si chiude l'album orchestrale che i fan aspettavano da lustri, ora bisogna dare delle risposte. Per cominciare, diciamo subito che 75 minuti d'ascolto non sono per niente pochi. Certo, a tutti noi sarà capitato di ascoltare un album di questa mole: pensiamo direttamente ai Blind Guardian, i quali con "A Night at the Opera" hanno toccato i 70 minuti e con "Beyond the Red Mirror" nella sua versione completa addirittura i 76. Quindi, per chi è un fan dei Bardi non è una novità una tale durata. Un problema potrebbe stare più che altro nella forma, perché alla fin fine quei due sono album metal, con canzoni ben precise e senza intermezzi. Come ci comportiamo allora con un album orchestrale di 75 minuti, in cui tra una canzone e l'altra c'è sempre un intermezzo e le canzoni stesse sono piuttosto "fluide"? Questo ci porta ad un punto molto importante, ovvero la qualità dei brani. Tutto dipende da loro se ci pensiamo, perché se le canzoni sono tutti capolavori un'ora e più passa in fretta. È il caso di "Legacy of the dark Lands"? Rispondiamo subito e senza troppi giri: no. Vi dico subito anche che il sottoscritto è rimasto abbastanza deluso. Ora, non riesco a dire che le canzoni sono brutte, perché non lo sono, però quando la band parlava di "album orchestrale" immaginavo un'altra cosa. Ovviamente non terrò del tutto conto delle mie aspettative per dare il giudizio finale, perché le band non scrivono certo gli album per accontentare me. In ogni caso, su questo frangente, ho trovato che la Filarmonica di Praga fosse leggermente in secondo piano, come se servisse solo a creare una sorta di tappeto sonoro per poi far esprimere Hansi. Per meglio dire, non è protagonista come io mi aspettavo per un album orchestrale. Per farvi un esempio, solo l'inizio di "Sacred Worlds" in "At the Edge of Time" ha molta più personalità e spessore rispetto alla maggior parte dei brani qui contenuti. In effetti, molto spesso si ha la sensazione che il vero progetto sia Hansi più l'orchestra, tanto è messo in primo piano il cantante tedesco. Qui sicuramente c'entra anche la produzione. Per restare su Hansi, va detto che la sua prova al microfono è buonissima e sembra davvero in forma. Questo fa ben sperare per un ritorno dei Bardi con un nuovo album metal. Le sue linee vocali sono sempre molto belle e riuscite, e riescono anche a dare quel tocco teatrale e da musical che serve a un album come questo. Tornando alle canzoni, non mancano certamente gli episodi interessanti, come "In the Red Dwarf's Tower", "Nephilim", "Beyond the Great Wall" o i singoli "War Feeds War" e "Point of No Return", e le altre non sono certo brutte, però si sente la mancanza di qualcosa che riesca davvero a colpire e a sorprendere. I pezzi citati, infatti, sono sicuramente piacevoli e ricchi di bei passaggi, ma gli manca qualcosa per restare impressi anche dopo mesi. E qui raggiungiamo un altro problema. Spesso si ha la sensazione che l'album sia troppo slegato, e lo stesso vale per gli stessi brani, i quali talvolta suonano troppo variegati e multiformi, privi di sinfonie che riescano a porsi come tema portante. Una caratteristica comune a quasi tutte le tracce è infatti quella di avere strofe che cambiano continuamente, sia nella parte vocale sia in quella orchestrale, e questo rende difficile aggrapparsi a qualcosa. Presi singolarmente, i pezzi effettivamente funzionano, ma messi all'interno di un album così lungo paiono perdersi, rendendo l'album un vero e proprio mattone difficile da digerire, pure noioso se vogliamo. Inoltre, il concept è praticamente impossibile da capire soltanto leggendo i testi. Per concludere, possiamo tranquillamente dire che si poteva fare di meglio e che probabilmente non si parlerà a lungo di questo lavoro.
2) The Gathering
3) War Feeds War
4) Comets and Prophecies
5) Dark Cloud's Rising
6) The Ritual
7) In the Underworld
8) A Secret Society
9) The Great Ordeal
10) Bez
11) In the Red Dwarf's Tower
12) Into the Battle
13) Treason
14) Between the Realms
15) Point of no Return
16) The White Horseman
17) Nephilim
18) Trial and Coronation
19) Harvester of Souls
20) Conquest is Over
21) This Storm
22) The Great Assault
23) Beyond the Great Wall
24) A New Beginning