BLIND GUARDIAN
Tales from the Twilight World
1990 - No Remorse Records
CRISTIANO MORGIA
12/12/2016
Introduzione Recensione
L'album della consacrazione. Se dovessimo riassumere in estrema sintesi questo disco, quelle poche parole iniziali rappresenterebbero la pura verità. "Tales From The Twilight World" (No Remorse Records) esce nel 1990, dopo soltanto un anno dal precedente e secondo album della band ("Follow The Blind"), ed è a tutti gli effetti il lavoro, appunto, della consacrazione, il platter che porterà la band fuori dai confini nazionali elevandola allo status di gruppo di fama e successo internazionali. Questo per vari fattori: innanzitutto c'è da dire che in questo contesto i Blind Guardian compiono un vero e proprio salto di qualità, cambiando anche il loro sound e mettendo sapientemente mano su uno stile che nei primi due album risultava ancora seminale e a tratti derivativo; pur, comunque, mostrando un lato personale davvero molto sviluppato ed irresistibile, che rese i precedenti due album degni di nota in ogni caso. Nonostante la bellezze di quei due lavori era chiaro che i Blind Guardian fossero una band alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di uno stile che potesse essere tutto loro, lontano da ogni paragone con i maestri del passato (o anche contemporanei, vedi Helloween); questa voglia di emergere era già chiara dalle differenze presenti tra il debutto "Battalions of Fear" (1988) e "Follow?", tra l'altro. Con l'avvento del nuovo decennio però arriva anche il momento di dare una svolta alla ricerca stilistica. Svolta che finalmente arriva. I Nostri decidono infatti di abbandonare gli abbondanti riferimenti all'Heavy, allo Speed e al Thrash (elementi portanti dei lavori precedenti) per virare definitivamente verso il Power propriamente detto (genere che si andava formando proprio in questi anni) e verso uno stile più ricercato e vario, ma soprattutto più originale. Nonostante "Tales?" possa essere definito Power al 100% non segue appieno il solco dei connazionali Helloween e dei due "Keeper Of The Seven Keys", proponendo bensì un Power più roccioso ed epico e decisamente meno solare e gioioso (nonostante ci sia qualche episodio vagamente del genere). Inoltre le chitarre di Olbrich e Siepen non smettono per niente di macinare riff taglienti e non si ammorbidiscono poi di molto, anzi. Se c'è ancora qualche richiamo al Thrash è proprio nelle loro chitarre che deve essere cercato. Le due asce poi svolgono un lavoro ritmico e solistico davvero degno di nota, l'evoluzione rispetto all'anno prima è incredibile e la si nota soprattutto nelle innumerevoli melodie e armonie chitarristiche che accompagnano senza sosta ogni pezzo dell'album, dialogando quasi con lo stesso Hansi Kürsch. Anche quest'ultimo è migliorato tantissimo ed è sempre più padrone della sua voce, la quale raggiunge la maturità proprio in quest'album (ma migliorerà ancora di più in futuro), mostrando così la sua versatilità con tutte le sue sfaccettature e timbriche diverse; questo anche perché siamo davanti al disco contenente la prima ballata della band, come vedremo meglio in seguito. Una canzone che, per forza di cose, permette un uso diverso della voce, mai sentito prima nel caso del cantante tedesco. La batteria di Thomen "The Omen" Stauch, poi, è più potente e veloce che mai, adattandosi così perfettamente ai docet del Power: la sua prestazione infatti è vivace, arrembante e soprattutto riconoscibilissima nel suo incedere. Raramente un batterista è così riconoscibile, capace di non relegare il proprio ruolo ad una scolastica essenzialità. Riff rocciosi, melodie accattivanti, batteria veloce e travolgente, voce aggressiva ed espressiva.. un mix di cose che forse ha reso il sound dei Blind Guardian meno rozzo e sicuramente meno "ottantiano", ma che nello stesso tempo lo ha reso più moderno, al passo coi tempi e anche più potente, andando a scommettere tutto sull'enfasi apportata dal reparto cori e backing vocals, anch'esso arricchito, migliorato e con uno spazio d'azione aumentato. Per quanto riguarda le liriche, i quattro non si discostano per niente da quanto proposto fino ad allora, confermandosi anzi ancora di più come i bardi del Metal e andando a calcare quelle linee guida (praticamente instaurate da loro stessi) che vogliono il Power come un genere fortemente attaccato al Fantasy e in minor misura alla Fantascienza. "Tales?" è stato registrato nei Karo Studios, proprio come il precedente (anche se cambiano le città, si passa infatti da Amburgo a Monaco di Vestfalia), ma la produzione a cura di Kalle Trapp risulta ovviamente migliore: i difetti riscontrati nei primi due album spariscono e abbiamo così un suono senza fruscii e con ogni strumento e voce in equilibrio e ben udibile, eccezion fatta per il solito basso (quest'ultimo sempre suonato da Hansi), anche se c'è da dire che questo non influisce per niente sulla resa finale del prodotto. Ma addentriamoci ora nell'analisi track-by-track di quest'album così decisivo.
Traveler In Time
Si parte alla grandissima con la prima traccia: "Traveler In Time" (Viaggiatore Nel Tempo)". Già in questa open track emergono tutti gli elementi evidenziati poco fa: il pezzo è infatti aperto da una batteria possente e monolitica, che accompagna cori cadenzati e "anthemici", intenti a scandire i seguenti versi: "The morning Sun of Dune!". Da questo momento la canzone si velocizza leggermente, scandita da ritmi marziali e da cori che non l'abbandonano, continuando ad avvolgerla nel sottofondo, donandoci la sensazione di essere all'interno di un vortice. Il vortice si interrompe improvvisamente non appena interviene Hansi, il quale si erge su ritmiche ancora lente e quasi atmosferiche. La sua voce infatti arriva in un momento di quasi silenzio, quando la canzone ancora deve partire del tutto, come un Sole mattutino che esce fuori dall'orizzonte, quando tutto è ancora in silenzio e immobile, in attesa dell'inizio di un nuovo giorno. Giorno che inizia, con il Sole ad illuminarci, dopo che le parole iniziali sono state ripetute per ben 4 volte, con la band che si lascia andare ad una cavalcata vera e propria dominata dai taglienti riff delle due asce. La band ci accompagna in quest'occasione in un viaggio fantascientifico sull'ostile pianeta di Dune (detto anche Arrakis), un pianeta completamente desertico facente parte dell'universo creato da Frank Herbert nel 1965, con il primo volume di un ciclo poi diventato un cult per gli amanti della fantascienza; tanto da aver ispirato George Lucas (giusto per citarne uno) per il suo fortunato Star Wars. Il romanzo "Dune", con 12 milioni di copie vendute all'attivo, è anche il romanzo più venduto nell'ambiente fantascientifico. Nel 1984 ne è anche stato fatto un film diretto da David Lynch. Insomma, un ciclo importantissimo e fondamentale per questo genere: i Blind Guardian non potevano esimersi dallo scriverci una canzone a riguardo. In ogni caso, il pezzo prosegue veloce ed arrembante, con la voce di Hansi accompagnata dalle sempre più presenti backing vocals di Olbrich e Siepen, come avviene alla fine della prima e l'inizio della seconda strofa, intervallate tra l'altro da una solare melodia ad opera di André Olbrich. Proprio la seconda strofa comincia a descrivere più precisamente lo scenario che si prospetta davanti al nostro viaggiatore nel tempo, ossia quello di un pianeta forse sull'orlo di una guerra santa per il suo possesso, e per il controllo su ciò che contiene: una spezia, o più precisamente droga, chiamata Melange, in grado di allungare la vita degli esseri umani e di potenziarne le abilità cerebrali, permettendo addirittura di mostrare il futuro. Inoltre il protagonista, Paul Atreides, più volte fa riferimento a qualcosa che ha già visto, qualcosa che ha già incontrato nei suoi sogni. Questo perché egli possiede il dono della preveggenza, e grazie ad essa riesce anche ad intravedere la futura guerra santa: "I see it again and again". La seconda strofa si lega perfettamente al ritornello sempre grazie alle backing vocals, le quali si trascinano fino al ritornello corale, un ritornello che lascia il segno già dal suo primo ascolto, risultando sì potente e veloce ma nello stesso tempo semplice e costellato da melodie chitarristiche aperte e positive, che lo rendono di fatto lucente proprio come il Sole mattutino di Dune: "Traveler in time/ knowing that there's no rhyme". Non siamo neanche a metà canzone e i Blind Guardian già hanno proposto tutti gli elementi che andranno a comporre l'album, nonché il loro nuovo percorso musicale. Un pregevole ma breve assolo di André introduce una nuova strofa che continua sempre su ritmiche veloci e contraccolpi tra Hansi e i cori; strofa anch'essa importante per comprendere un po' meglio l'universo del ciclo di Dune, per quanto sia possibile racchiuderlo in pochi versi, almeno. Vengono nominati infatti alcuni importanti protagonisti dei romanzi: i Freman e i Sardaukar, cioè gli abitanti e i guerrieri che vivono su Arrakis. C'è però un particolare molto interessante in questa strofa: "The Fremen sing that/ their kingdom will come/ and I'm the leading one". Sembra che la futura guerra santa si combatterà proprio nel nome del nostro protagonista; quindi cosa fare, ora? Dove andare? E proprio su questi interrogativi ritroviamo il ritornello che riporta anche un po' di positività e luce nel tutto. A metà canzone parte dunque l'ennesimo puntualissimo assolo di Olbrich, che questa volta può permettersi di dilungarsi un po' di più, sfoggiando tutta la sua bravura e inframezzando i momenti più virtuosi a momenti più calmi, in cui si ode anche una chitarra acustica. E' come se l'assolo avesse permesso a Paul di riflettere; già, perché nella strofa seguente il protagonista sembra avere le idee più chiare sul da farsi, è il suo destino e solo lui può controllarlo, usando le previsioni a suo vantaggio, magari: "?the apparition of my words in these days/ makes me feel I've told them before/ all my plans will come true/ I'll control destiny/ in the desert of my life/ I've seen it again and again". Decisione che viene confermata nella strofa successiva, in cui le chitarre sembrano calmarsi, come per dare più importanza alla voce di Hansi, il quale rallenta anche lui lievemente il tiro, ma questo soltanto durante i primi tre versi, perché subito dopo la canzone ritorna veloce e Hansi comincia a cantare toccando note più alte e piene, quasi gridate, aiutato in questo anche da una sovraincisione della sua stessa voce. Paul Atreides è finalmente deciso, i dubbi e le paure presentate prima sembrano essere sparite e a suggellare questo momento torna il bellissimo ritornello, concluso al rabbioso grido di "traveler in time!!". La canzone poi si conclude con una delicata melodia di Olbrich, accompagnata da leggerissimi cori in sottofondo, dalla batteria marziale di Stauch e da una chitarra acustica che fa nuovamente la sua comparsa. Un finale un po' malinconico e lievemente crepuscolare: il Sole è sorto da tempo, oramai siamo giunti al tramonto. Forse senza più dubbi, ma forse no? Non è facile prendere decisioni quando c'è di mezzo il futuro e il destino di un pianeta, quindi il contrasto tra il ritornello solare e questa coda ci fa forse capire che Paul, nonostante ci sia apparso deciso e ottimista, non ha ancora chiuso con i problemi e con i dubbi che lo attanagliano. Così finisce una canzone che racchiude in sé un po' tutto il concetto di Power.
Welcome to Dying
Un riff deciso e pesante apre "Welcome to Dying" (Benvenuto Nella Morte), altro grande classico dell'album e altra canzone veloce e soprattutto potentissima. Fatto quest'ultimo che si evince subito non appena la canzone accelera, guidata dalla terremotante batteria di Stauch. Già dalla prima strofa anche l'atmosfera della canzone si fa differente rispetto all'opener: la voce di Hansi infatti ha un che di misterioso, e la canzone stessa ha un alone di oscurità che la circonda. Questo perché stavolta è un romanzo Horror ad essere preso come fonte di ispirazione, precisamente "Floating Dragon" (1982) di Peter Straub. Una storia in cui un certo Gideon Winter, chiamato anche The Dragon, ritorna ogni 30 anni nella su cittadina d'origine per commettere una serie di omicidi, accompagnati anche da qualche catastrofe naturale. Siamo quindi davanti ad un serial killer, per di più con abilità sovrannaturali, che terrorizza la città per adempiere la sua vendetta secolare contro le famiglie, i loro discendenti, che lo uccisero secoli or sono. "?the dragon flies" canta Hansi sul finire della prima strofa; il Drago è dunque tornato in città ed è assetato di vendetta. Una melodia chitarristica davvero esaltante ci conduce alla seconda strofa, forse ancora più arrembante della precedente, in cui la storia comincia a prendere corpo. Siamo nei panni di una delle probabili vittime del Drago, o forse di una semplice persona spaventata all'idea che un serial killer centenario giri per la città. Tuttavia, ad una lettura più attenta si capisce che questa persona in qualche modo si aspetti di essere trovata e uccisa, mentre gira da sola nella notte buia e silenziosa, quando ogni piccolo rumore può far tremare e temere il peggio. Ad acuire questa sensazione opprimente ci pensa la voce di Hansi, qui aggressiva e sporca: "Something savage/ is yearning for me/ I'm waiting afraid for the night/ what will be?". All'improvviso la strofa sembra spegnersi, come l'ultimo lampione acceso in strada. L'ultimo elemento che ancora ci tiene con i piedi per terra e non ci fa perdere il controllo in mezzo all'oscurità totale, ma non appena assistiamo il rallentamento musicale, ecco parte il ritornellone corale. Sì con potenza e decisione, ma come se stesse contemporaneamente prendendo la rincorsa. I cori sono qui potenti e devastanti, non hanno niente di etereo o di solare e continuano imperterriti a ripetere il titolo della canzone sotto la guida sapiente di Hansi, che puntualmente risponde loro. Con l'arrivo del ritornello è chiaro che è giunta anche la nostra ora: l'oscurità è arrivata in città, il Drago giunge con essa, e per mano sua l'intera popolazione dovrà soffrire: "Welcome to dying/ I don't let it out/ Welcome to dying/ Look to the mirror it shows what I am/ Welcome to dying/ This town must burn now/ Welcome to dying/ Can't you see the dragon's seed bears in me". Senza nessun'interruzione arriva anche una nuova strofa, con ritmiche e linee vocali più lente (che tuttavia sono intervallate da brevi scorribande), come a voler evidenziare il cambio di focus. Già, perché ora è proprio il killer a parlare, a raccontarci del fatto che questa non è la prima volta nella quale si ritrova ad uccidere. Più volte ha fatto visita a Hampstead (è questo il nome del paese), ci confessa che questo è il suo destino, lo sente bruciare dentro di sé, potrebbe quasi cambiare le cose, ma ormai non ha più il controllo su se stesso. Dopo questa tragica verità ritorna il trascinante ritornello, che spazza via ogni remora del Drago, ricordandogli/ci che l'unica cosa che può fare ora è uccidere! A questo punto è André Olbrich che si lascia andare ad un pregevole assolo, ora virtuoso ora estremamente melodico e cantabile, come nei suoi ultimi secondi di vita, dove per un attimo si sentono anche dei cori in sottofondo. La nuova strofa ci conferma quanto detto più su: Gideon Winter sembra ancora avere un'anima e degli scrupoli di coscienza che però vengono spazzati via per l'ennesima volta dalle parole di Hansi ("I'm a savage/ it's too late for me?") e dal ritornello. Il quale, con la sua potenza, sembra ogni volta voler distruggere quanto di umano sia rimasto nel killer. Come se non bastasse i cori continuano a cantare senza sosta il titolo della canzone, anche dopo la fine del ritornello, per sugellare ancora di più il destino del Drago con un canto mortale, che risuona per tutta Hampstead. La chitarra di Olbrich prende in mano la situazione con melodie accompagnate dai cori che avevano concluso l'assolo di prima, accompagnandoci così verso la fine della canzone, dove troviamo Hansi che canta energicamente: "I spread my wings and fly away!". La vendetta si è consumata, almeno per ora; ci rivediamo tra 30 anni..
Weird Dreams
"Weird Dreams" (Strani Sogni) è una strumentale che dura poco più di un minuto. Un pezzo veloce e ricco di fughe solistiche che mette in luce l'abilità delle due asce. A dire il vero non risulta poi chissà episodio, non recando in sé nulla di così memorabile od imperdibile. Se proprio vogliamo esser severi sino in fondo, il brano risulta privo di mordace e piazzato forse un po' a caso, facendoci anzi pensare che le strumentali contenute in "Battalions Of Fear" fossero, addirittura decisamente meglio! Per fortuna dura poco, e siamo pronti e carichi per la traccia successiva.
The Lord of The Rings
Con "The Lord of The Rings" (Il Signore Degli Anelli) siamo davanti ad uno dei cambiamenti stilistico-sonori più importanti in casa Blind Guardian: siamo in effetti dinnanzi ad una ballata (semi-acustica per di più), la prima ballata in assoluto della band. Sarà stato un esperimento riuscito? Scopriamolo. Il titolo non può trarre in inganno, e il tema della canzone è già chiarissimo così; la band dichiara nuovamente il suo amore per Tolkien e per "Il Signore Degli Anelli", iniziando con dei leggeri arpeggi acustici (già nell'album precedente la chitarra acustica o classica faceva la sua comparsa, ma solo a sprazzi, qui invece prende addirittura in mano le redini della canzone), accompagnati da una tastiera evanescente che ci catapulta definitivamente nella Terra di Mezzo; precisamente a Hobbiville, a casa Baggins, dove Frodo viene in contatto per la prima volta con l'Unico Anello, un oggetto magico, potente e misterioso, le cui scritte fiammeggianti in lettere Tengwar, con il loro terribile contenuto, mettono giù di morale lo Hobbit, forse già consapevole che dovrà essere lui il prescelto, colui il quale dovrà portare l'oggetto fino a Mordor per distruggerlo. La voce di Hansi svolge benissimo il suo ruolo, abbracciando quello di cantore e impersonandosi anche in Frodo stesso, abbandonando per un attimo le timbriche più aggressive e taglienti, per far uscire un suo lato più melodico e velato di una certa malinconia. Inoltre quasi tutto il testo della canzone è ispirato dalla celebre Poesia dell'Anello, da cui riprende, quasi identicamente, i versi. Così era già nella prima strofa e così è nella seguente, composta soltanto da due versi: "Three for the Kings of the elves high in light/ Nine to the mortal which cry". La storia degli Anelli del Potere comincia a prendere corpo, forse narrata da Gandalf a Frodo stesso, tra le accoglienti mura di casa Baggins, le quali piano piano cominciano a sembrare sempre più piccole, strette e non sicure, mentre il mondo comincia a sembrare sempre più grande e dominato da forze malvagie sconosciute allo Hobbit. A questo punto rifà la sua comparsa uno strumento elettrico: è infatti una dolce melodia di Marcus Siepen a chiudere la strofa, una melodia che nasconde in sé un sommesso e insicuro lato eroico ancora da scoprire del tutto, una melodia che arriva come ad accarezzarci e a darci la sicurezza che tutto andrà bene e che il Bene trionferà. Il ritornello infatti è meno cauto delle strofe precedenti, le tastiere si sentono di più, è un momento corale tutto da cantare, momento che conferma il viaggio intrapreso da Frodo e dalla Compagnia dell'Anello. Nonostante Frodo si senta ancora piccolo ed indifeso è pieno di voglia di fare, deciso a portare a termine il suo compito. Tuttavia, non appena realizza che è Mordor il luogo che deve raggiungere, le cose cambiano: il ritornello si conclude con delle linee di tastiera ancora vagamente solari, ma di una luce non pura, una luce filtrata da qualcosa, luce che non sarà più possibile apprezzare una volta arrivati a "Mordor!". E' proprio in quest'istante che batteria e chitarre vengono a rendere l'atmosfera più opprimente, con Hansi che ritrova anche la sua potenza vocale accantonata finora. Nelle strofe successive le chitarre elettriche però ritornano nell'ombra e la Poesia dell'Anello continua; con essa sentiamo anche tutte le paure e i dubbi di Frodo, conscio di essersi messo in una situazione davvero più grande di lui: "Seven rings to the gnomes in their halls made of stone/ Into the valley/ I feel down?/ ?One ring for the dark lord's hand sitting on his throne/ In the land so dark where I have to go". Marcus torna nuovamente con un assolo però, che ha la stessa funzione di quello di prima, ossia dare una leggera spinta allo Hobbit facendogli trovare tutta la sua forza d'animo che poi lo renderà davvero il distruttore dell'Anello. Con questo coraggio ritrovato anche il ritornello si fa più positivo e veloce, con le chitarre classiche a mantenere questo stesso umore, fino al soffuso finale del pezzo. Esperimento riuscito, dunque? Assolutamente sì, questo è in effetti uno dei pezzi più famosi ed acclamati dell'album e dell'intera discografia della band di Krefeld, un vero classico richiesto ad ogni concerto, un pezzo che ogni fan conosce a memoria e che non smette mai di emozionare. Un must per gli amanti del Fantasy, inoltre.
Goodby My Friend
"Goodby My Friend" (Addio Amico Mio) riporta l'album verso la Potenza e le grandi velocità con quello che forse è il pezzo più veloce e aggressivo dell'album. I riff sono serratissimi ma sempre intrecciati dalle melodie chitarristiche, la batteria di Stauch è furiosa e il basso di Hansi (seppur poco udibile) contribuisce alla riuscita di un impenetrabile muro sonoro. Hansi esordisce con queste parole che ci fanno subito capire il tema centrale della canzone: "Who can tell me who I am/ who I am my friend/ I'm an Alien so they say/ a risk to everyone". L'alieno in questione è uno degli alieni più famosi della storia del cinema, ossia E.T., personaggio del celeberrimo e pluripremiato omonimo film dell'82, diretto da Steven Spielberg. In quest'occasione abbiamo un personaggio spaventato, circondato da persone ostili che pensano sia un pericolo, arrivando persino a metterlo poi in quarantena (come si vede nel film). E.T. così si affida al suo amico Elliott per ottenere tutte le risposte di cui ha bisogno, risposte che però fanno fatica ad arrivare, essendo Elliott soltanto un bambino. Nella strofa successiva, infatti, precisamente all'inizio, delle energiche backing vocals dialogano con Hansi, rispondendo "no!" a tutte le domande poste. Dopo alcuni sprazzi melodici la strofa continua aggressivamente, con un Hansi sugli scudi, il quale ribadisce il bisogno che ha l'alieno del suo piccolo amico umano; E.T. infatti deve tornare a casa sua (tutti ricorderete la storia, immagino), sul suo pianeta con i suoi simili. Restare sulla Terra è pericoloso per lui, ma non solo: è addirittura terrificante: "?from terror I could escape/ but I need your helping hand/ so far from home where I'm left alone/ Did you hear my crying?/ Did you hear my crying?". Hansi quindi si diverte a stravolgere un po' quella che era una storia molto toccante e quasi per bambini, rendendola più oscura e tragica (in tipico stile Blind Guardian), e mostrandoci un lato del protagonista che nessuno conosce, analizzando i sentimenti che l'alieno non potrebbe altrimenti esprimere (non essendo in grado di parlare le nostre lingue). Alle ultime due domande arrivano nuovamente risposte negative: nella prima troviamo il "no" gridato di Hansi, alla seconda invece un acuto di una voce a noi familiare. Non è Hansi però, bensì Kai Hansen che torna di nuovo come ospite dei Guardiani; ed avremo modo di sentirlo ancora in seguito! Il ritornello non accenna a diminuire la velocità o a cambiare atmosfera, anzi, con la sua energia enfatizza ancora di più il tutto. E' un ritornello che ha due anime, entrambe espresse dai cori: una più "cazzuta" ed "ignorante", in cui i cori che rispondono a Hansi sembrano più vicini al recente passato dei Blind e sono più thrashy; un'altra più melodica ed epicheggiante che emerge a metà ritornello. Con il refrain arriva dunque il momento di dirsi addio, Elliott ed E.T. si ritrovano dopo esser stati divisi per un po', ma è un momento che non dura molto, poiché l'astronave è arrivata ed è pronta per partire verso il cosmo inesplorato. E' un addio disperato, si ringrazia l'amico per il suo prezioso aiuto, ma nello stesso tempo si è quasi contenti di partire e lasciare il pianeta Terra, un luogo ostile che ha causato delle sofferenze: "?Goodbye my friend/ thanks for your helping hand/ I say Goodbye to all my cries/ just say Goodbye!". La conferma di questo ci arriva dopo le solite melodie di André, in due versi davvero significativi in cui l'alieno/Hansi grida con un certo risentimento "No returning nevermore!!". Non ci sarà un ritorno sul pianeta Terra. Mai. Il veloce ma breve assolo di Olbrich sembra proprio porre l'accento su queste parole e come se non bastasse, poco dopo, E.T. si rivolge direttamente agli esseri umani, additandoli come degli esseri incapaci di comunicare, incapaci di sentire emozioni, esseri che distruggono qualsiasi cosa non capiscano, nonostante neanche E.T. stesso sia in grado di capirli; ma non per questo, desideroso di volergli far male. Il ritornello torna a ricordare che è il tempo di andare è giunto, l'astronave è arrivata già da un po' e non può aspettare oltre. A questo punto arriva anche un ennesimo assolo di Olbrich, questa volta però è un assolo vero e proprio che ci accompagna verso la strofa seguente, come E.T. che accompagna Elliott sotto l'astronave per parlagli un'ultimissima volta. Il dialogo che ne esce fuori è tutt'altro che positivo, l'alieno si immagina un futuro in cui la vita sulla Terra sarà distrutta dall'umanità, dunque non ha senso restare in un luogo tanto ostile, vi è rimasto bloccato anche troppo, anzi. Nell'ultima parte della strofa però E.T. sembra avere un ripensamento: "See you again I hope I will/ see you again at the end?/ My tortured soul can't forget the pain/ now I find my way back/ I WILL GO HOME NOW/ I WILL GO HOME NOW!". C'è quasi la tentazione di restare, Elliott dopotutto è stato un essere umano gentile e premuroso, forse ce ne sono altri come lui, forse non tutto è perduto per quella razza. E.T. si domanda dunque se mai rivedrà il suo piccolo amico. Il ricordo delle sofferenze passate però scaccia via questo pensiero e questa speranza, la cosa più importante ora è tornare a casa, il prima possibile. Ritorniamo quindi al momento dell'addio, e questa volta davvero: questo ritornello infatti è l'ultimo della canzone, e l'ultima volta in assoluto in cui i due amici si parlano. Il momento è giunto sul serio, non c'è più spazio per ripensamenti o dubbi. Al suono della chitarra di André l'astronave lascia così il nostro pianeta, vogliosa di tornare a casa, al sicuro.
Lost In The Twilight Hall
"Lost In The Twilight Hall" (Perso Nella Sala Del Crepuscolo) è l'unico pezzo dell'album che porta la firma di tutti e quattro i membri, ed il pezzo in cui possiamo apprezzare un bel duetto tra l'ex Helloween Kai Hansen ed Hansi. Inoltre è una canzone dal tema non proprio chiaro e facile da interpretare: potrebbe infatti sembrare un brano molto generale incentrato su di una persona non meglio specificata, la quale si ritrova in una specie di limbo dopo la morte. Oppure, ed è opinione condivisa da molti, un testo su Gandalf il Grigio (quindi ritorna l'influenza di Tolkien) e sulla sua "morte" e conseguente "rinascita" sottoforma di Gandalf il Bianco. Personalmente apprezzo molto la seconda teoria, anche se presenta comunque qualche punto non molto chiaro che mal si sposa con il senso generale. In ogni caso, lasciamo parlare la canzone. Dei riff abbastanza aperti e piuttosto cadenzati propongono una progressione per niente banale che alterna parti più lente a brevi momenti più veloci, ma è solo una piccola introduzione che sparisce non appena le ritmiche si lasciano andare alla classica cavalcata Power, guidata magistralmente dall'ottimo Stauch dietro le pelli. Hansi comincia a cantare su questo tappeto, con la sua voce né troppo aggressiva né troppo melodica, ma sicuramente espressiva al punto giusto. In questa prima strofa si comincia a delineare la storia: Gandalf deve aiutare la Compagnia a fuggire dalle Miniere di Moria, prima che vengano circondati dai goblin e soprattutto prima che vengano raggiunti dal possente e antichissimo Balrog. E' una situazione difficile, intorno a loro tutto è buio e l'unica via di salvezza sembra essere lo strettissimo ponte di Khazâd-Dûm. Quello però sarà il luogo della caduta di Gandalf, scaraventato nell'abisso dal Balrog stesso, il quale sarà però a sua volto ucciso dallo stregone dopo un lungo ed estenuante combattimento: "?into the dark/ the bridge appears/ I jump into the dark side?". La cosiddetta "Battaglia del Picco" però provoca la morte anche di Gandalf, il quale però non aveva altra scelta se non quella di combattere, come dice Hansi nella seconda strofa. Lo stregone non poteva né tornare indietro né andare avanti, il suo sacrificio è stato fondamentale per la continuazione della missione della Compagnia. La morte lo lascia lì, sul fianco di una montagna insieme al cadavere del suo nemico. A questo punto scopriamo che Gandalf è sì morto, ma in qualche modo è ancora cosciente di quanto succede intorno a lui, anche se sono sensazioni difficilissime da spiegare: fa tutto parte di un mondo più vasto e infinito in cui le percezioni dello stregone si mescolano allo scorrere del tempo e agli avvenimenti cosmici: "I see planets dying/ I fall into the light/ a new universe awakens?". E' proprio in questa terza strofa che parte il duetto tra "zio Kai" e Hansi, un duetto che con non può che essere solare e pieno di positività, impreziosito dal grande contrasto che c'è tra le diversissime voci dei due cantanti tedeschi, una acuta e gioiosa, l'altra grave e graffiante. La positività continua con un breve assolo di Olbrich e si trasferisce ancora sul ritornello, solare anch'esso, pieno di vita e in grado di rimanere impresso anche dopo soltanto un ascolto. Nel ritornello però si fa riferimento ad uno specchio (come anche ad inizio canzone) e questo stona un po' con il tema proposto fin qui, dato che nel "Signore Degli Anelli" non c'è nessuno specchio, tantomeno a Moria. Quindi, o si tratta di una qualche metafora creata da Hansi oppure di tutt'altro. Un invito ad elaborare una propria teoria, se qualcuno avesse qualche idea si facesse pure avanti! In seconda battuta, poi, questa vicenda dello specchio anticipa alcune idee che la band proporrà più ampliamente in futuro ("Immaginations From The Other Side" e "Beyond The Red Mirror"). Ma bando alle ciance, dopo il ritornello André esplode in un altro assolo virtuoso ma pieno di melodia, adatto all'atmosfera generale del pezzo. Dopodiché la canzone rallenta di molto il tiro, strizzando l'occhio alla soluzione del mid-tempo, ed anche la voce di Hansi cambia leggermente, facendosi quasi parlata mentre narra le sensazioni dello stregone, il quale è ancora dubbioso e spaesato nell'oscuro limbo che lo ha accolto, non capisce bene cosa sta accadendo, anche perché il ricordo della sua morte appena avvenuta è ovviamente ancora vivido e presente, c'è come una sensazione di fallimento che lo attanaglia. In tutto questo, però, si fa largo anche una sensazione positiva, si respira vita, vita che lo circonda, vita che getta un raggio di luce nell'oscurità e lo fa sentire libero! "I'm free!" grida Hansi, e il suo grido si spegne piano piano, mentre anche la canzone sembra spegnersi, diventando un'eco che risuona nella sala del crepuscolo, nella sala del limbo. Il grido lascia presto posto ad un evanescente tappeto di tastiere e a degli arpeggi acustici che lentamente acquistano velocità quando Hansi ricomincia a cantare. Gandalf comincia ad avere le idee un po' più chiare, sembra che il suo destino non è quello di rimanere in quel luogo sconosciuto, sembra che sia destinato ad altro, forse la luce lo condurrà da un'altra parte? E se sì, dove? Con l'emergere di queste domande la canzone ritorna ad essere poderosa e Hansi/Gandalf si pone le domande definitive: "Is this deliverance?/ Is it the end?". Il ritornello ricompare, più lucente che mai, dato che la via verso una nuova vita sembra ormai una realtà. Dopodiché abbiamo un nuovo assolo di Olbrich, uno dei migliori dell'album; un assolo che, come suo solito, alterna benissimo momenti velocissimi a momenti ariosi e melodici che viene quasi voglia di cantare, in tutto questo Marcus Siepen lo accompagna in secondo piano, creando così la sensazione di un dialogo tra le due asce, mentre le ritmiche sono affidate soltanto alla batteria e al basso. Probabilmente è l'assolo che meglio rappresenta la nuova linfa infusa al sound generale, dai due chitarristi. La canzone procede veloce, ora non è infatti il momento di rallentare: Gandalf il Grigio è tornato a nuova vita ed è pronto a guidare la Compagnia dell'Anello sotto il nome di Gandalf il Bianco, egli stesso è ora consapevole di quanto è avvenuto, tutto è chiaro adesso, gli è stata donata una nuova possibilità, anche se la sua vita precedente viene quasi dimenticata: "I'm back there's a new chance for me/ and all my memories are gone/ I can feel what's happening to me?". La band ripropone subito il ritornello, ripetuto per due volte per di più, come a porre l'accento sul grandioso evento accaduto; nel frattempo André si lascia andare ad un ennesimo assolo che va a chiudere la canzone, definitivamente.
Tommyknockers
Si torna su lidi Horror e fantascientifici con la traccia n°7, ossia con "Tommyknockers" (I Tommyknockers). Già dall'inizio è chiaro che la canzone propone un'atmosfera diversa dalle altre analizzate finora: le melodie di Olbrich e l'andamento generale del brano sono infatti più cupi e minacciosi, ricordando per certi versi alcune soluzioni di "Follow The Blind". Solo con l'arrivo di Hansi si torna verso lidi più Power, senza tuttavia abbandonare le caratteristiche descritte prima. Questa volta, la fonte di ispirazione è Stephen King ed il suo romanzo "Tommyknockers - Le creature del buio", un'opera fantascientifica che però non disdegna alcuni risvolti Horror, giustificando così l'atmosfera misteriosa della canzone. In estrema sintesi la trama del libro è questa: durante una passeggiata una donna inciampa in un pezzo di ferro incastrato nel terreno e decide dunque di scavare per scoprire cosa ci sia sotto. Quello che trova ha dell'incredibile, poiché si ritrova davanti ad un'astronave aliena. Il disseppellimento però attiva una sorta di meccanismo di difesa che fa rilasciare un gas (o delle radiazioni) in grado di trasformare le persone che ne vengono in contatto, sia esteticamente (rendendoli simili agli alieni dell'astronave), sia mentalmente donando loro delle capacità particolari, tra cui la telecinesi. Significativi quindi sono i primissimi versi del pezzo: "She's opening her eyes/ to find the thing/ by a touch she's lost/ it's waiting for her a long time?". Una melodia chitarristica meno cantabile del solito introduce il particolare ritornello che è ripreso da un'antica filastrocca per bambini e la ripropone quasi integralmente. Inoltre, per aumentare quest'effetto, il refrain è suonato e cantato proprio come fosse una filastrocca, una di quelle che magari si sentono ad Halloween e restano subito impresse con il loro incedere ipnotico: "Oh, last night and the night before/ Tommyknockers, Tommyknockers/ knocked at your back door". La canzone prosegue sulle stesse velocità di prima, con Hansi sempre abbastanza oscuro e grave, narrante ancora l'inizio di tutte le vicende, ossia quelle riguardanti il disseppellimento dell'astronave ed il rilascio del gas. Per essere più precisi, qui è James Eric Gardener (detto Gard) a parlare, un alcolizzato amico di Roberta (Bobbi) Anderson, colei che ha scoperto l'astronave e la prima che comincia a patire le conseguenze della vicenda. Tuttavia Gard è immune agli effetti del gas, grazie ad una placca di metallo inserita nella sua testa dopo un incidente avuto da ragazzo. Essendo immune può rendersi conto di quanto accade intorno a lui: "I want to drink and she wants to dig/ she's in trouble oh I know/ there's something going wrong". Finora però la canzone non sembra avere le carte per essere una hit, e infatti il ritornello (che torna proprio ora) la salva spesso dal cadere nel dimenticatoio, nonostante sia un refrain privo di cori e un po' atipico per la band. Anche André si lascia andare a melodie meno catchy e più strane, senza tuttavia perdere il loro smalto. A questo punto comincia una strofa più melodica e catchy delle altre, che accantona per un attimo le atmosfere cupe dominanti, una strofa in cui è di nuovo Gard a parlare, indicandosi come l'unica persona in grado di salvare il paese di Haven e i suoi abitanti: "I'm the hero, I'm back/ with weapons and with magic spells/ I'll seddle every task/ an old, ill and drunken guy". La canzone prosegue e sembra anche di sentire delle sinistre tastiere in sottofondo che però spariscono non appena comincia la nuova strofa, la quale segue lo stesso andamento di quelle iniziali. L'assolo invece è più aperto e melodico e riprende la stessa melodia di quella strofa più melodica analizzata poco fa. Stessa cosa fa la strofa seguente, alleggerendo così la tensione che si respira in gran parte della canzone. Riappare anche il ritornello, il quale invece riporta la canzone alle vibrazioni più cupe, adatte agli svolgimenti del romanzo, che però non vengono svelati nella canzone, lasciando solo presagire cosa potrebbe succedere, o forse neanche quello, visto che quello che abbiamo visto è soltanto l'inizio della storia. Dei cori arrabbiati e piuttosto violenti ("Tommyknockers knocked at your back door!!") chiudono un pezzo forse leggermente sottotono, che si salva grazie ad un ritornello non proprio stellare ma che con il suo incedere da filastrocca si lascia ricordare con piacere.
Altair 4
Escludendo la strumentale, "Altair 4" è la traccia più corta del lotto, con i suoi due minuti e mezzo. Siamo di nuovo ad Haven, come nella traccia precedente, e quindi potremmo vedere questa come una specie di continuo di "Tommyknockers". Altair 4 infatti, oltre ad essere il pianeta del film cult "Il Pianeta Proibito" (1956), è anche il pianeta dove va a finire, David Brown, uno dei personaggi del romanzo di King, spedito lì da suo fratello Hilly con il teletrasporto. L'inizio della canzone non poteva che essere oscuro, anche in questa occasione: un tappeto di tastiere prepara l'atmosfera, simile ad una nebbia che si infila tra le case della cittadina americana, mentre si sentono delle voci e delle risatine in lontananza. Altre tastiere veloci e i riff di media velocità danno poi di fatto inizio alla canzone, con Hansi che canta con voce calma e velata di una certa malinconia che però viene spazzata via in favore di una certa aggressività e ruvidezza non appena vengono cantate queste parole: "the old man cries/ 'Please save the boy/ he's caught in a world far behind/ from home'". E' il disperato appello di Ev Hillman, padre dei due ragazzi summenzionati. Gard sarà proprio l'incaricato di questa missione, essendo l'unico che ancora possiede tutte le sue facoltà mentali. Il ritornello è piuttosto semplice e si limita a ripetere il titolo della canzone per tre volte, con i cori che propongono una prestazione minacciosa e cupa, facendoci immedesimare in David Brown e la sua paura davanti ad un pianeta di cui un istante prima non si conosceva neanche l'esistenza. Dopodiché la canzone si stempera nuovamente e si calma, così come si calma la voce di Hansi, sorretta da veloci tastiere e da riff invece lenti e più sulfurei. Prima della fine però c'è ancora tempo per una sfuriata in cui le chitarre accelerano improvvisamente e la batteria di Stauch si fa terremotante e quasi tribale. Il piccolo David Brown è in pericolo e come se non bastasse si trova su un altro pianeta! La canzone si chiude proprio con un agghiacciante urlo infantile che ci lascia nuovamente con i dubbi sul suo destino. Più un intermezzo che una canzone, non brutto ma neanche memorabilissimo. Un altro episodio discreto e un po' sottotono, che infondo ci può anche stare, soprattutto dopo la qualità eccelsa delle prime 6 tracce.
The Last Candle
"Guardian, Guardian, Guardian of the Blind..". E' con questi versi corali, sempre più veloci e acuti, che inizia "The Last Candle" (L'Ultima Candela). Versi che ogni fan dei Blind Guardian non può non riconoscere, sia perché ormai questa canzone è uno dei classici assoluti della band, sia perché riprendono in pieno il ritornello proprio di "Guardian Of The Blind", contenuta nel debutto. Mentre la canzone si velocizza sotto i possenti colpi della batteria e dei taglienti riff Hansi, dopo una maligna risata, ci domanda "have you forgotten him?", facendoci quasi pensare che questa ultima track sia il seguito della canzone dell'88, anche se in realtà non è così. "The Last Candle" è probabilmente il primo tentativo da parte di Hansi di inventare una storia tutta sua ambientata in un piccolo mondo Fantasy di sua invenzione. Sopra ritmiche veloci e potenti, una melodia cantabilissima di Olbrich, forse una delle meglio riuscite di tutto l'album, ci trascina direttamente in questo scenario fantastico con l'aiuto di un narratore provetto come Hansi: "Far from the land/ where the sun is born/ down in the wood Caladon?". Sembra proprio l'inizio di una fiaba o di un romanzo Fantasy! Già a metà strofa però le cose cambiano, difatti la canzone rallenta e si fa più cupa e minacciosa, ma anche misteriosa, come fa lo stesso cantato di Hansi. Il cantante adesso ci descrive un luogo immerso nel bosco di Caladon dove neanche la luce può arrivare, un luogo dove anche le speranze vengono tramutate in pietra. Un bosco incantato, dunque, dove è meglio non avventurarsi troppo spesso. L'ennesima melodia di André fa da apripista alla strofa seguente e riporta la canzone lontano dall'oscurità del bosco e verso un'atmosfera più melodica e aperta, che però nasconde anch'essa un avvenimento tutt'altro che positivo: la popolazione di questo mondo immaginario attendeva la notte per avere una risposta, ma la risposta non arriva, o meglio, arriva ma è negativa e drammatica. Lo stregone protettore del regno è stato rapito e con l'arrivo della notte è chiaro che non c'è più speranza per lui, soprattutto quando le genti vedono i suoi corvi volare ma non odono il vecchio cantare. Ed è a questo punto che la voce di Hansi si fa più potente e piena, proprio per enfatizzare il momento in cui le speranze vengono perdute e forse anche beffate dalla vista dei corvi. Con il ritornello capiamo che non tutto è perduto però, poiché arriva un eroe sconosciuto a rincuorarci, dicendoci che finché l'ultima candela sarà ancora accesa allora ci sarà ancora la speranza di salvare lo stregone, quindi bisogna affrettarsi, la notte è lunga ma le candele bruciano in fretta! Il ritornello infatti è davvero evocativo ed eroico, i suoi cori si fanno sempre più alti e sembrano uscire dall'eventuale paese dove lo stregone era atteso per arrivare fino al bosco di Caladon dove è detenuto, fino alle sue orecchie, trapassando così le impenetrabili fronde degli alberi millenari che non permettono neanche alla luce di passare: "Somebodies out in the night/ I fly in time/ the last candle will burn/ there's hope for everyone/ when the last candle burns high/ oh it's time for life". Continuano i possenti riff di Siepen e Olbrich si lascia andare ad un brevissimo e veloce assolo liberatorio, come a sfogare quella speranza appena ritrovata. Non è tutto rose e fiori però, perché nella strofa seguente (sempre sulle stesse ritmiche veloci) Hansi ci dà una notizia sconvolgente: "The elves and gnomes have to hide/ when the moon is showing it's face/ and raging orcs will set their traps/ and all forests will burn/ they hate green trees/ and love the dark?". La notte è il momento in cui gli orchi cominciano a pullulare ed è il momento perfetto per tendere una trappola agli elfi e agli gnomi che forse erano andati proprio a salvare lo stregone. E non finisce qui, sembra proprio che gli orchi vogliano dare fuoco a tutta la foresta, che così brucerà proprio come l'odio per gli alberi e per il verde brucia nei loro marci animi. Ma perché tanto accanimento contro lo stregone? Ebbene, come ci spiega Hansi con l'aiuto delle backing vocals in costante dialogo con lui, sembra che gli orchi temano lo stregone e le sue canzoni, le quali forse nascondono delle formule magiche avverse alla creature malvagie. Lo stregone ha quindi un'importanza strategica, essendo l'ultima difesa contro gli orchi e l'ultima difesa per evitare una guerra totale che a questo punto sembra inevitabile! Ed è proprio qui, a metà canzone, che parte il bellissimo assolo dell'ospite Kai Hansen, un assolo ultra-melodico che non rinuncia però a scale più veloci e virtuosistiche. L'assolo lascia poi il posto al magnifico ritornello, che ci riempie nuovamente di speranza e ci dà la forza necessaria per continuare la ricerca la missione di salvataggio. A questo punto anche noi facciamo parte di quel mondo immaginario. Una melodia abbastanza solare di André, simile a quella vista ad inizio canzone, introduce una strofa che ne segue l'andamento e che sembra portare ad una svolta nella narrazione. L'eroe che ha fatto voto di salvare lo stregone si reca da un vecchio gnomo corrotto che conosce tutto di tutti, una specie di informatore che molto probabilmente ha dei legami con gli orchi. Però la notizia che ci arriva è terribile ed è lo gnomo stesso a darcela, è lui stesso a tenere lo stregone prigioniero (come si vede anche nel retro della copertina dell'album), e come riscatto richiede un pagamento troppo elevato che non specifica neanche: "?you cannot pay with your silver and your gold/ there's just a little chance to save the wizard's life/ there's just a little chance for all you fools/ now pay". I due versi successivi però sono criptici, l'io narrante dice: "And so I walk across the land/ and hope to hear the wizard's song". Se spera di sentire di nuovo la canzone dello stregone è perché forse in qualche modo è riuscito a liberarlo, o è perché, al contrario, non c'è riuscito e quella è soltanto una vana speranza, un desiderio? Non è dato saperlo, fatto sta che il ritornello ritorna maestosamente e per due volte a sugellare l'eventuale riuscita del salvataggio o a ridare speranza nel caso non fosse riuscito. L'ultima strofa della canzone è a cappella e ricorda molto i Queen nella sua composizione, fatta di linee vocali che si intrecciano e si accavallano tra loro cantando versi diversi ed eseguendo melodie diverse. Un momento che dal vivo viene prolungato trovando la complicità di tutto il pubblico: "Somebody's out there/ I feel there's somebody?". Fuori c'è qualcuno, che sia lo stregone che si è davvero salvato? A voi la scelta!
Conclusioni
Come abbiamo dunque avuto modo di vedere, l'album ha del portentoso e dimostra una maturazione (soprattutto rispetto al precedente "Follow?") davvero notevole. Se non fosse per alcune caratteristiche che si sono mantenute salde dall'esordio, sembrerebbe quasi di sentire un'altra band. Chitarre acustiche, tastiere sparse qua e là, la ballata, cori sempre più frequenti.. tutti elementi che o erano stati soltanto accennati o magari nemmeno presi in considerazione, e che trovano qui la loro data di nascita (come nel caso della ballata). Ma l'album non è maturo soltanto grazie a questi espedienti, tutt'altro: risulta maturo anche grazie a quelli, certo, anche se la vera chiave di volta, atta a comprendere meglio la crescita in occasione di questa release, è rappresentata dalla capacità con cui tutto è stato amalgamato. Un affiatamento umano e musicale in grado di fare la vera differenza. Una sicurezza d'intenti mirabile, dalla quale ne consegue la qualità intrinseca di ogni brano proposto. Al di là dei cambiamenti, le canzoni sono dannatamente belle ed efficaci, dei veri pilastri del genere e tra le migliori prove di tutta la discografia dei tedeschi. L'album infatti è, per la prima volta, un concentrato di hit e di stupendi classici che verranno costantemente proposti nei futuri show che la band comincerà ad affrontare non più soltanto in Germania, ma anche a livello internazionale; un grande cambiamento, questo, un'apertura da non sottovalutare. Inoltre, un piccola curiosità: dopo l'uscita di "Tales..", la band andrà in tour con gli americani Iced Earth, episodio che anch'esso si rivelerà decisivo, poiché da questo nascerà una lunga amicizia tra Hansi e Jon Schaffer (leader degli americani), la quale porterà i due alla formazione dei Demons & Wizards. Tornando a parlare più nello specifico di "Tales..", quest'ultimo è inoltre da lodare per la forte pluralità che comunque la sua compattezza generale ci mostra senza nascondersi. Canzoni schiacciasassi come "Welcome to Dying" e "Goodbye My Friend" dimostrano che si può essere potenti e travolgenti anche senza per forza dover sottostare alle influenze Thrash. "The Lord Of The Rings" svela il lato più delicato e poetico della band, un lato che avrà molta fortuna in futuro, con altre canzoni che diventeranno dei classici assoluti. "The Last Candle" invece si merita la palma di miglior pezzo del disco ed è anche quello che dimostra la voglia di uscire un po' dagli schemi della forma-canzone, proponendo una composizione più articolata delle altre, e dal respiro epico. Le chitarre inoltre sono ancora più presenti e variegate, l'album è ricchissimo di melodie che dialogano ora con Hansi, ora tra loro. Il comparto ritmico è decisamente più compatto e denso, favorendo così la sensazione da carica di cavalleria pesante che si ha ogni qualvolta un brano si svela sin dalle prime battute. Un altro particolare che può sembrare secondario ma che in realtà risulta molto importante riguarda la copertina: questo è l'album dove comincia il fruttuoso e longevo sodalizio con il celebre disegnatore Andreas Marschall (noto ancora oggi per i suoi lavori per band come Kreator, Grave Digger, In Flames, Running Wild e molte altre). Da notare inoltre che "Tales From The Twilight World" esce qualche mese dopo "Heading For Tomorrow" dei Gamma Ray, la nuova band formata da Kai Hansen dopo aver abbandonato gli Helloween. Le due band, così, si porgono alla testa del movimento Power appena nato; ed è la storia a dirci che lo avrebbero dominato, per tutto il decennio. Insomma, un album decisamente importante e soprattutto davvero bello, una pietra miliare del Power che ogni fan del genere dovrebbe conoscere. Ogni volta si pronunciano sentenze stile "tipico dei Blind Guardian", "melodie caratteristiche dei Blind Guardian", "cori tipici dei Blind Guardian", "ritmiche tipiche dei Blind Guardian" ecc., è proprio qui che bisogna guardare, è proprio a quest'album che bisogna pensare. E' con "Tales From the Twilight World" che il loro sound si rende effettivamente "tipico" e "caratteristico".
2) Welcome to Dying
3) Weird Dreams
4) The Lord of The Rings
5) Goodby My Friend
6) Lost In The Twilight Hall
7) Tommyknockers
8) Altair 4
9) The Last Candle