BLIND GUARDIAN

Nightfall in Middle-Earth

1998 - Virgin Records

A CURA DI
CRISTIANO MORGIA
01/08/2017
TEMPO DI LETTURA:
9,5

Introduzione Recensione

Anno 1998, i Blind Guardian danno alle stampe il loro sesto album: "Nightfall in Middle-Earth". Facciamo però un piccolo passo indietro per apprezzare al meglio l'importanza del suddetto, sia all'interno della carriera della band tedesca sia all'interno del panorama Metal. I Blind Guardian, dopo un primissimo periodo seminale più vicino a lidi Speed/Thrash, sono stati tra i primi in assoluto a suonare quel Power Metal di matrice teutonica, oggigiorno famoso e cristallizzato entro determinati schemi. Gli anni '90 sono stati un terreno fertilissimo per l'espansione di questo genere, tant'è che a fine decennio il suddetto avrebbe goduto di una seconda giovinezza grazie alla nascita di nuove band che avrebbero recato ad esso nuova linfa, apportando sperimentazioni e nuove idee, poggiandosi ovviamente sulle "regole" che erano state dettate dai mostri sacri, che quelle norme le avevano plasmato: Helloween, Gamma Ray e Running Wild su tutti. Se però è vero che i Blind Guardian sono effettivamente tra le band più influenti ed importanti del Power, è anche vero che sono quasi un caso a parte, grazie soprattutto alla loro continua ricerca stilistica ed alla loro personalissima e riconoscibilissima proposta musicale. Se ci fate caso, infatti, il Power in senso più lato, quello più canonico insomma, viene spesso definito "à la Helloween" e non "à la Blind Guardian". Questo perché i primi hanno davvero creato il genere e le sue caratteristiche più importanti, quasi "fondendosi" con esso; i secondi hanno dato vita ad una proposta che, con il passare del tempo e degli album (tutti diversi tra loro), si è rilevata più originale e complessa, più multiforme e variegata, difficile da assorbire del tutto, a tratti anche lontana dal classico Power. Fare musica à la Blind Guardian è difficile e rischioso: innanzitutto perché bisogna vedere quali Blind Guardian prendere in esame: quelli dei primi due album o quelli di "Tales From The Twilight World" e "Somewhere Far Beyond"? O ancora, quelli del perfetto "Imaginations From The Other Side"? In secondo luogo, consci di quanto asserito, si rischia di creare un prodotto che risulti alla fin fine troppo uguale a quello dei Guardiani, tanto che potrebbe suonare come un mezzo plagio. Detto questo, sia chiaro, non sto assolutamente sminuendo l'apporto dato dai Blind Guardian al Power, anzi, è proprio questo loro essere particolari ad aver fatto la differenza, senza contare che anche loro hanno comunque il loro bel peso stilistico e musicale nella creazione e sviluppo del genere, d'altronde i capolavori che hanno partorito sono proprio lì a testimoniare la loro grandezza. L'album in questione, l'oggetto di questa recensione,  è uno di quelli (e anche uno di quelli) in cui quell'originalità di cui sopra è più presente. Un album unico nel suo genere che segna un passo importantissimo per la band, e anche per il futuro sviluppo del Power. L'importanza dei Bardi non è però soltanto stilistica, una parte importantissima è composta dalle tematiche: sin dall'esordio infatti è stata chiara la direzione che la band avrebbe preso anche in futuro, un legame fortissimo con il Fantasy (Tolkien in primis). Non mancano certo canzoni su altri temi, come l'Horror, la Fantascienza o anche la religione, ma è indubbio come ai Blind Guardian, e ad Hansi soprattutto, piacciano le storie che permettano alla fantasia di lavorare e viaggiare, meglio se condite da un tocco di tragicità. Il legame col Fantasy è presente in ogni loro album ed è stato approfondito sempre di più, portando i Nostri alla creazione di uno stile musicale che è difficile immaginare senza il Fantasy dietro, o comunque senza una creazione letteraria ad hoc a supporto della musica proposta. In ogni caso, il legame con il Fantasy ci porta direttamente al 1998 e a "Nightfall in Middle-Earth", ovvero l'album "tolkieniano" per eccellenza. Qui i Bardi si spingono oltre, non si limitano a scrivere canzoni con tante tematiche diverse e staccate tra loro; qui, i nostri teutoni danno vita al primo concept album della loro carriera, ambientato ovviamente, come si sarà notato già dal titolo, nella Terra di Mezzo! Le canzoni prendono ispirazione dagli avvenimenti contenuti ne "Il Silmarillion" di Tolkien, capolavoro della letteratura Fantasy uscito però postumo, nel 1977. Un libro, un progetto enorme anzi, sui cui il professore lavorava già dai tempi della Prima Guerra Mondiale. C'è da dire che l'opera non è un vero e proprio romanzo con una trama lineare, bensì una raccolta di storie e miti che abbracciano un arco di tempo lunghissimo, si parla addirittura di ere. Naturalmente ci sono dei temi ricorrenti e dei fili conduttori importanti, come per esempio le tre gemme chiamate silmaril e l'antagonista Melkor, ma il tutto è diluito in tante storie differenti e non sempre fra esse collegate. L'album dei Blind Guardian deve quindi adattarsi a questa struttura e infatti, come il romanzo, non ha alla sua base una vera e propria storia capace di snodarsi linearmente dalla prima traccia all'ultima. Quel che è abbiamo è quindi un insieme di canzoni che narrano di vari episodi accaduti nella Terra di Mezzo, anche in periodi differenti. Non starò qui a raccontare tutto "Il Silmarillion", ci vorrebbe troppo e sarebbe anche pesante; svelerò dunque i vari episodi ed i vari personaggi durante l'analisi track-by-track. Per dare coesione al lavoro, i Blind Guardian si avvalgono per la prima volta di voci narranti e di brevissimi intermezzi acustici, atti a rendere la narrazione più scorrevole e interessante, oltre che a dare all'album quello spessore tipico dei concept. Musicalmente parlando, siamo davanti ad un altro passo in avanti, sembra proprio che i tedeschi non riescano a realizzare un album uguale all'altro, ogni album deve avere delle novità e degli elementi di distacco dai precedenti, senza snaturare però quelle che sono le fondamenta della proposta originale. I Nostri non abbandonano di certo quelle fondamenta, rafforzate album dopo album, ma le personalizzano ancora di più riprendendo il discorso lasciato con "Immaginations..."; ossia, un Power Metal decisamente potente e roccioso, fatto di chitarre taglienti ed a tratti thrashy, di vocals ruggenti e di cori arrembanti ma, nello stesso tempo, anche di squisite melodie ed armonie chitarristiche, di momenti delicati, di sprazzi evocativi e di tastiere in sottofondo. Ecco, le tastiere sono un elemento davvero importante in quest'album: esse infatti sono decisamente più presenti che in passato, frutto di un lavoro certosino dei Nostri. I quali, pazientemente, hanno cominciato ad inserirle pian piano all'interno del loro muro sonoro, album dopo album, raggiungendo in "Nightfall..." il definitivo apice. Non troviamo infatti tappeti tastieristici quasi impercettibili, tutt'altro. Le tastiere si sentono eccome, in sottofondo affiancano le chitarre nella struttura delle canzoni e donano un certo tocco sinfonico non indifferente all'intero album (senza sfociare in lidi prettamente Symphonic ovviamente), così come aumentano i cori e le sovraincisioni. Il tutto suona più pomposo, maestoso ed epico che mai. Probabilmente ai fan di vecchia data non piacque questa virata stilistica, ma c'è da dire che, visto il tema dell'album, i Blind Guardian molto probabilmente hanno creduto bene di voler donare uno spessore in più alla loro Arte, recando ad essa più elementi e sfumature che ben si sposassero con un immaginario Fantasy. Aggiungo poi che la band non ha subito nessun ammorbidimento a causa delle tastiere, come si potrebbe pensare. Anzi, sono qui presenti alcuni dei pezzi più arrembanti e potenti mai scritti dal Guardiano Cieco. La produzione (quasi perfetta) guidata dall'esperto Flemming Rasmussen, poi, non mette per niente in ombra la parte metallica della band; forse è vero, se proprio volessimo trovare qualche lieve difetto, che i riff risultano leggermente meno taglienti rispetto al recente passato; ma anche in questo caso potrebbe esserci dietro una scelta stilistica, probabilmente. Anche perché, a compensare, André Olbrich si dedica ancor di più alle sue famose melodie ed agli intrecci solitici instaurati con Marcus Siepen. Forse, lo strumento che risente di più della stratificazione sonora e di una produzione cristallina (oltre al solito basso) è la batteria di Thomen Stauch, la quale perde qualcosa in ruvidezza, soprattutto se paragonata ad altri album della band... ma neanche questo basta per rovinare la qualità generale dell'album, giacché ogni cosa è al suo posto, ogni strumento collabora con l'altro per un flusso di note ed emozioni in grado di creare un ponte su misura per noi, da attraversare per giungere nella Terra di Mezzo. Un qualcosa che solo la musica fatta bene riuscirebbe a realizzare. Va poi detto che questo è il primo album in cui Hansi non suona il basso, affidato a Oliver Holzwarth, dedicandosi completamente alla voce. Il risultato si sente tutto: a parer mio, questo è forse l'album in cui Hansi raggiunge l'apice delle sue capacità vocali. Il cantante e paroliere tedesco non è mai stato un esempio di sopraffina tecnica canora, ma ha sempre dimostrato una versatilità non indifferente ed una capacità "scaldica" nel cantare che pochi altri cantanti possiedono, il tutto unito ad una timbrica riconoscibilissima e molto lontana dal classico cantato Power. Dopo questa lunga introduzione è tempo anche per noi di partire verso la Terra di Mezzo... con i Blind Guardian come sottofondo. Scendiamo dunque nel dettaglio con il consueto approccio track-by-track.

War Of Wrath

Il viaggio inizia con la prima traccia narrata: "War Of Wrath" (Guerra d'Ira). La Guerra d'Ira è lo scontro finale, avvenuto alla fine della Prima Era, in cui il malvagio Melkor (o Morgoth) viene finalmente sconfitto grazie ad una grande alleanza tra Uomini, Elfi e soprattutto Valar (personaggi simili a delle divinità). I Blind Guardian decidono quindi di non seguire l'ordine cronologico del romanzo ma di cominciare la narrazione da un evento che accade molto più in là nel tempo, per poi tornare indietro trattando avvenimenti più vecchi, come in una sorta di flashback. La traccia è aperta da rumori di battaglia, da lame che si infrangono e da grida: le lame pregiate degli Elfi si scontrano con le rozze armi degli orchi e le forze del Bene si apprestano ad assistere ad una vittoria epocale. Lentamente, però, questi rumori appaiono sempre più distanti e ovattati, come se ci trovassimo all'interno di un edificio; e così è in effetti, ci troviamo nelle segrete della fortezza di Angband, dove Melkor stesso si nasconde in attesa della disfatta. La prima voce che udiamo parlare è quella del suo luogotenente Sauron (proprio lui, l'arcinoto), il quale invita il padrone a fuggire, poiché ormai la sconfitta è inevitabile. Melkor però decide stoicamente di restare ed invita a sua volta Sauron a fuggire, concedendosi un monologo finale: "Ho avuto una parte in ogni cosa: due volte ho distrutto la luce e due volte ho fallito, ho lasciato rovine dietro di me, dopo il mio ritorno. Ma ho anche portato la rovina con me. Lei... la signora della propria brama". Melkor ha segnato profondamente il destino della Terra di Mezzo e di tutto l'Universo, è stato un protagonista assoluto, e forse proprio questo lo riempie di orgoglio, nonostante la sconfitta imminente... ma a chi fa riferimento, con quel "Lei"? Lo scopriremo nella prossima traccia.

Into The Storm

La prima canzone effettiva dell'album è dunque la successiva "Into The Storm" (Nella Tempesta), e già da qui possiamo apprezzare il "nuovo" sound dei Blind Guardian. I primi secondi sono piuttosto arrembanti, con batteria e chitarra ritmica dediti a pattern serrati e veloci; niente di nuovo sembrerebbe, ma se facciamo attenzione possiamo notare come la chitarra di Siepen abbia un suono più profondo e meno ruvido, nonché quanto la chitarra solista di Olbrich sia decisamente più presente, tramite le sue melodie. Il Nostro sorregge ed accompagna senza sosta l'intera compagine, senza fermarsi mai. Possiamo, inoltre, già sentire le tastiere. Non appena Hansi comincia a cantare, però, i ritmi rallentano e la canzone prende una piega più cupa e minacciosa: questo perché è Ungoliant a parlare (la "Lei" dell'intro), ossia un enorme ragno femmina che gode nell'inghiottire la luce e tessere tele di pura oscurità. Melkor, invidioso, si allea proprio con lei per distruggere i due splendidi e lucenti Alberi di Valinor. Durante la scorribanda, Melkor riesce anche a rubare i tre Silmaril e fa di tutto per nasconderli alla sua alleata, sempre avida di luce da divorare. Nella prima strofa Ungoliant chiede a Melkor di dargli quello che possiede... d'altronde ha fatto la sua parte, lo merita! La canzone riparte con il bridge a grande velocità, con un Hansi particolarmente tagliente, dimostrando quanto Melkor sia preoccupato della creatura che gli si pare dinnanzi, deve assolutamente nasconderle i Silmaril: "Dove posso scappare, come posso nascondere i Silmaril? Gemme contenenti la luce degli Alberi... la loro vita appartiene a me". Il ritornello esplode in tutta la sua grandiosità, corale e battagliero come i Blind Guardian ci hanno abituato, avvolto dalla chitarra di Olbrich così come le tele nere di Ungoliant avvolgono in una morsa senza scampo tutta la luce che incontrano, annullandola, facendola sparire. Dopo il ritornello, e dopo un brevissimo rallentamento cadenzato, la canzone riparte più veloce di prima, con più backing vocals, con più tastiere e con un Hansi ancora più arrabbiato; l'enorme ragno ha fame, non è sazio neanche un po', sapere che Melkor nasconde qualcosa di prezioso nella sua mano destra lo rende ancora più ghiotto e nervoso: "Cuore nero, mostrami cosa nascondi nella tua mano, ho ancora fame di altro. Liberami dal mio dolore e dallo a me, quanto ne ho bisogno...". A questo punto torna l'accoppiata bridge/ritornello che dimostra ancora una volta quanto il potente Melkor sia spaventato dall'insaziabilità di Ungoliant, tanto più perché il ragno cresce sempre di più, divenendo gigante. A metà canzone parte l'assolo di Olbrich, melodico e per niente banale, ancora una volta avvolgente e fluido, sorretto dalle onnipresenti ritmiche serrate (anche se c'è da dire che la chitarra di Siepen risulta un po' messa in ombra). Melkor non ha intenzione di dar via il suo tesoro più prezioso, ma neanche Ungoliant ha intenzione di rinunciarvi. D'altronde lei ha fatto la sua parte, come canta malignamente Hansi, quel tesoro le spetta. La canzone propone un'altra ripetizione di bridge e ritornello, successivamente si lascia andare ad un breve finale in cui c'è Olbrich come protagonista, questa volta con melodie più cupe rispetto a quelle apprezzate nell'assolo, forse proprio per far capire che lo scontro tra i due cattivi è inevitabile. Ecco infatti che all'improvviso Ungoliant attacca Melkor, rendendo verità le sue paure. Il Signore Oscuro, terrorizzato da una creatura tanto potente, si lascia andare ad un grido altissimo e spaventoso che riecheggia per tutte le terre circostanti, facendo tremare la terra e tutto ciò che le sta sopra. 

Lammoth

La traccia in questione si chiama, non a caso, "Lammoth", che in elfico significa proprio "grande eco". Inoltre, il luogo geografico dello scontro, in futuro, sarebbe stato chiamato proprio Lammoth, a memoria dell'avvenimento. Il brano è un intermezzo di soli 28 secondi composto soltanto da un terribile urlo filtrato e dal sibilo del vento. Il grido però salva Melkor, in quanto è udito dai suoi potenti Balrog che corrono a salvarlo, facendo sparire l'enorme ragno nell'oscurità delle montagne.

Nightfall

La seconda canzone dell'album è il super classico "Nightfall" (Crepuscolo), un capolavoro senza tempo conosciuto ormai da tutti ed uno dei pezzi più rappresentativi dei Bardi, soprattutto "quelli" di questo nuovo corso. Se infatti "Into The Storm" ci aveva presentato i nuovi Blind Guardian con il loro lato più arrembante, qui possiamo apprezzare subito il loro lato più atmosferico ed immaginifico, e ovviamente anche maestoso. I primi secondi sono delicati, malinconici e crepuscolari (come suggerisce anche il titolo), ci pensano infatti chitarra acustica e flauto ad introdurci in un nuovo episodio della storia. Su questo leggero e carezzevole tappeto sonoro si inserisce anche la voce di Hansi, la quale è delicata e soffice come forse non lo era mai stata prima d'ora; abbiamo giusto il tempo di abituarci però, perché dopo pochi secondi la canzone si trasforma con l'entrata in campo della batteria cadenzata e delle solite chitarre avvolgenti. In un attimo passiamo dalla malinconia alla maestosità, ci troviamo in un tripudio di melodie e cori che si rispondono senza tregua, si rincorrono, si cercano e si trovano... anche in questo caso, però, l'umore è tutt'altro che sereno, si respira sempre una certa tragicità nell'aria, anche nella ricca e variegata strofa successiva. Il brano parla di un evento accaduto poco prima dello scontro tra Melkor e Ungoliant, anzi, parla proprio dei danni causati dalla loro alleanza malefica, ovvero: l'oscuramento di Valinor tramite la distruzione dei due alberi e il furto dei Silmaril costruiti dall'elfo Fëanor. Inoltre, durante questa scorribanda restò ucciso Finwë, il padre di Fëanor. Questo è un evento epocale, giacché è la prima volta in assoluto, nell'universo di Tolkien, che qualcuno viene ucciso: "...la pazzia regnò e fece sgorgare la prima goccia di sangue, quando il vecchio re fu assassinato". A questo punto emerge il ritornello in tutta la sua bellezza e decadente maestosità, un ritornello corale che riesce a portare gli ultimissimi raggi di luce in una terra che ormai ne è priva ed ha appena assistito al primo omicidio della sua storia. La strofa seguente ci fa guardare proprio nei cuori degli sconvolti Elfi, i cori e le sovra incisioni di voci ci danno l'impressione che sia l'intero popolo a parlare: ora le voci vengono da sinistra, ora da destra, ora sono più lontane... c'è una voce che però più di tutte si fa sentire ed è quella di Fëanor, colui che ha perso un padre e le sue creazioni più preziose. La musica anche partecipa al lutto e all'odio che pian piano comincia a serpeggiare tra i presenti. La voce di Hansi si ingrossa e si fa più aggressiva, così come i colpi della batteria di Stauch si fanno più veementi e tonanti: "Le parole di un re bandito, gridante vendetta, con rabbia infiammarono i nostri cuori. Pieni di odio e orgoglio gridammo vendetta". Dopo una nuova ripetizione del ritornello Olbrich si lascia andare ad un assolo bellissimo, scrosciante di note e di lacrime che presto si trasformeranno in spirito vendicativo. Come si evince anche dalle strofe successive, sulla stessa linea delle precedenti, Fëanor porterà il popolo dei Noldor (la stirpe di Elfi in questione) verso un destino tragico in cui sarà assente anche la benevolenza e l'aiuto dei Valar, un destino in cui molti si macchieranno di sangue. Questo grandissimo classico ci chiude con una breve coda in cui possiamo apprezzare come le tastiere lavorino insieme alle chitarre e come siano sempre presenti nel muro sonoro, nonostante non siano sempre in primo piano.

The Minstrel

"The Minstrel" (Il Menestrello) altro non è che un intermezzo di una trentina di secondi, in cui i Blind Guardian fanno uscire il loro lato acustico e medievaleggiante. In questa traccia Hansi impersona, molto probabilmente, Maglor "il Possente Cantore", il quale è uno dei figli di Fëanor. Ce lo immaginiamo mentre, nella sopraggiunta oscurità e nel caos lasciati da Melkor e Ungoliant, osserva suo padre aizzare i Noldor contro chiunque si metta contro di loro, lo osserva mentre infuriato grida vendetta. Da bravo cantore e poeta Maglor non si lascia sfuggire questo momento di così grande fermento, anche se non si riesce a capire con certezza che cosa seguirà: "E così sto qui fermo, davanti ad una folla dai visi sconvolti. Che cosa succederà adesso? Ancora non ne ho idea".

The Curse Of Fëanor

La traccia seguente ci svela cosa succede dopo questi episodi; "The Curse Of Fëanor" (La Maledizione Di Fëanor), un titolo quanto mai emblematico ed esplicativo. Anche l'inizio è piuttosto eloquente, musicalmente parlando, in quanto siamo davanti a dei primi secondi particolarmente concitati e quasi nervosi, in cui le percussioni di Stauch hanno un retrogusto vagamente tribale e battagliero. Nello stesso tempo sentiamo i decisi e pesanti riff di Siepen incastrarsi alla perfezione con le sempre più presenti melodie solistiche del collega Olbrich. Il perché di quell'apparente nervosismo iniziale è presto spiegato: non appena la canzone si lascia andare a ritmiche veloci e serratissime, ecco che spicca la voce di Hansi, ora sporca e rabbiosa come non mai. È Fëanor stesso a parlare, pronto ad esternare tutto il suo odio per Melkor, un odio che porterà l'Elfo a stringere un giuramento di eterna vendetta insieme ai suoi 7 figli. Non solo contro Melkor, bensì contro qualsiasi essere vivente deciderà di mettersi sul loro cammino o entrasse in possesso dei Silmaril; un giuramento che porterà soltanto dolori e atrocità. Il primo disastro non viene neanche menzionato nel testo dei Bardi, scritto secondo il punto di vista di Fëanor ovviamente, ma leggendo tra le righe si capisce che si parla del fratricidio dei Teleri (un'altra stirpe elfica), i quali hanno la sola colpa di non aver aiutato i Noldor a raggiungere la Terra di Mezzo. Fëanor cerca comunque una giustificazione al suo atto, affermando che in futuro (forse) il suo gesto sarà visto diversamente, come un atto necessario alla vittoria: "...arrabbiato e addolorato ho lasciato profonde ferite dietro di me, ma sono arrivato. La verità potrebbe essere cambiata dalla vittoria". La seconda strofa presenta un rallentamento in cui troviamo anche qualche sovraincisione capace di donare un certo pathos al tutto, soprattutto perché l'Elfo annuncia di non aver nessun rimpianto... che venga pure maledetto! Il rallentamento prosegue anche sotto l'enfatico ritornello, più "asciutto" del solito, in cui Hansi torna a sporcare la sua voce. Un momento importantissimo, questo, poiché Fëanor grida il suo giuramento e dà un nuovo nome al suo nemico: "Morgoth, gridai!". Morgoth, ossia "nemico del mondo", nome con cui sarà conosciuto Melkor. Dopo il ritornello la canzone riparte a grandi velocità sostenuta da un altrettanto veloce assolo di André il quale fomenta la frenesia che spinge i Noldor nel loro viaggio. Ancora su queste ritmiche troviamo una nuova strofa in cui Fëanor dà le sue motivazioni e continua a quasi a giustificarsi. Quel che è fatto è fatto, non si può tornare indietro e bisogna vendicarsi, è l'unica cosa che conta, adesso. Il ritornello giunge puntuale, nuovamente con il giuramento gridato a pieni polmoni da un Hansi in stato di grazia. Il giuramento è stato ribadito, la strada verso la dannazione è sempre più spianata. All'improvviso i riff si fanno ancora più serrati e "singhiozzanti", proprio per sottolineare la gravità della situazione, mentre Olbrich si lascia andare ad un altro breve assolo, più veloce e meno melodico del precedente. Su questo tessuto rabbioso, con un Thomen Stauch inarrestabile dietro le pelli, Hansi continua il suo monologo, coadiuvato da eteree backing vocals che contrastano molto con il sound generale e con quanto urlato dolorosamente dal cantante: "Le mie azioni sono sbagliate, ho sporcato la terra e ucciso i miei simili. Non c'è redenzione per i miei peccati. Fa male". Fëanor, ormai maledetto anche dal Vala Mandos, sembra cominciare a capire il peso delle sue azioni, delle sue scelte sbagliate, ma nello stesso tempo capisce anche non ci sarà redenzione per lui, i suoi peccati sono troppo gravi. E così continua imperterrito e orgoglioso nella sua vendetta, ancora convinto che solo il tempo dirà se ha agito bene o male. Olbrich lascia cantare nuovamente la sua 6-corde con un assolo decisamente ben fatto e ricco di melodie, le quali ci trascinano verso l'ultima strofa e l'ultimo ritornello, senza la forza di opporvisi. Dopo più di 5 minuti si conclude uno dei pezzi migliori dell'intero album e anche uno dei più potenti mai scritti dai Bardi, sicuramente uno dei più carichi di titanico orgoglio, quello di un personaggio deciso a mettersi anche contro le forze divine.

Captured

Con "Captured" (Catturato) cambiamo decisamente scenario, o quasi. Il catturato è Maedhros, figlio proprio di Fëanor, preso prigioniero da Morgoth in persona. Il povero Elfo è tenuto incatenato e appeso per il polso della sua mano destra e resterà in quella posizione per ben 5 anni, sferzato dai venti freddi delle montagne con il solo desiderio di morire e porre fine al suo tormento. La voce narrante dell'intermezzo è quella di Morgoth che, con un sorriso maligno, dà il benvenuto al suo nuovo illustre "amico": "Ora sei mio ospite? per sempre".

Blood Tears

E così Maedhros viene incatenato per un polso sul fianco di alte montagne... una condanna sempiterna sembrerebbe, ma c'è un personaggio pronto a correre in suo aiuto. Si tratta di suo cugino Fingon, figlio di Fingolfin. "Blood Tears" (Lacrime Di Sangue) ci trasporta delicatamente sulle alture del Thangorodrim grazie a degli accordi gelidi come il vento che sferza i picchi e la pelle del povero Maedhros, mentre un quasi impercettibile tappeto di tastiere sembra voler simboleggiare la quiete che si respira a quelle altezze. L'entrata in campo della voce di Hansi non muta molto l'atmosfera generale, lasciando la canzone su uno stile tipicamente da ballata, fatto di linee vocali malinconiche, percussioni misurate e chitarre acustiche molto espressive. Con lo scorrere dei secondi però i toni cambiano, progressivamente la canzone trasforma il suo aspetto e si fa molto più enfatica, trascinata dalla solita voce di Hansi, ora più alta e potente, ed i soliti cori a sostegno. Un climax che trasmette tutto il dolore del prigioniero e ci porta, senza ulteriori indugi, al tragico e semi-corale ritornello, in cui Maedhros, stanco ma contento di essere stato trovato, invita suo cugino Fingon a tagliargli la mano destra per poter essere liberato dalla morsa della catena: "Lacrime di sangue piango, hai cercato e hai trovato, ora taglia la mano del tuo vecchio amico...". Dopodiché i toni si alleggeriscono nuovamente, è un momento molto atmosferico ed etereo, sembra quasi che i due personaggi si godano per qualche secondo il momento della liberazione; è solo un attimo però, poiché dopo pochissimo la canzone esplode in una potente accelerazione dalle tinte Thrash, che ci fa capire quanto Maedhros sia ormai traumatizzato da quell'esperienza: "La mia mente si trova in sogni ghiacciati... la carne putrida di amare bugie... benvenuto qui dove il tempo è fermo, nessuno se ne va e nessuno mai se ne andrà". Da notare il riferimento alla celebre "Welcome Home (Sanitarium)" dei Metallica. La brusca accelerazione termina e lascia spazio ad una breve strofa, mesta e dolorosa, che a sua volta si lascia andare al disperato ritornello, stavolta ancora più corale e con un testo leggermente diverso dalla sua prima ripetizione. L'Elfo è stato sì liberato, ma c'è come la sensazione che il dolore provato rimarrà per sempre dentro di lui, senza contare che ora è senza la sua mano destra, una vera tragedia per un guerriero. Verso metà pezzo i Blind Guardian cambiano nuovamente le carte in tavola inserendo dei riff più marcati a sostegno della struttura, coadiuvati da una batteria impostata su tempi medi e dall'onnipresente Olbrich con le sue melodie. In questa strofa poi viene descritto un altro momento importante, ossia quello in cui Maedhros, prima di essere liberato, prega il suo amico di essere trafitto da una freccia. La prigionia è durata anni ormai, l'Elfo sente solo il bisogno di morire; Fingon però, come abbiamo visto, non gli darà retta e lo porterà in salvo, pur se a prezzo di una mano. Le melodie di Olbrich avvolgono tutto e si trasformano in un vero e proprio assolo melodico, fluido e privo di troppi virtuosismi, il quale troverà un'accelerazione soltanto alla fine, quando, però, la canzone ritorna improvvisamente su tempi medi e verso l'instaurarsi di un'atmosfera più rilassata ed evocativa, sorretta soprattutto da un Hansi appoggiatosi su timbriche pulite e delicate. A questo punto è tempo di riascoltare il ritornello, il quale arriva puntualmente con la sua tragica maestosità fatta di cori e note distese che lentamente ci portano verso il finale, affidato ai riff e delle tastiere in sottofondo. Maedhros è finalmente libero, dolorante, triste e traumatizzato, ma è libero grazie all'eroico salvataggio di Fingon, il quale per l'occasione ha anche ricevuto l'aiuto dell'aquila Thorondor. Un brano, questo, apparentemente semplice ma ricco di sfumature cambi d'umore (oltre che di tempo), in cui è possibile ancora una volta apprezzare la maturità raggiunta dai Bardi nel comporre canzoni.

Mirror Mirror

È tempo di un grande classico con "Mirror Mirror" (Specchio Specchio), ovvero uno dei brani più conosciuti e rappresentativi dei Blind Guardian nonché singolo il quale, nel febbraio del '98, anticipò l'intero album. I primi 30 secondi sono di attesa, Thomen Stauch dà potenti colpi cadenzati con la sua batteria mentre altre percussioni sovraincise dettano tempi più marziali, le chitarre si alternano tra riff quadrati e melodie dal sapore celtico, in grado di donare al tutto un tocco di vivacità. Guidandoci, insieme alla batteria, verso l'accelerazione che seguirà e che dopotutto stavamo aspettando con impazienza. La cavalcata parte, velocissima, sembra una carica di cavalleria: i riff sono serrati e veloci, Thomen si lascia andare alle sue tipiche scorribande di batteria mentre la voce di Hansi è aiutata da cori e sovraincisioni vocali che rendono il tutto ancora più arrembante, battagliero e tridimensionale, oltre che enfatico. Ma a che punto della storia siamo? Con questa canzone si cambia nuovamente tema e scopriamo nuovi personaggi e vicende: stavolta il protagonista è il Noldo Turgon, figlio di Fingolfin e frattelastro di Fëanor. Personaggio importante poiché è l'ideatore della città segreta di Gondolin, uno degli ultimissimi baluardi nella lotta a Morgoth. L'Elfo non è da solo in questo progetto però, anzi, come cantano i Bardi nella seconda strofa, ha ricevuto un aiuto da molto in alto: "...il signore dell'acqua pronunciò nel silenzio parole di saggezza: ho visto la fine di tutto, sappi che la tempesta si avvicina". Si tratta di Ulmo, uno dei Valar e Signore delle Acque, il quale svela proprio a Turgon l'esistenza di una valle segreta e quasi inaccessibile. I versi però parlano chiaro e sono anche un chiaro avvertimento: una tempesta si avvicina e la città deve essere costruita al più presto. Il ritornello giunge quasi all'improvviso con la stessa carica dei versi che l'hanno preceduto, anzi, è ancora più arrembante e catchy, grazie a delle linee vocali sorprendentemente efficaci, squisitamente melodiche e vivaci ma, nello stesso tempo, potenti ed arrembanti come la forza di un dio. Un fiume in piena che sembra evocare proprio il controllo che Ulmo stesso ha sulle acque. La chitarra di Olbrich sembra cantare ed avere una vita propria, quando sforna ancora una volta melodie celtiche quasi ballabili, ma è una vivacità che viene interrotta da un inaspettato rallentamento il quale porta la canzone su lidi più cadenzati e guardinghi, in cui udiamo bene anche le tastiere in sottofondo. Turgon, curioso, arriva nella valle segreta e vede come effettivamente sia possibile costruirvi una roccaforte che possa ridare speranza alla guerra contro il Male. È il suo sogno e sembra appena diventato realtà, ma è meglio non raccontarlo in giro, la valle segreta deve rimanere... segreta! Subito dopo la traccia riparte a grandi velocità, ricca di cori, backing vocals straripanti e melodie chitarristiche. Non si può resistere a questo mix di elementi, tanto più perché il risultato è così efficace che immaginiamo le mura di Gondolin innalzarsi anno dopo anno, anche noi vogliamo scendere in campo e fare la nostra parte, anche combattendo, magari! Turgon però, ancora in questa strofa, non è così ottimista e sereno, anzi, è pieno di dubbi; è giusto costruire una città segreta e nascondercisi dentro? Mentre il mondo brucia? Turgon è afflitto da questi dilemmi: "E così lascerò i miei amici da soli, nascosto nella mia sala del crepuscolo. So che il mondo è perduto tra le fiamme, sicuramente non c'è un modo per portarlo indietro ai vecchi tempi...". Nella seconda parte della strofa, dopo un botta e risposta tra Hansi e cori, Turgon capisce che forse sì, è giusto così, un leader deve prendere scelte difficili... ma se la costruzione di Gondolin servirà al bene comune, allora che venga costruita! Con questa rinnovata vitalità ritroviamo anche l'eccitante ritornello che non fa altro che confermare quanto appena detto. L'assolo di Olbrich si inserisce su questo stesso percorso, essendo vivace e multiforme come è tipico del chitarrista, ma soprattutto è cantabile, tant'è che molto spesso dal vivo il pubblico ne intona l'ultima parte. Sembra procedere tutto per il verso giusto, eppure c'è qualcosa che non va: Ulmo infatti profetizza a Turgon che Gondolin non durerà in eterno, sarà sì una città decisiva per la resistenza contro Melkor, ma anch'essa cadrà, è solo questione di tempo. Il brano però non ne vuol sapere di cambiare umore, dopotutto la città è ora davanti a noi e dobbiamo goderne adesso, al futuro penseremo poi. Ed infatti ecco che strofe veloci, pregne di cori e melodie ci conducono verso l'ultimo ritornello e verso la fine di quella che forse è la canzone più rappresentativa del nuovo corso intrapreso dai Bardi.

Face The Truth

"Face The Truth" (Affronta la Verità) è un intermezzo parlato. Pochi secondi in cui viene sintetizzato il destino dei Noldor, pochi secondi in cui una voce, forse quella di Fingolfin, affronta la verità, per l'appunto. I Noldor stanno condizionando (e hanno condizionato) il corso degli eventi, molte cose sono dipese e dipenderanno dalle loro azioni, la loro maledizione colpirà anche chi poco ha a che fare con loro, essi stessi sono stanchi di portare questo peso per colpa di Fëanor. La Sorte dei Noldor, profetizzata da Mandos, è difficile da affrontare. Eppure la loro grande forza li spinge sempre in avanti, dopotutto sono una razza dalle grandissime abilità, sia guerriere sia artistiche, sono gli esseri più vicini ai Valar, ma non va dimenticato che hanno portato anche dolore con, con loro. Dolore, fratricidi e menzogne: "...abbiamo affrontato la maledizione e sopportato la miseria. Siamo condannati, abbiamo portato speranza ma anche bugie e tradimenti".

Noldor (Dead Winter Reigns)

La vivacità e la potenza straripante di "Mirror Mirror" vengono accantonate nei quasi 7 minuti di "Noldor (Dead Winter Reigns)" (Noldor, Un Inverno Morto Regna). Ce ne rendiamo conto già dall'inizio, con quegli accordi malinconici e freddi e quei riff lenti e cupi. Siamo in un contesto anticipato dalla narrazione precedente, ossia il destino dei Noldor dal punto di vista di Fingolfin: l'Elfo, poco dopo il fratricidio dei Teleri, è stato tradito dal suo fratellastro Fëanor che ha bruciato le navi con cui era possibile raggiungere la Terra di Mezzo, lasciando il suo parente e alleato isolato ed indietro. Questo costringe Fingolfin a prendere una via alternativa, una via decisamente più pericolosa che passa per il terribile stretto ghiacciato di Helcaraxë, il quale collega Valinor e Aman alla Terra di Mezzo. I cori iniziali sono non a caso malinconici e pieni di rimorso per quanto accaduto ai Teleri, trucidati soltanto per non aver offerto le loro bellissime navi, i tempi cadenzati sembrano riflettere l'andamento lento e incerto dei Noldor che attraversano lo stretto in una sorta di gelida marcia forzata. Fingolfin è ben consapevole di quanto successo, non è affatto contento del fratricidio a cui ha preso parte, lui non è come Fëanor... i Noldor hanno le mani insanguinate e redimersi non sarà cosi facile. La terza strofa è meno malinconica dell'inizio, in effetti è più dura e oscura, sempre lenta, ma con riff e accordi distorti in primo piano a dar manforte ad un Hansi im postato su toni bassi, quasi rancoroso, certamente arrabbiato e deluso per la situazione attuale: "Eravamo persi su distese ghiacciate, affamati ed impauriti. Un inverno morto regnò in Araman". Il pre-bridge, decisamente più veloce ed aggressivo con la chitarra effettata di Olbrich che sembra lamentarsi, ci investe come una fortissima tempesta gelida, nello stesso modo in cui tutti devono subire la maledizione dei Noldor, volenti o nolenti; una maledizione che, proprio come un tifone, colpisce tutto quello con cui viene in contatto. Lo stesso concetto viene espresso nel più lento e cupo bridge, il quale grazie ad un climax corale si lascia andare ad un ritornello particolarmente espressivo e dal forte sapore tragico, sempre carico di cori che cantano all'unisono la maledizione dei Noldor e la tristezza di Fingolfin, la loro guida, intento ad osservarli mentre attraversano una desolata distesa ghiacciata. Il brano prosegue con una strofa che alterna momenti più duri e pesanti a momenti in cui la tristezza sembra fuoriuscire maggiormente, proprio come Hansi alterna timbriche ruggenti a note gravissime (qui forse possiamo ascoltare le note più basse del suo range vocale). Fingolfin è decisamente deluso, eppure non si lascia andare a pensieri vendicativi, è stato già versato troppo sangue, sembra quasi volersene fare una ragione. Ecco però che, mentre riflette sul suo destino, viene investito nuovamente dalla turbolenta sezione che comprende il prebridge, il bridge ed il ritornello. I pensieri più razionali vengono spazzati via dal vento dell'Helcaraxë, il lato tragico prende il sopravvento. Un pregevole assolo di Olbrich sembra imitare il flusso di coscienza dell'Elfo, ci sono infatti momenti più lenti e momenti più veloci, così come nella mente di Fingolfin i pensieri più razionali si alternano a quelli più drammatici e rabbiosi; il flusso ci trasporta verso una nuova cupa e pesante strofa, in cui la batteria di Stauch suona come dei tuoni e la voce di Hansi suona quasi malvagia... bassa, cupa, pensierosa. Questa strofa però cambia presto i propri connotati grazie ad una veemente accelerazione in cui Hansi dà invece sfogo al suo lato più aggressivo, per farci capire come Fingolfin abbia preso una posizione: dopotutto è anche colpa sua, anche lui è un Noldo, e inoltre non ha fatto niente per fermare il suo fratellastro. Questa consapevolezza rende Fingolfin furioso, e lo si percepisce molto bene grazie alla musica, ora sfociata ancora una volta nel ritornello nonché nelle sezioni che, come da copione, lo precedono. Dopodiché arriva l'ultima strofa del pezzo, che ci riporta su ritmiche cadenzate e discorsive, sempre sorrette da riff e melodie, ma stavolta più distesi, dato che ci avviciniamo al finale. In questo frangente Fingolfin pare essersi sfogato, dopo quel moto d'ira è in lacrime, torna alla consapevolezza del suo destino: ormai la sua stirpe è dannata e non c'è niente da fare, neanche le sofferenze patite durante il passaggio sullo stretto serviranno per una redenzione. In tutto questo, poi, l'Elfo aggiunge che non riesce proprio a considerarsi innocente, lui è colpevole come tutti i Noldor: "...condannato e tradito, ora tutto è stato detto. Guarda i miei occhi, sono pieni di lacrime e abbiamo pagato un prezzo crudele. Tuttavia non posso ancora dichiararmi innocente...". Una breve coda di pianoforte chiude il brano più lungo dell'album e uno dei più difficili da assimilare.

Battle Of Sudden Flame

"Battle Of Sudden Flame" (La Battaglia Della Fiamma Improvvisa) è un intermezzo medievaleggiante in cui è il flauto ad accompagnare la voce di Hansi e le sue sovraincisioni. Il cantante qui ci parla per l'appunto della battaglia del titolo, della Dagor Bragollach (se vogliamo usare il nome elfico), una grande battaglia tramite la quale Morgoth spezza il lunghissimo assedio che l'aveva tenuto prigioniero nella sua Angband. Lo scontro porta questo nome per due semplici ed intuibili motivi: è scoppiato improvvisamente ed è iniziato tramite la fuoriuscita di fuoco e fiamme dalla fortezza, le quali hanno messo a soqquadro l'esercito e le postazioni dei Noldor, procurando fra di essi molte perdite. Il prosieguo della battaglia, inoltre, porterà alla morte anche molti eroi e personaggi abbastanza importanti, tanto da essere vista come una vera e propria disfatta per i Noldor. Qui è ancora una volta Fingolfin a parlare, pronto a dare anche la sua vita per portare il suo popolo alla vittoria: "Oh signore qui me ne sto, improvvisamente tutto è perduto per i Noldor. Da questo momento la mia vita è il mio dono per voi. Guida il mio destino verso la vittoria degli Elfi".

Time Stands Still (At The Iron Hill)

La traccia che ne segue è una delle più famose dell'album, ovvero "Time Stands Still (At The Iron Hill)" (Il Tempo è Fermo, Alla Collina di Ferro). Nonostante il dramma della battaglia, l'inizio della canzone è piuttosto pomposo e sinfonico, con le tastiere particolarmente in primo piano che poi, con lo scorrere dei secondi, si trascinano lentamente in sottofondo per lasciare più spazio alle melodie chitarristiche, le quali non cessano di esistere neanche quando Hansi comincia a cantare, avvolgendo la struttura del brano come le fiamme di Morgoth avvolgono le pianure intorno ad Angband. In tutto questo anche la sezione ritmica ha il suo bel peso: infatti, i riff di Siepen non sono mai assenti e la batteria di Stauch detta ritmiche medio-veloci sulle quali un espressivo Hansi interpreta Fingolfin. L'Elfo vede intorno a sé distruzione e desolazione, tali da far pensare che non c'è speranza, tali da far pensare che la vittoria è lontanissima, se non impossibile. Nel pre-chorus i toni si innalzano di molto e la parte pomposa torna preponderante, ricchissima di lucenti ed esplosivi cori e di tastiere intenti a suonare melodie medievaleggianti. Ma perché tanta baldanza in un contesto così drammatico? È presto spiegato: Fingolfin decide di sfidare a duello nientemeno che Morgoth stesso! Ci immaginiamo l'esercito dei Noldor acclamare il suo capo a gran voce con un ottimismo ritrovato: "Signore di tutti i Noldor, stella nella notte e portatore di speranza, egli cavalca da solo verso la sua gloriosa battaglia. Addio al valoroso condottiero". Il ritornello, se possibile, è ancora più pomposo di ciò che l'ha preceduto, sicuramente è più anthemico, cadenzato e glorioso, tanto che vorremmo anche noi alzare il pugno al cielo con una spada in mano per acclamare il prode Fingolfin. Le strofe successive, tra progressioni di riff e melodie, momenti più veloci e cambi di timbrica da parte di un Hansi più espressivo che mai, narrano proprio dell'avvicinarsi del Noldor all'entrata della fortezza del nemico mentre rabbioso lo chiama fuori, per sfidarlo una volta per tutte. È solo, là fuori, eppure non ha paura, anzi, sono i nemici che hanno paura di lui e della sua furia, si tolgono di mezzo per lasciarlo passare e lasciarlo al loro signore; il quale, seppur titubante accetta la sfida e si presenta al suo cospetto. È un successo! Morgoth ha accettato la sfida, forse si può concludere la guerra intera con un duello, e così ritornano sia pre-chourus sia chorus proprio per ribadire la gloria del momento e l'entusiasmo delle forze elfiche. Emozioni che si trasmettono anche nell'assolo di Olbrich, ricco di melodie che sembrano muoversi sinuosamente come i passi veloci ed eleganti di un guerriero esperto e capace come Fingolfin. All'improvviso però la baldanza sembra ridimensionarsi di colpo, Hansi infatti pare quasi sussurrare quanto sta avvenendo, come se avesse paura di dire la verità ad alta voce... e la verità è che Morgoth, che è pur sempre un Vala, sta dando parecchio filo da torcere all'Elfo. Tuttavia Fingolfin riesce a ferirlo ben sette volte con la sua spada, e riesce anche ad azzopparlo. Grond però (il martello di Morgoth) è un'arma potentissima e cade per terra provocando crateri e risuonando come una tempesta, il Signore Oscuro non ha affatto intenzione di perire: "Sotto il mio piede sembra così, senza speranza. Hai disturbato il mio giorno, ora senti il dolore". Nonostante questo il refrain torna con tutta la sua pomposità, ma stavolta è quasi un omaggio all'Elfo, già... perché Fingolfin non ce l'ha fatta. Morgoth si è rilevato un avversario troppo potente. L'ultima strofa infatti è più sommessa di quanto appena ascoltato, ma non rinuncia ad una certa positività, poiché l'azione dell'Elfo verrà ricordata per sempre, il suo spirito vivrà per sempre e grazie ad essa i Noldor potrebbero essere più vicini alla redenzione.

The Dark Elf

"The Dark Elf" (L'Elfo Oscuro) è un tetro intermezzo intenzionato a presentarci un nuovo personaggio: Eöl. La traccia è introdotta da una pioggia battente e da delle porte che si aprono mostrandoci un ambiente probabilmente oscuro e lugubre. La voce di Hansi è solitaria, non c'è nessun altro strumento ad aiutarla, eppure suona come se fosse un mesto coro simil-gregoriano. Il cantante narra della nascita di un seme del male... questo perché molto probabilmente il vero protagonista è il figlio dell'Elfo Scuro, ovvero Maeglin, il quale sarà decisivo per la caduta di Gondolin, la città segreta di cui abbiamo già parlato in precedenza. Non è proprio una sorpresa, d'altronde la sua caduta era stata profetizzata: "Un oscuro seme del male è cresciuto".

Thorn

L'album prosegue inesorabilmente con "Thorn" (Spina), una canzone dedicata proprio a Maeglin ed incentrata sul suo punto di vista. I primi 25 secondi circa risultano assai cupi: un tappeto di tastiere è aiutato da riff monolitici e opprimenti, tutt'altro che vivaci e avvolgenti; c'è anche spazio per delle chitarre acustiche decisamente più leggere e distese, ma non bastano per toglierci dalla mente l'idea che questo brano sarà drammatico e triste. L'impressione viene confermata quando il pezzo si trasforma in una sorta di ballata acustica e con l'entrata in campo di un Hansi impostato su toni ora bassissimi ora più soavi e aperti. Nella seconda strofa le cose però cambiano, e anche di molto: la batteria è sempre più opprimente, così come gli appena entrati riff metallici. Presto la canzone si trasforma da triste ballata a canzone piena di risentimento, pur senza perdere un briciolo di drammaticità e assestandosi saldamente su tempi non veloci. Maeglin, come quasi ogni personaggio messo in musica dai Bardi, è dubbioso e pieno di domande, il suo è un destino tragico. Suo padre, Eöl, è stato giustiziato da suo zio Turgon (il sovrano di Gondolin, come forse si ricorderà) e, nonostante Maeglin straveda per lui e speri di diventare suo erede, non riesce a giustificare del tutto il gesto dello zio. Dopotutto, quello giustiziato era suo padre. Da questo momento, però, il suo carattere cambia, se ne sta più in disparte, in silenzio, circondato da un'oscurità che lo tiene in bilico tra emozioni contrastanti: "Sono intrappolato nell'oscurità ma ancora cerco di raggiungere le stelle, mi muovo in silenzio e mi lascerò tutto alle spalle". Il ritornello giunge quasi all'improvviso con tutto il suo pathos drammatico fatto di cori lunghi e distesi e di vocals più graffianti da parte invece di Hansi. È un ritornello molto enfatico ma al contempo molto doloroso, che ci fa percepire tutto il dolore provato da Maeglin, ma anche la sua rabbia: suo padre è stato ucciso e la sua amata Idril molto probabilmente andrà in sposa ad un altro. La sua vita sembra andare a rotoli, i sogni di diventare un signore dei Noldor sembrano svanire sempre di più. Un breve assolo di Olbrich ci porta ad una nuova strofa cadenzata e verso i nuovi pensieri di Maeglin. Stavolta l'Elfo non pare più così insicuro, comincia ad avere pensieri negativi contro suo zio Turgon e la sua splendida e preziosa città; Hansi gli fa dire, eloquentemente "Tradirò me stesso, per risalire?" A tanto arriva la sua rabbia? Lo porta addirittura a pensare ad un tradimento? È importante sapere che un giorno Maeglin verrà catturato da una banda di orchi e portato nella fortezza di Morgoth ove sarà torturato e ammaliato con false promesse. Dopo altre strofe sempre cadenzate e sullo stile delle precedenti, ovvero sempre ricche di sovraincisioni e incastri musicali davvero ben fatti, ritorna il ritornello con i suoi cori e la sua carica emotiva. Stavolta il dolore causato dalle spine non sembra più alludere ai dubbi e ad un male esistenziale, stavolta il dolore è quello del tradimento e della punizione che seguirà. L'assolo di Olbrich è melodico come sempre, ma è una melodiosità inquieta e dal retrogusto malinconico e rassegnato, ottimo per capire meglio cosa sta accadendo nella mente del protagonista del pezzo. La nuova strofa dimostra quanto i Blind Guardian siano bravi a cambiare tempo e umore nel giro di pochi secondi, proponendo proprio una strofa in cui si passa dai soliti riff rocciosi e annichilenti ad un momento in cui si odono meglio le tastiere e soprattutto un pianoforte che accompagna Hansi ed i cori. Siamo sempre più vicini all'epilogo, l'ultima strofa infatti ci mostra Maeglin imprigionato e al cospetto di Morgoth in persona, con i suoi occhi che lo squadrano e cercano di capire le sue debolezze per usarle a proprio vantaggio: "Sono perso nelle profondità dei suoi occhi, non posso fuggire. Il dolore interiore causò pazzia, la paura e la fame sono nel profondo...". Maeglin verrà torturato e gli verrà promessa la mano di Idril, ad un prezzo però: dovrà svelare l'entrata segreta di Gondolin. Un prezzo altissimo che però l'Elfo decide di pagare, svelando ogni cosa al Signore Oscuro. A questo punto, con l'ultimo ritornello, il dolore delle spine è sempre più vivo, Maeglin si è macchiato di un crimine irripetibile, ha tradito un'intera città ed un intero popolo per un suo tornaconto. Verrà per sempre ricordato come uno dei peggiori traditori di tutta la storia di Arda e della Terra Di Mezzo. I Blind Guardian si limitano a raccontare il suo punto di vista ed i suoi pensieri, ma c'è dell'altro che viene omesso, sicuramente per fattori di durata e spazio. Si potrebbe infatti pensare che l'Elfo abbia agito così perché soggiogato e torturato da Morgoth... eppure, dopo le torture, viene fatto tornare a Gondolin dove avrebbe avuto l'occasione di avvertire i suoi abitanti del pericolo imminente. Non lo fece ed anzi: durante l'assedio provò addirittura a rapire Idril e suo figlio; ci sarebbe anche riuscito se non fosse stato per l'intervento di Tuor che lo uccide punendolo così per il suo orrendo misfatto.

The Eldar

L'aura drammatica dell'album non accenna a diminuire neanche con la traccia successiva, la struggente "The Eldar" (L'Eldar). Eldar è uno dei tanti appellativi per definire gli Elfi e significa "popolo delle stelle". Il brano però non parla di tutta la razza elfica, bensì di un personaggio in particolare, il nobile Noldo Finrond Felagund, amico dell'umano Beren e fratello della ben più famosa Galadriel. La canzone inizia con un mesto e crepuscolare pianoforte a cui si legano i cori eterei ed evanescenti affidati alla mutevole voce di Hansi; tutto fa presagire una ballata dalle forti tinte drammatiche, e così sarà infatti. Non ci sono chitarre, basso o batteria, neanche quando inizia la prima strofa, tutto è affidato al pianoforte e ad Hansi, il quale lascia vedere il lato più delicato e soave della sua voce, risultando quasi angelico, contrastando di molto con la sua tipica timbrica tipicamente ruggente. Un contrasto che ovviamente non dispiace affatto, anzi. È Finrod stesso a parlare, pronunciando versi decisamente malinconici: "Ho visto la Luna e la prima alba, ma lascerò tutto ai ricordi e darò un bacio d'addio al vento". Egli è un Elfo ed in quanto tale ha un'età che gli ha permesso di vedere addirittura la prima alba... però resterà tutto un solo ricordo, a cui dare l'addio. Perché? Ebbene, siamo davanti agli ultimi momenti di vita dell'Elfo. Lui lo sa, ecco perché comincia a tirare un bilancio della sua vita, a ricordare ciò a cui ha preso parte. Sauron l'ha preso prigioniero insieme a Beren e gli propone una sfida a canti di potere. Ecco perché nel ritornello si parla di "song of doom": se Finrod perderà troverà la morte. In ogni caso, il refrain mantiene sempre un'atmosfera sommessa e triste, seppur su toni leggermente più alti rispetto alla prima strofa. Inoltre, riappaiono i cori eterei avvolgenti che sembrano voler rappresentare lo spirito di Finrod mentre lascia il suo corpo e si dirige verso le Aule di Mandos. La strofa successiva vede un lieve acceleramento nelle linee di pianoforte, ma Hansi continua a deliziarci con la sua dolce e triste voce, sembra di sentire Finrod stesso con la sua voce elfica mentre intona il suo ultimo canto, un canto mortale. Sauron infatti vincerà la sfida decretando il trapasso dell'Elfo che ancor prima di perdere sente già che il suo spirito molto probabilmente lo lascerà. Puntualmente ritroviamo il ritornello, dopo di esso però c'è una sorpresa inaspettata: improvvisamente il pianoforte si fa più agitato ed ecco che Hansi comincia a ruggire veementemente con una potenza tale da permettergli di far arretrare Sauron in persona! È l'ultimo sforzo di Finrod, il quale si lascia andare al suo destino, non senza aver combattuto. Egli ha fatto la sua parte, dopotutto... ed ora è tempo di andare. Il prezzo è stato alto, un giorno però tornerà tra i vivi. La voce di Hansi è dannatamente espressiva e rende questo momento l'apice emotivo della canzone ed anche uno dei momenti più belli dell'intero album; d'altronde siamo abituati a sentirlo cantare in questo modo quando è circondato da chitarre elettriche e percussioni. Sentirlo così, aiutato solo da un pianoforte, è un qualcosa di molto particolare, che fa sembrare la sua voce ancora più potente, soprattutto perché il Nostro intona dei versi di rara bellezza: "Alto è il fio ma presto il mio spirito tornerà. Benvenuta alba, la tua luce mi porterà a casa. Io dico addio". Dopo un climax del genere non si può che tornare in basso, e infatti la canzone torna sui lidi iniziali. Torna ad essere triste e soprattutto fragile come la vita. Anche il ritornello risulta decisamente più sommesso del solito, il pianoforte infatti è nuovamente lento e non ci sono più i cori ad affiancare Hansi, tutto sembra spegnersi lentamente. Il brano finisce, gli occhi di Finrod si chiudono.

Nom The Wise

"Nom The Wise" (Nom il Saggio) è un intermezzo narrato in cui Beren, salvo grazie al sacrificio di Finrod, pronuncia un elogio funebre in onore del suo amico e salvatore. Nom infatti è un appellativo dato all'Elfo appena deceduto, e vuol dire proprio saggio. Inoltre, come si leggerà nell'elogio, viene anche detto che egli era "amico dell'Uomo", questo perché Finrod è stato il primo Elfo a venire in contatto con la razza degli Uomini. La sua amicizia con Beren e con altri uomini, poi, dimostra la validità di quest'appellativo: "E così morì Nom il Saggio, Signore delle caverne e amico dell'Uomo. Giusto e nobile, il più amato della razza dei Noldor. Pagò il prezzo, rispettò il giuramento. Addio amico mio, addio".

When Sorrow Sang

Con "When Sorrow Sang" (Quando il Dolore Cantò) si torna ad ascoltare un pezzo veloce ed arrembante, quasi vecchio stile; dopo una lunga serie di canzoni drammatiche e ricche di pathos... non possiamo che dargli il benvenuto! Si parte subito, senza nessun indugio, a suon di riff serratissimi e di melodie chitarristiche più repentine e meno distese del solito. La partenza vera e propria però si trova dopo questa breve parentesi introduttiva, ed una partenza col botto in cui Thomen Stauch può tornare a pestare con la sua batteria, con le chitarre tornano a dominare la struttura del brano senza l'appoggio delle tastiere; insomma, una canzone più asciutta, diretta e aggressiva del solito in cui anche Hansi può lasciare da parte per un attimo il suo lato vocale più pulito. Le prime quattro strofe proseguono su questo preciso stile, senza troppi cambi d'atmosfera o progressioni sofisticate. In effetti, c'è solo un rallentamento invigorito dalle backing vocals che però serve solo a far ripartire il brano più potente di prima. È con la strofa che precede il ritornello che cominciamo a capire meglio il tema della canzone: "Un amore immortale ingannato dalle mani del fato. Che l'amore significasse morte l'avevo realizzato troppo presto". Ebbene siamo al cospetto di Beren e del suo amore per Lúthien, e quindi della storia d'amore più famosa del legendarium di Tolkien, una storia d'amore apparentemente impossibile tra un Uomo ed un'Elfa. Un amore che avrà innumerevoli ostacoli sul suo cammino: all'inizio infatti sarà Thingol, il padre di lei, ad ostacolarli, non credendo possibile un amore tra un mortale e un'immortale. Thingol però, consapevole della forte passione tra i due, proporrà a Beren una sfida, ossia quella di rubare uno dei Silmaril direttamente dalla corona di Morgoth. Un compito arduo dinnanzi al quale l'Uomo non si tirò indietro, anche se, come abbiamo letto in quei versi, l'epilogo non sarà dei più felici. Il ritornello, lievemente più lento del resto del brano e caratterizzato da note più distese e ariose, già ci svela qualcosa: si parla di dolore, di aldilà e dell'essersi spinti troppo oltre. Il perché è presto spiegato: i due amanti arrivano nella fortezza di Morgoth ed inaspettatamente Lúthien riesce ad addormentarlo intonando un canto bellissimo e soporifero, come è illustrato benissimo nella copertina ad opera del solito Andreas Marschall. Dunque, Beren riesce a prendere un Silmaril, ma nel farlo sveglia Morgoth e tutti gli abitanti della fortezza, compreso il lupo Carcaroth, il quale con un morso stacca la mano di Beren e la ingoia con tutto il Silmaril. Ma proseguiamo; la canzone riparte con riff decisi ed intrecci chitarristici tipici di Olbrich, ma ecco che la batteria di Stauch si fa più marziale facendo rallentare il tutto e permettendo ad Hansi di proporre qualche sovraincisione vocale capace di donare una certa enfasi. Beren, ormai monco, nel tentativo di riprendersi il Silmaril da Carcaroth con l'aiuto di Huan (il cane di Valinor), perisce. Eppure non vuole lasciare questo mondo senza essersi fatto dire addio dalla sua amata. È proprio la forza di questo amore a rendere i due amanti così cari ai Valar (come spiegherò più in là); percepiamo tutta questa forza nella strofa successiva, la quale torna su lidi veloci e aggressivi dominati dalle chitarre: "...non posso dimenticarla, il suo viso non lascerà le profondità della mia anima, io la desidero". Il ritornello suona la carica un'altra volta, Beren ormai è nell'aldilà, eppure grazie alla musica non ci sentiamo tristi o afflitti. In effetti suona tutto così potente ed arrembante, soprattutto quando la 6-corde di André si abbandona ad un assolo davvero eccitante e veloce. Diciamocelo, tutta questa potenza forse rispecchia la rabbia del povero Beren, morto sì a causa di Carcaroth, ma anche a causa del suo amore, se andiamo a ben vedere... o meglio a causa di Thingol che non lo vedeva di buon occhio; ma rappresenta bene anche il lato più avventuroso della storia. La nuova strofa non accenna a demordere o a mostrare un po' di tristezza, anzi, Beren è triste, ma non può cambiare quanto ormai è accaduto e preferisce restare impassibile e orgoglioso, mentre però le lacrime fuoriescono dai suoi occhi. Il refrain torna per l'ultima volta e chiude la canzone, è sempre potente e catchy ma ormai l'abbiamo capito, nonostante la velocità, l'eccitazione e la potenza: questa è una canzone di dolore e tristezza.

Out on the Water

Il seguito della storia lo scopriamo con "Out on the Water" (Fuori sull'Acqua), un intermezzo acustico, medievaleggiante e rilassante, il quale parla di ciò che accadde dopo la morte di Beren. Nella canzone precedente non se ne parla, ma Lúthien perirà poco dopo Beren proprio a causa del dolore. Ella però, giunta nella Aule di Mandos, cantando nuovamente muoverà a compassione i Valar, portandoli ad una decisione sorprendente: i due amanti infatti verranno riportati in vita e saranno lasciati vivere in pace lontani dagli eventi del resto del mondo. Lei, divenuta mortale, darà un figlio a Beren chiamato Dior, il quale darà a sua volta vita ad una progenie di una certa importanza per i futuri eventi della Terra di Mezzo. Dopotutto, un lieto fine c'è. Il bardo Hansi canta soffusamente del luogo dove i due avrebbero vissuto fino alla fine dei loro giorni: "...lì vissero fino a quando lasciarono il mondo, e le loro gesta ancora risuonano nelle canzoni".

The Steadfast

"...dannata sia la tua casata, tu non metterai più in discussione il mio potere né mi sfiderai oltre". Con questa perentoria sentenza da parte di Morgoth siamo passati all'ascolto dell'intermezzo narrato intitolato "The Steadfast" (Il Costante). Nonostante sia lui a parlare, l'epiteto non fa riferimento al Signore Oscuro, bensì all'Uomo Húrin detto, per l'appunto, Il Costante. Egli è uno dei guerrieri più potenti e capaci della sua razza, si distinse durante la Battaglia Delle Innumerevoli Lacrime, ma ciò non gli impedì di essere catturato da Morgoth, il quale voleva sapere l'ubicazione di Gondolin. L'Uomo però non crollò mai e mai rivelò l'entrata per accedere alla città segreta, così il Signore Oscuro lo tenne prigioniero, seduto su un seggio sperduto tra le montagne più alte e inaccessibili, e lo colpì con una maledizione. Maledizione che, come abbiamo visto poco più su, avrebbe colpito tutta la progenie di Húrin, portando dolore e tragedia anche ai suoi figli.

A Dark Passage

Ci avviciniamo alla fine dell'album, anzi, a dirla tutta "A Dark Passage" (Un Passo Oscuro) è l'ultima canzone vera e propria dell'album. Anche qui è Morgoth a parlare, o meglio, a cantare per bocca di Hansi. Questa è anche la canzone in cui l'apporto sinfonico delle tastiere è più presente, e lo cominciamo ad intuire già dall'introduzione in cui proprio le tastiere collaborano insieme alle chitarre per creare un tappeto sonoro simil-orchestrale che sorregge la canzone come delle imponenti colonne. Il brano viene arricchito ancora di più non appena Hansi comincia a cantare e subito siamo circondati da elaborate sovraincisioni vocali ed echi che si allontanano sempre di più, giungendo fino agli eserciti del Bene in rotta dopo la tremenda sconfitta subita nella Battaglia Delle Innumerevoli Lacrime. Non solo Elfi e Uomini sono stati sconfitti, adesso devono anche ascoltare l'eco della voce di Morgoth che risuona ovunque e li perseguita. In ogni caso, gli echi lasciano presto spazio ai riff dell'accoppiata Olbrich-Siepen e la canzone acquista subito un piglio più metallico, anche perché Hansi/Morgoth ha qualcosa da annunciare: "...una cosa è sicura: il trionfo dell'ombra è vicino". Mano a mano che la canzone prosegue altri elementi si aggiungono all'insieme, e così ritroviamo le melodie avvolgenti della chitarra di Olbrich e gli onnipresenti cori. Il ritornello è la naturale continuazione di ciò e trova il sopporto anche delle tastiere. Esso comunque presenta sempre dei dialoghi tra cori e voce solista, ma risulta meno catchy del solito, in un certo modo più elaborato e dall'andamento quasi rilassato, tanto che ha bisogno di più di qualche ascolto per entrare in testa, così come tutto il resto. Anche il refrain è una dichiarazione di potenza da parte di Morgoth, una dichiarazione pregna di orgoglio, egoismo e superbia: "Ho distrutto la luce e non riposerò fino a quando non sarò re. Adesso Valinor è vuoto, gli Elfi e gli Uomini si sono alleati... ma saranno tutti dannati". Dopodiché, dopo dei veementi cori che chiudono il ritornello, troviamo una lunga strofa in cui le tastiere tornano ad essere una parte fondamentale del muro sonoro mentre accompagnano Hansi che canta in un modo sussurrato e guardingo, donando uno spessore in più al brano, dimostrando come i Blind Guardian si divertano a non seguire a tutti i costi la classica forma-canzone. La stessa lunga strofa è mutevole, verso la fine infatti Hansi torna a cantare con un tono più potente e alto, coadiuvato dalle ritrovate chitarre elettriche e dalla batteria di Stauch che detta un ritmo cadenzato ed ossessivo come la paura che Morgoth effettivamente ancora prova, per un eventuale ritorno degli Elfi. Una grande battaglia è stata vinta però, perché preoccuparsi del futuro e di cosa faranno gli Elfi? Bisogna godersi la vittoria ed i suoi frutti: i figli di Fëanor sono dispersi, Fingon è morto, gli Uomini hanno subito pesanti perdite e Húrin è prigioniero, i Nani anche si sono ritirati a causa delle perdite, gli Uomini hanno tradito altri Uomini e hanno condizionato il corso dello scontro... insomma, c'è di che gioire! Ecco infatti che ritorna il refrain con il suo incedere ciondolante e vagamente da valzer, dopotutto Morgoth è contento ed è dentro la sua fortezza a godere delle sue azioni. Anche l'assolo di Olbrich suona particolarmente melodico e (molto) vagamente danzereccio, riusciamo a respirare tutta la gioia che prova il Signore Oscuro, proviamo una vivace serenità per un qualcosa di terribile. Da notare inoltre la gran quantità di cambi di tempo che accompagnano l'assolo e danno al brano un retrogusto quasi Progressive. In questo momento in cui la positività è all'apicem, torna il ritornello con la sua carica superba. Dopo di esso troviamo due strofe davvero variegate e altalenanti (in senso buono) in cui le tastiere sono nuovamente in primo piano e i cambi d'umore e di tempo rendono il tutto decisamente non lineare, soprattutto se poi anche i cori e Hansi contribuiscono a questo mosaico musicale. Potenti riff però tornano e riportano il brano su lidi più squadrati, cupi e minacciosi. Nella nuova strofa Morgoth si rivolge Húrin e lo maledice (come nell'intermezzo narrato che aveva preceduto la canzone): "Stai seduto sulla tua sedia e guarda i tuoi parenti, con i miei occhi guarderai e con le mie orecchie sentirai. Hai turbato la mia giornata e hai messo in dubbio il mio potere. Non si scherza con il signore del fato". L'aver imprigionato un eroe del genere è motivo di altro orgoglio... ed a questo punto non può che tornare il ritornello, che ormai vediamo come il simbolo perfetto del carattere del signore del Male. La canzone potrebbe chiudersi su queste note e affermare la supremazia di Morgoth, ma c'è qualcosa in lontananza. Nell'ultimo minuto le tastiere si avvicinano accompagnate da delle percussioni marziali, le quali suonano profonde come se fossero dei timpani; alcuni cori quieti ma instancabili si avvicinano sempre di più a noi, mentre ripetono all'infinito "Eppure noi ancora marciamo...". Gli Elfi saranno stati pure sconfitti, ma la loro volontà non è stata spezzata del tutto, essi ancora marciano e sono ancora decisi a sconfiggere Morgoth, una volta per tutte. Così si chiudono i 6 minuti di quella che è senza dubbio la canzone più particolare e meno accessibile dell'album, una canzone in cui si sente chiaramente la nuova direzione intrapresa dai Bardi, dato che mai sarebbe stato possibile trovarne una simile negli album precedenti.

The Final Chapter (Thus Ends...)

Siamo infine giunti alla traccia 22, un traguardo non indifferente raggiunto senza poi troppa fatica, dopo un viaggio che definire piacevole è anche riduttivo. L'ultimissima traccia di questo album capolavoro altro non è che una narrazione conclusiva, dal titolo alquanto eloquente: "The Final Chapter (Thus Ends...) (Il Capitolo Finale, così termina...). La voce narrante fa un breve resoconto di quanto appena successo, sintetizza in poche parole la devastante sconfitta nella Battaglia Delle Innumerevoli Lacrime causata anche dal tradimento decisivo di alcuni Uomini. Si odono lamenti in lontananza che sottolineano ancora di più il momento drammatico. Non tutto è perduto però, abbiamo visto come la canzone precedente si sia conclusa col canto degli Elfi ancora decisi a combattere, questa voglia non viene meno nella presente narrazione, si racconta infatti di un futuro non troppo lontano in cui Morgoth finalmente verrà sconfitto! La speranza risiede proprio in Gondolin, la città segreta del "Re Celato" Turgon, non ancora distrutta a quest'altezza degli eventi. La città infatti è un baluardo importantissimo per la resistenza, come abbiamo già visto, ma non solo: essa darà i natali a Eärendil (figlio dell'Elfa Idril, a sua volta figlia proprio di Turgon, e dell'Uomo Tuor). Un eroe che si rivelerà decisivo per le future sorti della Terra di Mezzo e soprattutto nella Guerra dell'Ira, dove grazie alla sua nave volante Vingilot riuscirà addirittura ad uccidere l'enorme drago Ancalagon. Un eroe portatore di luce e speranza che verrà ricordato per sempre, anche durante le vicende de "Il Signore Degli Anelli". Morgoth verrà sconfitto definitivamente durante la Guerra dell'Ira come viene narrato, non casualmente, nell'intro posto ad apertura dell'album. Il cerchio quindi si chiude e ci lascia carichi di speranza: "...l'ultima traccia di speranza vive nel Re Celato, solo lui preoccupa la mente dell'Oscuro, solo lui potrebbe portare rovina al nero nemico. Sebbene la terra giaccia in agonia e la maledizione ancora viva, una nuova stella sorgerà e un nuovo giorno verrà, di nuovo."

Conclusioni

Con 22 tracce e 65 minuti di musica, "Nightfall in Middle-Earth" è l'album più lungo dei Bardi e nello stesso tempo anche il più complesso, ricco e vario. Ascoltare un album che dura più di un'ora può risultare a volte pesante, ma non è questo il caso. Questo platter si snoda infatti benissimo e senza nessun intoppo, gli intermezzi sono tutti brevissimi e soprattutto funzionali allo scorrimento del concept; in ultimo ma non per ordine d'importanza, poi, le canzoni sono tutte efficaci. Tutte, nessuna esclusa. Non mancano certo pezzi più complessi e di non facile assimilazione, pezzi in cui la band strizza l'occhio a certe soluzioni Prog e si lascia andare a numerose variazioni interne; anche in quel caso, comunque, troviamo sempre una melodia, una strofa o un riff capace di far presa, per giungere all'apprezzamento completo della canzone in questione. Senza neanche troppi sforzi alla fin fine. Va inoltre detto che concept e musica sono qui complementari, le canzoni hanno un'anima che si collega direttamente al mondo di Tolkien, non recano titoli messi a caso tanto per far vedere che si sta parlando de "Il Silmarillion": la musica stessa ci lega con un filo (possibilmente di materiale elfico) il quale vede la sua estremità nel legendarium tolkieniano, essa si sposa alla perfezione con quanto narrato al suo interno, si respira un'atmosfera drammatica e tragica. La stessa che si può respirare leggendo il capolavoro dello scrittore inglese. Proprio per questo, non mancano infatti momenti più battaglieri ed eroici, inseriti proprio a contrastare il lato tragico presente nel destino di quasi tutti gli eroi che abbiamo visto durante l'analisi. E così abbiamo, per esempio, l'orgogliosa e veemente "Curse Of Fëanor" che non può che narrare dell'orgoglio del Noldor ribelle; oppure, nel versante totalmente opposto, la straziante e decadente "The Eldar"... la quale non può che narrare della morte di Finrod. Senza dilungarmi oltre con gli esempi, possiamo quindi affermare che ogni canzone ha un suo ruolo e carattere preciso volto a rappresentare il largo spettro delle emozioni che in quel momento vogliono essere trattate. I bellissimi testi di Hansi hanno un ruolo fondamentale in questo ovviamente, poiché sono proprio loro che, affiancati alla musica, ci danno l'opportunità di leggere nei pensieri dei personaggi e scoprire le loro intenzioni e preoccupazioni. Alcune canzoni suonerebbero comunque potenti, tristi o vivaci, ma il testo rappresenta sicuramente il coronamento dell'atto compositivo. Per giungere a questo risultato è servito un grandissimo sforzo da parte della band, ed è servito in ogni fase: dalla fase di scrittura a quella di registrazione, dalla stesura dei testi alle sovraincisioni vocali...non stupisce che da "Imaginations From The Other Side" (1995) siano passati tre anni, prima della pubblicazione di questo nuovo capolavoro. Nonostante ci sia un leggerissimo, e dico leggerissimo e lo dico tanto per fare il pignolo, calo qualitativo nell'ultima parte dell'album, questo risulta senza dubbio come il disco più completo e ambizioso mai composto dalla band, e anche come uno dei lavori migliori del Power tutto. Senza contare il fatto che, come altri album del gruppo, "Nightfall..." è un capolavoro riconosciuto anche da chi non mastica spesso, o per niente, le sonorità del Power Metal. Questo perché, come detto nell'introduzione, i Blind Guardian sono un caso particolare ed a sé stante. Per quanto riguarda il calo qualitativo dell'ultima parte, ripeto che è davvero lieve e non avrebbe senso parlarne, visto che le canzoni sono composte, suonate e cantate benissimo, come i Valar comandano; eppure, il mio lato da recensore mi impone di segnalare questo quasi impercettibile difetto. Difetto che comunque, lo ammetto, risiede nella soggettività, in quanto si potrebbe scegliere una qualsiasi delle canzoni presenti come preferita, e non sbagliare! Inoltre è anche vero che mantenere una qualità stellare per 65 minuti è complicato, se non (quasi) impossibile. In ogni caso, torniamo alle lodi! Se è vero che i riff risultano un po' più ovattati del solito, è anche vero che Olbrich svolge di contro un lavoro davvero notevole per quanto riguarda le melodie, proponendone una quantità enorme che spesso forma l'ossatura delle canzoni. Senza quelle melodie, i brani suonerebbero decisamente diversi e più vuoti, quindi l'ammorbidimento dei riff (dovuto sicuramente anche alla produzione e alla stratificazione del sound) non va ad inficiare troppo la qualità del disco, anche se sicuramente viene a mancare quella carica thrashy che aveva caratterizzato la band fino a questo momento. Poco male, però, album del genere vanno considerati e ascoltati per quello che sono. In conclusione, un capolavoro da ascoltare innumerevoli volte, da riscoprire innumerevoli volte e da amare per sempre. Non so dire se sia il migliore dei Bardi in assoluto, anche perché sono combattuto sul considerare tale più compatto "Imaginations..."; una cosa è certa, "Nightfall..." si pone sicuramente sulla vetta , all'apice di un percorso iniziato alla fine degli anni '80 e che di fatto ha fornito alla band tutti i mezzi per arrivare a questo punto. I Blind Guardian avrebbero quindi chiuso gli anni '90, periodo di fermento e di nuova giovinezza per il genere dei Nostri, con un album da consegnare agli annali e pieno di classici. Il quale li avrebbe collocati, come Morgoth in copertina, sul trono del Power Metal.

1) War Of Wrath
2) Into The Storm
3) Lammoth
4) Nightfall
5) The Minstrel
6) The Curse Of Fëanor
7) Captured
8) Blood Tears
9) Mirror Mirror
10) Face The Truth
11) Noldor (Dead Winter Reigns)
12) Battle Of Sudden Flame
13) Time Stands Still (At The Iron Hill)
14) The Dark Elf
15) Thorn
16) The Eldar
17) Nom The Wise
18) When Sorrow Sang
19) Out on the Water
20) The Steadfast
21) A Dark Passage
22) The Final Chapter (Thus Ends...)
correlati