BLIND GUARDIAN
Mirror Mirror
1998 - Virgin Records
CRISTIANO MORGIA
20/04/2020
Introduzione recensione
Freschi del successo incredibile di "Imaginations from the Other Side", uscito nel 1995, i Blind Guardian decisero di prendersi una piccola pausa. Diciamo piccola, ma in realtà passarono tre anni tra il suddetto album e il successivo "Nightfall in Middle-earth", la stessa distanza che separa "Somewhere far Beyond" (1992) proprio da "Imaginations from the Other Side". "Somewhere far Beyond" stesso, invece, era uscito dopo una pausa di due anni da "Tales from the Twilight World" (1990). Si potrebbe allora dire che due/tre anni di pausa sono necessari alla band per far uscire dei capolavori, anni di pausa che, se andiamo a vedere, sono utili alla band per affinare le sue abilità compositive e per procedere con calma alla stesura di album sempre più complessi e curati in ogni minimo dettaglio. È evidente, infatti, se guardiamo proprio dal debutto, la continua evoluzione della band, un percorso che ha portato al capolavoro assoluto del 1995, forse l'apice definitivo dei Bardi ma anche uno degli album più importanti e conosciuti sia del power sia della musica metal tutto. Come si può leggere nella recensione ad esso dedicata, in effetti, si può vedere molto bene la piega che i quattro musicisti prendono con quell'album, rendendo i suoni più potenti ma anche molto più raffinati, arrivando così alla maturità definitiva. Ovviamente fu un grande successo e da lì si può dire che comincia una sorta di nuovo corso per la band. Tra il 1995 e il 1998 i Blind Guardian non sono stati certo con le mani in mano, abbiamo infatti uscite non molto importanti come i singoli "Bright Eyes" e la raccolta "The Forgotten Tales" del 1996, anticipata dal singolo "Mr. Sandman", che tra l'altro è quasi identico al succitato "Bright Eyes". "The Forgotten Tales", però, non è una raccolta come le altre, visto che non è una di quelle raccolte che contengono i grandi successi della band e basta, anzi, qui non ci sono proprio i grandi successi della band. Troviamo infatti cover di pezzi come, per l'appunto, "Mr. Sandman" e altri già visti nel passato della band come quelle dei Beach Boys, ma anche arrangiamenti di alcuni classici, come per esempio la versione acustica della stessa "Bright Eyes" e la versione orchestrale di "The Lord of the Rings", entrambe molto piacevoli tra l'altro, tanto che la piccolissima aggiunta al testo dell'ultima è diventata ormai parte integrante del pezzo quando viene suonato dal vivo. Non tutte le cover però sono piacevoli come questi ri-arrangiamenti, visto che proprio quelle dei Beach Boys sono particolarmente brutte e inutili. In ogni caso, in tre anni qualcosa bisognava pure far uscire, e una raccolta ancora mancava nella discografia della band. Ovviamente il piatto forte sarebbe arrivato nel 1998 con "Nightfall in Middle-earth", album in cui Hansi e soci possono dare pieno sfogo alla loro passione per l'opera di Tolkien, creando un album basato su "Il Silmarillion", che è il libro più adatto se si vuole capire appieno la Terra di Mezzo. Una sorta di Bibbia del Fantasy. Il capolavoro è ovviamente atteso da tutti, e in effetti così sarà, ma per questo vi rimando alla dettagliata recensione tutta dedicata a lui. Qui ci concentreremo sul singolo che l'anticipa, ovvero "Mirror Mirror", che esce sempre sotto la Virgin Records e contiene il brano "Mirror Mirror", che parla del Noldo Turgon e della costruzione della città di Gondolin, l'ultimo baluardo contro le forze di Morgoth. Inoltre, abbiamo per l'ennesima volta "Imaginations from the Other Side (ma questa volta dal vivo), "And the Story Ends", sempre dal vivo, e la cover di "Beyond the Realms of Death" dei Judas Priest, che è molto poco conosciuta.
Mirror Mirror
Il singolo comincia proprio con Mirror Mirror (Specchio Specchio), ovvero uno dei brani più conosciuti e rappresentativi dei Blind Guardian, nonché uno dei brani di punta dell'album che sarebbe uscito di lì a breve. I primi 30 secondi sono di attesa, Thomen Stauch dà potenti colpi cadenzati con la sua batteria mentre altre percussioni sovraincise dettano tempi più marziali, le chitarre si alternano tra riff quadrati e melodie dal sapore celtico, in grado di donare al tutto un tocco di vivacità. Guidandoci, insieme alla batteria, verso l'accelerazione che stavamo aspettando con impazienza. La cavalcata parte: i riff sono serrati e veloci, Thomen si lascia andare alle sue tipiche scorribande di batteria mentre la voce di Hansi è aiutata da cori e sovraincisioni vocali che rendono il tutto ancora più arrembante, battagliero e tridimensionale, oltre che enfatico. Come già anticipato, la canzone prende ispirazione da "Il Silmarillion" e parla di Turgon e della costruzione di Gondolin, un progetto che non compirà senza aiuto: "...il signore dell'acqua pronunciò nel silenzio parole di saggezza: ho visto la fine di tutto, sappi che la tempesta si avvicina". Si tratta di Ulmo, uno dei Valar e Signore delle Acque, il quale svela proprio a Turgon l'esistenza di una valle segreta e quasi inaccessibile che potrebbe dare riparo a tutti, ma bisogna stare attenti: una tempesta si avvicina e la città deve essere costruita al più presto. Il ritornello giunge quasi all'improvviso con la stessa carica dei versi che l'hanno preceduto, anzi, è ancora più arrembante e "catchy", grazie a delle linee vocali sorprendentemente efficaci, squisitamente melodiche e vivaci ma, nello stesso tempo, potenti come la forza di un dio. La chitarra di Olbrich sembra cantare ed avere una vita propria, quando sforna ancora una volta melodie celtiche quasi ballabili, ma è una vivacità che viene interrotta da un inaspettato rallentamento il quale porta la canzone su lidi più cadenzati e guardinghi, in cui udiamo bene anche le tastiere in sottofondo. Turgon, curioso, arriva nella valle indicatagli da Ulmo, ma è meglio non raccontarlo in giro. Subito dopo, la traccia riparte a grandi velocità, ricca di cori straripanti e melodie chitarristiche. Non si può resistere a questo mix di elementi, tanto più perché il risultato è così efficace che immaginiamo le mura di Gondolin innalzarsi piano piano. Turgon, però, è pieno di dubbi. È giusto costruire una città segreta e nascondercisi dentro mentre il mondo brucia?: "E così lascerò i miei amici da soli, nascosto nella mia sala del crepuscolo. So che il mondo è perduto tra le fiamme, sicuramente non c'è un modo per portarlo indietro ai vecchi tempi...". Nella seconda parte della strofa, dopo un botta e risposta tra Hansi e cori, si arriva ad una conclusione, ovvero, se la costruzione di Gondolin servirà al bene comune, allora che venga costruita! Con questa rinnovata vitalità ritroviamo anche l'eccitante ritornello che non fa altro che confermare quanto appena detto. L'assolo di Olbrich si inserisce su questo stesso percorso, essendo vivace e multiforme come è tipico del chitarrista, ma soprattutto è cantabile, tant'è che molto spesso dal vivo il pubblico ne intona l'ultima parte. Eppure c'è ancora qualcosa che non va: Ulmo infatti profetizza a Turgon che Gondolin non durerà in eterno, anch'essa cadrà, è solo questione di tempo. Il brano però non ne vuol sapere di cambiare umore, dopotutto la città è ora davanti a noi e dobbiamo goderne adesso.. Ed infatti ecco che strofe veloci, pregne di cori e melodie ci conducono verso l'ultimo ritornello e verso la fine di quella che forse è la canzone più rappresentativa di quello che si sentirà nel prossimo album.
And The Story Ends
Al secondo posto della scaletta troviamo un pezzo proveniente dall'album precedente, in cui faceva però da chiusura, ovvero la maestosa And The Story Ends (live) (E la Storia Termina). Questa canzone è forse quella che più di tutte lascia presagire il futuro dei Bardi, quella che più di tutte porta il seme di quelle che poi saranno le sonorità del successivo capolavoro dei tedeschi, quello anticipato proprio da questo singolo. Qui però la troviamo in versione dal vivo, con Hansi che subito si appresta ad incitare il pubblico. Come già detto il pezzo è maestoso, ma questo non gli impedisce di cominciare in modo piuttosto oscuro e tenebroso con la batteria che tiene un ritmo da marcia molto sostenuto e potente, con i riff che hanno un forte retrogusto thrash metal. Tutto per preparare l'apparizione del ritornello malinconico e corale, posto proprio in apertura. Dopo di esso, e dopo una prima strofa abbastanza calma e sognante, la canzone acquista velocità sorretta dalla chitarra solista di Olbrich e del suo effetto wah wah, salvo tornare su ritmi cadenzati dopo non molto, con addirittura una chitarra acustica che emerge dalle trame del duo Olbrich/Siepen (anche se dal vivo si sente di meno rispetto che su CD). Hansi ancora una volta si alterna tra ruggiti profondi e parti più gridate, dimostrando di essere davvero in ottima forma. Ammetto che al mio primissimo ascolto del pezzo ho pensato che la canzone alludesse a "La Storia Infinita", ma poco prima di ogni ritornello si sente esclamare "at the edge of time!", ebbene questo non deve far pensare al loro album "At The Edge Of Time" del 2010, ma alla canzone con lo stesso titolo contenuta in "Beyond The Red Mirror" (2015). Quest'ultimo infatti continua e espande un concept che parte proprio da "Imaginations", con questa canzone e con "Bright Eyes", come ho già spiegato in altre occasioni. Anche qui dunque c'è la storia del bambino che scopre un altro mondo dall'altra parte dello specchio/portale (un po' come "Alice Nel Paese Delle Meraviglie" o "Alice Attraverso Lo Specchio", insomma), storia che viene ampliata per l'appunto nell' album del 2015. Fatto confermato da questi versi, purtroppo senza con meno cori rispetto all'originale ma comunque efficaci: "Vieni con me e unisciti a me, una nuova vita ti sta aspettando, salta attraverso lo specchio, lasciati la paura alle spalle". Lo stesso concetto viene ripetuto anche più Avanti, in uno dei miei momenti preferiti del pezzo, quando Hansi canta in modo quasi oscuro e sinistro, tutt'altro che invitante, ma riesce lo stesso a mettere la pulce nell'orecchio del bambino: "Non siamo soli, c'è anche qualcun altro dall'altro lato dello specchio". Devo poi ammettere che la resa dei cori che precedono il refrain e lo stesso cantato dal pubblico è da brividi, tutto si sente benissimo e le chitarre sono davvero ruggenti. Comunque sia, il pezzo procede come è iniziato, pesante ma melodico, minaccioso ma a sprazzi etereo. Qualcosa cambia durante l'assolo, i tempi si fanno più accelerati e possiamo sentire un po' meglio anche le tastiere. Prima della fine della storia c'è ancora tempo per un ultimo ritornello, affidato in parte alle voci dei fan, e per una celata dichiarazione di intenti da parte di Hansi, che afferma di essere soltanto un bardo e, inoltre, di aver trovato un amico? Ovviamente il prosieguo di questa storia si trova in "Beyond the Red Mirror", ma nel 1995 i fan dovettero restare col dubbio. Il bambino salta o no nello specchio? Comunque, un pezzo davvero maestoso che dal vivo rende benissimo e conserva tutta la sua regalità, anche se con qualche coro in meno.
Imaginations from the Other Side
Hansi annuncia, come da rito, il pezzo, che si presenta subito con un inizio pesante e oscuro. Imaginations from the Other Side (live) (Fantasie dall'Altro Lato) è evidentemente un pezzo su cui i Bardi puntano molto, visto che ce lo ritroviamo in ogni singolo uscito prima o dopo l'omonimo album, e, invero, non c'è da biasimarli molto, vista la portata del brano e ciò che riesce a trasmettere. I riff lenti e cadenzati sono però presto supportati da un ritmo preciso ed incalzante che a sua volta lascerà spazio a dei riff taglientissimi e nervosi, tutt'altro che ariosi e sognanti come la gran parte della tradizione power vorrebbe, e bisogna dire che dal vivo questo si sente ancora di più, visto che il suono è meno nitido ma più graffiante e le tastiere risultano un po' più sacrificate. Su tutto ciò si staglia la minacciosa voce di Hansi Kürsch, qui con un tocco di malinconia, mentre intona i celebri versi iniziali, anche se privi di sovraincisioni. Dopodiché la canzone si velocizza e si fa più aggressiva, e con i riff delle due asce la voce stessa diventa più cattiva e tagliente, dominata dalla paura di aver perso ogni tipo di immaginazione e tutti i personaggi che l'animavano, la paura di essere diventati adulti definitivamente: "Li vedrò mai tornare di nuovo? O sono tutti morti per mano mia?". Una strofa che quindi scorre via, dominata nella sua seconda parte da una voce più sommessa, la quale però è destinata ad esplodere con l'arrivo dell'anthemico ritornello, letteralmente da cantare con i pugni al cielo, cosa che molto probabilmente il pubblico fa, visto che possiamo anche sentirne la voce. Dopotutto parliamo di un refrain incredibilmente ben riuscito, potente ed imperiale, il quale lascia spazio ad un assolo velocissimo di Olbrich. L'uomo adulto continua a domandarsi che fine abbiano fatto i personaggi della sua infanzia, ed è un davvero un bel momento, anche se dal vivo si perde un po' quella ricchezza vocale che c'è sull'originale. Ma c'è da dire che Hansi se la cava comunque benissimo da solo, anche sulle parti più acide e gridate. Un ottimo frangente in cui c'è una delle mie parti preferite: "Sai se Merlino è esistito? O se Frodo indossò l'anello? Se Corum uccise gli dèi? O dov'è il Paese delle Meraviglie, che la giovane Alice aveva visto? O era solo un sogno? Conoscevo la risposta, ora sono persi per me". Una strofa ricca di riferimenti letterari che nasconde una certa desolazione, che però ben presto si avvia verso un nuovo ritornello, in cui Olbrich e Siepen danno una mano al loro amico cantante. È proprio Olbrich a tirare fuori un nuovo assolo, stavolta dal vago sentore Neoclassical. Le velleità classicheggianti durano comunque poco, visto che l'epica e le chitarre massicce vengono riprese in chiusura di brano, ma anche prima dell'ultimo ritornello, con nuovo ritmiche arrembanti in cui l'immaginazione dell'uomo adulto sembra essere svanita per sempre, essendo rimasta soltanto un ricordo d'infanzia, anche se pare esserci ancora una speranza, perché c'è ancora un altro mondo, quello appunto dell'immaginazione e della fantasia, che forse non è morto del tutto. Un pezzo che dunque si chiude riproponendo il refrain e riprendendo la parentesi strumentale simile a quella ascoltata nei primi secondi. Dal vivo questo brano non perde niente, certo forse gli manca quella profondità della versione originale, ma è normale, qui non siamo all'interno di uno studio, però è bello vedere come la band riesca a riproporre un pezzo del genere con tanta precisione, riuscendo anche a sopperire alla mancanza di cori e sovraincisioni.
Beyond the Realms of Death
Il singolo si chiude con la cover dei Judas Priest, ovvero con Beyond the Realms of Death (Oltre il Regno della Morte), che è uno dei pezzi più conosciuti della band inglese. E non a caso, effettivamente stiamo parlando di un capolavoro del primissimo heavy metal, visto che il suddetto brano è uscito nel 1978 su "Stained Class", quindi due anni prima dell'esplosione totale del movimento heavy inglese, ma non credo sia qui necessario rimarcare l'importanza dei Judas Priest e il loro ruolo di padrini e anticipatori. In ogni caso, il brano in questione è famoso anche per i suoi due assoli di Glen Tipton e K. K. Downing, da molti considerati come tra i primi esempi di assoli squisitamente e puramente heavy metal, quindi senza più strascichi derivanti dal rock. Il pezzo è famoso anche perché è finito nella controversia che ha tenuto il panorama metal con il fiato sospeso durante gli anni '80, una controversia che vede l'intero album "Stained Class" come protagonista e anche il pezzo "Better by Me, Better than you". Si ricorderà probabilmente tutta la serie di processi in cui i Judas Priest venivano infatti accusati di aver provocato con quei pezzi il suicidio di due ragazzi. Ovviamente la vicenda finì in modo positivo per la band, ma fu un periodo cupo per il nostro genere preferito, in cui anche altre band furono messe alla gogna. In verità, comunque, questa cover dei Blind Guardian, prima di finire su questo singolo faceva parte della raccolta "A Tribute to Judas Priest: Legends of Metal Vol. II" (1997), in cui presenziavano anche altre band del panorama come Virgin Steele, Iced Earth e Kreator. La proposta dei Bardi di Krefeld riesce ad essere molto fedele all'originale, preservando la stessa glacialità e senso di tristezza, con l'aggiunta di un pizzico di cattiveria grazie alla voce più aggressiva e graffiante di Hansi. Va però detto che non appena i primi riff entrano in gioco, dopo i gelidi accordi iniziali, si sente subito che la produzione poteva essere migliore, visto che le chitarre non hanno proprio un bel suono. In ogni caso, l'andamento lento e tipico di una ballata continua il suo corso, con i soliti accordi metallici e glaciali accompagnati dalla chitarra solista di Olbrich che sembra piangere, con le sue melodie malinconiche. Il testo in effetti è triste e parla proprio di quello che sembra un suicidio, o meglio, di ciò che lo precede: "Abbandonato sedeva lì, sguardo vuoto nello spazio, nessun segno di vita vibrava sulla sua faccia, finché un giorno sorrise, sembrava come per orgoglio, il vento lo baciò, addio - e poi morì". È come se venisse descritta una sensazione di coma a cui poi segue la morte per mano propria, cantata dal protagonista del pezzo con la durezza dei riff e delle linee vocali del ritornello, quasi fosse contento di essersi tolto la vita, e la voce di Hansi rende bene questo compito di rabbia mista al senso di rivalsa per una vita che non piace e viene abbandonata. Però va sottolineato che questo brano non è assolutamente una lode al suicidio, ne è solo una descrizione, c'è una bella differenza. Inoltre, c'è una strofa molto importante in cui possiamo percepire la voce del narratore e la sua contrarietà verso tale gesto: "Quanti come lui, sono ancora lì, ma per noi, tutti sembrano aver perso la volontà. Giacciono a migliaia, afflitti e persi. Niente vale questo costo amaro". Se leggiamo tra le righe è quasi un'invettiva contro chi perde la volontà e decide di arrendersi. L'atmosfera creata dai Blind Guardian è molto più aggressiva rispetto a quella dei preti di Giuda, ma riesce lo stesso a rispettare quel senso di abbandono che rende l'originale così affascinante. Una nota per gli assoli: il primo assolo è davvero ben fatto e ricalca quasi alla perfezione quello di Tipton, l'ultimo invece, per quanto sempre ben fatto, si lascia andare a qualche piccola libertà e perde comunque il confronto con Downing, ma poco male, dopotutto non è una gara, ed è giusto che una cover non sia un calco e basta. In ogni caso, una delle cover migliori della band, peccato per il suono delle chitarre però.
Conclusioni
Chissà cosa ha provato un fan dei Bardi dopo l'uscita di "Imaginations from the Other Side", e chissà cosa si aspettava dopo un album del genere. Sicuramente la sua è stata un'attesa spasmodica in attesa di un nuovo capolavoro, perché sì, sicuramente si sarebbe tratto di un altro capolavoro! Certo, gli anni di attesa non hanno aiutato, anzi, forse sì, hanno ampliato ancora di più il desiderio di ascoltare del nuovo materiale. I vari singoli e raccolte hanno in parte quietato questo desiderio, ma il segnale che le acque si stavano sicuramente muovendo arriva con questo singolo "Mirror Mirror". La copertina di Andreas Marschall trasporta chi la guarda subito in una terra lontana, in cui ancora esiste la magia e gli Elfi e i Nani convivevano insieme agli Uomini, combattendo, spesso insieme, le forze di Melkor. In verità l'elfo in copertina non mi ha mai fatto pensare a Turgon, il protagonista della traccia che dà il titolo al singolo, bensì a Fingolfin mentre attraversa il Ghiaccio Stridente per raggiungere La Terra di Mezzo. Poco male, possiamo sempre vederci Turgon che si ritira in solitaria per andare a cercare la valle nascosta dove costruire Gondolin, e, alla fine dei conti, devo dire che mi piace comunque parecchio, come quasi tutte le copertine di Marschall d'altronde. Ebbene, la canzone protagonista del singolo dimostra una band che dopo un capolavoro non ne vuole sapere di riposarsi o adagiarsi, visto che la canzone sprigiona un'energia tale che è impossibile non lasciarsi travolgere, ma dimostra anche come la band, negli anni di ferma, abbia lavorato molto sul proprio suono e stile, riuscendo a proporre qualcosa di leggermente diverso. Ovviamente parliamo sempre del power personalissimo dei Blind Guardian, ma, se facciamo una comparazione, è chiaro come ci sia qualcosa di differente rispetto all'album del 1995. Le chitarre infatti sono meno taglienti e meno thrash, mentre è palese la volontà di creare un muro sonoro ancora più vivido e avvolgente grazie all'uso (ben dosato) delle tastiere degli intrecci vocali. Per un'analisi più approfondita di "Nightfall in Middle-earth" vi indirizzo alla recensione ad esso dedicata. Comunque, sicuramente il suddetto fan degli anni '90 ha apprezzato anche questo nuovo lavoro, anche se c'è pure chi, fan come lui, avrebbe preferito che il suono restasse duro e roccioso, senza troppe stratificazioni sonore e abbellimenti. Pareri contrastanti, ma questa è una problematica che affliggerà ancor di più l'album che uscirà dopo "Nightfall in Middle-earth". In ogni caso, qui ci sono anche due pezzi dal vivo risalenti sempre "Imaginations from the Other Side", e molto probabilmente stiamo parlando di alcune tra le ultime prestazioni con Hansi al basso, visto che con "Nightfall in Middle-earth" il cantante avrebbe abbandonato lo strumento a quattro corde per dedicarsi esclusivamente alle parti vocali, lasciando il posto a Oliver Holzwarth. Belle prestazioni, non c'è che dire, le quali dimostrano che le canzoni reggono molto bene anche senza gli imponenti cori del lavoro in studio. Dopotutto per molte parti ci pensa proprio il pubblico, sempre pronto ad essere chiamato in causa. Se però devo essere sincero, avrei preferito un altro pezzo invece che "Imaginations from the Other Side", visto che era già stato proposto in versione demo nei singoli precedenti. Va bene, mancava quella dal vivo, però credo che sarebbe stato carine mettere un pezzo che ancora non era uscito fuori dall'album, come "Another Holy War" per esempio. Detto questo, devo dire che la cover dei Judas Priest è davvero ben fatta e chiude molto bene questo breve CD di anticipazione. Si poteva dare la possibilità di ascoltare anche un'altra anticipazione? Forse, ma secondo è meglio non mostrare troppo e lasciare l'alone di mistero.
2) And The Story Ends
3) Imaginations from the Other Side
4) Beyond the Realms of Death