BLIND GUARDIAN

Battalions of Fear

1988 - No Remorse Records

A CURA DI
CRISTIANO MORGIA
31/08/2016
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

I Blind Guardian sono una delle band più amate e seguite della storia recente Metal, nonché sicuramente una delle band Power Metal più rispettate ed apprezzate anche al di fuori dei confini del genere. Questo per tantissimi motivi: le tematiche trattate e il modo in cui vengono trattate (moltissimi metallari amano situazioni come il Fantasy e la Fantascienza), testi mai banali o scontati, uno stile originale e difficilmente imitabile che ha attraversato decenni, restando riconoscibile nonostante i molti cambiamenti; ma soprattutto, la loro popolarità è sempre stata alta grazie ad una qualità intrinseca dei lavori, la quale si è sempre assestata su buonissimi livelli arrivando anche a toccare le vette olimpiche destinate ai capolavori. Fondati a Krefeld (Germania) nel 1985 con il nome di Lucifer's Heritage, i Blind Guardian cercavano di inserirsi nella scena Metal tedesca, una scena in grandissimo fermento che cominciava piano piano ad uscire dall'anonimato e dall'ombra di U.S.A. e Inghilterra grazie ai lavori di band come Running Wild, Accept e della triade teutonica del Thrash Metal (Kreator, Sodom e Destruction). Senza scordarsi poi del contributo fondamentale fornito dall'uscita di album più  Hard'n'Heavy come quelli di Scorpions e Bonfire. Insomma, un contesto vivo in cui trovavano vita i generi più diversi. C'erano quindi i presupposti per fondare una band e provare a sfondare ispirandosi alle band Metal connazionali, e ai classici internazionali in generale, ma proponendo anche qualcosa di nuovo nello stesso tempo, proprio come sin da prima venne in mente ad Helloween e Blind Guardian. I primi, capitanati dal folletto Kai Hansen, diedero alle stampe "Walls Of Jericho" nel 1985, un debutto di altissimo livello, in cui sì erano ancora presenti influenze marcatamente Speed e Heavy Metal, ma che si rivelava al contempo un disco capace di proporre anche qualcosa di nuovo e frizzante, un sound che sicuramente avrebbe portato con sé anche un certo tipo di evoluzione. E' in questi solchi che il Power Metal, come fosse stato una pianta, venne seminato; in solchi in quegli anni ancora profondi, solchi in cui il seme poté cresce piano piano attingendo dalla luce che gli arriva dall'esterno, e prendendo linfa vitale dall'acqua che gli venne data soprattutto da quelle stesse band che avevano piantato il seme. Già qualche anno dopo, precisamente nell'87, gli stessi Helloween avrebbero pubblicato il capolavoro "Keeper Of The Seven Keys, Part I", l'album che avrebbe finalmente fatto fiorire il Power Metal tout court.. ma questa, come si suol dire, è un'altra storia. I Blind Guardian in quel periodo ancora erano alle prese con demo e cambi di line-up; la primissima incarnazione dei Lucifer's Heritage vide ai suoi inizi, fra le sue fila, il frontman Hansi Kürsh coadiuvato dal fedele Andre Olbrich alla chitarra, più Markus Dörk alla seconda chitarra e Thomas Stauch alla batteria. Presto si aggiunse al gruppo addirittura un secondo cantante, ovvero Thomas Kelleners, che tuttavia lasciò dopo soli tre mesi. Successivamente, ad uscire dalla formazione furono anche Stauch e Dörk, presto rimpiazzati da Christof Theißen ed Hans-Peter Frey. I due non durarono comunque troppo, ed oltre ad assistere al ritorno di Stauch nell'87, i Lucifer's poterono contare su quello che fu il decisivo apporto del neo entrato Marcus Siepen. Tutti gli avvenimenti accaduti dunque a cavallo fra l'84 e l'87 portarono i Nostri a pubblicare svariate demo e a raggiungere il tanto agognato equilibrio. Nel 1988 infatti la formazione diventò più che stabile, presentando al suo interno tutti i membri che oggi conosciamo come "originali", quelli che hanno segnato, di fatto, la storia della band: ovvero, Hansi Kürsch alla voce e al basso, André Olbrich alla chitarra solista, Marcus Siepen alla chitarra ritmica e Thomas "Thomen" Stauch alla batteria. Il cambio di monicker avvenne quindi in seguito ad alcuni problemi sorti a causa del vecchio nome. Dapprima, i nostri bardi vollero cercare di distanziarsi da tematiche troppo rimandanti al Satanismo in voga ai tempi; in seconda battuta, cercarono di fare in modo di non essere in nessun modo associati alla scena Black Metal del periodo, visto che le loro demo venivano vendute in determinati tipi di ambienti. Si optò dunque per l'epico "Blind Guardian", il guardiano cieco.  Il 1988, che è una delle annate migliori di tutto il Metal, di tutti i tempi, è anche l'anno dell'uscita del loro primo album completo, "Battalions Of Fear".. ed è qui che la storia del quartetto inizia davvero. Siamo alle prese con un album non ancora Power, lievemente acerbo e certamente seminale, lontanissimo dallo stile ricercatissimo che i Blind Guardian hanno acquisito oggi, ma anche da quello che avrebbero raggiunto solo un paio d'anni dopo questo debutto. Uno stile in cui ancora è riconoscibilissima l'influenza della scuola Metal teutonica di allora, quindi un modo di suonare debitore dello Speed/Thrash Metal più rozzo, veloce e arrembante; ma in alcune occasioni, anche di quel "Walls Of Jericho" citato prima. Pochissime tracce di Power Metal, quindi. In tutto questo i Blind Guardian di certo non si limitano però ad imitare pedissequamente questi stilemi: ci mettono del loro, e non poco. Ed anche se "Battalions" è un album ancora seminale, troviamo comunque qualche segnale di quello che la band diventerà, testi e tematiche prima di tutto. L'album infatti è pieno zeppo di riferimenti a Tolkien e ad altre opere letterarie e non, che poi scopriremo insieme durante l'analisi "track by track. Caratteristica questa che diventerà un marchio di fabbrica dei quattro tedeschi. Inoltre, le canzoni spesso strizzano l'occhio a soluzioni più narrative, enfatiche ed epicheggianti, caratteristica anche questa tutta loro. L'album venne registrato nei Karo Studios per la "No Remorse Records", la produzione non è eccellente, raramente c'è anche qualche leggero fruscio, il suono della batteria non è impeccabile e il suono in generale non è limpidissimo, ma poco importa. E' pur sempre un debutto uscito fuori negli anni '80 e questo tipo di sound comunque non deve per forza avere una produzione stellare, anzi, qualche difetto del genere rende il tutto più genuino e dal sapore tipicamente eighties. Quello della produzione è quindi un "problema" sui cui si può benissimo passare sopra, anzi, lo si deve fare in questi casi. Ad onor del vero, lo espongo soltanto per dovere di cronaca. Analizziamo ora l'album con precisione.

Majesty

Le danze, è proprio il caso di dirlo, si aprono con un'atmosfera colorata tutta circense che ci porta alla mente certe soluzioni goliardiche tipiche degli Helloween; la melodia che ora udiamo la conoscono tutti, è un arrangiamento in stile giostra (e adattato per un organo a rullo) del celeberrimo "Valzer del Danubio Blu" di Johann Strauss jr. Quest'atmosfera felice però dura poco. Il valzer si interrompe all'improvviso. La canzone esplode in tutta la sua potenza e furia. Ha così inizio "Majesty (Maestà)". L'opener è ricca di false partenze e cambi di tempo nella prima parte, ma si assesta subito su ritmi velocissimi contornati da riff serrati e tipicamente Thrash. E' proprio il caso di dirlo, dinnanzi a tanta potenza non ce n'è per nessuno. La voce di Hansi è ancora immatura e il cantante è lontano dalla versatilità futura, ma riesce comunque a passare da timbriche più pulite e melodiche a grida più acide e rozze, e così farà per tutta la durata del pezzo, che è anche il più lungo dell'album con i suoi 7 minuti e più. "Majesty" è la prima canzone che svela l'amore dei tedeschi per J.R.R. Tolkien, nel testo infatti troviamo subito riferimenti alla sua opera più famosa, ossia "Il Signore Degli Anelli": "Running and hiding I'm left for the time/ To bring back the order of divine/ Hunted by goblins no Gandalf to help/ With swords in the night/ Oh the last part of the game/ Decision of death and life/ Blood for Sauron they'll call tonight". La cavalcata in ogni caso continua, André ne è l'accompagnatore, aprendo e chiudendo ogni strofa con le melodie ricamate dalla sua 6 corde, dando un tocco di malinconia al tutto. Questa carezza malinconica si sposa bene anche con il testo, come vedremo tra un attimo. Stranamente il ritornello sembra ritardare, l'attesa è trepidante, ma i Blind Guardian sembrano voler "allontanare" il momento del tripudio. Prima c'è anche spazio per un rallentamento inaspettato infatti, un rallentamento che porta il pezzo su binari calmi e quasi sognanti in cui trova spazio il monologo di uno dei personaggi della canzone: "I have a dream the things you've to hide for/ Will deliver our kingdom and our Reich/ Don't fall in panic just give me the thing/ That I need or I kill/ Don't run away for what have I done?". Il personaggio è Boromir, primogenito del Sovrintendente di Gondor Denethor ma soprattutto membro della Compagnia Dell'Anello, la compagnia che ha giurato di accompagnare Frodo nella missione per distruggere l'Unico Anello. In queste liriche però Boromir sembra tutt'altro che un difensore del Portatore dell'Anello, la vicinanza con un oggetto così potente e seduttore e la già spiccata voglia del Gondoriano di difendere la sua terra lo portano infatti a perdere la testa e a pensare di poter usare l'Anello come arma contro il male crescente che vogliono distruggere. Boromir è disposto anche ad uccidere Frodo per raggiungere il suo obiettivo, e proprio qui la voce di Hansi si fa più sporca. Giusto un attimo dopo però Boromir riacquista lucidità e si rende conto di quello che ha fatto, e Hansi torna su un timbro più pulito che esprime tristezza e consapevolezza di non poter rimediare. Infine arriva il ritornello, maestoso, non a caso, anthemico ma sempre malinconico. La maestosità qui ha un sapore antico, un antico che non tornerà mai più, come testimonia il testo stesso, in cui lo sposalizio tra musica ed espressione scritta trova il punto d'unione: "Oh majesty your kingdom is lost/ And you'll leave us behind/ Oh majesty your kingdom is lost/ And ruins remind of your time/ Now come back!". Dopo l'assolo abbiamo il piacere di riascoltare di nuovo il bellissimo ritornello, i Blind Guardian l'hanno ritardato, ma ora sembrano voler imprimerlo nella mente di ogni ascoltatore. La canzone prosegue seguendo lo stesso canovaccio, tra velocità sporche ed elevate e melodie chitarristiche pulite, trovando anche spazio per citare Gollum, che qui è descritto come "Creature is following no place to escape" , tra versi più cupi ed altri più esistenzialisti, come nell'ultima strofa prima dell'ultimo ritornello, in cui gli eroi smettono per un attimo di essere tali per tramutarsi anche solo per un attimo in persone comuni con paure e dubbi: "Too many battles we carry along from the war/ And too many frightens we feel from his law/ For so many victories we're praising so strong/ For so many blood we've lost!". In una guerra praticamente mondiale che coinvolge tutte le razze della Terra di Mezzo (Orchi, Elfi, Nani, Hobbit, Uomini ecc.) ognuno porta dentro di sé la sua battaglia personale. Questa è una delle canzoni più richieste durante i live, spesso partono cori che la chiamano a gran voce. Garantito, è una bellissima esperienza poter assistere e partecipare, essere quindi accontentati dai nostri bardi! C'è però un fatto strano: a detta di Marcus Siepen, la band non ama molto eseguire "Majesty" dal vivo e quindi preferirebbero che i fan chiedessero qualche altra canzone. Sicuramente c'è anche un po' di ironia dietro a questa richiesta, ma resta il fatto che il miglior pezzo dell'album non è molto apprezzato da chi l'ha creato, poco male, tanto nessuno smetterà mai di inneggiare "Majesty! Majesty!" durante i concerti.

Guardian Of The Blind

 Una bordata si chiude e si parte subito con un'altra, Thomen Stauch con una scarica di batteria in stile (visto l'arco di tempo, a posteriori) "Painkiller" fa partire "Guardian Of The Blind". Con i riff rozzi, serratissimi e velocissimi che seguono sembra quasi di sentire i Kreator, ascoltare per credere. La band resta su alte velocità ma abbandona la narratività dell'opener in favore della schiettezza e della frenesia. Anche Hansi sporca di più la sua voce e Olbrich/Siepen si rendono protagonisti non solo grazie ai riff ma anche grazie alle varie melodie e assoli che si scambiano durante il corso di tutta la traccia. La canzone è già veloce, ma dopo la prima strofa sembra velocizzarsi ancora di più a suon di quello che si avvicina di molto ad un "tupa-tupa" preso direttamente dal Thrash Metal. Intanto le chitarre cominciano ad accennare e ad intonare il ritornello, con una melodia che si avvicina minacciosamente. Si prosegue su queste coordinate per un paio di strofe, per poi arrivare proprio all'accattivante e fomentante ritornello che non accenna per niente a portare rallentamenti o cambi d'atmosfera di qualche tipo, si suona e si canta all'insegna della velocità, è infatti un ritornello più diretto e meno evocativo rispetto a quello di "Majesty", ma comunque efficacissimo e memorabile anche dopo un solo ascolto: "Guardian, Guardian, Guardian of the Blind/ Now it feel the curse of heaven/ Guardian, Guardian, Guardian of the Blind/ Now it feel the curse of the child!". Dopo di esso arriva subito l'assolo, e senza fare troppi complimenti, Olbrich qui ci delizia con un momento solista dal deciso sapore classico e che porta con sé tutta la fragranza degli anni '80. L'assolo purtroppo è troppo breve, ma permette alla canzone di ripartire a tutta velocità senza spezzare così l'intensità. Hansi riprende con il suo canto sgraziato e con le sue sentenze oscure, prese questa volta dal famoso romanzo Horror "It" (1986) di Stephen King: "Dark is its world and lonely we're reaching it again/ Fear our returning visions to madness we'll fall/ if we can't kill the beast forever/ we must die now!". Sensazioni tutt'altro che positive. Tutto il testo è così, ovviamente, e conditi con le grida ferine di Hansi i versi devono ricalcare le atmosfere tetre e claustrofobiche del re del terrore: "Extermination thunder the strange one/ is back again/ Lost by our only power it's aura will grind us out forever", e più terribilmente ancora nel pezzo dove a parlare probabilmente è proprio il temibile pagliaccio assassino Pennywise, incubo di molti bambini: "?killing for the thirst for small children sweat/ I give them illusions to raise their fear/ Hear the crying dying child it's music to my ears?". L'entità millenaria non si fermerà ad uccidere uno o due bambini, ma nel corso degli anni in cui dimora nell'immaginaria cittadina di Derry si concederà numerosi delitti, diventandone anche il padrone assoluto. Il protagonista del romanzo, infatti, risulta essere proprio il mostruoso demone con le sembianze di un Clown. Il suo vero aspetto, come da tradizione quasi "lovecraftiana", è mostruoso ed indefinibile. Non si sa di preciso cosa sia, sta di fatto che anche solo vederlo porterebbe alla distruzione totale della propria sanità mentale. Tuttavia, il mostro (denominato "IT" dai bambini che per primi intuirono la sua presenza e che di seguito lo sconfissero) può assumere svariate forme. La sua "preferita" è quella del pagliaccio Pennywise, come già detto, ma nulla gli è precluso. Il suo più grande potere consiste nell'individuare le debolezze altrui, sfruttandole a proprio vantaggio. Egli può leggerci dentro e carpire prontamente le nostre angosce, tramutandole in armi da usare contro noi stessi. Non si può mentire, ad IT. Egli ha libero accesso al nostro cervello, al nostro cuore, alla nostra anima. Ha bisogno di sangue giovane e non si fermerà mai. I delitti continueranno, i suoi denti aguzzi triteranno le carni di chiunque cercherà di opporvisi. Un mostro nel vero senso della parola.  I Blind Guardian quindi, scrivendo testi così oscuri e tragici, confermano già dalla seconda traccia di non voler essere una copia degli Helloween.  "Guardian of the Blind" oltre ad essere un grandissimo pezzo, forse il migliore dell'album dopo "Majesty", è anche importantissimo storicamente parlando. E' da questo pezzo infatti che i quattro tedeschi prendono il nome che la band porta ora. Durante le registrazioni in studio, infatti, i Blind Guardian si chiamavano ancora Lucifer's Heritage, ma dato che molti associavano questo nome a generi più estremi come l'altrettanto seminale Black Metal dell'epoca, i 4 musicisti decisero di cambiare nome optando per il nome "Battery" che però, dopo aver constatato di non funzionare e di non essere adatto, fu cambiato dopo pochissimo (per fortuna) in Blind Guardian proprio grazie alla canzone appena descritta.

Trial By The Archon

Il ritornello ripetuto nel finale chiude il pezzo precedente e ci porta alla brevissima strumentale "Trial By The Archon", un'esibizione che comincia come una marcia per poi proseguire con fughe solistiche e tempi veloci squisitamente N.W.O.B.H.M. Si sente moltissimo l'influsso degli Iron Maiden, i quali quindi forniscono il loro "apporto" per il delinearsi di una breve manciata di secondi.

Wizard's Crown

Secondi, appena trascorsi, i quali servono semplicemente come introduzione per "Wizard's Crown (La corona dello stregone)". Si parte di nuovo a gran velocità, i riff abbandonano la fluidità e la pulizia Heavy della traccia precedente per tornare a sonorità più sporche e Speed-oriented, ma nonostante ciò il pezzo risulta molto meno aggressivo e furioso di quanto sentito finora. La voce di Hansi ne è la riprova: il cantante infatti qui si adagia su toni più melodici e leggermente più puliti rispetto a quanto apprezzato in "Guardian Of The Blind" per esempio, sempre aggressivo certo, ma non si respira più quell'aria opprimente e cupa o anche malinconica delle due tracce d'apertura. Forse siamo davanti alla canzone più influenzata dagli Helloween di "Walls Of Jericho". Il piacevole ritornello, che arriva subito senza farsi attendere troppo, prosegue proprio con questo schema, proponendosi con una struttura veloce ma orecchiabile e addirittura vagamente solare, dato che è anche abbastanza acuto, portando per l'appunto alla mente alcune soluzioni delle Zucche d'Amburgo: "Halloween - The wizards crown I'll take on Halloween/ Halloween - But there is no return on Halloween". Curiosamente, in quello stesso anno anche gli Helloween componevano una canzone sulla festa del 31 Ottobre, ma, se andiamo a vedere bene, è una somiglianza tematica solo apparente, giacché i Blind Guardian usano la festa soltanto come sfondo in cui far muovere il vero protagonista della canzone, ovvero Aleister Crowley, il famoso esoterista/occultista britannico, figura controversa e misteriosa da sempre fonte di ispirazione nel mondo Rock/Metal. Tanto per citare una canzone famosissima, "Mr. Crowley" di Ozzy Osbourne contenuta in "Blizzard Of Ozz" (1980).  Ci si aspetterebbe quindi una canzone carica di mistero, sinistra e magari lenta, invece la band opta per un contrasto tra liriche e musica, non volendo togliere il piede dall'acceleratore per nessun motivo. Il testo infatti resta criptico e di difficile comprensione: "I'm the servant of the Blind to cross the/ realms of death/ the gate is open wide you cannot close" o ancora nella prima strofa: "A burning fire's in my brain/ I could feel the deadly flame/ Tales of the magic in my head/ to a dark dream I fall in my mind". "I'm the servant of the Blind?", queste parole potrebbero essere un riferimento metatestuale agli stessi Blind Guardian: Crowley, infatti, nel momento dell'ascolto è materia del testo e in quanto tale è un servo di chi lo scrive e porta in musica. In ogni caso, come si evince dal testo, per Crowley quello di Halloween è un giorno importante, un giorno in cui la corona da stregone sarà sua, soddisfacendo così, in maniera definitiva, la sua sete di conoscenza e dandogli il controllo assoluto sulle arti esoteriche. Non a caso, Aleister Crowley è tutt'oggi conosciuto come uno dei più grandi esoteristi ed occultisti della Storia, fautore di una disciplina metafisica / filosofica di grande interesse. Fu proprio l'inglese, infatti, a coniare il famoso detto "Do what Thou Wilt", ovvero ""fa ciò che senti". Detto che divenne ben presto il motto dell'Abbazia di Thelema, sua "cattedrale" e roccaforte, un microcosmo in cui i suoi adepti potevano vivere nella più totale libertà, sfogando ogni tipo di istinto, slegandosi dalle leggi della società, giudicate eccessivamente limitative. L'intento di Crowley era infatti quello di distruggere il concetto stesso di "moralità", in quanto per lui tale ideale aveva nel corso degli anni subito eccessive contaminazioni dai culti monoteistici, i quali si erano erti ad unici depositari del vero, piegando i propri fedeli a suon di paure e ricatti psicologici. A metà canzone circa parte l'assolo di André Olbrich, un assolo che non tradisce l'andamento generale del pezzo e suona molto Heavy. L'assolo termina abbastanza presto e si fonde con le ritmiche veloci che accompagnano l'ultima strofa la quale, a sua volta, conduce al ritornello che ormai conosciamo benissimo. Dopo di esso sembra arrivare la conclusione del pezzo, ci prepariamo all'ascolto della traccia successiva.. invece, i Blind Guardian decidono di fare una piccola sorpresa rilanciando André in un assolo finale sempre di forgia Heavy, ma che questa volta risulta capace di variare di più, ora accelerando ora rallentando.

Run For The Night

Il pezzo che segue, "Run For The Night (Scappa dalla notte)", è un'altra perla dell'album, una canzone che comincia già a delineare, sicuramente più di "Wizard's Crown", alcune linee guida di quel che sarà in seguito il tipico sound dei Blind Guardian. La canzone si apre con un riff oscuro e cadenzato che invita all'headbanging, delineando un contesto in cui si riesce anche a sentire il basso di Hansi, che qui accompagna il ritmo con note decise e gravi che si fanno sempre più veloci per adattarsi all'accelerazione generale del brano. Thomen Stauch alla batteria ha lo stesso compito, prima tiene un tempo marziale poi si lascia andare alle sue classiche sferzatem che qui cominciano proprio a guadagnarsi il suddetto appellativo. L'andamento generale della canzone sembra racchiudere delle sonorità che vertono più verso il Power questa volta, un Power ancora molto Speed certo, ma comincia piano piano a sentirsi un leggerissimo distacco, soprattutto grazie alle parti vocali. Hansi comincia a cantare velocemente ma non in modo sporco e aggressivo, la sua voce sembra avere un leggero tocco di disperazione e paura, si ha per questo la sensazione di una fuga da qualcuno o da qualcosa?: "There comes the last part and end of our old age/ with thunder and lightning the dark lord is taking/ the crown of the whole world/ his creature will kill me and poisoned's my soul/ to the end I'll fight but I know that the things/ that I do are so meanless - Oh no!", probabilmente questo è un altro pezzo influenzato da Tolkien, infatti in questi versi si legge di un Oscuro Signore che prenderà la corona del mondo intero portando alla distruzione e alla fine di tutte le cose. Sicuramente si parla di Sauron e del suo ritorno nel libro "Il Signore Degli Anelli", a dircelo è Frodo Baggins, lo hobbit al quale è affidato il compito di distruggere l'Anello. Un compito non facile. Leggiamo infatti di un personaggio deciso a portare a termine la sua missione ma comunque spaventato da quello che potrebbe accadergli o anche da quello che gli è già accaduto. L'anima avvelenata infatti potrebbe far riferimento all'episodio di Colle Vento, quello in cui Frodo viene trafitto con un pugnale Morgul dal Re Stregone di Angmar, il Nazgûl più potente di tutti. Un colpo che portò lo hobbit vicino alla morte e al fallimento totale della missione della Compagnia dell'Anello. Non una semplice ferita, dunque, ma una ferita che Frodo ricorderà per sempre, una ferita che sarà sempre dolorosa,  che gli roderà l'anima e lo costringerà a lasciare la Terra di Mezzo per dimenticare tutto quello che ha passato. La canzone continua arrembante ma drammatica con un'altra strofa significativa in cui la missione di Frodo viene esplicitata ("the hill" quasi sicuramente è un riferimento al Monte Fato, luogo dove l'Anello è stato forgiato e luogo dove deve essere distrutto) non certo nascondendo i dubbi e le paure del protagonista. Lo hobbit è combattuto, ha intrapreso un cammino in un mondo e in problematiche più grandi di lui, ma è forte, ce la può fare nonostante tutte le paure che lo affliggono: "I see the hill but it's so far away/ I know I can't reach it/ but I try it again and again in my dark dreams/ he's waysting my last will how long can I stay here/ when the mightiest of all will?", e proprio qui parte il gran bel ritornello corale orecchiabilissimo e arioso, che però non rinuncia ad una certa vena tragica, difatti legandosi alle parole immediatamente precedenti recita: "?Run for the Night burn away/ the times of his fall I've to pay?". Dopo la ripetizione della stessa struttura (strofa-strofa-ritornello) troviamo un brevissimo momento in cui la canzone rallenta di pochissimo e Hansi si concede addirittura un acuto, questo rallentamento comunque è soltanto un respiro prima di un salto, un salto che trova la sua essenza in un bell'assolo di Olbrich che riprende la melodia del ritornello e che riporta la canzone su grandi velocità. L'assolo continua anche verso il finale della canzone, in sottofondo mentre riparte il ritornello tutto da cantare che però trova qui la sua ultima esecuzione, essendo arrivati purtroppo alla fine del pezzo, uno dei migliori dell'album.

The Martyr

La corsa prosegue con "The Martyr (Il Martire)", uno dei pezzi più variegati dell'album. Sono molti infatti i cambi di tempo presenti, anche se a volte, però, a causa di questi, c'è il rischio di portare la canzone verso la dispersività; non si fa in tempo ad abituarsi ad una ritmica che poco dopo ne parte una diversa. C'è da dire però che la durata della canzone (6 min e più) permette questi cambi repentini che inoltre testimoniano una volontà di giocare al meglio le proprie carte, proponendo anche qualcosa di strutturalmente più complesso. Già l'inizio è fuorviante, infatti: i riff iniziali cadenzati e terremotanti danno l'impressione di un mid-tempo, sembra che i Blind Guardian stiano per giocare la carte della canzone lenta, pesante ed epicheggiante. L'impressione resta soltanto un'impressione però, dopo pochi secondi la canzone decolla verso ritmiche veloci e anche un po' sgraziate, se vogliamo. Questa volta Hansi è un narratore che veste numerosi ruoli e cambia spesso punto di vista, nel corso del testo e della canzone. I Blind Guardian si allontano per un attimo dal Fantasy per occuparsi di tematiche religiose, la canzone infatti è una sintesi della vita di Gesù, da prima ancora della sua nascita fino alla sua morte, per questo Hansi astutamente e abilmente cambia spesso il punto di vista, in questo modo si ha la possibilità di leggere nella mente di molteplici personaggi e conoscere le loro intenzioni, creando una canzone che assume così il ruolo di narrazione vera e proprio, il ruolo di storia. Le incalzanti strofe iniziali sono molto significative per capire meglio questo punto, solo qui troviamo racchiusi i Re Magi, Re Erode il Grande e c'è anche un riferimento a quella che poi sarà conosciuta come Strage degli Innocenti, ordinata proprio da quest'ultimo per evitare la minaccia di un futuro re degli Ebrei: "He was born in the past time/ To take all our pain/ The kingdom of heaven's near/ The children of this time/ Must die for his arrive/ To let all the legends be true/ The prophecy said they'll call him king of the Jews/ He is born now to take all our sins/ Three kings were searching for this holy child/ The journey begins, he has to die!". Da questo punto parte il bridge che ci introduce al ritornello, che è un botta e risposta tra parti corali decise e sporche e le vocals più melodiche di Hansi che strizzano l'occhio a quelle di "Majesty": "Martyr - we are following you/ Bless us for eternity/ Messiah - we are torturing you/ When you lose the power of your words". Dopo questo ritornello che riporta la band verso lidi più Heavy e meno Power, riportando anche la presenza dei primi Helloween, c'è una strofa in cui la voce di Hansi si fa più melodica ed espressiva, una strofa in cui viene chiesto a Gesù di dimostrare platealmente di essere il figlio di Dio, chi parla qui è qualcuno che è in dubbio e vuole ulteriori prove prima di abbandonarsi alla fede: "Jump from the temple and angel will save/ Show me that you are the son of our God?". Dopodiché l'atmosfera e il ritmo cambiano ancora, la canzone si fa più oscura e anche leggermente malvagia soprattutto grazie al lavoro di Hansi dietro al microfono che qui è nei panni di Giuda, viene descritto il suo tradimento. In questa parte c'è uno dei migliori esempi di unione tra testo ed espressività narrativo-musicale: "Messiah! Liar! Our burning desire/ He is the king without a crown/ We'll set him to his throne/ Give me 30 p of silver and I'll be your man?", la strofa seguente segue questa linea, ma quella dopo ancora torna ad essere melodica e pacata, Hansi cambia di nuovo travestimento e si mette nei panni di Gesù Cristo durante l'Ultima Cena, un Cristo consapevole di quello che gli succederà, e lo dice/canta con una serenità quasi rassegnata, inoltre lui stesso predice il tradimento di Giuda, e qui i toni si fanno leggermente più arrabbiati, un tradimento è comunque un atto difficile da perdonare, specialmente quando porterà alla morte: "Now drink my blood for the New Testament/ This is my body you eat/ One of you twelve is the one who betrays/ Better that he's never born/ Judas you're the chosen one/ The world has damned your name". "No!" il grido disperato di Giuda introduce il breve assolo di André che a sua volta porta all'ultimo bridge del pezzo, al momento in cui il Messia viene crocifisso sotto gli occhi di tutti coloro che l'hanno voluto morto ma anche sotto gli occhi dei 12 apostoli che spargeranno la sua parola per tutto l'Impero Romano. "Changing the way of the world". La canzone, che dimostra una certa maturità per quanto riguarda la scrittura di un testo, si chiude con il ritornello, ma prima di esso Marcus Siepen esce da dietro le quinte e si rende protagonista anche lui con un assolo davvero gradevole e molto ispirato ai fasti dell'Heavy Metal.

Battalions Of Fear

Con la settima traccia arriva la title-track. "Battalions Of Fear (Le Legioni della Paura)" parte con un riff accompagnato immediatamente dalla voce di Hansi, nessuna lunga introduzione o parte strumentale iniziale insomma, si parte subito senza fronzoli. Il riff e la batteria all'inizio tengono un ritmo quasi nervoso, ma non ancora propriamente veloce, è chiaro che i musicisti si stanno trattenendo per quello che verrà da lì a pochi secondi dopo; con un altro inconsueto acuto del paffuto Hansi, ossia il vero inizio del pezzo, un'esplosione a tutta velocità, un'esplosione squisitamente Speed/Power. Questa infatti è un'altra canzone in cui, facendo attenzione, è possibile ascoltare qualche caratteristica dei futuri Blind Guardian: ritmiche arrembanti ma dai bordi più smussati, quindi meno furiose ma più potenti, melodie accattivanti che accompagnano ogni strofa e un ritornello imponente ma catchy, possibilmente corale. Detto così sembra una ricetta facilissima da seguire, ma ovviamente non lo è, e la band dimostrerà in futuro di non dover seguire per forza questo schema. Paradossalmente in una delle canzoni in cui comincia a prendere corpo lo stile personale della band troviamo un testo che non è per niente tipico. Non troviamo Fantasy qui, né Fantascienza, né tantomeno Horror. Il testo infatti è realistico e tremendamente contemporaneo, come scopriremo analizzandolo piano piano. Nei primi versi, però, la sensazione è quella di essere davanti a tematiche fantascientifiche: "Can't believe the things I see/ That happens in the state/ By a mortal distance that I can't believe/ Self destructive infernal/ To save us from the breed/ But I know that it is all a lie/ Star wars begin now/ His bombs come exploding/ To bring back the death of the night?". Tra varie strofe sempre sullo stesso ritmo e melodie di André, arriviamo ad un momento molto particolare della canzone, prima di tutto perché i Blind Guardian interrompono la corsa e cambiano leggermente tempi impostandosi su un certo groove che potrebbe far venire in mente gli Iron Maiden, poi perché anche il testo è molto interessante: "In earlier chess games/ We're playing the part of a soldier/ But now we are not qualified/ To save our own life/ The traps are all placed by command/ They are ready to strike/ We live and we'll die/ By the lies to believe?". E' interessante perché sembra esserci un riferimento alla copertina dell'album, in cui due misteriosi figuri incappucciati giocano a scacchi usando dei pezzi inusuali, dei pezzi apparentemente umani e vivi che lottano sotto lo sguardo senza volto dei due giocatori, che a loro volta sono osservati da due enormi occhi fiammeggianti appartenenti ad una non meglio specificata creatura. Non c'è nessun riferimento con la realtà ancora, almeno sembra a quest'altezza del testo, più avanti però,  grazie all'accoppiata bridge-ritornello, ogni dubbio viene spazzato via. Il bridge recita: "Try to escape from this suicide dreams/ Or past time will come back again/ Hiroshima is a joke to that what will come/ At the end of the game we all die/ Die now!", le ultime due parole, letteralmente ruggite da Hansi, portano al bel ritornello potente e semi-corale, che recita: "Battalions of fear/ They search and they scream/ For the American dreams/ Battalions of fear/ The way of R.R./ To show he is the star/ Battalions!". Adesso è tutto più chiaro, i collegamenti con la realtà sono arrivati. La partita a scacchi citata più sopra è una metafora molto comune per descrivere l'attività di signori della guerra, presidenti e politici vari, una partita a scacchi in cui chi muove i pezzi non si sporca mai le mani e non viene neanche mai visto e conosciuto magari, nascondendosi dietro bei discorsi, bugie e promesse fasulle, il cappuccio forse sta a significare proprio questo, un cappuccio grazie al quale nascondere le proprie fattezze, mantenere alto il proprio nome per compiere i peggiori atti immaginabili in nome del denaro (il più delle volte). Questa volta, però, i giocatori si sentono impotenti perché sembra esserci alle porte una minaccia ancora più grande di loro, come si legge nel bridge. Addirittura una minaccia che farà sembrare Hiroshima come solo uno scherzo. Si respira in queste parole una certa aria apocalittica, ciò non deve stupire: dobbiamo ricordarci che siamo nel 1987, in un paese (la Germania) diviso a metà.. letteralmente diviso a metà, basti pensare al Muro di Berlino. Un periodo buio quindi, in cui si respirava aria di Guerra Fredda, in quegli anni quasi alla fine, comunque. Molte band che hanno operato in questo periodo hanno composto canzoni su quest'argomento o su uno simile, molti sono i testi che trattano guerre nucleari, estinzioni di massa, guerre batteriologiche e mondi post-apocalittici. Proprio le band Thrash tedesche risultavano specializzate in questo, come si evince da pezzi come "Nuclear Winter" da "Persecution Mania" (1987) dei Sodom o "As The World Burns" da "Terrible Certainty" dei Kreator sempre dallo stesso anno (tanto per citarne un paio). Anche i "cugini" dei Blind Guardian si sono dilettati in pezzi simili: gli Helloween della prima era infatti hanno scritto "How Many Tears", con un testo che segue proprio queste coordinate. E' chiaro quindi che in un contesto del genere neanche i Blind Guardian potevano restare da parte e anche loro decidono, con "Battalions Of Fear", di narrare eventi reali e più vicini al pubblico di allora. Nel ritornello viene citato un certo "R.R."; vi starete naturalmente chiedendo chi sia. Si tratta di Ronald Reagan, presidente degli U.S.A. dal 1981 al 1989. Piano piano il testo diventa più chiaro; protagonista della canzone non è solo lui, ma forse più precisamente, anche la SDI (Strategic Defense Initiative), ovvero un progetto che prevedeva un sistema missilistico con basi a terra e in orbita per la difesa contro attacchi balistici e/o nucleari. Questo sistema venne ribattezzato "Star Wars", come leggiamo anche all'inizio del testo, quindi quello che sembrava un riferimento alla più celebre saga fantascientifica di tutti i tempi si tramuta in un qualcosa di reale e di pericoloso. Ma andiamo avanti con la canzone, dopo il ritornello Power-oriented André Olbrich si diletta in uno dei migliori assoli dell'album, un assolo veloce e irruento che però non sacrifica niente in pulizia e precisione, e che inoltre si lascia andare anche ad aperture più melodiche. Dopo l'assolo la canzone riparte riproponendo le stesse strofe e le stesse ritmiche di inizio brano, salvo concedersi subito un altro assolo più breve e meno irruento, questa volta di Marcus Siepen. Il pezzo non accenna a fermarsi e continua prepotentemente a grandi velocità sino al finale, dove rispunta il duo vincente bridge-ritornello accompagnato dall'ottimo Olbrich che gli dà una marcia in più e lo rende più enfatico e memorabile, mentre Hansi ripete con note lunghe e quasi disperate "Battalions? Battalions?", quasi a voler rimanere nella nostra testa fino all'ultimo secondo del pezzo. In effetti questa è l'ultima canzone dell'album in cui possiamo apprezzare la voce del tedesco, questo perché, forse un po' ingenuamente, tutte e due le canzoni poste in chiusura sono strumentali.

By The Gates Of Moria

La prima è "By The Gates Of Moria (Alle porte di Moria)", un gran pezzo nuovamente "tolkieniano" (almeno nel titolo) che si apre con un riff cadenzato e pesante come le Montagne Nebbiose sotto cui le miniere di Moria si sviluppano. Il pezzo procede cambiando spesso e repentinamente velocità,  un attimo è lento e fluente, un attimo dopo è più veloce e sporco, ma tutto sempre all'insegna di partiture melodiche. Inoltre, come nell'intro di "Majesty", anche qui c'è un riferimento alla musica classica: infatti, questa strumentale altro non è che un arrangiamento in versione Metal della "Sinfonia del Nuovo Mondo" di Antonín Dvo?ák, sinfonia che verrà usata molto più tardi anche dai nostri Rhapsody Of Fire nella lunga canzone "Wizard's last Rhymes" contenuta nell'EP "Rain Of A Thousand Flames" (2001). Forse i Blind Guardian non hanno scelto l'opera di Dvo?ak casualmente, forse tramite quest'accostamento volevano dare l'idea anche loro di un viaggio verso un nuovo mondo, un nuovo mondo dominato dalla fantasia e dall'immaginazione, un mondo in cui loro sarebbero stati creatori, narratori e protagonisti, chissà.

Bonus Track: Gandalf's Rebirth

L'altra strumentale, presente in qualsiasi versione di "Battalion.." meno che nella prima stampa in vinile, contiene un ennesimo riferimento al "Signore Degli Anelli". "Gandalf's Rebirth (La rinascita di Gandalf)", dedicata questa volta allo stregone più potente della Terra di Mezzo nonché uno degli stregoni più celebri di tutta la letteratura Fantasy. "Rinascita" perché, dopo il tremendo scontro avvenuto con il Balrog nelle miniere di Moria, Gandalf venne insignito di un importantissimo riconoscimento. Dopo aver sconfitto il terribile demone, infatti, lo stregone dapprima conosciuto come "il Grigio" venne elevato al rango di "Bianco", massima onorificenza dell'universo magico di Arda. Musicalmente parlando, abbiamo un brano meno potente e pesante del precedente ma più veloce e orientato verso l'Heavy Metal più classico. Si riesce persino a sentire il basso di Hansi che esce per un po' dagli schemi e dal ruolo di semplice accompagnatore ritmico per godersi qualche istante quasi da solista, solo qualche istante però, perché tutto il pezzo è comunque dominato dalle chitarre fluenti della coppia Olbrich/Siepen, un duo che in questi frangenti sembra cominciare a dimostrare un certo affiatamento. Due strumentali di tutto rispetto seppur molto brevi, quindi, e per niente noiose, che chiudono questo fantastico ed energico debutto.

Conclusioni

I Blind Guardian cominciarono subito a farsi notare, e proprio con quest'album i Bardi poterono intraprendere un tour in giro per la Germania, avendo l'occasione di diffondere la propria musica in tutta la terra natale. "Battalions.." è, a conti fatti, un album che nonostante a volte strizzi l'occhio ad altre band, come abbiamo visto finora, riesce comunque ad essere personalissimo e per niente scontato, anzi. Questo è un fattore importantissimo, possiamo infatti già da qui intravedere o per lo meno provare ad indovinare cosa sarebbe uscito fuori dal successivo album "Follow The Blind". In questo "Battalions Of Fear" abbiamo potuto apprezzare una band con una certa passione per la narratività, non solo per quanto riguarda i testi, ma anche per il modo di scrivere questi ultimi, di suonare e di cantare: insomma, nel modo di trattare e proporre la loro musica a tutto tondo. Ovviamente queste sono caratteristiche che verranno fuori  al 100% quando avverrà la maturazione completa, maturazione che non tarderà troppo ad arrivare, comunque. Bello vedere inoltre come da quest'album ci sia ancora una canzone richiestissima da tutti i fan in giro del mondo, ossia quella "Majesty" stranamente non particolarmente amata dalla band. E proprio rimanendo in tema, c'è da dire che sarebbero presenti anche altre canzoni che farebbero la gioia di tutti, se proposte in un concerto, dato che ormai hanno raggiunto lo status di classici e di canzoni di culto. Brani come "Guardian of the Blind", "Run For The Night" e "Battalions Of Fear", tanto per citarne alcuni, i quali sono anche gli apici dell'album insieme alla stessa "Majesty". Non che le altre canzoni siano male, certo.. ma queste ultime si pongono decisamente una spanna sopra le loro "sorelle" e sono anche quelle che guardano più avanti, verso il futuro della band. Forse chiudere l'album con ben due strumentali è stata una mossa un po' ingenua, sarebbe stato meglio chiudere l'album con la title-track per esempio, ma è una scelta che non dà poi troppo fastidio alla fine dei conti; è un difetto che diventa veramente tale solo se vogliamo cercare il pelo nell'uovo. Il 1988, lo ricordiamo, fu  in assoluto una delle annate migliori del Metal: tantissimi capolavori presi dai generi più disparati uscirono in quell'anno, tanto per citarne alcuni "Sevent Son Of A Seventh Son" degli Iron Maiden, "Operation: Mindcrime" dei Queensrÿche, "?And Justice For All" dei Metallica, "Blood Fire Death" dei Bathory, "Kings Of Metal" dei Manowar e tantissimi altri. Non dimentichiamoci poi, per restare in tema Power, del secondo "Keeper.." degli Helloween. I Blind Guardian quindi decidono di uscire fuori in un anno fondamentale, non perdendo così l'appuntamento con la storia. Sicuramente, con quest'album i Bardi non hanno potuto annoverare nella loro storia (allora) in fieri un capolavoro vero e proprio e ancora non potevano certo essere definiti una band completamente Power Metal (al contrario degli Helloween).. ma già nell'anno successivo i Blind metteranno un altro tassello verso quella nomea e verso la formazione vera e propria, nonché verso il modellamento del genere. Intanto, i fan dell'epoca potevano godersi un gran bell'album di Speed/Power Metal senza fronzoli e sparato dritto in faccia.

1) Majesty
2) Guardian Of The Blind
3) Trial By The Archon
4) Wizard's Crown
5) Run For The Night
6) The Martyr
7) Battalions Of Fear
8) By The Gates Of Moria
9) Bonus Track: Gandalf's Rebirth
correlati