BLIND GUARDIAN
And Then There Was Silence
2001 - Virgin Records
CRISTIANO MORGIA
21/07/2020
Introduzione recensione
Gli anni '90 erano ormai finiti, e diciamo pure con tranquillità che erano finite col botto. Lo possiamo dire perché nel 1998 era uscito "Nightfall in Middle-earth", capolavoro massimo di tutto il power e non solo, un disco che andava a porsi come punta di un'evoluzione stilistica e musicale che era iniziata già a fine anni '80. Ovviamente, però, è proprio con gli anni '90 che i Blind Guardian hanno trovato il loro massimo successo, con album indimenticabili e tutti diversi tra loro, i quali si distanziano sempre di più dal suono speed/thrash degli esordi, virando per l'appunto verso il power. Parlo di "Tales from the Twilight World" (1990), "Somewhere far Beyond" (1992), "Imaginations from the Other Side" (1995) e il già menzionato "Nightfall in Middle-earth". Chi conosce la band sa bene come i Nostri suonini un power piuttosto personale, molto lontano dagli stilemi del genere posti dagli Helloween, e sa anche molto bene come dal primo album della decade ci sia stata una continua evoluzione verso una musica più complessa e ragionata, che strizzava sempre di più l'occhio a sonorità magnificenti e quasi sinfoniche. Questo è vero soprattutto per l'album del 1998, che è un concept su "Il Silmarillion" di Tolkien - il primo per la band - e per forza di cose è l'album più ambizioso, enfatico e magniloquente della band. Questo almeno fino al 1998. Già, perché era chiaro che la band di Hansi e soci volesse andare sempre più oltre, cercando altre soluzioni senza soffermarsi sullo stile che aveva avuto più successo, così come era chiaro che probabilmente l'album che avrebbe seguito "Nightfall in Middle-earth" sarebbe stato ancora più complesso e stratificato. Non tutti erano contenti di questa virata stilistica che si prospettava, e forse qualcuno già aveva storto il naso con l'album "tolkieniano", visto che veniva un po' meno quella potenza tellurica tipica della band, in favore di un suono più pulito. Certo gli anni passavano e non si vedeva la luce di un successore di quel capolavoro, dopotutto non è da escludere un periodo di riposo, ma dobbiamo anche considerare che la distanza tra un album e l'altro dei Bardi è andata via via aumentando, e questa volta le cose non cambiano. Ciò non faceva che creare nel fan molte aspettative, ma anche paure. Se la band ci sta mettendo così tanto significa che forse c'è qualcosa di grosso e molto elaborato in ballo. Come dicevamo, se per qualcuno questo è positivo, per altri può non esserlo, e infatti l'album che uscirà nel 2002, ovvero "A Night at the Opera" - un nome che già dice tutto - è l'album che ha decretato la spaccatura definitiva all'interno dei fan della band. Il perché è presto detto: l'album era effettivamente elaborato e complesso, magniloquente e dal retrogusto operistico. Per più di qualcuno troppo. In ogni caso, l'album viene anticipato da un singolo, che forse servì per spaventare molti, ma che dall'altro lato, servì per incuriosirne altrettanti. In effetti, la scelta di presentare come singolo anticipatore un pezzo di quattordici minuti è piuttosto coraggiosa, anche perché è il pezzo più lungo dell'album che sarà. Diciamo subito che è un capolavoro assoluto, c'è poco da fare. Sì è vero, è un brano stratificato al massimo, stracolmo di cori e sovraincisioni, però è bellissimo: tutto si incastona alla perfezione e non c'è una singola nota fuori posto, ma ne parleremo meglio più avanti. Ad affiancare questo monolite troviamo anche la gradevolissima ballata "Harvest of Sorrow" e addirittura un brano pescato da "Imaginations from the Other Side", cioè "Born in a Mourning Hall". Scelta strana quest'ultima, come se la band non riuscisse a staccarsi del tutto da quell'album, però c'è da dire che oltre al brano c'è anche il videoclip.
And There Was Silence
Il singolo parte subito con la mastodontica title-track And Then There Was Silence (E Così ci fu il Silenzio), un autentico capolavoro che è entrato di diritto tra i pezzi più celebrati del gruppo tedesco. Non solo però, oserei dire che si tratta, oltre che uno dei pezzi migliori mai composti (e non uso questo verbo a caso) dalla band, uno dei migliori pezzi sopra i 10 minuti del Metal tutto e nello specifico del Power. Qui i Bardi si superano davvero, portando all'ennesima potenza tutte le caratteristiche che poi si troveranno nell'album "A Night at the Opera. In 14 minuti i Nostri riescono ad inserire davvero tantissime atmosfere diverse, tantissime strofe diverse e tanti umori diversi. Sarà infatti impossibile descrivere questo colosso analizzando strofa per strofa. Ma bando alle ciance, entriamo nel dettaglio ed entriamo nell'Iliade e nell'Eneide, perché di questo si tratta. L'inizio non poteva che essere grandioso e magnificente: la melodia di Olbrich è subito espressiva e drammatica, ma le vere protagoniste sono le tastiere, qui molto più in primo piano rispetto agli altri pezzi dell'album. Dopodiché veniamo subito investiti dal primo verso corale e pomposo al quale segue la prima strofa che invece attenua subito i toni ma è ricca di sovraincisioni vocali. Come detto pocanzi questo brano è davvero ricco e variegato, non si può davvero aspettare uno schema e niente è prevedibile. Ecco infatti che le ritmiche in un attimo tornano ad essere rocciose e cadenzate, sempre accompagnate dalle tastiere sinfoniche, ma altrettanto velocemente il tutto si velocizza e diventa eccitante e corale, quasi gioioso e festoso. In realtà il testo è molto drammatico, i troiani capiscono di aver perso il favore degli dei e sentono che l'assedio sta giungendo ad una fine tragica. Eppure in un futuro molto lontano potrebbe arrivare una vendetta storica freddissima, come fa notare molto sapientemente il buon Hansi: "Siamo stati traditi dal vento e dalla pioggia, la sala sacra è vuota e fredda, il sacrificio fatto non dovrebbe esser fatto in vano. Vendetta sarà fatta da Roma". Il troiano Enea, infatti, secondo la leggenda, avrebbe poi gettato le basi per la fondazione di Roma, la quale un giorno avrebbe sconfitto i Greci. In ogni caso, il brano continua imperterrito alternando momenti più veloci a momenti più cadenzati, momenti più solari e corali a momenti più aggressivi ed incalzanti. Ad un primo ascolto potrebbe sembrare quasi caotico, ma in realtà il brano è talmente strutturato bene che ogni passaggio avviene fluidamente e senza intoppo alcuno. Anzi, grazie a questa repentinità ed apparente caos io mi sono sempre immaginato i troiani rinchiusi nella loro impenetrabile fortezza mentre corrono da tutte le parti in preda a deliri e ad attacchi di panico. Ad un certo punto tutto il caos si spegne però, tutto si quieta e si silenzia, come se fosse scesa la sera? Gli archi campionati stendono un sottile velo sul quale si adagia la calma e grave voce del narratore Hansi, il quale cita un personaggio che abbiamo già visto nel corso dell'album: Cassandra, colei che aveva predetto la fine di Troia. Quest'atmosfera però non può durare per sempre, siamo sempre in guerra dopotutto. Stauch guida le nuove accelerazioni che ci portano direttamente verso il ritornello. O forse dovrei dire i ritornelli? Dico questo perché il ritornello è composto almeno da tre parti e dura così tanto che sembra ce ne sia più d'uno. Il che potrebbe far storcere il naso a chi preferisce soluzioni più dirette e semplici, ma in un contesto come questo un refrain così teatrale, pomposo e variegato è quanto di meglio si possa chiedere. Tanto più perché ogni suo verso riesce ad essere memorabile senza problemi. La pomposità viene nuovamente stemperata da altri momenti drammatici e lievemente più cupi in cui la 6-corde di Olbrich sembra dialogare con le tastiere e in cui il bardo Hansi, come in un flashback, ci porta molti anni indietro con dei versi scritti benissimo: "Il nuovo nato porterà la rovina sulla sala, la morte del nuovo nato sarà una benedizione per tutti noi. Buona scelta? Cattiva scelta? Di tre hai scelto la miseria! Il potere e la saggezza neghi, (cattiva scelta, cattiva scelta)". Si parla ovviamente di Paride e delle funeste profezie sul suo conto, e poi del famoso pomo della discordia e del cosiddetto Giudizio di Paride. Il principe troiano (all'altezza di questo fatto ancora un contadino proprio a causa delle profezie contro di lui) deve scegliere la più bella tra Era, Atena e Afrodite. La prima gli offre il potere, la seconda la sapienza e la terza l'amore della donna più bella del mondo. Come recitano anche i versi, Paride rinuncerà alle prime due cose, compiendo quella che viene definita una cattiva scelta? All'improvviso sembra quasi di sentire Hansi nei panni di un Ettore arrabbiato che avverte suo padre Priamo di non far entrare il ritrovato Paride con Elena al suo fianco: porterà solo guai. Tuttavia Elena è così bella? La musica, con i suoi toni che si innalzano e si fanno solari e distesi, sembra quasi volerla descrivere, ma la verità è che la sua bellezza sarà fatale. Gli Achei infatti non lasceranno il ratto impunito! A questo punto la canzone si fa più incalzante, nervosa e allo stesso tempo quasi minacciosa, ma senza perdere quel piglio teatrale e da musical che la contraddistingue dall'inizio; sembra però che riusciamo anche noi a percepire sempre di più l'inizio di una lunghissima e sanguinosa guerra. Vediamo in lontananza, restando senza fiato, le navi achee avvicinarsi, cariche di guerrieri come Ulisse, Diomede, Aiace Telamonio, Agamennone, Menelao e soprattutto? Achille. Il ritornello torna con tutta la sua maestosità, facendoci dimenticare per un attimo tutto questo, coadiuvato poi da un assolo in pieno stile Olbrich. Stranamente, dopo il momento più drammatico, sembrano arrivare tutti insieme vari momenti di gioia e festosità, resi splendidamente dal solito comparto corale che dovrebbe essere lodato ogni volta, che all'inizio non capiamo, ma leggendo il testo è tutto chiaro: il bardo Hansi ha fatto un salto in avanti di 10 anni, i troiani festeggiano perché il nemico se n'è andato! La guerra è finita per sempre, gli Achei hanno addirittura lasciato un dono sulla spiaggia: un enorme cavallo di legno. La verità è un'altra però, come tutti ben sappiamo e come ci fanno capire anche i Guardiani. Nessuno però sembra rendersene conto, tant'è che vengono anche abbattute le mura per permettere al cavallo di entrare in città. Tutti sono intenti a festeggiare e cantare, ed ecco che puntualmente troviamo nuovamente il ritornello con la sua carica positiva che però viene subito spazzata via dal finale del brano. Ormai è troppo tardi, il tranello di Ulisse ha funzionato e Troia cadrà. Le tastiere si fanno sempre più veloci ed incalzanti mentre, al contrario, le linee vocali di Hansi e cori si fanno distese, ariose e malinconiche mentre il nostro sguardo si allontana sempre di più da una città sconfitta che brucia lentamente. I cori continuano ossessivamente a ripetere gli stessi versi, ma piano piano il volume si abbassa, per un attimo riusciamo a sentire ancora bene le vivaci tastiere, ma anche loro svaniscono nel nulla, fino a che una sola cosa resta: il silenzio.
Harvest of Sorrow
A quanto pare la vena tolkieniana dei Bardi non si è esaurita con "Nightfall in Middle-earth", visto che Harvest of Sorrow (Raccolto del Dolore) ci riporta su quei lidi, e ancora una volta tra le pagine de "Il Silmarillion". Il protagonista qui è Túrin Turambar, uno degli eroi più affascinanti di tutto il legendarium inventato dallo scrittore inglese e un grande assente dell'album precedente. Questa ballata ci parla proprio della sua storia tragica, della quale fa parte anche sua sorella, e purtroppo anche amante, Nienor. Quest'ultima, però è purtroppo morta da poco. La ballata non è molto diversa dalle altre proposte dalla band, anche se qui il lato medievale viene un po' meno, facendo invece forza su un suono più malinconico e carezzevole, impreziosito anche dagli archi che accompagnano i delicati accordi di chitarra. La batteria di Stauch si limita a tenere il tempo con tocchi leggeri, mentre Hansi canta proprio le sensazioni dell'eroe: "Lei se n'è andata, le foglie stanno cadendo. La fanciulla delle lacrime non tornerà, il sigillo dell'oblio è rotto e un amore puro è stato trasformato in peccato". Qui Hansi riesce a riassumere in pochi versi tutto l'epilogo della vicenda, in cui gli amanti Nienor e Túrin scoprono di essere in realtà fratelli, un fatto gravissimo che era stato nascosto a causa di un sortilegio del primo drago Glaurung, il quale decide di spezzarlo con il suo ultimo respiro, proprio per fare un ultimo dispetto al protagonista. Alla scoperta di ciò, comunque, la fanciulla, inorridita, decide di suicidarsi. Più andiamo avanti più la canzone acquista spessore e profondità, con altri strumenti che si affiancano agli archi qua e là e Hansi che si fa aiutare dalle solite sovraincisioni, che comunque risultano molto pacate e mai roboanti. La musica trasmette quasi calma, anche se è una calma disperata e priva di serenità, una calma che non fa presagire niente di buono, ma nel ritornello pare invece gonfiarsi di una nuova lucentezza. Tuttavia, il dolore è troppo grande. Una scoperta sconvolgente è stata appena fatta e non c'è stato neanche il tempo di metabolizzarla che subito arriva un'altra tragedia. I pensieri di Túrin vanno sempre a lei, e con loro la musica torna ad essere pacata e malinconica: "Lei se n'è andata e io cado in disgrazia, nessun incantesimo curativo copre le mie ferite". L'eroe se ne sta da solo su un'altura, pensando alla sua tragica vita, distrutta infine da un dispetto malefico. Gli archi sono sempre lì ad avvolgere le chitarre classiche come un lutto perenne, e il ritornello esplode nuovamente con tutta la sua luce addolorata, la quale non lascia di certo pensare al suicidio dello stesso Túrin. Forse però pensare alla fine di una vita tanto tragica porta serenità all'eroe, che decide alla fine di gettarsi sulla sua spada. I Bardi omettono questo pezzo, concentrandosi sulle riflessioni che avvengono poco prima, ma gli ultimi secondi dal sapore orchestrale ci trasportano direttamente verso quell'epilogo.
Born in a Mourning Hall
Un riff terremotante apre la traccia conclusiva, il singolo dell'album "Imaginations from the Other Side" Born in a Mourning Hall (Nato in un Luogo di Lutto), dal quale fu tratto anche un videoclip. Il pezzo è incentrato su velocità elevate, la coppia Olbrich/Siepen confezione riff potentissimi e taglienti incorniciati dalle solite melodie, Thomen Stauch, rispetto agli altri due brani, torna a pestare con la sua batteria e il buon Hansi come suo solito alterna vocalità più acute e gridate a vocalità più gravi e gutturali, in alcuni momenti la sua voce viene anche filtrata per farla sembrare più meccanica e ipnotica, in linea con le tematiche, che tratteremo più avanti. Il pezzo non resta sempre veloce, ci sono infatti brevi rallentamenti e fulminei cambi di tempo che gli danno longevità e lo rendono interessante e non banale. Dopo tutti questi scambi arriva il momento del monumentale ritornello: "Nato in un luogo di lutto, le ombre hanno lasciato una paura all'interno, il Peter Pan non raggiungerà mai l'altra parte". Così recita la seconda parte dell'anthemico ritornello stesso, il quale difficilmente vi si toglierà dalla mente una volta ascoltato. C'è in queste frasi un riferimento a Peter Pan, un Peter Pan che non raggiungerà mai "l'altra parte", forse fermato dalla mancanza di immaginazione. L'assolo è molto bello e power al 100%, tanto che riporta alla mente lo stile di un certo Kai Hansen. Il fatto che Peter Pan non possa più volare verso la sua Isola sembra essere spiegato poco più avanti, con versi poetici ed eloquenti per chi è in grado di leggere tra le righe. Eccoli qui: "E sono parte di una macchina, un burattino guidato da una corda. Un ribelle, una volta, ora sono un uomo vecchio". Il testo in questione riprende solo in parte il tema già trattato nella title-track del CD del 1995 dell'infanzia perduta, per virare verso un tema molto più subdolo, quotidiano e tremendamente reale, ossia il potere della TV e dei sistemi messi in atto dalle società contemporanee per creare degli schiavi inconsapevoli che preferiscono stare seduti sul divano piuttosto che anche solo pensare di poter cambiare le cose, o anche solo di fanstasticare. Questo si evince anche dai versi melodici sempre adattati su ritmiche abbastanza veloci che precedono l'ultimo ritornello della traccia. L'uomo è azzoppato dal fantasma chiamato paura, la quale lo porterà verso un'eterna caduta. Bisogna affrontare la verità, ma magari non oggi? Come detto più sopra c'è anche un momento in cui la voce di Hansi è leggermente filtrata, più precisamente è verso l'inizio delle canzone, dopo il primo ritornello, quando il tedesco canta quelli che forse sono i versi più espliciti di tutto il testo: "Ipnotizzato dal serpente della TV, obbedisci e lavora sodo, e non provare rabbia".
Conclusioni
Bisogna ammettere che presentare l'album che verrà con un brano di quattordici minuti è una scelta piuttosto coraggiosa. Oppure folle? Se consideriamo che "And Then There Was Silence" è un brano piuttosto diverso da quanto proposto dalla band negli anni '90 - pur mantenendo intatto il marchio di fabbrica - potremmo dire che è stata una scelta un po' folle e azzardata, che sicuramente ha spiazzato tutti, anche i fan più accaniti e che non disdegnavano le parti più pompose di "Nightfall in Middle-earth". Per molti sicuramente è stato incredibile trovarsi con una canzone del genere davanti, strabordante di cori e di intrecci vocali, incredibile in senso negativo anche, visto che nel suono si perde un po' di quella potenza ruvida dei dischi precedenti. Ora, bisogna vedere in che senso i fan furono spiazzati. Come appena scritto, per molti in senso negativo, ma per molti altri sicuramente in senso positivo, perché la bellezza del brano è innegabile. Ergo, si potrebbe dire che la scelta di optare per questa canzone in particolare è stato sia coraggioso sia folle. In poche parole, una scommessa. L'obiettivo forse era proprio quello di spiazzare e sorprendere, poi in quale direzione lo si sarebbe scoperto meglio con l'uscita dell'album, che a questo punto era sicuramente atteso con trepidazione: sia per vedere se contenesse altre perle ambiziose come la canzone sulla Guerra di Troia o, al contrario, se contenesse canzoni più dirette, non per forza così ambiziose. In entrambi i casi, comunque, c'era attesa! Molti anni dopo possiamo dire che effettivamente il pubblico dei Blind Guardian si è praticamente spaccato a metà dopo l'uscita di "A Night at the Opera". Per un'analisi più approfondita vi rimando alla recensione del suddetto album, ma comunque basti pensare al fatto che la spaccatura ci fu anche in seno alla band, dato che lo storico batterista Thomen Stauch lasciò la band proprio dopo l'album, giusto per rimarcare che non è un lavoro che piace a tutti e che crea sempre pareri discordanti. In ogni caso, a detta di chi scrive stiamo parlando di uno dei brani sui 14/15 minuti più belli di tutto il power metal, con un testo che non è assolutamente banale, anzi. Per quanto riguarda i testi, da notare come Hansi e soci non abbiano esaurito la vena tolkieniana con "Nightfall in Middle-earth", visto che qui troviamo un altro brano ispirato allo scrittore inglese. "Harvest of Sorrow" poi finirà comunque su "A Night at the Opera", ma come bonus track e cantata in varie lingue, e anche su alcune versioni più recenti dello stesso "Nightfall in Middle-earth", sempre come bonus track. Comunque sia, bello vedere come sia stato trovato un posto anche per Túrin Turambar. Una delle mie storie preferite de "Il Silmarillion" nonché una delle più tragiche, con tanto di storia d'amore incestuosa e un destino così tragico che non può essere spezzato in altro modo se non con il suicidio, e anche questa non è di certo una scelta felice. I più attenti avranno di certo notato che la copertina non è a opera del grande Andreas Marschall, che era sempre andato a braccetto con la band, bensì di Anry Nemo. Il risultato è molto differente e si nota subito che non c'è il primo, ma va detto che il risultato non è per niente male: i draghi sono sempre molto belli. Tuttavia, mi chiedo che cosa c'entrino precisamente con il tema della canzone principale. A dirla tutta non c'entrano molto neanche con "Harvest of Sorrow", visto che Glaurung è un drago senza ali; né tanto meno con "Born in a Mourning Hall". Detto questo, il singolo è interessante perché i due inediti lo sono moltissimo, però oltre a una canzone già straconosciuta si poteva aggiungere qualcos'altro.
2) Harvest of Sorrow
3) Born in a Mourning Hall