BLACK SABBATH
Heaven and Hell
1980 - Vertigo/Warner Bros.
PAOLO VALHALLA RIBALDINI
07/07/2011
Recensione
Nel 1979 i Black Sabbath versano in condizioni disastrose: Ozzy Osbourne, il frontman di dieci anni di scorribande musicali e di eccessi da rockstar, ha lasciato il gruppo (rimane ancora oggi accesa la diatriba tra chi parla di abbandono e chi di licenziamento), causando sconforto sia nel batterista Bill Ward, che considera Ozzy come un fratello, sia nel bassista e maggior autore dei testi, Geezer Butler, che soffre da tempo di depressione. L’unico a tirare avanti il carretto è Tony Iommi: già deciso ancora ai tempi di Ozzy il titolo del nono album del gruppo, "Heaven And Hell", lavora febbrilmente per trovare alla formazione il tassello mancante, ovvero un nuovo vocalist, nonostante rimpianga sinceramente la partenza di Ozzy. Uno dei maggiori contenziosi, spinti fino ai giorni nostri, tra l’ex-cantante e il chitarrista è sulla proprietà del nome Black Sabbath: in quanto fuoriuscito dal gruppo volontariamente, afferma Iommi, ad Ozzy non spetta alcun diritto sul monicker, mentre ovviamente il "madman" sostiene che i medesimi diritti siano da ripartirsi in quattro parti uguali, una per ogni membro fondatore della band.
Vertigo, la casa discografica stabilmente alle spalle del gruppo (degli album in studio prodotti fino a questo momento, solo "Sabotage" non è stato di suo appannaggio), continua a richiedere di sentire qualche pezzo nuovo, ma come Iommi stesso ammetterà anni dopo, in mano la band tiene niente più di un pugno di mosche. Arriva però il primo nuovo componente del gruppo: il folletto del rock, Ronnie James Dio. Divenuto famoso grazie alla triennale militanza nei Rainbow fondati da Ritchie Blackmore, dal 1978 Dio è senza una band, e sta progettando di aprire un percorso autonomo con una band recante il proprio nome. All’epoca delle prime trattative coi Sabbath, ha circa 37 anni, e vanta una carriera ben radicata nel rock’n’roll e nel rockabilly americani, come cantante ma anche come valido polistrumentista, che va avanti dal 1958. Un curriculum di tutto rispetto porta Iommi a proporre all’Elfo di divenire la nuova voce del gruppo; una scelta che, pur non stupendo molti fan della band per quanto riguarda la notorietà (Dio è una celebrità quando esce dai Rainbow, che nella seconda metà degli Anni Settanta sono il vero gruppo di punta nella scena hard rock), cambia completamente le carte nel mazzo dei Sabbath: al contrario di Ozzy, dotato di una voce nasale e grezza, talvolta pure fastidiosa, d’impatto scioccante e proprio per questo adatta allo stile diretto, violento, crudo della band, Dio possiede innanzitutto una tecnica vocale invidiabile, una musicalità ed un orecchio costruiti grazie allo studio della tromba, e soprattutto un timbro epico e raffinato. Alla differenza tra gli stili vocali dei due cantanti si aggiunge anche il songwriting di Dio, improntato su una dimensione mitologica e fiabesca, agli antipodi rispetto alla nuda realtà rappresentata spesso dai Sabbath, così come al carrozzone pseudo-satanico, in verità più occultista, dei primi album. Un ulteriore problema che Iommi si trova a dover affrontare è la breve defezione di Geezer Butler, che lascia la band per qualche giorno, incapace di concepire i Black Sabbath senza Ozzy. Senza perdersi d’animo, Iommi recluta al basso Geoff Nicholls, già chitarrista componente dei Quartz (non a caso partiti come tribute band dei Rainbow), ma il rapido ritorno di Geezer all’ovile causa lo spostamento dello stesso Nicholls alle tastiere: sarà, nei due decenni successivi, un elemento importantissimo e costante del gruppo, pur non venendogli riconosciuto lo status di membro ufficiale ancora per diversi anni. Per il nuovo album, la band è alla ricerca di un sound nuovo e diverso da tutto quello fatto prima, che si serva più compiutamente ma anche più razionalmente degli effetti di produzione. Per questo recluta come produttore Martin Birch, già famoso per lavori di grande successo coi Deep Purple e che raggiungerà la vetta del metal producendo gli Iron Maiden. La collaborazione con Birch inietta nuova linfa nei componenti dei "vecchi" Sabbath, cambiando completamente il loro impasto sonoro e proiettandoli veramente negli Anni Ottanta appena iniziati. Il lunghissimo tour promozionale del disco, purtroppo, vede un altro abbandono importante: Bill Ward è profondamente segnato dall’addio di Ozzy (che considera come un fratello), dalla morte di entrambi i genitori e distrutto dall’alcolismo; a metà estate, in pieno tour, abbandona la band. L’intenzione non è quella di ripulirsi, anzi è proprio lo sprofondamento sempre maggiore nella bottiglia che causa il suo allontanamento dalla band; parimenti fasulle sono le voci che vedono una contrapposizione con Dio: i due vanno d’accordissimo, Ward spenderà in futuro molte parole entusiaste per il frontman. Per rimpiazzare il batterista, viene contattato l’americano Vinny Appice, drummer degli Axis e fratello minore di Carmine (storico batterista dei Vanilla Fudge e considerato oggi uno dei capostipiti del rock duro nel proprio strumento). Rispetto a Ward, influenzato notevolmente dai grandi del jazz e della fusion, Appice è un batterista più quadrato e diretto, ma anche più potente. Ingaggiato al volo pochi giorni prima di una data importante alle Hawaii, lavora febbrilmente con Dio e Nicholls per imparare la struttura dei pezzi. Iommi e Geezer sembrano, dopo averlo accolto entusiasticamente alla prima prova, disinteressarsi del fatto che non conosce i pezzi e che non ha mai suonato con la band. Le restanti date però vengono affrontate con grande successo dalla band, e a fine tour si zittisce anche la maggior parte dei fans che chiede a gran voce il ritorno di Ozzy: nelle prime uscite con Dio tra il pubblico si vedono molti cartelli che invitano il frontman ad andare a quel paese e lasciare il posto a Ozzy. Generalmente, cartelli ed insulti durano giusto il tempo di far aprire bocca al nuovo cantante dei Sabbath…L’album si apre con "Neon Knights", un’epica cavalcata il cui riff è costituito da un solo mi bemolle, e che si snoda rapidamente in un sound aggressivo ma anche compatto e raffinato. A Iommi evidentemente è tornata la vena compositiva (anche il solo finale è assai pregevole), mentre la voce di Dio si innesta sapientemente su queste nuove coordinate musicali. "Children Of The Sea" è un brano complesso, introdotto da un arpeggio di chitarra in cui si sente l’influenza dei Rainbow sui Sabs’ di nuova generazione. La produzione di Birch interviene energicamente sul suono, restituendo piena complementarità tra l’incisività delle chitarre ed il tappeto sonoro di tastiere e sintetizzatori. Un po’ meno efficace è "Lady Evil", nel corso degli anni dimenticata dalle scalette della band, una canzone con un buon riff e un ottimo solo sul wah, ma dal testo non esattamente interessante e alla lunga un tantino stancante. I toni si risollevano con "Heaven And Hell", uno dei monumenti dell’heavy metal mondiale, canzone conosciuta in ogni parte del globo a trent’anni di distanza. Il riff che vede unita la chitarra al basso, e la strofa costruita sulla voce incantatrice di Dio non lascia scampo agli ascoltatori. Iommi, complice ancora Birch, aggiunge sonorità inedite al repertorio dei Sabbath, e ne risulta una trama musicale complessa ma divertente e coinvolgente allo stesso tempo. Un finale a dir poco elettrizzante ed epico rende il pezzo degno di qualunque antologia del metal. "Wishing Well" si richiama vagamente allo stile dei gruppi AOR più in voga al momento, prevalentemente ai Journey, spostando la proposta del gruppo su un compromesso tra le dolci melodie dei gruppi americani (amati in questi anni anche da Ritchie Blackmore) ed il nuovo, pomposo, infernale Sabbath-sound. Un buon brano, ma non regge il confronto con le vere perle del disco, anche per il suo testo un po’ troppo mieloso rispetto ai guaiti demoniaci di altre liriche. "Die Young" è un pezzo molto riuscito, che combina un intro di chitarra su un tappeto di tastiere, per poi esplodere in una serie di riff serrati che valorizzano al massimo le capacità di Dio, ma anche di Nicholls e di un Tony Iommi in gran splovero. "Walk Away" è probabilmente il capitolo più debole del disco, una parentesi certo non memorabile costruita su un’idea abbastanza banale e scarna, che contrasta con la complessità dei pezzi portanti nell’album. Con "Lonely Is The Word", che chiude "Heaven And Hell", la situazione ritorna decisamente su livelli ottimi: un vero e proprio pezzo doom, che ricorda un po’ i primi esperimenti della band ("Black Sabbath", "Hand Of Doom", "A National Acrobat") e che si regge perfettamente sul ritmo di ballata pur risultando minaccioso e melanconico. L’album riesce a guadagnare il 9° posto nelle classifiche, raggiungendo un eccellente riscontro dal pubblico: dopo le produzioni non proprio ispirate degli ultimi cinque anni, i Sabbath dimostrano di aver ritrovato la verve compositiva e numeri da concerto di primissimo ordine (grazie soprattutto agli ingressi di Dio ed Appice), pur essendosi spostati notevolmente per quanto riguarda i suoni, le tematiche dei testi e la produzione, ora più corposa ed enfatica, adatta a sfruttare pienamente le nuove tecnologie come l’alta fedeltà. Il chitarrismo di Iommi ha ritrovato stimoli e vivacità, basti pensare ai riff coinvolgenti ed ai soli trascinanti disseminati per tutto l’album. Geezer, dopo un paio di dischi sottotono, è tornato una macchina da guerra. Dio è un fenomeno come già ha dimostrato alla corte di Sua Maestà Blackmore, discostandosi totalmente da Ozzy in quasi tutto (anche negli atteggiamenti off-stage) ma riuscendo ugualmente a conquistare quasi tutti i fan, ad eccezione degli ostinati per principio. Appice si rivela un valore aggiunto inestimabile, capace di adattarsi rapidamente all’atmosfera di un gruppo tra i più particolari nella storia del rock e di assorbire il suo sound. Non si può dire che tutti i pezzi del disco siano di livello spaziale, ma la maggior parte entrerebbero comodamente in un best of dei Black Sabbath, e tanto basta a rendere "Heaven And Hell" un album di caratura gigantesca, la vera rinascita di una band praticamente allo sbando e, ancor di più, l’origine di un mito, ovvero la "formazione con Dio", che sforna alcuni dei maggiori successi in ambito metal dagli Anni Ottanta in avanti, e che si colloca nel ruolo di musa ispiratrice per decine di migliaia di gruppi nel mondo.
1) Neon Knights
2) Children Of The Sea
3) Lady Evil
4) Heaven And Hell
5) Wishing Well
6) Die Young
7) Walk Away
8) Lonely Is The Word