BLACK SABBATH feat. TONY IOMMI

Seventh Star

1986 - Vertigo

A CURA DI
PAOLO VALHALLA RIBALDINI
20/04/2012
TEMPO DI LETTURA:
7

Recensione

Con la fine del tour di "Born Again", i Black Sabbath si separano amichevolmente dal cantante Ian Gillan, che non ha mai manifestato l'intenzione di rimanere in pianta stabile nella band. Per di più, Iommi stesso ammette che pur trovandosi estremamente a proprio agio con il carattere e le maniere di Gillan, sul palco le cose non hanno funzionato proprio come sperato, in particolare da metà del bill di date in poi. Finita la promozione live del disco, le strade dei Sabs' e del capelluto vocalist si dividono. Succede così che il rimanente trio, Iommi-Ward-Butler, si rimetta al lavoro per trovare un sostituto di Gillan dietro al microfono, proprio mentre i Deep Purple raccolgano i cocci sparsi sul pavimento poco meno di dieci anni prima e si ripresentino con il Mark II bis (ma lo stesso Iommi ammette di vedere meglio Gillan nei Purple piuttosto che nei Sabbath). Tra le righe, anche il meno blasonato Bev Bevan, sostituto di Ward dietro le pelli durante il tour, viene gentilmente rimesso in panchina procurandogli l'antipatica sensazione di esser trattato come un session man non più necessario piuttosto che come membro effettivo del gruppo.



Ascoltati vagonate di demo tape, Iommi e Butler scelgono come cantante un ex-modello con un passato da cantante nella glam band White Tigers: David Donato. Nonostante il proprio fascino e la sicurezza dimostrata in alcune interviste, tuttavia, Donato dura poche settimane, e ancora oggi sono abbastanza oscuri i motivi del suo allontanamento... Di certo c'è che il ruolo di Iommi all'interno del gruppo tende più alla paritarietà, in contrasto con i primi anni che lo vedevano leader e padre spirituale degli altri componenti. Viene dunque ingaggiato Ron Keel, già brillante vocalist degli Steeler in cui milita anche il giovane e spavaldo guitar hero Yngwie Malmsteen. Anche con questa seconda soluzione, però, le cose non migliorano e viene a galla il reale problema: Ozzy. Ward considera sempre come un fratello il cantante originale della band e non riesce a figurarsi i Black Sabbath senza di lui. In rapida sequenza viene allontanato anche Keel, poi Ward se ne va in preda all'ennesima lotta contro l'alcol, ed infine anche Geezer rinuncia a tenere in piedi il gruppo, a suo modo di vedere caduto nel ridicolo e nel nonsense: un Gillan altezzoso e protagonista, un Donato insipido, un Ward alcolizzato e nostalgico, uno Iommi troppo stressato e cervellotico lo convincono a fondare un proprio gruppo solista, con cui in realtà non inciderà mai nessun album. A metà del 1984 cala il silenzio sui Sabbath, con il solo Iommi a mantenere ancora in vita il progetto.



Nell'anno successivo vari eventi si susseguono sullo storybook della band: prima Iommi avvia un proprio progetto solista insieme a Jeff Fenholt (interprete di Jesus a Broadway nel musical "Jesus Christ Superstar"), Gordon Copley ed Eric Singer rispettivamente a basso e batteria (entrambi membri della band di Lita Ford, all'epoca fidanzata di Iommi stesso) ed il fido Geoff Nicholls alle tastiere; successivamente una fugace reunion della line up originaria con Ozzy (per la cronaca abbigliata in piena linea con i ruggenti Anni Ottanta e fin troppo sopra le righe) partecipa al gigantesco Live Aid organizzato da Bob Geldof per aiutare l'Africa, suonando circa un quarto d'ora e suscitando le immancabili supposizioni della stampa e dei fan riguardo ad una reunion imminente, che salta sul nascere non tanto per attriti tra i musicisti quanto tra Sharon e Don Arden, rispettivamente figlia e padre e manager di Ozzy e dei Sabbath. Come al suo solito, Iommi non presta troppa attenzione alle dicerie e si butta a capofitto sulla scrittura di materiale per il proprio disco. Recluta Dave Spitz al basso, mentre Eric Singer e Geoff Nicholls sono già in formazione. Manca solo un cantante, ed è qui che Iommi centra il vero terno al lotto, accaparrandosi i servigi dell'amico di lungo corso Glenn Hughes, famoso come "Voce del Rock" e forte di una carriera passata a prestare la propria ugola ad alcuni dei più grandi dischi dell'epoca. Dopo aver inizialmente pensato ad una serie di guest stars, tra cui Rob Halford e Ronnie James Dio, Iommi opta per utilizzare il solo Hughes per registrare tutto l'album. A fine 1985 il disco è pronto. L'intenzione del chitarrista (che scrive, aiutato da Glenn Hughes, anche buona parte dei testi, cosa mai successa nelle precedenti line up) è di presentarlo come album solista, ed anche gli altri membri del gruppo non si sentono affatto parte dei Black Sabbath, a loro modo di vedere una band temporaneamente fuori dalle scene... Un elemento che ben segnala la discontinuità è la presenza di Geoff Nicholls (entrato come componente non ufficiale nel lontano 1980) come membro accreditato della band, che quindi diventa per la prima volta un quintetto col crisma dell'ufficialità.



Al momento di pubblicare l'album, tuttavia, prende corpo l'ennesimo pasticcio discografico, dato che la produzione convince Iommi a far uscire il disco con la dicitura "Black Sabbath featuring Tony Iommi", con il chiaro intento di aumentare il blasone pubblicitario rispetto ad un semplice "Tony Iommi", benché sulla cover campeggi il bel mezzobusto del chitarrista. Una manovra commerciale bella e buona, che a posteriori sia Hughes che lo stesso Iommi riconosceranno come deleteria e fallimentare, anche perché la musica proposta in "Seventh Star" ha poco a che fare coi precedenti Sabbath, essendo molto più orientata ad un sound ottantiano che in "Born Again" non era presente. Peraltro Iommi, al momento di realizzare l'album, ha già pronto molto altro materiale per un eventuale disco dei Sabbath, stavolta più rivolto alle origini della band. Insomma, come spesso accade nella Sabs'-saga, l'etichetta ci mette del suo per complicare e rovinare le cose...



L'opener dell'album, "In For The Kill", sembra uscita direttamente da "Creatures of the Night" dei Kiss, anche se non mancano le influenze di Judas Priest e Rainbow del periodo Turner. Un chorus potente retto dall'ugola di Hughes lascia poco spazio alla noia, mentre il solo di Iommi è parecchio diverso dai soliti che si sentono nei precedenti album! Il testo è parecchio basilare e ricorda un po' i fasti di Dio, trattando di argomenti mitici e medievaleggianti. "No Stranger To Love" sarebbe una fantastica colonna sonora di un film del periodo (alla "Dirty Dancing", "La Storia Infinita" o simili, per intenderci) o un buon pezzo à-la-Bon Jovi, ed è nella sua semplicità una bella ballata Anni Ottanta, orecchiabile, ben suonata e cantata. Peccato per il testo veramente da grasse risate, ma tant'è... "Turn To Stone" esordisce con un riff festaiolo sempre alla Judas di quegli anni, o magari alla Motorhead, ma il carisma vocale di Hughes, nonché la pacca notevole di Eric Singer sui piatti, le conferiscono un suono catchy; pure qui il solo chitarristico è tutt'altro che familiare, e Iommi si allinea molto di più a generi più stradaioli che in passato. Le liriche a proposito della solita donna-demone non sono proprio il massimo, ma è un miglioramento rispetto alle melensaggini del pezzo precedente.

"Sphinx (The Guardian)" è un'intro di tastiere senza infamia né lode, anzi abbastanza insipida, volta a lanciare l'anthem che dà il titolo al disco, "Seventh Star", stavolta molto più in linea con i canoni Sabbathiani soprattutto dell'era-Dio, ma dove comunque le tastiere assumono un ruolo decisamente preponderante. La patinata "Danger Zone" non lascia particolari segni, dato che è un mid-tempo dalle tinte molto Eighties senza particolari trovate in termini di riff, suoni, arrangiamento, testo. "Heart Like A Wheel" esordisce con un riff bluesy che supporta un solo riconoscibilmente in stile Iommi, ma al contempo meno sulfureo e oscuro rispetto al passato. La voce adattissima di Glenn Hughes, maestro di istrionismo, riesce a cavalcare l'onda come un surfista hawaiiano di prima categoria, anche se alla lunga il pezzo diventa un po' stancante (quanti soli ci sono!?).

"Angry Heart" presenta un tema accattivante, un Glenn assolutamente ispirato ma alla fin fine è niente di più di un discreto pezzo hair metal come molti altri... La conclusiva "In Memory" è sapientemente stringata, ma troppo vicina cronologicamente a "Born Again" di due anni prima per non richiamarla all'orecchio.



Dopo mesi di prove, il tour sembra poter partire con i migliori auspici, visto che Hughes si è ripulito dai gravissimi problemi di droga che l'hanno abbrutito dalla Purple-era in poi, ma le cose ovviamente non vanno per il verso giusto. Colpito da un elemento della crew dell'etichetta durante una rissa da ubriachi in un pub si ritrova con lo zigomo fratturato e un ristagno di sangue in laringe da far spavento, ragion per cui le prime date si rivelano fallimentari. Di conseguenza, Iommi caccia l'amico (rimarranno comunque tali negli anni) chiamando per completare il tour il talentuoso Ray Gillen. La scarsa ricezione da parte del pubblico delle novità proposte mette però la parola fine agli appuntamenti live, con rammarico di Iommi. Il successivo album verrà pensato già da principio come un disco dei Black Sabbath e tornerà a sonorità più dure.

Un bilancio su "Seventh Star" non può prescindere dalla considerazione che esso NON è un album dei Sabbath. In quanto tale, segnerebbe decisamente una svolta abbastanza inspiegabile verso un suono modaiolo e molto poco particolare, piuttosto che potenziare il Sabbath-sound costruito negli anni. Viceversa, preso per quel che è, il primo album solista di Iommi, è un disco di hair metal vivace e apprezzabile, per di più condito dall'influenza innegabile della band madre. D'altro canto, però, all'interno di quella scena non è sicuramente un capolavoro, o perlomeno non fa gridare al miracolo: se volete scoprire le interessanti divagazioni di uno dei più grandi chitarristi mai esisiti, allora "Seventh Star" fa al caso vostro, se semplicemente volete ascoltare metal patinato Anni Ottanta, forse meglio rivolgersi a titoli più riusciti.


1) In For The Kill
2) No Stranger To Love
3) Turn To Stone
4) Sphinx (The Guardian)
5) Seventh Star
6) Danger Zone
7) Heart Like A Wheel
8) Angry Heart
9) In Memory

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