BLACK SABBATH

Black Sabbath

1970 - Vertigo Records

A CURA DI
PAOLO VALHALLA RIBALDINI
14/02/2011
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Recensione

I Black Sabbath sono uno dei gruppi più influenti, copiati, chiacchierati e soprattutto amati dell’intera scena non solo rock o metal, ma addirittura, e penso di non esagerare, della musica leggera in toto dal Secondo Dopoguerra in poi. La loro comparsa nella primissima veste risale al lontano 1966, nella città britannica di Birmingham, dove il chitarrista Anthony Iommi ed il batterista William Ward, giovani compagni di scuola, leggono per caso l’annuncio di un cantante che cerca musicisti per formare una band improntata principalmente sul blues, un tale John Osbourne soprannominato “Ozzy”. Il fato vuole che Ozzy sia proprio lo stesso ragazzo un po’ tardo che Iommi ha sempre preso in giro insieme ad altri bulletti del quartiere nell’ambiente scolastico. I tre coetanei (classe 1948), che a scuola appartenevano a gruppi sociali completamente diversi, decidono di unire le forze per formare una line-up che viene presto integrata da tre vecchie conoscenze di Osbourne, i chitarristi Terrance Butler e Jimmy Phillips ed il saxofonista Alan Clarke. Iommi mette subito in chiaro di non essere disposto a suonare con un altro chitarrista, e così Butler (più giovane di un anno) passa al basso, definendo così la prima formazione storica dei futuri Sabbath, che allo scoccare del 1967 si chiamano “Polka Tulk Blues Band”. Usciti quasi subito Phillips e Clarke dal gruppo, i Polka Tulk si mettono a proporre cover di artisti blues e rock in giro per i locali del circondario, dopo aver cambiato il monicker in “Earth”. Forti anche di un demo inciso nel 1968, i quattro si fanno una certa reputazione nel circuito dei pub in Inghilterra ed anche un discreto seguito all’estero, soprattutto in Germania, ma ben presto si trovano costretti a cambiare nome per l’omonimia con un altro gruppo che ha preso prima di loro il nome “Earth”. Viene quindi scelto un nuovo nome, ispirato al film “I tre volti della paura” di Mario Bava, tradotto in inglese col titolo “Black Sabbath”. La scelta deriva principalmente dalla passione di Butler per l’occulto, la magia ed il soprannaturale, su cui si documenta continuamente, un interesse che gradualmente coinvolge anche Osbourne (per quanto egli sia limitato nella sua comprensione), Iommi e, in minor misura, Ward. La sonorità del gruppo si incupisce e comincia ad annoverare elementi di retaggio medievale ed antico, che caratterizzano i Sabbath del “periodo classico”, ovvero quello dei primi 5 album: “sulfureo” è l’aggettivo che per antonomasia si può associare a questo suono, ed anche le liriche non sono meno inquietanti delle musiche. Il primo album pubblicato dalla band vede la luce nel febbraio 1970 e si intitola proprio “Black Sabbath”: realtà contemporanea ai Deep Purple ed ai Led Zeppelin, la terza grande british band del rock Anni Settanta se ne distingue per composizioni meno melodiche e più chiuse, angoscianti, rivolte all’esplorazione di ciò che l’umano rifiuta di annoverare nella “normalità sociale” da sempre; il Diavolo e l’ambito occulto sono riferimenti privilegiati nel mondo musicale dei primi Black Sabbath, e di sicuro l’uso da parte di Iommi della quarta eccedente (o quinta diminuita), fin dal Medioevo considerato l’accordo di Satana per motivi di speculazione cabalistica e numerica, incrementa il mood demoniaco dell’album. Ben presto i Nostri si guadagnano accuse di satanismo, complice anche il fatto che nella confezione dell’album viene inclusa una croce rovesciata, idea del manager della band. Come riportato da Iommi e Ward in interviste recenti, mitomani e esaltati non tardano a contattare la band, chiedendo di presenziare a messe nere e celebrazioni similari, anche se il gruppo ha sempre sconfessato la diceria che li vede adoratori del Demonio, proclamando invece un interesse intellettuale e culturale per l’occulto ed il mistico, più che per il satanico in sé, inteso come adorazione manichea di un principio malevolo opposto al dio cristiano. In realtà, la musica dei Sabbath di questo periodo è un valido scandaglio di ciò che dell’animo umano resta nascosto (o, come direbbe Freud, “rimosso”) nelle convenzioni sociali, sempre però pronto a manifestarsi in forme strane e paurose che l’uomo stesso rifiuta o non riesce a riconoscere e ricondurre al razionale: ecco, penso sia questo in poche parole il senso positivo del messaggio dei Sabbath, esorcizzare i timori verso l’ignoto dell’individuo e del suo legame con la collettività...“Black Sabbath” in generale è caratterizzato da un’atmosfera psichedelica e seminale, con molti riferimenti al blues ma in maniera distorta, manipolata ed orrorifica, che tuttavia non prelude ancora all’heavy metal, cosa che succederà con alcuni dei dischi seguenti della band. L’opener “Black Sabbath” introduce il disco con un inquietante suono di campane, e racconta di un’apparizione di Satana stesso al protagonista del pezzo, che scopre di esserne il prescelto ed è atterrito dalla paura (il brano è ispirato da un sogno fatto da Butler). Le altre due canzoni rimaste famose da questo album sono “The Wizard”, che racchiude le caratteristiche principali del Sabbath-sound di questi anni, e “N.I.B.”, ritenuta per molto tempo l’acronimo di “Nativity in Black”, aperta da un geniale riff di basso e costata al gruppo moltissime accuse di satanismo, poiché racconta della presunta nascita di un nuovo adepto del Diavolo, che ne plagia l’anima. In realtà “NIB” è il nomignolo affibbiato a Ward dagli altri tre per il suo taglio di barba, e da ciò il titolo della canzone. “Nativity in Black” forse è più interessante, ma pazienza..


1) Black Sabbath
2) The Wizard
3) Behind the Wall of Sleep
4) N.I.B.
5) Evil Woman
6) Sleeping Village
7) The Warning
8) Wicked World
 

correlati