Betoken
Beyond Redemption
2014 - Buil2Kill Records
ROBERTA D'ORSI
25/01/2015
Recensione
Quante volte ognuno di noi ha sperato che un Genio come quello della Lampada di Aladino, si rivelasse dinanzi a noi ed esaudisse alcuni nostri desideri? Beh io tante e non ero più una bambina. Nonostante i geni di queste favole e racconti popolari, sono sempre stati rappresentati come figure dall’indubbia moralità, altri avevano intenti più benevoli. Sicuramente la richiesta di desiderio doveva essere pensata bene prima di essere formulata, poiché il genio poteva “interpretarla” a suo modo, esaudendo un desiderio diverso da quello da noi auspicato, o realizzandolo in maniera anomala. Se i geni possono risultare ingannevoli ed esaudire in modo subdolo i desideri, un’altra entità è molto più chiara e netta, stipulando un vero e proprio contratto con il richiedente in cambio di qualcosa. Sto parlando del Diavolo. Il richiedente, ovvero colui che desidera ardentemente qualcosa, decide di cedere la sua anima al “cornuto” realizzatore di desideri, come merce di scambio. Non si può certo dire che il Diavolo in questo sia subdolo. Ti chiede cosa vuoi e ti dice “Ok, lo realizzo. In cambio voglio solo la tua anima!”. Anche in questo la figura del “cornuto” ha subito variazioni, mettendo in risalto un’indole ambigua e non chiara dall’inizio. Diversamente da quella che è l’origine di questo “patto”. Uno dei primi esempi di baratto col Diavolo lo ritroviamo nella storia di Faust, il quale personaggio ha ispirato molteplici racconti del folklore tedesco. Alla fine del 1500 il drammaturgo britannico Christopher Marlowe, scrive un’opera teatrale intitolata “La tragica storia del Dottor Faust”, che narra la storia di uno scienziato talmente avido di conoscenza, da non accontentarsi del sapere e degli studi convenzionali; questo lo porta ad addentrarsi nei meandri della magia nera. Durante lo studio delle dottrine, Faust compie un’invocazione ed appare davanti a lui Mefistofele un diavolo servo di Lucifero. Il teologo scambia un patto con il demone: per ventiquattro anni tutta la conoscenza di Mefistofele sarà messa a suo servizio ed allo scadere del tempo, Lucifero riceverà in cambio l’anima dello scienziato. La storia dell’avido ricercatore ha fatto il giro del mondo ed ha ispirato successivamente il racconto di Goethe, “Faust”, la più importante e famosa opera riguardante questo personaggio. Altri racconti e trasposizioni cinematografiche basati o ispirati da questa storia, hanno visto la luce, rendendo famoso l’atto celebrativo del baratto più maligno esistente, quel patto che per avidità ed ingordigia, porta a vendere la propria anima al Diavolo, destinando se stessi alla dannazione eterna. La tragica storia del Dottor Faust mette a nudo il senso di insoddisfazione che molti esseri umani provano, in questo caso la smaniosa sete di sapere. Bene e male sono continuamente in conflitto e vengono rappresentati da due angeli, uno buono ed uno malvagio, che fungono da “consiglieri” del dottor Faust, ma che in realtà simboleggiano le due sfere della natura umana. Il protagonista del patto più antico del mondo, a quanto pare prende ispirazione da un luminare realmente vissuto, Johann Georg Faust. Appartenente al periodo rinascimentale tedesco, Faust era un alchimista, mago ed astrologo, anche se il suo ingresso repentino nella letteratura ed il mito creatosi attorno al suo personaggio, non accerta il suo contesto storico, mettendo anche in dubbio la sua storicità. Il gruppo lombardo dei Betoken per l’ultima opera discografica, realizza un concept album basandosi sul Faust scritto da Marlowe. Il gruppo sorge nel 2000 per mano di Ivo Ricci, compositore e batterista nei Black Dama, che per il nuovo progetto decide di dedicarsi nell’esclusivo ruolo di chitarrista. Nel corso degli anni ci sono stati diversi cambi di ruolo all’interno della line up, a cominciare dal posto dietro il microfono. Inizialmente c’è stato Marco Sivo (ex Time Machine ed attualmente cantante dei Planet Hard), poi Eva Rondinelli (voce dei Dakrua) affianca Sivo e con lei entra in formazione il chitarrista Michele De Ponti. Il ruolo di vocalist subisce un altro mutamento, con la sostituzione di Francesco Ferreri al posto di Marco Sivo. Al basso entra in formazione Alex Raven, endorser Spector che ha militato in svariate band tra cui Derdian e Beholder. Dietro le pelli invece si innesta il polistrumentista Giulio Capone. Nel 2006 i Betoken vengono contattati dalla Federazione Italiana di Wrestling con la richiesta di scrivere una canzone che accompagni l’esibizione dei lottatori; ed è così che “I Can Win” lancia il metal dei Betoken nel mondo dei lottatori di Wrestling. Nel 2008 Antonio Pecere (cantante di varie band tra cui i Crimson Dawn) prende in mano il microfono diventando l’unico vocalist ufficiale del gruppo. Dal primo ep di debutto i Betoken si sono sempre cimentati in generi diversi, partendo da un power/prog, per spostarsi sul power con linee di heavy classic, continuando per sonorità gothic, passando per tiro ed arrangiamento diretto e senza fronzoli, sino a sonorità ricercate che mettessero in evidenza le doti creative ed una certa dose di nuove proposte artistiche. Insomma i Betoken hanno dalla loro parte una discografia stilisticamente eterogenea, sempre alla ricerca di quel quid in più che li contraddistinguesse. L’ultima fatica data alle stampe di cui vi ho accennato il soggetto, ovvero la storia di Faust, si intitola “Beyond Redemption” ed è stato rilasciato nel 2014. Per l’occasione sono stati chiamati a partecipare gli ex membri della band, in modo tale da rendere questo ultimo lavoro un’opera corale. Anche una guest star fa parte di “Beyond Redemption”, ovvero il cantante Raffaele “Raffo” Albanese, vocalist nei 5Th Element, From The Dept ed Exs. La Iine up di questo album è così composta: Antonio Pecere, Eva Rondinelli e Francesco Ferreri alla voce, Ivo Ricci e Michele De Ponti alle chitarre, Alex Raven Colombo al basso, Giulio Capone alla batteria, tastiere ed orchestrazioni, ed inoltre gli ospiti, il già citato Raffaele Raffo Albanese, voce nella track “Seven Deadly Sins” e Silvia Gadina al theremin in “Beyond Redemption”. I Betoken inoltre hanno affidato la creazione dell’artwork di copertina al fumettista Gigi Cavenago, copertinista del Maxi Dylan Dog. Giocando coi toni del rosso, grigio e nero, Cavenago rappresenta il Dott. Faust alle cui spalle si erge il demoniaco Mefistofele che gli fornisce la sua conoscenza attraverso fasci di luce. Quell’energia sprigionata segna la perdizione per l’anima dello scienziato. Il disco esce per l’etichetta discografica Buil2Kill Records, contiene quattordici tracce per una durata di 52 min. e 26 sec. Ed ora scopriamo insieme il Faust in musica secondo i Betoken.
Le canzoni sono strutturate come un vero e proprio musical, con i vocalist che “recitano” una parte. Antonio Pecere interpreta Faust, Eva Rondinelli è Mefistofele, Raffaele Albanese è Vision e Francesco Ferreri è il narratore. I protagonisti della prima traccia “A Thirst for Knowledge” sono Faust ed il narratore. L’intro cupo ci trasporta in un luogo mistico, dove aleggiano inquietanti presenze, in cui forze oscure ed ataviche lottano per emergere, cercando una via di fuga da quel luogo, ed andando in cerca di nuove creature da concupire. Un riff di chitarra dal tono profondo spezza l’inquietudine delle precedenti note, fornendo all’ascoltatore un suono più spinto. Ritmo e melodia scorrevole, riffs semplici e pattern di batteria piuttosto adagio fino al minuto 3 circa, ovvero dopo il ritornello. Un cambio drastico dato dai colpi di pelli, così come l’esecuzione alle corde, apporta nella parte centrale, una diversità nel songwriting che anima una melodia altrimenti monocorde. Pecere e Ferreri si alternano in un dialogo vocale, in cui i due timbri diversi, l’uno più limpido e l’altro più profondo, sottolineano le diverse sfaccettature, non solo musicali, ma dei ruoli protagonisti. Il narratore ci introduce il personaggio dello scienziato, sottolineandone rispetto a molti altri, la saggezza e l’eccellenza delle sue conoscenze, ma deprecandone un cuore dalla debole volontà. Faust dal canto suo si definisce soltanto un uomo e studioso, il quale vorrebbe raggiungere la conoscenza totale dell’animo umano e delle cose ancora sconosciute, e si interroga su come può raggiungere tale sapere. Il narratore racconta come questa brama di sapienza sta conducendo il dottore alla pazzia, che di contro vuole ottenere, esprimendo la propria insoddisfazione nello studio della Teologia. Il taglio di “Renounce” si adagia su sound power, cogliendo sfaccettature di stampo sinfonico e gotico verso il finale. La batteria da sfoggio di pattern speed coinvolgenti, mentre i riffs di chitarra avvolgono il cantato in una spirale di disperazione. Il basso sottolinea la drammaticità della follia in cui Faust sta cadendo, ed in generale l’esecuzione sonora risulta variegata, compatta e scorrevole. La prestazione vocale di Pecere mette in risalto il registro alto che riesce a raggiungere con la sua ugola, anche se in alcuni frangenti risulta essere calante, non mantenendo sempre stabile l’intonazione, sopperendo a questo con una buona dose recitativa. Il malcontento di Faust lo induce a voltare le spalle alla conoscenza umana, portandolo così al suo primo approccio con la magia nera. Renounce è un monologo dello scienziato, in cui sostanzialmente asserisce che la legge e la fisica sono si per menti brillanti, ma che non bastano a renderlo soddisfatto. La sua aspirazione varca i confini terreni. Sa bene che lo scotto da pagare per il peccato è la morte, ma quello che vuole raggiungere è la supremazia, qualunque sia il sacrificio da compiere. Egli passa le giornate ad analizzare verità e menzogna, a coglierne il senso, quelle sfaccettature che ne delineano il confine. Ma l’ossessione del suo desiderio, lo porta nella direzione sbagliata, verso una realtà da lui creata nella mente, che crede sia la strada giusta da seguire. Nel seguente brano “Quid tu Moraris?” tocca alla chitarra in fade in inaugurare il songwriting, e lo fa con intercedere maestoso e diabolico, reso ancor più inquietante dall’ingresso della seconda chitarra, che si oppone esecutivamente alla prima. Se durante le parti cantate la melodia si semplifica, diventando quasi asettica, impersonale, durante le fasi strumentali ci troviamo davanti dei picchi di sinfonia che fluidificano nel prog, ed è tripudio di strumenti osannati, di note celebrate con enfasi. La ricerca compositiva non sempre fautrice di novità, ha dalla sua parte il merito di essere esecutivamente coinvolgente e ben strutturata. Quell’alternanza di ritmo, di mood, di incipit sonoro, si mescolano all’interno di un contenitore musicale sapientemente bilanciato ed equilibrato. Ma è nella sezione conclusiva che Quid tu Moraris? Riserva il meglio, in un’ escalation dal forte impatto stilistico. In questa canzone fa la sua comparsa il demone Mefistofele, evocato dal rituale di Faust, il quale rinnega Dio al fine di ottenere la conoscenza suprema. Con un giro di parole e di personaggi invocati, descrivendo il modus operandi del rituale magico, Mefistofele appare dinanzi allo scienziato, dicendogli che quella è la forma con cui è stato chiamato. Premura del diavolo è quella di rammentargli il suo giuramento, ovvero offrire l’anima in cambio della conoscenza superiore. Faust chiede a Mefistofele se sarà dannato, e come risposta riceve: “sarai libero”. Il diavolo gli promette che tutti i suoi desideri saranno esauditi, ma alla fine Lucifero riscuoterà il suo pegno. La canzone termina col narratore che declama: “lui prevarrà”. Un effetto noise dalla caratterizzazione tra il mistico e l’inquietante da’ l’avvio a “The Man Who Would Be the Devil” a cui segue una cavalcata speed degli strumenti entrati in scena, diretti con enfasi dalla batteria. I toni si placano Pecere/Faust comincia il suo cantato, la base è melodica con accento sul riff di base della chitarra. Il ritornello cantato da entrambi i vocalist, prima l’uno e poi l’altra, sottolinea la modernità del sound su cui i Betoken si sono basati. Sul finire del refrain si lega una parte sinfonica in cui fa bella mostra una sezione d’archi. Il brano presenta lati positivi sia dal punto di vista creativo che da quello esecutivo. Batteria che dirige con adeguati accenti i suoi compagni, le chitarre che giostrano accordi e riffs con la giusta verve, senza risultare eccessive o fuori luogo, discorso che vale in particolare per la chitarra solista. Anche il basso, strumento spesso poco menzionato, in questo brano fa la sua parte, arricchendo una struttura musicale già completa di per sé, ma che con il suo supporto delineato nei giusti momenti, caratterizza con cipiglio drammatico l’atmosfera. Assunto il potere Faust si inebria di una ritrovata forza, ma Mefistofele sapendo che tutto è inutile e la sua anima è ormai intrappolata, lo sbeffeggia. Faust asserisce che se avesse avuto tante anime quante sono le stelle, le avrebbe vendute tutte pur di raggiungere la conoscenza suprema. Il potere che crede di aver conquistato lo porta a sentirsi comandante supremo di ogni cosa sulla terra, ed è così che si vede, tronfio della visione di se stesso, da pensare che nessuno potrà essere come lui. Vede gente comune e regnanti cadere ai suoi piedi, dominare il tempo come gli orologi, e mentre Faust si bea di questa nuova vita da supremo conoscitore che vede prostrarsi tutto e tutti dinanzi a lui, Mefistofele se la ride. L’eccessiva ambizione ha portato nelle sue tasche l’anima di questo stolto uomo traboccante avidità, che per compensare la sua cupidigia rinnega il Paradiso e accoglie l’Inferno. “Left Hand Choice” si caratterizza per un intro musicale discretamente lungo, una conseguente parte cantata ed una seconda che si avvia al finale, a totale appannaggio della parte strumentale. La track sia avvia con un bel combo delle due chitarre che cavalcano un’onda compatta spezzata solo inizialmente da stoppati di batteria e l’introduzione per alcuni istanti, del suono degli chimes. Le voci di Ferreri, Pecere e Rondinelli si avventurano ognuna nella descrizione del proprio ruolo e punto di vista; il narratore dapprima si esibisce in tono sospirato e nella seconda strofa tira fuori la sua voce, rimanendo su registro lineare. Faust fa il suo ingresso anch’egli impostato su tonalità costante, mentre è Mefistofele che, se pur seguendo la linearità canora dei suoi colleghi vocalist, riesce a distinguersi per la sua interpretazione accattivante e per un timbro, a mio parere, assolutamente indicato per i musical. Segue la porzione di brano che porta al finale, dove la chitarra solista fa il suo show diviso in vari intermezzi, accompagnato dal riff di base della chitarra ritmica. Una sequenza ritmicamente lineare in fade out, ci porta alla traccia successiva. Nonostante Dio tenti per un’ultima volta di riportare Faust sulla retta via, questi è troppo accecato dal suo orgoglio e dai magnetici sussurri di Mefistofele. Al dottore gli si palesa un angelo che prova a fargli capire quanto stia sbagliando volgendo il suo cammino verso il basso. Quella voce gli garantisce che rinnegando l’arte della magia nera, la sua anima sarà redenta. Faust ha dei tentennamenti, dei rimorsi che esplica con il demone, il quale gli dice di non pensare a quei rimorsi, e che stando insieme raggiungeranno tutto quello che lo scienziato ha sempre desiderato. “Sparks of Grace Betrayed” presenta innesti di stampo prog, e a parte alcuni momenti monotoni in particolare nella prima parte, ce ne sono altri davvero particolari e coinvolgenti nella seconda subito dopo le parti cantate. Sono le chitarre ad essere protagoniste di queste variazioni, mentre la batteria tiene il tempo con calma serafica. L’esecuzione strumentale porta a termine la canzone con un’atmosfera dal sapore orientaleggiante. I protagonisti questa volta sono il narratore e Mefistofele, i quali si soffermano ad analizzare le scelte compiute dallo scienziato. Mefistofele mette in risalto sin dove può spingersi un uomo, per raggiungere i propri desideri, dicendo a Faust che ben presto la sua anima assaporerà il tormento degli inferi, e gli chiede se è contento di ciò. Dal canto suo il narratore sottolinea quanto determinate scelte rivelino l’animo umano; rivolgendosi allo studioso gli domanda se ha paura e gli ricorda che la parola di Dio non potrà più raggiungerlo una volta che la sua coscienza sarà del tutto perduta. Abbiamo da un lato le considerazioni del narratore, che non si può definire “sopra le parti” tutt’altro, ma che anzi si contrappone a Mefistofele, cercando di chiarire l’infamia che abbraccia il mondo degli inferi. Poi dall’altra parte abbiamo appunto il demone, che senza scomporsi continua per la sua strada, forte della conoscenza avida dell’essere umano, pronto a tutto pur di raggiungere le proprie aspirazioni. “Hellward” a livello compositivo funge da tappeto sonoro per l’esecuzione vocale di Pecere e Rondinelli. L’assetto è piuttosto lineare sino a circa metà canzone, in cui si ha una variazione che coincide con un controtempo di chitarra e note distorte, che preludono ad un assolo alla corde. Riparte il cantato nella sua seconda parte il cui refrain si conclude, e conclude il pezzo con un fade out carico di effetto vocale. La scelta di Faust è irrevocabile, la sua coscienza non accenna alla redenzione, convinta sempre più del passo che ha compiuto. Quello a cui aspira lo scienziato è di poter mutare la pietra in oro, o di evocare bufere di neve, questa è la conoscenza di cui la sua natura ha fame. La sua anima è convinta dell’inganno che sta perpetrando. L’ottava track è quella che ospita il cantante Raffaele Albanese, citato in apertura di recensione. Si parte con un breve intro di tastiere al quale fa subito ingresso la chitarra accompagnata dal resto della sezione ritmica. I colpi battuti sulle pelli hanno una tale precisione ed un suono così pulito, da indurmi a pensare all’ausilio di una drum machine. Di sicuro l’apporto stilistico dello strumento non solo si fa sentire, ma è quello che caratterizza in modo particolare tutto il pezzo. Dall’inizio sin quasi al finale, il songwriting non si può di certo definire particolarmente variegato, tutt’altro. L’andamento è piuttosto lineare, salvo qualche variazione che coincide con l’assolo di chitarra (e meno male che c’è) che si spacca nettamente come note eseguite e tonalità, ciò che permette anche ad Albanese di modulare e modificare il tono della voce. Pochi istanti di musica soffusa, quasi “paradisiaca” ed il tiro ritmico riprende come prima, per portarci alla conclusione. Tutto ruota attorno alla figura rappresentata dal vocalist Albanese, ovvero “Vision”. Questa effigie altri non è che un sogno (una visione quindi) fatto da Faust dopo essersi addormentato, sopraffatto dalla propria lotta interiore. Sono i sette vizi capitali ad apparirgli, mostrandogli cosa sono diventate, cosa affrontano e a cosa vanno in contro, quelle anime dannate dalla pigrizia piuttosto che dall’ira, dalla gola piuttosto che dall’avarizia. Ognuna di queste anime è abbattuta dal richiamo del peccato originale, aspettando perennemente una liberazione che non si paleserà mai. La seguente canzone dura circa un minuto e mezzo ed il suo intercedere drammatico scandito ad inizio e fine, dai tocchi di una campana, si presta da interludio sonoro al cantato “parlato” del narratore Ferreri. I cupi riffs di base fanno da contraltare ad un mood melodico che disegna un’aura di mistero, un’atmosfera dal cipiglio interrogativo ed esplorativo del perché e del per come di eventi e scelte fatte. Sensazione enfatizzata dall’interpretazione del vocalist. Il narratore in “Ab Urbe Corrupta” ci fa notare come Faust sia riuscito nell’intento di accedere alla conoscenza dei segreti relativi all’astronomia, aiutato nel raggiungimento da creature mistiche. La sua ascesa alla conoscenza lo porterà sino a Roma, davanti alla corte del Papa, alla festa di San Pietro. Davvero bello il tiro di “Lucifer's Bless”, col suo inizio space dal sapore anni ’80. Il sintetizzatore aumenta significativamente il carisma del sound, sia quando è messo in risalto e sia quando è solo parte del “contorno” strumentale. Il trio vocale Pecere/Rondinelli/Ferreri si scambiano vicendevolmente la scena, battendo e controbattendosi a suon di cantato. Bello davvero l’effetto dato dalla ritmica della chitarra quando suona in simbiosi con la tastiera. Brano sostenuto, variazioni ritmiche, belli gli innesti di chitarra, anche se piuttosto brevi, purtroppo! In questo caso i tre minuti e mezzo di canzone sono volati ed è un dispiacere per la sottoscritta. Mefistofele ed il narratore si trovano a dire la propria sulla religione dei cristiani, in merito al volo che Faust compie su Roma, sbeffeggiando il Clero ed i suoi fedeli. Secondo il demone, i seguaci del cristianesimo altri non sono che pecore condotte al macello da una religione ipocrita ed ingannatrice. Il narratore dal canto suo ammonisce Mefistofele, mettendo in evidenza quanto avere fede in qualcosa o qualcuno, aiuta le persone ad affrontare meglio le proprie difficoltà. La diatriba è un vero e proprio scontro verbale in cui il narratore cerca di far capire sia a Faust che al demone, quanto sia sbagliato stare dalla parte del Diavolo. Mefistofele asserisce il contrario e Faust, sempre più accecato dal potere, reclama la benedizione di Lucifero. Il leitmotiv di “Point of No Return” è un motivetto easy e di facile presa sull’ascoltatore. Il ritornello catchy di stampo poppeggiante, richiama ad altre note contenute non solo nello stesso Beyond Redemption, ma rimanda a melodie già sentite in altri lavori e da altri gruppi. Come sostengo sempre, “rifarsi” a sonorità conosciute non è un demerito, in particolare quando il risultato funziona, e questa traccia funziona alla grande. Sul riff di base si articolano esecuzioni di chitarra dalla linea ben definita ed anche abbastanza articolata. I pattern decisi e spinti di batteria, conferiscono quella durezza pungente che ti fa amare la canzone sin dai primi colpi profusi. La prestazione vocale non perde la sua peculiarità interpretativa in nessuno dei tre cantanti. L’assetto power con il suo muro sonoro compatto e le divagazioni prog, arruolano Point of No Return tra i brani più riusciti del disco. Da far presente l’inizio e la fine della traccia in pieno stile concept/musical/opera musicale, i cui effetti come quello di tuoni e pioggia, infondono all’atmosfera contestualizzata maggiore personalità. Faust ha un ripensamento, capisce quello che ha fatto, guarda dove le sue azioni e la sua brama lo stanno portando. La sua presunzione si tramuta in disperazione e Mefistofele accorgendosi di questo, schernisce lo scienziato. Faust sottolinea la sua dannazione eterna e si augura che almeno il suo corpo possa riposare in pace, sente che è tardi per rivolgersi a Dio, ma il narratore gli dice che non è mai troppo tardi per pentirsi, se lo si sente sinceramente. Il narratore ed il Diavolo affermano entrambi (nel ritornello) che solo le scelte compiute da Faust lo hanno portato dove è arrivato, non si può fingere di tradire le proprie convinzioni e Mefistofele aggiunge: “troppo tardi”. Faust si arrende, il suo orgoglio gli ha giocato lo scherzo peggiore e con rassegnazione volge il suo sguardo alla dannazione eterna. Mefistofele gli intima sarcasticamente di rivolgersi al suo Dio per una redenzione, ma gli rammenta ancora una volta che è troppo tardi. Come un condannato a morte Faust chiede al Diavolo di esaudirgli un ultimo desiderio, quello di mostrargli la donna più bella del mondo. Questo passaggio viene rappresentato dai Betoken con uno strumentale di circa un minuto e mezzo dal titolo “Helen of Troy”, in cui le chitarre si contrappongono l’una all’altra, in un ammaliante quanto magnetico ed avvolgente mantello di note, dal quale l’ascoltatore può farsi avvolgere immedesimandosi nei panni del Dott. Faust. Inizialmente ci troviamo davanti ad un intercedere fiero della musica, che assume via via toni sempre più drammatici. La parte centrale si adorna di note appaganti, che fanno trasparire la beatitudine in cui lo scienziato sguazza ammirando la sublime bellezza di Elena di Troia. La nomea di donna più bella che abbia mai camminato sulla terra, incuriosisce Faust il quale ha desiderato poterla ammirare, come ultimo auspicio. Mefistofele accetta ed il fantasma della Dea appare agli occhi del “condannato” come ultima visione che porti conforto all’uomo. “Damned Soul Insomnia” descrive l’ultimo monologo fatto da Faust prima della sua dipartita. La struttura compositiva si presenta in un pezzo dal ritmo sostenuto, dalle chitarre infuriate, dai riffs taglienti, da un songwriting in sostanza variegato e ben concepito, che viaggia su una corrente alternata da picchi acidi ad altri più melodici. L’interpretazione di Pecere segue le fasi della disperazione di Faust, arrivando ad un finale di canzone in cui il suo timbro grida spaventato ed implorante. Lo scienziato sa che è giunto il momento, l’orologio suonerà la sua ultima ora, non esiste via di fuga, l’unica speranza è che regalando mille anni alle fiamme infernali un giorno la sua anima sarà redenta, permettendogli di salvarsi. Il tempo per Faust è finito, è nell’ultimo atto delirante della sua vita, le grida di disperazione lo portano a rivolgersi a Lucifero e a Mefistofele, dicendo che brucerà i suoi libri. Come se quell’atto potesse espiare i peccati commessi a causa della sua avidità di sapere e di supremazia. Il suono di ardenti fiamme concludono Damned Soul Insomnia ed introducono l’epilogo strumentale del disco, ovvero la titletrack “Beyond Redemption”. Rullo di tamburi e cori di anime peccatrici in un’atmosfera soprannaturale si palesa alle nostre orecchie. Effetti ed incedere degli strumenti scandiscono i minuti come fossero le ore di torture, a cui le anime colpevoli sono costrette. La marcia funerea si appropinqua a salutarci ed a mettere fine alle vicende del Dottor Faust, la cui avidità di conoscenza, gli ha dannato l’anima per sempre.
La vicenda di colui che ha alimentato nel corso degli anni, il baratto dell’anima al Diavolo per raggiungere i propri scopi, è stata interpretata in chiave metal dai Betoken, che ne hanno concepito un’opera rock corale dalle varie sfaccettature. Mi è piaciuto molto che Mefistofele sia stato interpretato da una donna; Eva Rondinelli ha reso pieno onore ad un personaggio carico di fascino, per quanto mi riguarda, il più carismatico, non solo del disco, ma della storia, come si dice.. “il fascino del male”. Non sono stati da meno gli altri cantanti, che con le loro voci diversissime l’una dall’altra, hanno “recitato” in modo consono i personaggi. Alcuni interventi vocali degli uomini possono risultare monocorde, ma credo che sia una scelta oculata e compiuta proprio per l’assetto “recitativo” impostato per il concept. Dal lato musicale ho qualche remora, poca varietà stilistica in realtà, anche se l’intento era l’esatto opposto. Ho trovato una certa ripetitività del songwriting, riffs molto simili, così come la struttura di più canzoni ed alcune melodie. Questo se prese le tracce singolarmente. Se ascoltato tutto d’un fiato quella sensazione la si ha comunque, ma contestualizzando il disco e tenendo presente che è un concept album sulla storia di Faust, riusciamo a godere senza troppe restrizioni mentali, di un disco indubbiamente piacevole. Un altro neo a voler essere pignoli, è la scarsa presenza di assoli, di quegli assoli che ti strappano il cuore e le orecchie. Un peccato perché il sig. Ivo Ricci il fatto suo lo sa e lo si evince in particolare dalle sezioni strumentali. In definitiva Beyond Redemption dei Betoken merita un plauso per la scelta del soggetto, per l’impostazione nonché concezione e struttura delle sezioni musicali, dei personaggi e delle liriche. Inoltre una nota di merito all’oltre che bello, esaustivo booklet interno, che spiega proprio come una brochure teatrale, un libretto d’opera, cosa sta accadendo ai personaggi, oltre che a sottolineare chi canta quella determinata frase, apponendone davanti l’iniziale appartenente al nome del personaggio corrispondente. I Betoken hanno fatto le cose in grande, con minuziosa cura dei particolari, e questo signori miei, è meritevole di molte lodi.
1) A Thirst for Knowledge
2) Renounce
3) Quid tu moraris?
4) The Man Who Would Be the Devil
5) Left Hand Choice
6) Sparks of Grace Betrayed
7) Hellward
8) Seven Deadly Sins
9) Ab urbe corrupta
10) Lucifer's Bless
11) Point of No Return
12) Helen of Troy
13) Damned Soul Insomnia
14) Beyond Redemption