BELPHEGOR
The Last Supper
1995 - Lethal Records
DAVIDE PAPPALARDO
26/03/2016
Introduzione Recensione
Torniamo oggi a parlare degli austriaci Belphegor, paladini del blackened death metal più blasfemo e violento, attivi sin dal 1991 dapprima con il nome Betrayer ed in seguito modificato nel monicker attuale; i Nostri, dopo due EP (l'autoprodotto "Bloodbath in Paradise" ed "Obscure And Deep", uscito invece per la "Perverted Taste") giungono al loro primo full-length nel 1995, con il qui recensito "The Last Supper - L'Ultima Cena" , pubblicato per la "Lethal Records". La formazione vede per l'ultima volta insieme Maxx (basso, voce), Helmuth (chitarra, voce), Chris (batteria) e Sigurd (seconda chitarra), poiché il primo abbandonerà la band da li a poco sparendo dalla scena musicale. Per quanto riguarda invece il sound, la proposta è ancora una volta legata all'unione sacrilega tra i due figli estremi del Thrash (Black e Death), un connubio il quale all'epoca non era così in voga come oggi; un espediente che rendese il gruppo particolare ed in grado di spiccare in un panorama europeo ancora molto influenzato dall'idea del "true black metal", quello senza compromessi o contaminazioni. Originalità, dunque, e grande capacità di sfruttare gli anni di esperienza ed il tempo, affinando le loro armi e mostrandosi più sicuri e consci dei propri mezzi; per quanto in questo episodio il loro sound (e songwriting) non sia certo cambiato totalmente rispetto ai due lavori prima citati, notiamo un uso più abile degli elementi più violenti del death e del black, con però una maggiore preponderanza dell'ultimo rispetto al recente passato. Troviamo anche momenti più lenti ed "atmosferici", anche se non dobbiamo mai pensare, associandoli ai Belphegor, pezzi alla Emperor o alla Burzum. Le cose, infatti, rimangono in sostanza violente e dirette, quasi mostrando addirittura quello spirito vagamente "punk" che ha sempre caratterizzato i Nostri, un'attitudine che li ha fatti apprezzare sempre di più dagli amanti degli aspetti più feroci del genere. Ecco quindi un riffing da guerra caratterizzato da giri "a motosega", il drumming serrato e le vocals sataniche del duo di cantanti, come detto per l'ultima volta insieme prima della dipartita di Maxx. Una "sparizione" che lascerà, in seguito, campo libero allo stile più Black di Helmuth, qui già molto prominente. Certo, la varietà non è il loro elemento caratterizzante, e molti pezzi si assomigliano nella struttura e modi, anche più che nei lavori futuri; ma l'assalto continuo è una loro costante, lontano da qualsiasi struttura orthodox o complicanza filosofica, cosa sottolineata dal loro immaginario spesso sopra le righe, caratterizzato da un elemento anticristiano dove perversione e blasfemia si fondono puntando molto allo shock. Anche questa volta non abbiamo a disposizione una base testuale, se non per tre pezzi, ovvero la Title Track, "March Of The Dead" ed "Engulfed In Eternal Frost", ma non è difficile figurare sin dai titoli di cosa si parli: ci muoviamo tra gli immagini horror tipici del Death, esaltazioni della morte e del Male (stilemi tipici del Black) e qualche vago riferimento al "gelo", elemento probabilmente preso dal panorama Black più prettamente scandinavo. Un topos adottato quasi per immagine, ma mai molto importante per i Belphegor (al contrario di come poteva esserlo per -nome a caso- gli Immortal). La produzione di "The Last Supper" è appannaggio totale di Andy Classen degli Holy Moses (band thrash tedesca dell'epoca), il quale ha voluto rimarcare la forte attitudine "zero compromessi" dei nostri: una produzione che non è mai troppo pulita, forse un po' rozza per gli standard odierni, ma adatta alla musica qui presentata. Da notare poi (in fase di musica) anche la presenza di Heiko Hanke (già collaboratore degli Asphyx), il quale contribuisce con alcuni synth mai esagerati e che contribuiscono alle sezioni più atmosferiche del disco. Per alcuni fan questo sarà il momento più alto della carriera dei Balphegor, un disco che suona meravigliosamente violento diretto e violento (tanto da toccare punte vicine al Grind, in alcuni casi); mentre per molti altri invece difetterà rispetto ai più "ragionati" (parola sempre da usare con le pinze, con i Nostri) dischi che seguiranno, i quali porteranno il gruppo sempre più verso un (allora) inaspettato successo commerciale. Di sicuro, possiamo considerare "The Last Supper" come un punto di partenza per i Belphegor come li intendiamo oggi, un disco "di transizione" sia per il suono, sia per la formazione, il quale curiosamente (quasi a voler chiudere il primo periodo della band) presenta in chiusura una sorta di auto-citazione. Infatti, l'ultimo brano "Kruzifixion" è una cover dei Betrayer, ovvero l'incarnazione originale del gruppo; ecco quindi che tutti i conti tornano, con i Nostri pronti per andare avanti verso il futuro che li aspetta, ironicamente luminoso per un gruppo che vuole essere legato all'oscurità. Particolare storia legata a questo debutto: la copertina originale di "The Last Supper" (la quale raffigura un feto umanoide ripetutamente affettato e servito su di un vassoio) venne censurata in svariati paesi, costringendo la band ad adottarne una con il solo logo in vista, bianco su sfondo nero. A seguito, l'immancabile "sigillo" del "P.M.R.C.", ovvero l'avviso di contenuti espliciti, sia lirici sia iconografici e tematici.
The Last Supper
Si parte con la Title Track, la quale viene subito introdotta da un attacco fulminante con blastbeat e chitarre a motosega; al venticinquesimo secondo arriva il cantato gutturale e demoniaco, mentre la cacofonia sonora perdura con le sue stridenti note deliranti. Punte di screaming s'intervallano con i toni cavernosi, mentre alcuni fraseggi ariosi si mostrano timidamente, presto però coperti dall'attacco sonoro thrash intervallato da rullanti che ne raccolgono l'andamento selvaggio; notiamo come le chitarre siano il veicolo usato per la melodia violenta che accompagna il tutto, regalandoci quindi una struttura appassionante, sulla quale il comparto ritmico devasta il tutto con diligente furia. Atmosfere quindi tra il malato e il malinconico, ma al minuto e quattro una sessione più raccolta vede dei groove circolari ripetuti mentre grida in riverbero e growl si danno ad un duetto infernale, presto interrotto da assoli stridenti; essi proseguono in una dialettica da battaglia, fino all'esplosione di una nuova cavalcata. Largo quindi a fredde chitarre e drumming tempestante, in una valanga rumorosa che ci sovrasta maestosa; il ritornello gutturale viene quindi scolpito dalla batteria martellante, in un rituale tanto semplice quanto effettivo. L'alternanza funziona, e viene ripetuta ad oltranza in un gioco di lasciate e riprese, dando struttura al movimento del pezzo; non sorprende quindi al secondo minuto e ventuno la corsa squillante sempre intervallata da rullanti, la quale ci porta diretti ad una seria di malinconie violente di chitarra, e al ritorno del montante thrash con assoli ed esuberanti parti vocali in duetto infernale tra growl e screaming. Analizzando il tutto in modo distaccato, scopriamo una carta vincente che farà in futuro il successo dei Nostri: nonostante la violenza sonora e l'immaginario sonoro estremo, molti elementi del metal "classico" vengono mantenuti, tra ritornelli, montanti ed assoli, assicurando l'esaltazione per l'ascoltatore trascinato da questo fiume in piena. Si continua quindi su queste coordinate mentre al terzo minuto e trenta alcuni piatti pestati fanno da marcia sacrilega, potenziata da alcune tastiere evocative; il motivo perdura fino alla conclusione improvvisa e senza fronzoli, la quale da subito spazio all'attacco successivo. Il testo non ci presenta certo raffinatezze letterarie o complicanze elaborate, composto da pochi versi molto diretti e legati ad un delirante immaginario di tortura blasfema in nome del Male e del diavolo; ecco che troviamo un massacro con motosega che non finisce letteralmente mai, memori dell'artwork che ci presenta un feto ripetutamente tagliato a pezzi mediante un coltellaccio. I "tagli" sono presenti anche nelle liriche, in quanto è il sangue la portata principale di una violenta e sarcastica Ultima Cena organizzata per noi dai Nostri, più blasfemi e perversi che mai. Un testo breve che si traduce anche in un inno per gli Antichi (vaga citazione alla Lovecraft, giusto per sottolineare una delle tante commistioni tra fantasy, Death e satanismo Black dei Nostri) che sorgono dall'inferno, i quali molto probabilmente saranno impegnati a dar luogo alla punizione delle carni, padroni del terrore che torna a dominare il mondo. "Power of evil Satan penetrates the unbelieving nuns - Il potere del malvagio Satana penetra le suore miscredenti" continua il testo, lasciando poco all'immaginazione, e ripetendo poi i versi precedenti, annunciando nel finale che il Signore (non certo Cristo) è rinato; appena un accenno insomma, piuttosto che una narrazione compiuta. Un testo il quale vuole giusto donare suggestioni di una certa immagine generale che il gruppo abbraccia pienamente ed usa come vessillo.
A Funeral Without A Cry
"A Funeral Without A Cry - Un Funeral Senza Lacrime" sembra ripartire da dove si era fermato il pezzo precedente, riproponendo un nuovo un riffing efferato con growl bestiale e batteria martellante, in un turbine sonoro che non lascia scampo, dai connotati quasi grind; al ventesimo secondo la batteria si fa più cadenzata mentre screaming e growl duettano, anticipando il leggero rallentamento successivo, il quale mostra fredde atmosfere solenni, presto però violate dall'attacco death. Proprio questa alternanza di tempi improvvisa mantiene le caratteristiche del genere appena citato, unendole con un'oscurità di fondo decisamente black; il risultato è un impianto complessivo malato e violento, ma allo stesso tempo algido ed atavico, creando un'atmosfera sonora decisamente unica. Largo quindi ancora a cacofonie, mentre i fidi assoli si mostrano al minuto e venti, seguiti da un delirante movimento dove rullanti e corse continuano ad alternarsi in un effetto di stop & go ripetuto; la tensione sonora si libera quindi con attacchi circolari a motosega dai montanti epici e grida sataniche e malvagie. Il colpo da maestro arriva al secondo minuto e dodici con il rallentamento quasi doom e dal groove thrash, il quale prosegue macilento insieme ai colpi secchi di batteria; le tastiere si aggiungono facendoci pensare ad una lunga suite atmosferica, ma ancora una volta il discorso non è scontato. Infatti riesplode la furia grind con blastbeat e chitarre taglienti, salvo però poi infrangersi di nuovo con il movimento rituale; si crea quindi un nervosismo allucinato ed allucinante, dove non mancano assoli vorticanti dalle scale ben strutturate e dal gusto classico. Essi si uniscono poi all'ennesima sfuriata tellurica, in un vortice che ci lascia senza scampo portandoci con se in un insieme di note e ritmica; riprende quindi il ritornello con alternanza tra corsa e rullanti, dove grida e toni gutturali duettano come sempre fino al finale. Esso è caratterizzato da una violenza cacofonica stridente e dal drumming ossessivo, unendo freddi giri di chitarra ed insana bestialità; ecco quindi il growl finale con bordate che mette fine al tutto. Non abbiamo qui un testo, ma non è difficile immaginare toni derisori, magari verso la figura del Redentore, in un funerale dove non vi sono certo lacrime, ma bensì delirante disprezzo e festeggiamento per la morte del soggetto protagonista; come spesso accade con i Belphegor, la musica conta più delle parole anche nell'immaginario, e le tirate continue scolpiscono nella nostra mente scene di violenza incontrollata e scariche nervose.
Impalement Without Mercy
"Impalement Without Mercy - Impalamento Senza Pietà" si apre con una sfuriata graffiante dove tempeste di chitarre e batteria vengono sottintese da grevi arpeggi di basso ed alcune parti orchestrali di tastiera; il tutto con un gusto che unisce violenza e maestosità fino al trentacinquesimo secondo. Qui un fraseggiato squillante fa da cesura, seguita da un loop di chitarre a motosega e drumming pestato, sul quale grida e gorgogli si uniscono mentre subito dopo partono attacchi più diretti; la tensione si mantiene sempre alta come da abitudine per la band, in una corsa serrata protratta a lungo. Ecco che al minuto e undici però si rallenta con suoni malinconici ed appassionanti di chitarra, mentre il drumming si fa cadenzato con i suoi piatti e rullanti, e il growl alternato con le grida delinea la sua oscura lezione; tornano quindi le tastiere trionfali, presto sostituite da un attacco punk martellante fatto di screaming, riff assassini e rullanti tempestanti, in una cacofonia poi accentuata da assoli stridenti e corse disumane. Ma ancora una volta il songwriting è nervoso, riportandoci al ritmo contratto iniziale, il quale instaura motoseghe sonore ed attacchi vorticanti di batteria e rumori di chitarra; si prosegue così fino al secondo minuto e trentasette, dove riprende posto il motivo strisciante ed evocativo, dove però le vocals si mantengono velenose e brutali. Riesplodono di conseguenza scale vorticanti con assoli e rullanti di pedale, le quali evolvono poi in una cavalcata da tregenda dal ritornello black sgolato, la quale prosegue fino al finale; esso è dominato in un clima delirante da un ultimo gioco di batteria, il quale poi si da a rullanti ritmati e bordate conclusive. Un episodio veloce che vede però alcune lungimiranti accortezze a livello di songwriting, ancora una volta arma vincente del gruppo; le tastiere ben dosate regalano un elemento regale, mentre le parti più "meditative" danno respiro ad un'atmosfera altrimenti soffocata dalla violenza costante. Non è difficile anche qui immaginare il testo non pubblicato, tra impalamenti e torture riservate ai cristiani, visti come nemici dell'orda satanica alla quale si giura invece alleanza. Un'orgia di sangue, blasfemia e gore che ci accompagna sempre con la musica dei Nostri, cantori di una depravazione anticristiana senza compromessi o intellettualizzazioni, spinta in avanti fino all'estremo.
March Of The Dead
"March Of The Dead - La Marcia Dei Morti" ci accoglie con rullanti in apertura, seguiti da una familiare scarica di chitarra unita ad una batteria selvaggia e veloce; si delinea di seguito una cacofonia efferata di chitarre in loop e colpi battaglieri, ripetuta in modo ossessivo fino al venticinquesimo secondo. Qui s'instaura una marcia cadenzata con colpi secchi di batteria e riff taglienti di chitarra, la quale sale fino all'esplosione di un growl brutale accompagnato da mitragliate ripetute e punte gridate; le bordate create si ripetono in un clima violento, il quale esplode in una nuova cavalcata veloce e lanciata dove è lo screaming a dominare prendendo posto tra i giri circolari stridenti ed il drumming martellante. Al minuto e trenta riprende la scarica nervosa e ritmata dal gusto brutale, la quale si arricchisce di chitarre macinanti in un caotico marasma thrash; all'improvviso un fraseggio a sega elettrica unito a rullanti sincopati fa da cesura, seguita dall'intervento in piena corsa di tastiere sinfoniche, con un effetto forse un po' innaturale e forzato nella sincronia tra gli elementi, ma che riesce nel suo intento di variare le modalità d'esecuzione. L'alternanza si ripete fino a stabilizzarsi su una corsa death con tanto di assoli tempestosi e scariche di basso, in un ritornello entusiasmante della struttura incalzante e robusta; riecco quindi fraseggi in censura, questa volta accompagnati da ululati vocali e montanti di chitarra e piatti, in una marcia in salire che cresce aggiungendo blast e giri malevoli. Grida in riverbero e cavalcate con rullanti di pedale riconfigurano la corsa violenta, la quale si apre a devastanti scariche ripetute fino al terzo minuto e cinquantatre; qui a sorpresa un arpeggio delicato fa da pausa insieme ad una digressione e suoni effettati di voce demoniaca, mentre tastiere sacrali prendono posto in una cerimonia sacrilega che dona un'aria evocativa al tutto. Si continua così fino alla conclusione, la quale vede effetti protratti in un finale più tranquillo per la media dei Nostri; un po' brusca come chiusura, ma in linea con le tendenze del death europeo di inizio anni novanta, il quale dava molto spazio ad intro ed outro di tastiera. Il testo, questa volta disponibile, continua senza molte sorprese sulla linea tematica e d'immagine della band; benedetti dai segni del male, gli spiriti del peccato perpetrano un eccidio senza precedenti e del tutto privo di pietà o comunque codice morale: cristiani massacrati vengono crocefissi, mutilati e bruciati su altari, attendendo l'abisso che li inghiotta definitivamente. Si tratta di una marcia di morti, i quali sono in fila ad attendere la loro dannazione eterna. Ed ecco che in modo ossessivo vengono ripetute le parole precedenti, quelle riferite all'olocausto di cristiani, reiterando l'immagine di sangue e massacro blasfemo. "Follow me to the march of Dead, blood of the christians, orgies in red - Seguimi nella marcia dei morti, con il sangue dei cristiani, orge in rosso", conclude poi il breve testo, ripetendo varie volte il titolo della canzone. Insomma, non c'è molto sul quale fare filosofia o teorizzare: il messaggio è chiaro, a predominare è un satanismo medioevale da seconda ondata del Black Metal, tematiche nelle quali i demoni torturano i cristiani indifesi in una glorificazione della violenza ed avversione verso tutto ciò che è Bene.
The Rapture Of Cremation
"The Rapture Of Cremation - L'Ascesa Della Cremazione" ci assale sin da subito con montanti rocciosi, rullanti di batteria e fraseggi dissonanti oscuri; la velocità è inizialmente trattenuta, ma già al quinto secondo parte un turbine sonoro fatto di doppia cassa, growl, urla isteriche e giri circolari ossessivi. Il martellamento perdura fino ad un'improvvisa cesura thrash caratterizzata da chitarre grevi, la quale evolve in una serie di montanti supportati dal basso, portando avanti la composizione; riesplode quindi la violenza cacofonica tra motoseghe sonore e drumming battagliero. Al minuto e due abbiamo un bel momento frostbitten con chitarre fredde ed ammalianti, lanciate in corse black insieme alla doppia cassa, fino ad un suono di campana; ecco quindi un fraseggio malinconico, il quale si protrae con i colpi secchi e dilatati di batteria in una sessione "gotica" pronta ad implodere. Naturalmente questo avviene con la ripresa del growl brutale e delle tormente sonore taglienti fatte di loop di chitarra assassini e blast massacranti; si raggiunge quindi una nuova oasi di groove thrash, dove i montanti di chitarra e il duetto tra screaming e growl perdurano, prima di lanciarsi nell'ennesima cavalcata selvaggia. L'epico ritornello torna a tutta potenza al terzo minuto e tre, facendosi strada con irruenza algida nella struttura; un tripudio di ritmica e chitarre all'arma bianca, il quale conosce anche dei leggeri rallentamenti che ne strutturano il movimento fino al finale improvviso, segnato da un piatto di batteria. Poco da aggiungere, per uno dei pezzi migliori del disco, dove il lato black metal ha più rilevanza, pur conservando una serie di stilemi cari al death vecchia scuola; in questo caso notiamo un songwriting meno arioso o classico, rinunciando alle tastiere e agli assoli, continuando invece a colpire duro in modo feroce. Il titolo evoca temi ancora una volta sacrileghi, deridendo il concetto di ascesa al cielo, coniugandolo con la ben più terrena cremazione che aspetta ai defunti; il tutto condito con alta probabilità con tutto il repertorio di nefandezze tipico dei nostri, che ancora non abbiamo modo di assaporare pienamente sul piano testuale.
Engulfed In Eternal Frost
"Engulfed In Eternal Frost - Avvolto Da Brina Eterna" parte con un annuncio di batteria, seguito da un fraseggio melodico dalla trama malinconica, sul quale si staglia il drumming serrato; si delinea quindi un motivo appassionante, il quale al ventitreesimo minuto passa a growl brutali e chitarre ancora più taglienti. Si arriva seguendo tali coordinate al quarantaseiesimo minuto, dove la cacofonia si apre ad un'impennata di batteria e giri circolari devastanti; largo poi quindi ad un cambio di tempo improvviso, dove tornano le atmosfere algide e grandiose, in una sequenza epica di "sana" fattura black. Si rallenta al minuto e venti con una cesura evocativa, dal carattere quasi doom, dove i loop di chitarra accolgono la voce cavernosa; ecco che al minuto e quarantasette un grido annuncia il ritorno a cavalcate da tregenda, fredde ed oscuro, sulle quali il growl subisce anche effetti da studio, intervallandosi ad alcune punte gridate. Riprendono le alternanze tra accelerazioni ritmiche improvvise e i rallentamenti, dandoci un movimento contratto giocato anche questa volta su lasciate e riprese, il quale collima nelle parti più atmosferiche di questo pezzo che verte più sul lato black metal dei nostri; al terzo minuto e venti il tutto s'infrange contro una digressione di chitarra, seguita da un feedback squillante, il quale mette fine al pezzo. Come detto, dei Belphegor qui più tendenti al lato oscuro del loro suono, tra fredde melodie ed evocazioni, pur mantenendo elementi tecnici che li contraddistinguono; un seguito insomma della tendenza già riscontrata nel brano precedente, dando una certa unità al crescendo del disco. Il testo unisce curiosamente il tema satanico tipico dei Nostri con scenari più "atmosferici" legati al gelo, elemento questo tipico di certe realtà norvegesi, qui in realtà più un pretesto per darci una rappresentazione oscura dell'aldilà e dell'Ade; la dannazione regnerà negli eoni, ed ecco che incontriamo le anime senza tomba e dimora. "Demonic voices, through mayhemic winds, as snow falls from a blackened sky - Voci demoniache tramite venti di devasto, mentre la neve cade da un cielo nero", prosegue il brevissimo testo, mostrandoci uno scenario da dipinto cinquecentesco avente come tema principale l'Inferno, mentre i corvi ci circondano. Siamo avvolti da una brina eterna, nelle dimenticate valli dell'Ade, dove l'oscurità eterna regna sopraffacendoci mediante visioni congelate di un reame desertico e grigio. L'inverno del Caprone, tristemente illuminato da una Luna morente, in una terra di ombre, dove l'eternità ci circonda insieme al freddo nelle valli dimenticate. Motivi vagamente fantasy e descrizioni nordiche si legano in un impianto più "poetico" per la media del gruppo; Questa volta, episodio assai raro, vengono messi da parte i massacri e gli stupri verso gli innocenti, descrivendo invece una dimensione infernale fatta di freddo eterno ed oscurità.
D.I.E.
"D.I.E." (ovvero "Drowned In Excrements - Affogato Negli Escrementi"), invece di assaltarci, ci dona un fraseggio iniziale strisciante dalla batteria cadenzata, con un suadente movimento greve; non con molta sorpresa esso esplode al trentacinquesimo secondo con un attacco di doppia batteria pestata e growl demoniaco, dove i giri circolari si danno a dissonanze assassine. La cavalcata viene delineata da alcuni versi rauchi, proseguendo feroce fino al primo minuto; qui tornano i rallentamenti epocali, dove la voce si da ad uno screaming maligno con riverbero, mentre la musica si fa severa, dandoci una sorta di versione più malevola della lezione dei primi Bathory. Torniamo quindi di seguito agli assalti devastanti di ritmica, growl brutale e chitarre impazzite, con un muro di suono che s'infrange momentaneamente contro un fraseggio thrash, salvo poi darsi ad assoli nervosi dalle scale vorticanti, i quali si alternano con gusto classico al momento precedente; ritroviamo quindi il tecnicismo dei Nostri, fino alla ripresa della corsa ossessiva e violenta già incontrata in vari punti. La cacofonia prosegue dominante fino all'inevitabile rallentamento; esso ci riporta a grida in riverbero e montanti lenti e sinistri di chitarra, i quali evolvono poi con i rullanti di pedale in una bella sequenza; largo quindi ancora alla doppia cassa e ai toni cavernosi, fino al finale caratterizzato da rullanti di batteria e tastiere evocative, per l'ennesima volta usate con gusto nel punto giusto, dando degna conclusione all'energico, ma allo stesso tempo maligno, episodio. Il titolo con il suo acronimo non lascia molta interpretazione, palesando una dichiarazione di odio e desiderio di morte verso qualcuno (ma date le tematiche dei Nostri, non è difficile immaginare che siano diretti verso la religione cristiana e i suoi seguaci) in un inno quindi diretto alla violenza nei suoi confronti; niente elaborazioni intellettuali insomma, ma ormai non dovremmo aspettarcene.
In Remembrance Of Hate And Sorrow
"In Remembrance Of Hate And Sorrow - In Commemorazione Dell'Odio E Sofferenza" parte diretta con un terremoto di chitarre alternate da impennate di ritmiche di batteria, in un movimento veloce; al ventesimo minuto esplode la natura death del brano, tra growl, chitarre a motosega e drumming spacca ossa, il tutto sorretto da freddi fraseggi evocativi. I toni si fanno poi più epici nel ritornello, portando in gioco lo screaming in riverbero, ma la struttura è altamente mutevole; riprendono quindi le falcate coadiuvate da batteria pestata, mentre assoli tridenti prendono posto con le loro scale nervose; essi scemano poco dopo in un lento motivo evocativo con batteria cadenzata, mettendo in mostra il lato tecnico dei Nostri, e riportando il tutto alla natura dei primi pezzi del disco. Al minuto e ventisei sentiamo ansimare mentre chitarre e tastiere creano un'atmosfera sinfonica grandiosa; grida in riverbero brutali la tagliano, mentre il fraseggio ossessivo proseguo nel suo loop malato. Inevitabile l'esplosione in una nuova cavalcata da tregenda, dove grida isteriche in riverbero, assalti di doppia cassa, e riff a motosega si alternano con alcuni rallentamenti ed effetti spettrali in sottofondo; il growl cavernoso fa capolino, insieme alle grida black piene di effetti, mentre al secondo minuto e quaranta un bell'assolo sferragliante prende posto con i suoi giri uniti al drumming tempestante. Ci s'infrange contro il montante del terzo minuto e cinque, unito a colpi di basso, il quale evolve in un terremoto sonoro cacofonico, con mura di chitarre e doppia cassa; largo quindi alla ripresa dei freddi movimenti già incontrati, riportandoci ai ritornelli evocativi dove la violenza ritmica permane, così come i cambi di tempi improvvisi. Arriviamo su queste coordinate al quarto minuto e venti, dove bordate e riff taglienti creano una marcia poi sottintesa dai rullanti di pedale, chiudendo il tutto con una sessione marziale di grande impatto; un pezzo dalla natura prettamente death, anche se non rinuncia ad alcuni elementi black, che prosegue le trame sonore dei Nostri dedite alla violenza ben calibrata. Anche qui non ci è data parte testuale, ma come sempre partendo dal titolo è facile dare possibili scenari: l'odio e la sofferenza trovano elogio in puro stile black, puntando ad essere il più malvagi possibile opponendosi a tutto ciò che è considerato nella società simbolo di bene e giusto. Insomma nulla di sottile, in pieno stile legato ai Nostri e al loro modus operandi; volendo possiamo anche immaginare collegamenti anticristiani, elementi quasi sempre presenti nel loro mondo.
Bloodbath In Paradise - Part 2
"Bloodbath In Paradise - Part 2 - Massacro In Paradiso - Parte 2" è una sorta di continuazione del primo brano dell'omonimo EP del gruppo, o meglio semplicemente una sua versione ri-arrangiata che ne mantiene tutte le caratteristiche strutturali dando un'interpretazione più in linea con il suono dell'album d'esordio; esplodono quindi riff taglienti circolari e doppia cassa, in un andamento squillante e dall'impatto ipnotico. Presto alcune contrazioni si accompagnano con il growl brutale, alternando i freddi e severi attacchi a motosega coadiuvati dalla ritmica forsennata; si prosegue fino ad una bordata marziale dal gusto death/thrash, la quale viene sottolineata da alcuni piatti, prima di evolvere in un groove sincopato che si ripete in attacchi ben congegnati che ancora una volta mettono in mostra l'abilità del gruppo. Troviamo dunque una digressione più ariosa fatta di chitarre baritonali, creando una sezione più atmosferica, la quale striscia serpeggiante districandosi tra la batteria cadenzata e i versi in riverbero del cantante; si finisce di seguito in una nuova raffica di riff a mitra, i quali proseguono potenti dandoci mura sonore possenti. Abbiamo di seguito una sequenza giocata sui giri a motosega e sulle melodie oscure perpetrate da voce e chitarre; essa evolve sconfinando in un epico assolo stridente dal gusto tecnico, il quale ha pero breve vita, sconfinando in un nuovo attacco al fulmicotone. Come da tradizione death i cambi di tempo improvvisi sono all'ordine del giorno, ed ecco quindi un ritorno al riff più freddi dal gusto black, dando ossatura all'andamento ottenuto; ne frattempo le vocals si mantengono brutali mentre il drumming prosegue come una pioggia di frecce tempestante. Ecco che le chitarre si alternano tra tempi medi e corse granitiche, accompagnate dalla doppia cassa e dai rullanti di raccoglimento; di seguito si ripete il groove sincopato, dal gusto brutal, in un songwriting abbastanza semplice e diretto. Si arriva quindi ad una nuova cesura con rallentamento, dal gusto quasi doom, dove il growl assume toni maligni, la quale si dilunga fino alla ripresa del ritornello fatto di montanti marziali e vocals in riverbero, preparandoci per il crescendo che si ripropone fino al finale improvviso, segnato da un loop vocale che prosegue ossessivo sparendo poi in dissolvenza. Ancora una volta vengono evocati scenari di massacri in Paradiso, traendo linfa dal primo black e non solo, tra stragi di angeli e la distruzione delle porte celesti. Un immaginario dal gusto fantasy oscuro e anche infantile, che permane quel mondo tematico tipico del black della prima ora, più figlio di una ribellione adolescenziale mutuata da elementi della cultura pop, piuttosto che da qualsiasi seria posizione teistica o filosofica; non che le cose, nel caso almeno dei Nostri, cambieranno molto con il tempo, tenendosi sempre nei territori di blasfemie, riferimenti sessuali accostati ad immagini sacre.
Kruzifixion
"Kruzifixion - Crocifissione" è il gran finale, come anticipato una sorta di auto citazione essendo una cover di un brano della prima incarnazione dei Belphegor, ovvero i Betrayer; esso offre una produzione molto più scarna e da demo, ricollegandosi pienamente al primo suono dei Nostri. Partiamo in quarta con bordate devastanti e piatti ritmati, mentre le vocals demoniache si danno ad un growl cupo; ecco che fraseggi severi uniti ai rullanti di pedale ci offrono oscuri scenari sonori, mentre un'accelerazione thrash fatta di falcate e drumming concitato prende forma. Effetti vocali con riverbero abissale e marce monolitiche fermano il tutto, dando poi spazio ad un veloce rullante di batteria; esso esplode in una nuova corsa violenta dove prendono posto duetti di growl e screaming, così come freddi giri di chitarra dalla natura frostbitten. Di seguito dissonanze lente e macilenti, unite ai toni cupi e alla batteria strisciate, creano una sequenza malsana, coronata da un grido maligno; si torna quindi alla doppia cassa assassina e alle corse furiose dai toni gelidi, le quali però all'improvviso collimano in un nuovo rallentamento paludoso. Qui assoli squillanti e batteria monolitiche ci danno una sequenza severa che viene unita ai fraseggi taglienti in sottofondo; essa raccoglie l'energia fino all'ennesima esplosione, la quale aggiunge melodie malinconiche dandoci un'atmosfera epica. Il songwriting è anche qui votato ai cambi ripetuti, non ci sorprende quindi il ritorno a momenti death/doom vicini agli Autopsy, i quali danno paesaggi sonori mortiferi, così come il ritorno alle corse serrate in doppia cassa con chitarre evocative; ritroviamo gli assoli dalle scale vorticanti, in una cacofonia dove a sorpresa prendono posto anche suoni d'archi, la quale perdura fino alla deflagrazione finale con effetti in dissolvenza, la quale mette parola fine tanto al brano, quanto al disco. Il tema è racchiuso nel titolo, facendoci immaginare una reinterpretazione blasfema della crocifissione, possibilmente con insulti vari e rappresentazioni grossolane; ormai conosciamo i Belphegor e sappiamo qual'è il loro mondo testuale dir riferimento, legato alla loro immagine.
Conclusioni
Tirando le somme, un debutto in full-length che raccoglie la prima, vera, concreta esperienza dei Nostri alle prese con un album intero, caratterizzato da tutti gli elementi presenti nel loro songwriting fino ad ora; Death e Black si uniscono in un formato/combo dedito all'attacco diretto e perdurante, non certo legato a grandi discorsi filosofici o temi ancestrali. E' chiaro che la pulsione primaria per il gruppo è quella di suonare violenti e veloci, ma questo non impedisce loro di mostrare un minimo di tecnica acquisita, la quale distingue il tutto da un prodotto amatoriale. Rispetto a ciò che verrà in seguito, qui abbiamo una produzione più grezza, la quale (venne) sarà vista in modo positivo dagli amanti del suono underground, e probabilmente negativo da chi (preferiva) preferisce invece le loro produzioni più recenti caratterizzate da un lavoro in studio maggiormente preciso e, se vogliamo, "moderno". L'uso minimale (ma presente) delle tastiere e della melodia rimanda ad un certo gusto Death europeo, contribuendo all'atmosfera generale malata e "distopica" del lavoro, affiancando i momenti più concisi. Siamo quindi in una dimensione allora poco praticata, lontana tanto dal Black scandinavo duro e puro (con tanto di uso di assoli e momenti thrash spesso ripudiati negli esempi più oltranzisti del genere) quanto dal Death più brutale di matrice americana, in un suono che vuole colpire duro e soprattutto velocemente, senza indugiare. I Belphegor si avviano quindi verso il futuro successo, iniziando come prima detto con i cambi di line up che saranno per molto tempo una costante della loro storia. In contemporanea, il loro suono inizierà ad evolvere leggermente dando più spazio all'elemento Black, senza però snaturare le premesse iniziali. Un punto di partenza quindi, nel quale (come anticipato) già molti cardini della loro essenza vengono fissati, anche se poi diventeranno ancora più esposti e maggiormente codificati da lì in avanti. L'immagine sopra le righe diventerà sempre più estrema (toccando anche i vertici della parodia e del ridicolo, soprattutto nei testi), così come il suono godrà di sfuriate potenziate dalle crescenti possibilità tecnologiche e dal budget sempre maggiore. Fu naturale il fatto che vennero raccolti ampi consensi, così come, altrettanto naturalmente, vennero "guadagnati" diversi attacchi dei puristi del metal estremo, i quali guardarono i Nostri con gli stessi occhi con i quali venivano guardati (nello stesso periodo) gruppi legati all'immagine come i Dark Funeral, anche se il tutto non sembrò assolutamente interessare i Belphegor; decisi a continuare sulla loro strada, tutt'oggi non sono comunque considerabili degli sprovveduti. Musicisti che sanno il fatto di avere molto "arrosto" oltre il proverbiale fumo, per essere davvero presi sul serio come artisti aldilà di ogni discorso tematico e d'immagine. Proprio come i prima citati svedesi, poi, decisero di donarsi immediatamente ad un'intensa attività live in grado di entusiasmare il pubblico e la stampa specializzata. A distanza di due anni verrà pubblicato "Blutsabbath", il quale continuerà il discorso con l'apporto di Mario Klausner dei Collapse 7 al basso e Man Gandler dei Mastic Scum alla batteria, con la produzione di Paul Hochrainer per giunta, rendendo il tutto ancora più "catchy", ma allo stesso tempo violento e potente. Una strada insomma avviata e tutta in salita, senza mai brusche discese, che seguiamo per rivivere la carriera del gruppo austriaco, oggi ormai tra i rappresentanti del metal estremo più amati anche dal pubblico non necessariamente legato al genere. Il Sabba di sangue ci aspetta!
2) A Funeral Without A Cry
3) Impalement Without Mercy
4) March Of The Dead
5) The Rapture Of Cremation
6) Engulfed In Eternal Frost
7) D.I.E.
8) In Remembrance Of Hate And Sorrow
9) Bloodbath In Paradise - Part 2
10) Kruzifixion